Volersi Male

Attenzione: questo è il continuo di una one-shot che trovate sul mio profilo sotto il nome di Ichnusa. Buona lettura a tuttx!

...

Si svegliò con un colpo di cuscino dritto in volto che oltre a destarlo lo fece alzare di scatto.

«E so' quindici minuti che ti chiamo. - si giustificò Simone, dandogli le spalle per potersi specchiare e e sistemare i capelli con le dita. - Guarda che ti lascio qui, Manuel.» si stropicciò con un palmo l'occhio sinistro, quello che faticava di più ad aprire e poi affondò i gomiti nel materasso, ritornando in posizione semi-sdraiata.

«Manco un bacio?» borbottò, la voce ancora impastata dal sonno e la vista appannata.

«No. - Simone gli tirò la t-shirt che la sera prima aveva lasciato sulla sedia girevole davanti alla scrivania. - E posa i tuoi vestiti che l'armadio sta proprio a due passi.» lo rimproverò, facendolo sbuffare e tornare con il capo contro i cuscini.

«Non dovresti trattà male il ragazzo di cui purtroppo sei innamorato.» lo prese in giro a labbra strette, nascondendo subito dopo il viso nella federa per coprirsi dalla luce che filtrava attraverso i vetri del balcone.

«Sì, se è un coglione.» suo malgrado ridacchiò, scoprendosi innamorato pure di quel Simone disinteressato, con la risposta sempre pronta e a tratti antipatico. Che fosse una sorta di vendetta ai suoi danni, o un'incredibile rinnovata fiducia in se stesso, lo trovava bello da morire. Lo osservò infilare i libri nello zaino e approfittò delle sue spalle per poggiare i piedi nudi al pavimento. Camminò piano, per non farsi sentire e lo avvolse tra le proprie braccia proprio quando Simone si stava nuovamente voltando. Lo vide lanciare uno sguardo alla porta chiusa, prima di tuffarsi nei suoi occhi, con il rimprovero ad aggrottargli la fronte.

Lo ignorò, Manuel, stringendo un po' più forte il suo corpo e «Davvero non me lo dai un bacio?» chiese, la voce più bassa e i toni meno scherzosi. Lo voleva davvero quel bacio. Lo sguardo di Simone s'addolcì all'istante, facendo un po' di spazio al Simone Balestra che per Manuel Ferro avrebbe fatto la qualunque senza alcuna remora.

«Ne abbiamo parlato già ieri. No. Niente baci, niente sesso, niente di niente finché non chiarisco la situazione con Mimmo.» quando il giorno prima gli aveva accennato le sue intenzioni, come se la notte precedente non avessero scopato in un bagno pubblico dopo essersi baciati sotto gli occhi di decine di persone, Manuel aveva riso divertito. Perché doveva essere per forza uno scherzo. Simone invece era rimasto fermo sulla sua posizione dimostrandosi assolutamente serio e convinto.

«Seh, 'a domenica più sprecata der mondo. - alzò gli occhi al cielo e il più piccolo sospirò. - Ormai er danno è fatto eh, non è che puoi risolverla facendo finta di non aver scop-»

«Sh! - gli mise una mano sulla bocca, Simone, ancora un'occhiata alla porta. E Manuel, di tutta risposta gli bacio i polpastrelli fermi sulle sue labbra. - Smettila.»

«E tu baciami.» vide l'incertezza palesarsi sul suo volto, le sue iridi che scesero a fissargli le
labbra per poi tornare alte nei suoi occhi.

«Dammi qualche ora. A scuola vedo Mimmo e ci parlo. Mi farebbe sentire meglio fare le cose per bene.» Manuel si arrese, annuendo in silenzio, ché tutto voleva tranne che Simone si sentisse assalito dai sensi di colpa solo perché lui aveva fretta. In fondo, da quel pomeriggio avrebbero avuto tutto il tempo del mondo a disposizione. Poteva aspettare qualche ora.

...

Arrivati fuori scuola, suo malgrado, dovette smettere di toccarlo. Aveva passato l'intero viaggio con le braccia strette attorno al suo busto, i palmi aperti a carezzargli l'addome. Non aveva potuto dirgli nulla al riguardo, perché infondo si stava solo reggendo.

«Hai gli allenamenti oggi? - domandò, sfilandosi il casco e fissando Simone fare altrettanto, mentre annuiva distratto e si guardava intorno. - Me faccio dare uno strappo da Matteo allora. - continuò, storcendo il naso all'ennesima mancata considerazione. Sapeva perché fosse così assorto, e in cuor suo lo capiva anche. Ma si era sentito talmente invisibile nei mesi trascorsi, che proprio non riuscì a sopportarlo. Face un passo nella sua direzione, sollevando una mano per ravvivargli i capelli schiacciati dal casco e finalmente Simone lo guardò, con gli occhi un po' sgranati. Non si ritrasse e Manuel sorrise nel vedere le gote prendere colore. - Nun fa' tardi.» mormorò e pure se anche questa volta si ritrovò solo ad annuire, Manuel ghignò soddisfatto. Perché era tutto per lui.

Un appagamento minimo, perché Mimmo occupò la sua visuale, comparendo chissà da dove per frapporsi tra lui e Simone e posare un bacio sulla bocca di quest'ultimo. A questo giro fu pure peggio del solito, la gelosia gli causò un prurito al centro dei palmi che dovette contrastare affondandovi le unghie. Calò lo sguardo sulle proprie scarpe e se generalmente in situazioni del genere s'allontanava in silenzio, ora, sempre in silenzio, rimase immobile. Ne aveva il diritto, no?

«Abbiamo dieci minuti, facciamo colazione? Devo raccontarti una cosa!» rideva la sua voce e Manuel lo capiva perfettamente perché quello era l'effetto di Simone Balestra sulla gente. Eppure non riuscì a muoversi nemmeno quando si sentì di troppo, l'istinto di gridare che non era lui ad essere fuori posto in quel contesto che lottava contro il desiderio di rispettare la scelta di Simone e fare le cose per bene. Per qua e ancora possibile.

