Capitolo 3: Sei già padre? Hai solo ventidue anni
Non dovevano darmi quell'ultimatum. Sono uscita da casa loro e Martha ha deciso di seguire il mio esempio. Ora siamo a casa di Roberta e mi hanno dato una camera da bambina.
Arrivo all'università: quella vicino alla stazione degli autobus. Entro, il preside mi fa vedere l'edificio, ma non sento nulla, nemmeno un brivido allo stomaco, alle mani, niente. Capisco che non è la scuola adatta a me.
Esco, guardo l'orologio del cellulare e comincio a correre per arrivare nell'altra università. Mi fermo davanti all'edificio, decidendo di entrare. Il cuore comincia a battere all'impazzata.
Appena varco il cancello, mi ritorna in mente quando andavo con mio padre a trovare il suo amico.
L'università è diversa dalle altre scuole. Fuori ci sono moltissime piante e fiori.
Ho fatto domanda a dieci università, ma solo due mi hanno dato esito positivo.
«Buongiorno», dico, appena entro al suo interno.
Si avvicina a me una donna con gli occhiali spessi, capelli biondi raccolti con una molletta e un sorriso cordiale.
«Ciao, posso aiutarti?» si pulisce i suoi occhiali, aspettando una mia risposta.
Sorrido anch'io a quella donna, vestita con dei pantaloni neri e una maglietta floreale.
«Sono Penelope Favre, vorrei.» ma non riesco a finire la frase che lei mi prende la mano e la stringe con forza, con decisione.
«È un vero onore parlare con la figlia di Mark Favre. Era abbastanza riservato ed era amico del preside.»
Amico del preside? Mi puzza questa cosa. Mio padre era amico del professore di psicologia e non del preside: Si sarà sbagliata, succede a tutti, capita.
Mi guarda negli occhi, attentamente.
Di nuovo. Anche con lei dovrò usare il sarcasmo.
«Hai un bellissimo viola. Non pensavo di conoscere un'altra persona che avesse questo colore. Conoscevo solo l'attrice Elizabeth Taylor», dice, lasciandomi senza parole.
La mia coscienza balla trionfante, facendo due capriole all'indietro. Sono felice, ma quella signora rovina tutto. «Avrai futuro poiché tuo padre era un psicologo famoso.»
«Il mio sogno è diventare psicologa. Voglio sudare per arrivare a questo traguardo e non desidero essere una raccomandata», alzando troppo la voce e lei si scusa.
Sono stufa che mi associano sempre a mio padre. Desidero prendere le sue orme, quello è vero, ma voglio mettercela tutta e non essere una raccomandata: ho sempre lavorato e studiato.
«Signora Lonbi.» la chiama un signore.
La donna mi dice che quello è il preside e va da lui
È un signore sulla quarantina d'anni. Capelli neri, occhi nocciola, barba, alto come Nicholas. Lui è un metro e settantatré. Porta dei pantaloni neri e un maglione leggero, di un colore arancione: mi sembra di conoscerlo.
Cominciano a parlare a bassa voce e quel signore viene da me, con un sorriso cordiale. «Favre, sono contento di rivederti, è passato molto tempo da quando mi venivate a trovare. Guardati, ora sei una donna stupenda... Tuo padre.» ma si blocca sull'ultima parola. E capisco il perché: le lacrime stanno scendendo dai miei occhi viola.
Cerco di asciugarmi in fretta con le mani, prima di ripiangere di nuovo e guardo quel signore. «Salve, Signor Greco. Come sta?»
«Bene, grazie e lei, signorina Favre?»
La mia coscienza vuole dirmi qualcosa, ma la blocco. Non è il momento giusto per parlare con me stessa.
L'uomo cambia argomento. Mi dice che prima era un professore di psicologia, ma ora è diventato il direttore.
Ha fatto strada, sono felice per lui.
Chiudo gli occhi, facendo un respiro profondo.
Il cuore comincia a battere come un orologio. «Ho deciso. Voglio iscrivermi alla vostra università.»
Forse ti sei iscritta perché è l'università dell'amico di tuo padre, commenta il mio subconscio. Doveva dire la sua. Non riesco mai a farla tacere, nemmeno per cinque minuti. Qualche volta devo smetterla di parlare con me stessa.
Dopo dieci minuti di tragitto, arriviamo nel suo ufficio. Firmo molti fogli, il direttore mi sorride sempre e domani mattina inizio l'università, sono molto emozionata.