«Certo.» annuì il corvino, e Manuel sentì prima i suoi occhi addosso, poi quelli di Mimmo, che lo indussero a guardarli nuovamente. Gli stava stringendo un braccio, lo toccava più del necessario. Il più basso inclinò il capo, le sopracciglia aggrottate e le iridi azzurre che passarono in rassegna a turno il volto di uno e dell'altro.

«Ciao. - lo salutò pacato. Da quando lui e Simone avevano ufficializzato la cosa aveva preso ad essere più gentile nei suoi riguardi, forse speranzoso di poter sanare il rapporto con quello che a conti fatti era il migliore amico del suo fidanzato. Eppure Manuel percepiva chiaramente lo scontento nel saperlo sempre nei paraggi del corvino. - Vuoi... unirti a noi?» gli scappò una smorfia, inorridendo al solo pensiero di partecipare ad una parte della quotidianità di Simone a lui sconosciuta, poi scosse il capo.

«No, stavo... - si voltò, intravedendo l'auto che tutti i giorni accompagnava Viola fin fuori scuola. - aspettando mia sorella. - guardò Simone, cercando una rassicurazione che riuscì ad estrapolare da un minuscolo cenno. - Se beccamo dopo.» sollevò una mano, dando le spalle ad entrambi per raggiungere la macchina.

«Mi devi dire qualcosa?» iniziò immediatamente la ragazza, uno sguardo truce in volto che gli fece sollevare gli occhi al cielo.

«Che te devo dì'?» la scimmiottò subito, affiancandola per dirigersi con lei verso l'ingresso del Da Vinci.

«Hai pomiciato con uno alla festa, sabato sera? Perché non mi hai scritto? Adesso non mi dici più niente?» cominciò, il tono inquisitorio che lo fece sorridere. La amava, la amava profondamente.

«E a te chi l'ha detto?»

«T'hanno visto tutti, Manuel. Matteo l'ha raccontato a Ryan e Ryan a me. Ho aspettato tutto il giorno che mi scrivessi qualcosa e invece domenica sei letteralmente sparito.» perché nessuno si facesse gli affari propri divenne una problematica che decise avrebbe affrontato più avanti. In quel momento, seppur infastidito dalla cosa, era troppo esagitato per potersi lamentare per davvero. Per di più aveva bisogno di parlare con Viola. E non di Antonio.

«E che altro ha raccontato Matteo a Ryan?»

«Che eri ubriaco e che Simone t'ha trascinato a casa per i capelli prima che potessi fare una stronzata.» gli scappò una risata, e sollevò entrambe le mani in segno di scuse all'ennesima occhiataccia.

«Semo pari se te racconto una cosa che Matteo e Ryan non sanno?» domandò, appurando il fatto che effettivamente i loro compagni di classe non si fossero resi conto di nulla.

«Dipende.»

«Punto primo: non ero ubriaco. M'ero sfonnato de pizza e avrò bevuto sì è no tre cocktail. - la ragazza annuì con disinteresse. - E a prescindere dai cocktail co' quello ce sarei stato lo stesso, perché era... - aggrottò le sopracciglia. - era un fregno.» disse a voce bassissima, rabbrividendo al solo pensiero di averlo davvero pensato e detto a voce alta. E nemmeno era una bugia. Questa volta a sua sorella scappò una risatina. - E sì, Simone m'ha trascinato via. Perché gli è girato il cazzo, non perché pensava che fossi sbronzo.»

«Te l'ha detto lui?» domandò con gli occhi sgranati, guardandosi poi intorno come a volersi assicurare che nessuno li avesse sentiti.

«Mica me l'ha solo detto. - sorrise, facendo una pausa, per poi mettersi alle sue spalle e iniziare a spingerla. Una cosa che generalmente non faceva perché lei lo detestava, ma in questo caso fu un mero escamotage per potersi abbassare all'altezza del suo orecchio. - M'ha trascinato per i capelli, ma non a casa. Non subito almeno.» Viola sgranò gli occhi, voltandosi immediatamente nella sua direzione, una mano a coprirsi la bocca.

«No! Voi... - guardò alle spalle di Manuel, sconcertata ed euforica al tempo stesso. - avete...? - annuì piano, ridendo ai ripetuti oh cazzo, oh cazzo, oh cazzo, che li accompagnarono fin dentro la loro aula. Lasciò che si sistemasse al proprio banco, prima di prendere posto di fianco a lei, ché da quando lui e Nina si erano lasciati, Luna gli aveva fatto la grazia di scambiare il posto a sedere. Poggiò le braccia incrociate sulla superficie liscia per posarvi la testa, gli occhi su sua sorella. - E Mimmo? Li ho intravisti insieme stamattina.» ancora la voce bassissima, nonostante l'aula deserta.

«Seh, m'ha detto che oggi c'avrebbe parlato. Magari lo sta facendo ora, non lo so.»

«E sei felice?» imitò la sua posizione, Viola, accasciandosi sul banco e affondando con il naso nell'incavo del gomito.

«Mh?»

«Sei felice, Manu?» pareva volesse scavargli l'anima, con quegli occhi così grandi. Certe volte Manuel pensava di non meritarselo nemmeno un bene così... immotivato. Aveva fatto star male talmente tante persone, si era comportato da egoista, aveva infranto la legge così spesso da non ricordare nemmeno più il numero delle sue malefatte. Eppure lei era lì, che alla peggio inarcava le sopracciglia alle sue stronzate. Simone era lì, che lo amava, purtroppo e nonostante tutto. E suo padre anche, che l'aveva accettato e voluto bene, fin dal primissimo istante. Avvampò, a quella domanda, sentendosi poi costretto a nascondere il viso per intero.

«Boh, che ne so io. Ma domande so', poi? - sbuffò, ricevendo un ceffone d'avvertimento sul braccio che gli fece sollevare di scatto la testa e Simone era sull'ingresso, ora affiancato da Laura che gli parlava sottovoce. S'irrigidì quando incontrò il suo sguardo, scosse appena il capo in una muta richiesta di... conferma? Voleva che lo rassicurasse, in qualsiasi modo. Invece Simone si limitò ad imitare il medesimo cenno, prima di superarlo, lasciandolo interdetto. - Che cazzo significava?» domandò, avvicinandosi a sua sorella.

«Che ne so io, sei tu l'amante.» a Manuel girò la testa nel sentirsi appellare in quel modo. Lui non era l'amante di Simone. Non era una persona di passaggio con cui si era ritrovato a condividere una scopata nel cesso di un locale. Simone non era il tipo. Simone non tradiva. Simone era stato a letto con lui perché non poteva andare diversamente. Simone Balestra era suo, suo e basta.

Si voltò, suo malgrado, a guardarlo. Ma lui se ne stava con gli occhi fissi sul cellulare, le sopracciglia aggrottate. E, diamine, quello non era un buon segno.

«Ed ecco a voi , signori e signore, Manuelito Ferro! - esordì Matteo, entrando in classe come se fosse pronto a mettere su uno show. - Che non fa sconti a nessuno, gente. - teneva il cellulare stretto nella mano e vicino alle labbra, come fosse un microfono. E Manuel alzò gli occhi al cielo. - Che siano pischelle o pischelli, nessuno resiste! Sarà quer fascino da scappato de casa? Sarà che è un buzzurro e de 'sti tempi se sa che va de moda? Chi può dirlo! De sicuro la sua tattica s'è dimostrata efficace.»

«Hai finito?» domandò con uno sbuffo infastidito, ma il ragazzo non parve intenzionato a mollarlo, anzi lo raggiunse per circondargli il collo con un braccio.

«Ce dica de più, signor Ferro: come ha fatto a rimorchiare niente meno che Antonio Ranieri? Io e Mr. Ryan abbiamo indagato 'n pochetto e quanto pare è 'n genio della matematica, suona il basso in una band de quartiere e gioca pallanuoto. 'N primo taglio, 'nsomma.» suo malgrado, si mise a ridere, spintonandolo via.

«E levate dar cazzo, bestia!»

«Ragazzi, prendete posto? - la Girolami fece il suo suo ingresso in classe, posando la borsa sulla cattedra. - Lunedì prossimo verifica, state avvisato eh!» Matteo gli diede una pacca leggera sulla nacca, sfilando verso i primi banchi per sedersi di fianco a Laura.

«Quindi se non vanno bene in matematica non li guardi nemmeno.» lo sbeffeggiò a bassa voce sua sorella, quando Nina entrò in classe, raggiungendo il fondo dell'aula.

...

Non appena suonò la terza ora, Manuel si alzò velocemente. Erano passate con una lentezza estenuante, aveva contato i minuti - con la coscia tremante - che lo separavano da quella pausa di appena quindici minuti dei quali non si sarebbe perso neanche un secondo. Si fiondò fuori dall'aula, dopo aver lanciato una lunga occhiata a Simone, assicurandosi che questi cogliesse l'antifona, e si diresse alla macchinetta del caffè.

Il ragazzo lo raggiunse quando quell'aggeggio infernale mangia-soldi suonò per indicare che il suo macchiato fosse pronto.

«Che è successo?» domandò immediatamente, la gamba che non smetteva di tremare nemmeno in quella posizione, e l'aria contrita di Simone ad alimentare l'angoscia.

«È complicato.» sbuffò il più piccolo, guardandosi intorno e mantenendo una distanza di sicurezza tale da fargli storcere il naso.

«È semplicissimo, Simò. L'hai mollato: sì o no?» non voleva essere così brusco, né tantomeno sembrare pretenzioso. Ma più l'altro si agitava, evitando i suoi occhi, più Manuel diventava paranoico al riguardo.

«No.» fu uno schiaffo dritto in faccia e Manuel sentì un groppo alla gola, il terrore a scuotergli il
petto e la gamba che non gli dava tregua.

«Hai... - la voce più bassa. - cambiato idea?»

«Non ho cambiato idea.» fu immediata la risposta
del minore, priva di dubbio, e Manuel desiderò lasciarsi cullare da essere e dalla sicurezza con cui la pronuncio. Ma c'era un ma. Era chiaro.

«E allora cosa?» non capiva, non riusciva a capirlo.

«Tra un mese ha l'udienza, - Manuel scosse il capo, in preda alla confusione. - forse riesce ad uscire prima per buona condotta.»

«'Mbè?»

«Non voglio che questa storia lo faccia uscire di testa, se riga dritto è fatta, capisci?» No.

«Onestamente no.»

«Manuel...»

«Che dovrei fa', Simò? Nun c'ho intenzione de fa l'amante tuo pe' tutto er mese.» buttò giù quella brodaglia disgustosa che del caffè a malapena c'aveva l'odore. Simone affilò lo sguardo.

«Infatti non t'ho chiesto questo.» Se possibile fu anche peggio quell'affermazione, che chiarì nell'immediato che un'ipotesi del genere nemmeno l'aveva presa in considerazione.

«Che mi stai chiedendo, allora? Di aspettare? - Simone incrociò le braccia al petto, gli occhi bassi. - Me ne sto fermo come un coglione a guardarti incollato al culo der fidanzatino tuo? - buttò il bicchierino nel cestino, il cuore più veloce al solo pensiero di quell'evenienza. - E quanno vorrà fare l'amore con te? - gli venne da vomitare. - Che glie dici, che hai mal di testa? - il fatto che Simone potesse fare di nuovo sesso con Mimmo, dopo quello che era successo tra di loro due sere prima non l'aveva nemmeno sfiorato. Adesso invece era un terrore concreto. - E quanti mal di testa pensi de poterci ave' in un mese, Simò?»

«Ti ho aspettato per un anno intero e adesso ti fai il problema per un mese?» fu crudele il modo in cui glielo rinfacciò e fece male. Fece malissimo.

«Non è la stessa cosa, neanche lontanamente.»