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Cammino per i quartieri di Boniso, prendendo la via Moranzini. Di solito sono pigra, ma ora voglio farmi una bella scampagnata. I piedi battono sul marciapiede grigio, a un tratto mi fermo davanti a un bar con le tende rosse, decidendo di entrare.
Il locale è carino e pulito. Il bancone è lungo per tutta la dimensione dell'ingresso, mi avvicino al cameriere che è impegnato ad asciugare i bicchieri con un strofinaccio rosso.
Ha i capelli neri e occhi azzurri. Porta dei pantaloni neri e camicia bianca. Assomiglia molto al mio ex, ma il ragazzo che ho di fronte sarà alto come me. Sono un metro e cinquanta.
Quando finisce ordino un succo di frutta alla pesca e una brioche alla marmellata.
Prendo il portafoglio dalla borsa e gli do venti euro. «Tieni anche la mancia.»
«Grazie, ma sono troppi; la tua colazione costa solo 3,60 euro.»
«Tranquillo.» Accetta e mette la banconota in tasca.
Dopo aver visto il trattamento delle due ragazze, mi sento di fare una buona azione. Con quel gesto sono in pace con me stessa. È una bella sensazione.
Mi siedo sui tavolini.
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«Scusami, posso leggere la cronaca nera?»
«Certo, ho finito di leggere l'ultima pagina.» Chiudo il giornale e lo consegno al ragazzo di fronte. Lui mi dice: «Ma che piacevole sorpresa. Che ci fai qua?»
Lo guardo meglio, occhi verdi e sensuali. Voce bellissima. Vestito con la tuta nera e scarpe da ginnastica.
Rido. «Non ci posso credere. Ma sei uno stalker?»
«Io?», domanda ridendo. «Non sapevo nemmeno che venissi a Boniso. Abbiamo parlato, ma veramente mi stavo sempre scusando per il comportamento di Patricia.»
Mi chiede se può sedersi di fronte a me. Faccio segno di sì con la testa e lui si accomoda.
Si porta una mano alla bocca fine. «Come è piccolo il mondo. Non trovi, Penelope?»
«Sì, ma chiamami Penny. Pensavo che fossi Milanese.»
Mi guarda strano. «Solo perché mi hai visto in aeroporto, non fa di me un Milanese. Ero a Milano perché stavo facendo cambio di aereo. Sono originario di Boniso e questo è il bar del mio migliore amico Edward. Lui è il barista.»
Lui nota qualcosa sulla mia borsa nera e vede il mio nome completo.
«Sei tu Penelope Favre, la figlia di Mark Favre e sei anche la ragazza di Nicholas Mong?», chiede e cambia atteggiamento, diventando più cupo.
«Sì, sono sua figlia e veramente sono l'ex ragazza di Nicholas. L'ho lasciato quattro anni fa.»
Lui mi guarda allarmato. «Posso chiederti, come mai?»
Fa male ricordare. Mi rabbuio e gli chiedo ridendo. «Mi conosci da poco e sei già geloso?»
Ride. «Mi ero dimenticato che sei sarcastica. Comunque sono serio.»
Mi tocco i capelli, intrecciandoli sull'indice destro. «Perché lo vuoi sapere? Non vado a raccontare i fatti miei al primo sconosciuto. Non sei nemmeno mio amico.»
«Touché.» Mi guarda divertito e si tocca il neo. «La sorella di Edward è una sua ex e lui ha fatto una cosa non bella, ma non vorrei raccontartelo.»
Adesso mi ha messo curiosità. Glielo chiedo e riesco a convincerlo.
«Ha fatto video hard dove scopavano di brutto e messo online.»
Che brutale. Me l'ha detto senza giri di parole, insomma, sono stata io a convincerlo.
Mi metto una mano alla bocca. «Non pensavo che il mio ex fosse così.» ma adesso che ci penso lui è un manipolatore e crudele. Avrà convinto questa povera ragazza a fare quello che lui voleva. «Mi dispiace. Io non ho subito questo.»
Lui vuole sapere. Mi sta dando fiducia, lo sento a pelle. «Ma...ma...mio padre è morto con un infarto fulminante e l'ho scoperto alle nove di sera, mentre mia madre sapeva che era morto di mattina.»
Mi guarda sconvolto e agita le mani all'aria. «Scusami, tua madre sapeva tutto e te l'ha tenuto nascosto fino alle nove di sera? Capisco che volesse proteggerti, e non intuisco da cosa, ma non è il comportamento di una madre.»