«Non posso lasciarlo da solo adesso!» Amava così tanto quel lato di Simone, e eppure non sopportava che potesse applicare lo stesso principio morale con chiunque. Come non sopportava l'idea di doverlo condividere.

«E allora pe' quanto mi riguarda hai fatto la tua scelta.»

«Quindi quello che mi hai detto l'altro ieri sera non vale niente?» s'alterò, Simone, e Manuel si ritrovò a masticare un'imprecazione a denti stretti.

«T'ho detto che sono innamorato di te e che resto innamorato de te pure se te tiri indietro. - sibilò, facendo un passo nella sua direzione, fino ad avere il viso vicino al suo. - Non che accetto de statte a guardà mentre mandi avanti 'sta farsa co' quello pe' pietà. - con la coda dell'occhio vide Mimmo, un sorriso smagliante quando intravide Simone. Si morse l'interno guancia, e di nuovo indietreggiò. - Ce sta l'amore tuo, tolgo il disturbo. Sia mai se insospettisce.» sputò acido, non riuscendo ad evitare di fulminare il ragazzo dai capelli biondi, dunque indietreggiò per tornare in classe.

...

Non aveva rivolto la parola a Simone per tre giorni e per tre giorni aveva dormito male: la prima notte sul divano di Matteo, dove aveva preferito trattenersi per evitare il confronto; la seconda sul divano di casa Balestra, inducendo Anita e Dante a sospettare che qualcosa non andasse; la terza era tornato in camera sua a notte fonda, trovandovi un Simone già addormentato. In definitiva si sentiva stanco morto, pure Viola - che aveva fatto allungare il suo autista per dargli un passaggio a scuola - gli aveva detto che pareva un cadavere. E poi l'aveva invitato a stabilirsi da lei per qualche giorno. Non aveva rifiutato, ma nemmeno accettato. In cuor suo sperava che fosse Simone a riprendere in mano le redini di quella relazione che sembrava essere ad un punto morto peggio di prima. Invece aveva dovuto sorbirsi tre giorni d'inferno e a giovedì c'era arrivato a stenti, impegnandosi al massimo per evitare quei due in giro per l'istituto, con ben poca fortuna dalla sua parte. Quantomeno Simone si tratteneva in palestra quasi tutti i pomeriggi, ché nonostante avesse momentaneamente mollato il rugby agli allenamenti non rinunciava.

«Secondo me esageri, - lo redarguì sua sorella. - lo sapevi in cosa ti stavi andando ad impelagare.» aveva le mani infilate in tasca, gli occhi fissi sui propri piedi mentre le camminava di fianco per uscire dall'aula.

«Eh no, io non ho accettato di fare l'amante. - in realtà non aveva accettato nemmeno di non farlo, di certo non aveva accettato quella situazione di stallo insopportabile. - M'aveva detto che l'avrebbe lasciato.» stava diventando isterico, costretto ad interfacciassi forse per la prima volta nella propria vita con l'esperienza più simile ad un rifiuto.

«Mica t'ha detto che-» si zittì di colpo quando uscirono dall'aula, e Manuel seguì la direzione del suo sguardo, roteando gli occhi con un gemito di insofferenza che gli morì in gola appena in tempo.

La prima immagine che gli si parò davanti fu quella di Mimmo con le labbra incollate alla bocca di Simone. Quest'ultimo lo intravide subito, ma Manuel non gli diede il tempo materiale di rivolgergli alcun tipo di sguardo. Non aveva voglia di specchiarsi in quegli occhi enormi e leggervi del dispiacere. Non se ne faceva niente delle sue scuse, specie se silenziose e prive di una reale consistenza.

«'O vedi chi ce sta là? - Matteo gli circondò le spalle con un braccio, e Manuel a sopracciglia inarcate seguì la direzione del suo indice. - Non è l'amico tuo quello alle macchinette?» aveva apprezzato il fatto che Matteo non si fosse comportato in maniera strana dopo quel plateale coming-out. In realtà non sapeva nemmeno se poteva definirlo in quel modo. Nonostante tutto, l'amico non aveva fatto domande, continuando a comportarsi esattamente come se quella fosse una delle sue normali conquiste. Perché in realtà era davvero normale, solo che a Manuel in qualche modo pareva diversa. Ed era contento che quantomeno le persone a lui care non alimentassero quella lotta interna, ancora fastidiosamente accesa.

Lo vide Manuel, fu la prima volta che lo notò per davvero tra i corridoi di quella scuola. E lo vide anche Simone, catturato dalla voce troppo alta di Matteo. S'irrigidì subito, una punta di fastidio ad incupirgli lo sguardo. Fu proprio ad essa che il più grande si appigliò, spinto dall'orgoglio ad incentivare la nascente gelosia che piano si palesava anche sulle gote ora più rosse. D'altronde non gli aveva chiesto di aspettare, non gli aveva promesso che con Mimmo non c'avrebbe scopato fino allo scadere di quel fantomatico mese, né si stava risparmiando dal continuare a baciarlo in sua presenza. E più quei pensieri gli vorticavano nella testa, più la rabbia prendeva il sopravvento dando spazio ad un desiderio di rivalsa.

«Carino.» commentò sua sorelle, sollevando un pollice d'approvazione nella sua direzione, facendo ridere di gusto Matteo. Simone, dalla sua, gli parve ancor più avvilito. E Mimmo continuava a parlargli, senza sosta, senza nemmeno far caso al suo stato d'animo. E se l'unico modo che aveva per ottenere la considerazione di Simone consisteva nel farlo ingelosire, avrebbe fatto a quel tale Antonio una proposta di matrimonio in pubblica piazza.

«Me vado a fa' un caffè, va'» un sorriso placido nel sentire lo sguardo di Simone ora sulla sua figura. Pareva volesse bruciarlo vivo.

«Daje!» Matteo glielo gridò quando già stava dando le spalle a tutti i compagni di classe.

Gli arrivò da dietro, sfilandogli il caffè dalle mani prima che potesse avvicinarlo alle labbra, e ne prese una sorsata.

«Me dovevi un drink. - si giustificò, portando il bicchierino alla bocca e facendo una smorfia nel constatare che fosse assolutamente amaro. Antonio non si scompose, ma nemmeno lo mandò a quel paese. Rimase a fissarlo, in attesa che aggiungesse altro, e Manuel si ritrovò a sospirare. - E me sa che io te devo delle scuse, ve'? - il ragazzo sollevò un sopracciglio. - Me dispiace che ce sei finito de mezzo. E pure de averte minacciato.»

«Sei fortunato, sai? - domandò a quel punto il più più altro, e fu il turno di Manuel di inarcare le sopracciglia. - È sempre più facile concedere il beneficio del dubbio ad uno stronzo, quando lo stronzo in questione è così bello. - sollevò un angolo delle labbra, calando per un attimo gli occhi sulla miscela nera. Poteva tranquillamente essere petrolio, quello lì. - Che succede con Balestra?» mise un'altra moneta nella macchinetta, azzerando la quantità di zucchero ancora una volta.

«È il mio migliore amico.» disse subito, una risposta che ormai gli veniva fuori in maniera automatica, neanche avesse passato giorni interi a fare le prove davanti ad uno specchio per convincere se stesso e gli altri.

«E basta?» era scettico e Manuel non poteva dargli torto, sarebbe stato sciocco vista la scenata del week-end passato.

«C'ha un ragazzo.»

«Sì, lo vedo. - Manuel seguì il suo sguardo, trovando quello di Simone che s'alternava dalle loro figure al volto di Mimmo. - Ma credo m'ammazzerebbe volentieri, se potesse.»

«È una lunga storia. - provò a tagliare a corto e Antonio strinse le labbra, come a voler trattenere una risatina, mentre estraeva il caffè dalla macchinetta logora. - Che sghignazzi? Me stai a prende' in giro?» ma si ritrovò a ridere a sua volta, perché in realtà si sentiva per davvero un ipocrita.

«Io no, ma il tuo tentativo di prendere in giro me è adorabile oltre ogni aspettativa. - schiuse la bocca per ribadire, ma venne interrotto subito dal suo viso ora più vicino. - Sei venuto a scusarti oppure hai un secondo fine?» non vi fu astio in quella domanda, solo mera curiosità.

«Magari entrambe.» se qualcuno avesse rifilato a lui una risposta del genere, per quanto onesta, probabilmente avrebbe dato di matto, egoriferito di natura com'era. Antonio invece soppesò le sue parole, fissandogli le labbra, per poi specchiarsi nei suoi occhi.

«Dammi il tuo cellulare. - aggrottò le sopracciglia, ma seguì le indicazioni fornite, lo estrasse dalla tasca posteriore dei jeans per frapporlo tra i loro petti. Lo osservò digitare velocemente, prima di cederglielo nuovamente indietro. E quando lo schermo fu nuovamente di fronte al suo viso, Antonio lo indicò con l'indice. - Questo è il mio numero, magari averlo può servirti a raggiungere il tuo scopo. Non usarlo per davvero, però. - sussurrò e Manuel lo guardò in silenzio. - Se il tuo migliore amico la tira per le lunghe e cambi idea, allora puoi scrivermi. - sbuffò dal naso, Manuel, notando che in effetti, quel ragazzo a Simone c'assomigliava per davvero. Così simile nei colori, nelle proporzioni e nelle misure, quanto nel portamento. Eppure al tempo stesso differente, perché il sorriso di Simone era ineguagliabile, genuino da fargli contorcere lo stomaco, e i suoi occhi parevano poter parlare da soli, così espressivi da mandarlo ai matti. Antonio, in definitiva, avrebbe potuto essere un rimpiazzo. Un rimpiazzo di tutto rispetto, ma che restava pur sempre tale. - Ci vediamo in giro, Manuel.» in silenzio, permise che il ragazzo lo superasse, lasciandogli una breve carezza alla base della schiena che Manuel avvertì in maniera distratta, troppo concentrato sullo schermo e su quel nuovo contatto salvato in rubrica. Quando sollevò gli occhi Viola stava ridendo, scuotendo il capo, e Matteo stava alzando i pollici nella sua direzione in segno d'approvazione. Simone invece, in maniera così limpida da farlo rabbrividire di un'aspettativa condita da una punta d'eccitazione, lo odiava.

...

Quando Simone rientrò a casa, quel giovedì pomeriggio, Manuel era seduto in veranda: il libro di letteratura aperto suo tavolo e il cellulare stretto tra le mani. Batteva velocemente sullo schermo, rispondendo ai messaggi di Viola che pretendeva di essere aggiornata minuto per minuto circa la questione "Antonio", nonostante Manuel le avesse più volte assicurato che non gli avrebbe scritto.

Lo superò a passo svelto, il casco tra le mani e lo zaino in spalla, senza dirgli una parola. Il maggiore, dalla sua, non alzò gli occhi dal telefono, ma si ritrovò a ridere soddisfatto, anche se di nascosto, quando sentì il rumore dei suoi passi mentre tornava indietro.

«Lo so che stai facendo. - lo accusò, il tono risoluto. - Non funzionerà, quindi piantala se vuoi evitare di renderti ridicolo.» Manuel sollevò lo sguardo, restandosene seduto con le cosce aperte e il bacino basso, sulla sedia in vimini.

«Te nun te preoccupa' della reputazione mia e pensa alla tua, che la vedo a rischio.» Simone strinse le labbra, oltremodo irritato.

«Non capisci niente.»

«E se vede che a te piacciono scemi, Simò. - lo sbeffeggiò, con una risata. - Ed ecco che se spiega perché l'amore tuo nun s'accorge di come me guardi.» tornò a fissare il cellulare, il cuore a mille mentre digitava a sua sorella nel tentativo di tranquillizzarsi. Pochi istanti, e si sentì afferrare per i capelli: non una stretta forte, ma comunque imprevista, che lo spinse a sobbalzare. Lo indusse a guardarlo negli occhi, Simone, ed era furente.