Ha ragione. Da quel momento ho cambiato atteggiamento con lei. «Scusami, non ho finito. Quando l'ho saputo ero furiosa con mia madre e sono andata da Nicholas. In camera sua si stava divertendo con un'altra donna. Insomma...mmm...avrai capito...»
«Ti ha fatta becca», dice lui senza giri di parole.
«Sì e l'ho lasciato immediatamente.»
Poi mi si accende la lampadina. «La sorella di Edward è bionda?»
Scuote la testa e mi dice che quella ragazza ha i capelli neri.
Lui si scusa tante volte e decidiamo di ordinare qualcosa. Io prendo una coca-cola e lui una birra bionda.
Edward arriva e saluta il suo amico. «Harv, non pensavo che a Boniso avesti già trovato una ragazza nuova. Però, è abbastanza in carne, come la tua ex. Tu hai un debole per quelle come loro.»
Harvey mi osserva, sconvolto. Vorrebbe fulminare quel ragazzo arrogante.
Mi alzo. «Edward, non sono né una tua amica e nemmeno una tua parente. Portami rispetto e comunque non sono la ragazza del tuo migliore amico, ma solo una conoscente. Se era uno scherzo di cattivo gusto, evita. Perché non rompi a qualcun'altra?» Mi risiedo.
Quel cameriere mi guarda a bocca aperta e Harvey ride. «Edward, le piace il sarcasmo, ma questa volta tu hai veramente esagerato. Non si parla così a una donna. Credo che abbia il cuore gelato, penso che lei sia una ragazza dolce e romantica, ma non posso dirlo con certezza.»
Edward ride. «Infatti da quello che hai studiato capisci al volo le persone.»
Lui scuote la testa e dice che i miei occhi gli hanno fatto percepire questo.
Ha capito come sono fatta, solo dai miei occhi?
Lui prende la birra, portandosela alle labbra e beve. Io bevo la coca-cola.
Si appoggia allo schienale ed Edward chiede: «Sei contento di essere tornato a casa e con la tua Piccola?»
Ora sono scossa, non penso che stia parlando della sua ex. «Harvey, ma sei già padre? Wow, sei molto giovane per esserlo. Hai solo ventidue anni.» Ieri ho intravisto quattro persone e con loro non c'era una bambina, ma poteva essere andata al bagno.
Lui ride. «Comunque chiamami Harv. Non ho figli e se lo fossi ieri erano con me. Comunque ho ventisei anni, ma chi ti ha detto che ne ho ventidue?»
Abbasso la testa. «Scusami, sembri molto più giovane della tua età», farfuglio.
«Mmmm. Quattro in meno, è un buon record. Di solito mi danno un anno più grande, ma questa cosa mi mancava, grazie!», risponde sarcastico.
Ho fatto una figura orribile, me ne rendo conto; ma ero convinta che avesse ventidue anni e ha anche un corpo atletico/sportivo, che mi ha fatto pensare a questo.
Cambia argomento. «Edward è molto ambiguo, ma non è come sembra. Sono single e non ho ancora dei figli. Spero che ti sia chiaro. La mia piccola, è la mia chitarra elettrica. Sono un musicista.»
Guarda Edward, sorridendogli. «Ieri sera, a casa mia, ho suonato per tutta la sera e Patricia era molto furiosa.»
Loro parlano e sinceramente non capisco cosa ci facesse Patricia a casa di Harvey, ma non voglio indagare oltre e chiedo: «Sei famoso?»
Edward mi ride in faccia. Vorrei strozzarlo. «Non è famoso. Faceva dei piccoli concerti nei locali alla sera, insomma suonava per passatempo. Ma ora...»
Harvey lo guarda e gli fa moto di non dire più nulla.
Lui diventa rosso in viso. E sull'angolo delle labbra vedo un piccolo sorriso.
«Harv, immagino che fossi bravo. Ma cantavi anche?», chiedo. Questo ragazzo mi sta intrigando, sempre di più. È molto bello, cosa vado a pensare, è proprio sexy.
Mi dice che è stonato come una campana ed Edward sbuffa. Non lo calcolo nemmeno.
Resto molto affascinata da Harvey.
Quando parla della sua chitarra, i suoi occhi s'illuminano di un verde brillante, come un faro sulla spiaggia.
Io non so suonare nessun strumento, anzi, a scuola, alle elementari, ci hanno insegnato a usare il flauto, ma ho capito che non volevo diventare una musicista.
Edward si allontana e Harv mi parla, consegnandomi qualcosa.e
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