«Ti senti con lui?» glielo chiese con un ringhio, ad un soffio dalla bocca, e Manuel avvertì una vampata di calore risalire verso l'alto a partire dal collo per espandersi sulle guance. La voglia matta che aveva di azzerare le distanze e abbandonarsi a quella bocca imbronciata, che faceva a pugni con l'orgoglio ferito ripetutamente da qui giorni di silenzio.

«E se anche fosse? - vinse il secondo, o almeno in parte, perché gli occhi erano comunque incollati alle labbra. - È bello. Tu non lo trovi bello, Simò?» avvertì ora la stretta più ferma e sibilò un lamento che sfociò in una risata divertita.

«Per te è un gioco, non è vero? - era arrabbiato e lo guardava, proprio come Manuel desiderava essere guardato. - Ti stai divertendo e nemmeno ti rendi conto in che situazione del cazzo mi trovo. Tre giorni e pendi dalle labbra del primo coglione che ti è capitato a tiro. Questa è la tua concezione d'amore, Manuel? - lo spinse via in malo modo, il più grande, alzandosi in piedi di fronte a lui per fronteggiarlo. - Ma quanto puoi essere stronzo?»

«Te conviene che me limiti a questo. - sibilò a voce bassa. - Perché io glie dovrei spaccà la faccia ogni volta che s'avvicina a te. - Simone trattenne il fiato, le labbra schiuse, e Manuel si sporse fino ad averle a portata di bacio. - E ogni volta che te fai bacià davanti agli occhi miei so' costretto a trattenerme dal raccontargli pe' filo e pe' segno quanto t'è piaciuto scoparmi in un cesso pubblico. - afferrò il proprio libro, un altro spintone a cui Simone non reagì, per superarlo. - Me dovresti ringrazià.»

...

«Quindi, ha funzionato?» stava camminando verso la propria classe, quel venerdì mattina, quando Antonio lo affiancò prendendo a passeggiargli vicino, un sorriso un po' arrogante che fece scuotere il capo a Manuel.

«Speri che abbia funzionato?» lo adocchiò di sguincio sollevare le spalle, le mani infilate nelle tasche dei jeans. Quanto amor proprio.

«Onestamente no. - Manuel gli diede una spallata, continuando a ridere e inducendo l'altro a fare altrettanto. - Anche perché secondo me ad uno come te s'addice di più uno come me.» alzò gli occhi al cielo, perché una frase del cazzo come quella avrebbe potuto tranquillamente essere una della sue da rimorchio.

«Non mi conosci neanche.»

«E nonostante ciò non rischierei mai di starmene con un piede in due scarpe se una delle scarpe sei tu.» strinse le labbra, infastidito più da se stesso che da quell'affermazione. Perché in effetti stava trattando Simone proprio come se fosse il cattivo della situazione. E anche se non si stava comportando in maniera in giusta, la verità stava pur sempre nel mezzo.

«Guarda che fra me e lui la merda sono stata io. E se sta co' quello pure è colpa mia.» mormorò, preso da uno slancio d'onestà intellettuale. Perché una svegliata poteva darsela anche prima, invece di incastrarsi da solo in una relazione del cazzo e lasciarselo portare via dal primo che gli era capitato a tiro.

«Sembra lo faccia quasi a posta.» ora era divertito e Manuel alzò gli occhi, per ritrovarsi a pochi passi dal ragazzo di cui era innamorato e da... Mimmo. Ancora Mimmo. Sempre Mimmo. Stava diventando una persecuzione.

«Vado in classe, va', - Chissà quale divinità gli stava impedendo di fare una scenata davanti a tutti. - Prima che sbratto.» gli diede una veloce pacca sulla spalla e lo superò, camminando veloce e guardando ovunque fuorché verso quei due.

«Manu! - si sentì chiamare quando era ormai all'ingresso, così vicino a Simone e Mimmo che quasi pensò di far finta di non aver sentito e tirare dritto. - Manu, aspetta. - si voltò e intravide Simone accumulare aria e buttarla fuori in uno sbuffo infastidito. Fu proprio quello a cementargli le cosce al pavimento, spingendolo poi a voltarsi di nuovo verso Antonio. L'aveva raggiunto. - Ti va di uscire insieme dopo scuola? - rimase sorpreso dalla proposta, in un primo momento, poi divertito nel vederlo fargli l'occhiolino. - Mandami un messaggio quando stai fuori, okay?»
Annuì, seguendolo con lo sguardo mentre proseguiva lungo il corridoio, diretto alla sua aula.

«Me spieghi come cazzo fai? - Matteo ormai c'aveva un'abilità nell'arrivargli alle spalle dopo aver ascoltato una sua conversazione. - C'ho messo mesi pe' convince' Laura. Mesi di letture intense e plateali rifiuti. Te basta che respiri e se cala le braghe chiunque. Guarda che è assurdo.»

«Ma che ne vuoi sapè te, io c'ho er fascino de n'attore. Se ancora sto qui è perché nun me so' mai applicato troppo co' la dizione.» Matteo gli diede un ceffone sulla nacca, trascinandoselo in classe, dove ad accoglierlo trovò l'espressione seccata di sua sorella.

...

«Già stai qua?»

«Lunedì abbiamo l'ultima verifica di matematica, mi sono trattenuto meno per tornare a studiare. - Simone era seduto alla scrivania, il libro di matematica aperto di fianco al quaderno e il braccio teso sulla superficie. Non lo guardava. - Te invece? Ti sei divertito?»

«Boh, sì.» Manuel rimase appoggiato con la spalla alla cornice della porta del bagno, strofinando i capelli con il cappuccio dell'accappatoio che poi fece ricadere sulle spalle. Per non scoppiare a ridergli in faccia, si morse l'interno guancia. Continuò a tenere gli occhi bassi sulle pagine, Simone, almeno fin quando il più grande non camminò nella sua direzione, poggiando un palmo aperto e ancora umido dalla doccia appena fatta, sul libro: gli occhi fissi sugli esercizi.

«Me fai copià dopo? Magari me imparo qualcosa. - domandò, come se Simone non avesse detto nulla, e di tutta risposta questi alzò il volto, scandalizzato. E lo vide chiaramente il cambiamento della sua espressione, il fastidio che abbandonò le sue iridi che lente, scesero dal suo viso alla sua gola. Immediato fu il dilatarsi delle sue pupille, involontaria la lingua che umettò le labbra piene quando arrivò al petto coperto solo in parte dalla spugna blu dell'accappatoio. - Mh?» Manuel sollevò l'angolo destro delle labbra, quando percepì Simone concentrarsi lì. E vide anche il guizzò dei muscoli delle cosce, il suo tendersi in avanti che prontamente schivò, fingendo distrazione, per passeggiare poi verso il letto del minore e stendervici su, con la mani incrociate dietro il capo. Fece fare un mezzo giro alla sedia, il corvino, per avercelo di fronte.

«Mi bagni le lenzuola, così?» Manuel rise a quel rimprovero.

«Sopravviverai, c'ho fatto di peggio.» fu immediata, la risposta, tagliente al punto giusto. E Simone strinse i pugni sulle cosce tese, senza muoversi di un solo millimetro.

«Smettila.» gli sibilò tra i denti, uno sguardo veloce alla porta, come a volersi assicurare che fosse chiusa, e poi di nuovo a Manuel, che placido fece strusciare la pianta del piede destro sul materasso, per piegare ad angolo la coscia.

«De fa' cosa? - fu innocente il modo in cui gli pose la domanda, del tutto in contrasto con il suo sollevarsi per premere la schiena alla spalliera, il nodo dell'accappatoio che si allentò in risposta ai suoi movimenti e la stoffa morbida a carezzargli una spalla. Simone respirò piano, apparentemente controllato, eppure i muscoli erano tesi e i jeans evidentemente più stretti all'altezza del cavallo. - Che sto a fa', Simò?» mosse le gambe, facendo slittare la sedia in avanti fino a trovarsi con le ginocchia contro i piedi del letto.

«Lo sai.» sussurrò basso, occhi ora fissi sulle cosce schiuse che percorsero ogni singolo lembo di pelle esposta.

«E il tuo ragazzo lo sa che te viene duro solo a guardarme? - chiese di rimando, passandosi pigramente una mano sul petto, il pollice a sfiorarsi un capezzolo, prima di scendere a sciogliere il laccio che teneva insieme i lembi di quell'unica barriera protettiva. - Lo sa che non riuscirebbe a farti provare quello che te faccio provà io, nemmeno se se impegnasse? - continuò mellifluo. - Te stai a magnà le mani e io sto praticamente fermo. - lo derise, beandosi della tinta rosata che andò a colorargli le gote. - Pensa se me muovessi. - lo istigò, scostando la stoffa, sotto il suo sguardo così perso, così bello, così... suo. L'erezione gli svettò sul ventre e Manuel strinse il proprio piacere nel palmo, muovendosi languido e percorrendone le sporgenze con i polpastrelli. Socchiuse gli occhi alla prima ondata di piacere e affondo i denti nel labbro inferiore. - Dimmi di nuovo di smetterla. - lo sfidò, carezzandosi la punta bagnata con movimenti circolari. - Dimmelo, - approfittò del suo silenzio, di quegli occhi affamati che lo osservavano con muta disperazione. - e vado a finire in bagno.» Simone scese con il bacino, scivolando contro lo schienale della sedia i piedi saldi al pavimento e le cosce schiuse: si stava mettendo comodo e Manuel gli sorrise vittorioso, prima di arrestare i movimenti. Il petto si sollevava e abbassava velocemente, di pari passo alla velocità del cuore che aveva preso a rincorrere il piacere.

«Continua.» gli mormorò immediatamente il più piccolo. Manuel allungò una mano alla sua destra aprendo il cassetto del comodino, dove sapeva perfettamente Simone tenesse un tubetto di lubrificante. Ne sollevò la levette, versandone una generosa dose sulle dita. L'altro osservò ogni suo singolo movimento, il modo in cui sfregò il pollice contro l'indice, il medio e l'anulare per scaldare il liquido trasparente.

«Nun è tradimento se te limiti a guardà?» gli domandò placido, sollevando il bacino per avere facile accesso al proprio corpo, che penetrò con un sospiro. E il medesimo sospiro a Simone sfuggì dalle labbra schiuse, mentre si smuoveva tremante sulla sedia. Fece colare nuovamente il lubrificante, direttamente sui testicoli, raccogliendolo con il medio che pure si fece spazio tra la carni strette.

«Continua.» Non s'era mai sentito così eccitato ed esposto al tempo stesso. Simone catturava ogni singolo movimento, trattenendo il fiato ogni qualvolta Manuel allargava le dita per allentare la pressione. Gli si inumidirono gli occhi e il sesso ebbe un guizzo, bagnandogli il ventre, quando Simone lo emulò. Si carezzò il cavallo dei pantaloni, gonfio, stringendo il sesso da sopra la stoffa grigia.

«Così però non te stai limitando a guardà, lo sai?» lo prese in giro, quando la mano scivolò oltre l'elastico dei pantaloni della tuta, svelando una lunghezza turgida, rossa.

«Sta' zitto. - gracchiò, cominciando poi a darsi piacere da solo, specchio del compagno che adesso andava più veloce, cercando di prendere quanto più a fondo possibile le due dita seppellite nel proprio corpo. Le inarcò verso l'alto e la prostata riuscì a malapena a sfiorarla, ciononostante rabbrividì di riflesso. Con gli occhi a percorrere ogni singola vena disegnata sul dorso di quella mano contratta, prese a gemere, le gambe ancora più aperte affinché Simone non si perdesse nulla. E più Simone si dava piacere, osservandolo, più Manuel sentiva il bisogno fisico di dargli di più. Sarebbe stato un giocattolo alla sua mercé, se solo gliel'avesse chiesto. - Ti stai aprendo per me? - annuì forte, guardandolo spogliarsi della t-shirt bianca che portava sempre in casa. - Perché?»

«Perché ti amo, Simò. - ansimò, prendendosi il sesso tra le dita per masturbarsi al medesimo ritmo con cui continuava a penetrarsi, adesso anche con l'anulare. - Lo voglio dire a tutti che ti amo, voglio essere io quello che ti scopa la sera e quello che ti bacia prima di entrare in classe e - E Simone fu sul suo corpo. Le braccia gliele sollevò sulla testa immobilizzandole contro la spalliera e le cosce gliele tenne spalancate, infilandovisi nel mezzo e schiacciandosi sul suo corpo. Gli catturò la bocca, lambendone i contorni con la lingua per poi immergersi in essa a carezzare lentamente il palato. Polsi uniti, stretti tra le dita della mano sinistra, mentre con l'altra si calava velocemente i pantaloni. E questi li scalciò via, un po' goffamente, per non abbandonare il suo corpo che continuò a baciare, leccare e mordere a partire dal mento. A Manuel sfuggì un gemito roco quando prese a succhiare la porzione di pelle sotto l'orecchio, così forte da graffiarlo con i denti. - A-aspetta, così mi lasci il segno, Simò.»

«Magari così quello ti gira a largo. - una spinta e i loro sessi sfregarono. A Manuel girò la testa. - Non volevi dirlo a tutti? - una presa in giro che sortì come solo effetto quello di fargli scattare i fianchi in avanti. Simone si tirò indietro solo per recuperare un preservativo dal medesimo cassetto e srotolarlo sulla propria lunghezza che svelto indirizzò alla sua apertura. Lo accolse con un grido muto a labbra spalancate, che il minore si premurò di chiudere con le proprie, assestando una prima spinta. - Non volevi che tutti sapessero a chi appartieni? - Ancora un affondo, profondo eppure talmente lento dal lasciarlo con l'eccitazione soddisfatta a metà che strusciava tra i loro ventri, patinati ora di sudore e umidi di lubrificante. Lo guardava negli occhi, Simone, mentre lo ammazzava dolcemente con spinte cadenzate: lo riempiva e rimaneva fermo per qualche istante, poi si tirava indietro e di nuovo sprofondava nel suo corpo. Le fronti unite e i respiri che si mescolavano nella descrizione del più armonioso dei supplizi. Annuì, Manuel, avvolgendosi con le caviglie al suo bacino per aiutarlo a spingersi, i talloni a conficcarsi nella natiche. - Di chi sei?» la voce roca, le labbra incollate alla sua guancia mentre poneva quella domanda che gli riverberò nel petto.

«Tuo... - il tempo che intercorse tra una spinta e l'altra fu più breve, quasi come se Manuel meritasse un premio per la risposta data. - Sono tuo, solo tuo, Simò.» rafforzò la presa suoi suoi polsi, Simone, e scese a morderlo sulla clavicola, fino a farlo gridare. Con quegli occhi enormi, bagnati, che parevano tanto intenzionati a mangiarselo, lo guardò di nuovo.

«Bravo, sei mio... mio. - un ringhio soddisfatto, mentre rivendicava quel possesso. - Volevi farmi ingelosire, non è vero Manu? - domandò a quel punto, rallentando i movimenti quando non ricevette una risposta immediata. - Dimmelo. Dimmi che era tutta scena. Dimmi che non ci sei uscito per davvero, che così ti apri solo con me... e per me. Dimmelo.»

«Solo con te. - lo echeggiò, sollevando i fianchi per recuperare il ritmo che gli stava ora negando con cattiveria. - Solo per te. - Simone inchiodò le ginocchia al materasso e immobilizzò del tutto i fianchi, la lunghezza seppellita fino al pube nel corpo di Manuel. - Dai... - singhiozzò. - Non ci sono uscito, so' tornato a casa co' Viola. - sbuffò, girando il volto fino a ritrovarsi con una guancia nel cuscino. E le labbra di Simone, di tutta risposta, andarono a posarsi prima sulla tempia, poi su un neo appena più in basso. - Simo...»

«Pregami.» l'imposizione gli carezzò l'orecchio, il fiato caldo lo fece rabbrividire. Gli si fermò il cuore per un attimo e poi velocissimo riprese la sua corsa. Lo sentiva battere anche nello stomaco, mentre il sangue gli ribolliva lungo le articolazioni fino a fargli vibrare le ossa.

«Ti prego, ti prego, ti prego... - un atto di sottomissione a cui nella vita di tutti i giorni non si sarebbe mai piegato, ma che in quel momento gli pareva tanto naturale. Ché desiderava bearsi della soddisfazione di Simone e del fatto che avesse piena certezza di essere l'unico. Una nuova spinta, e gli toccò la prostata, facendogli arricciare le dita dei piedi. - Fai l'amore con me, solo con me. - e gli piacque particolarmente quella parola, amore, così tanto che i movimenti riacquistarono il vigore tanto agognato. Ma non era abbastanza. - Bacia solo me, Simò. Stai solo con me. - lo baciò Simone, lasciandogli andare le braccia che seppur indolenzite Manuel portò al suo collo per impedirgli di allontanarsi. Nemmeno se gliel'avesse imposto si sarebbe permesso di lasciarlo andare questa volta. - Ama solo me.» lo amò così forte da farlo urlare e che grazia divina che i loro genitori non fossero in casa quel pomeriggio. Che liberazione poter biascicare un tuo o un mio ad ogni affondo preciso, supplicarlo di averne ancora e ancora ad ogni bacio.

«Solo te, - confermò il più piccolo, il ritmo febbrile mentre si appropriava del piacere di quei due corpi uniti, inseguendo il bisogno di diventare uno. Manuel avrebbe voluto inglobarlo, accoglierlo, mangiarlo: il delirio di un folle che gli faceva sembrare sensata qualsiasi malsana idea. Perché era suo, suo, suo e Simone gli apparteneva alla medesima maniera. Allora erano leciti quei pensieri, se lo era pure il petto che s'apriva ogni volta che il compagno gli entrava dentro, spingendosi come se nulla fosse mai abbastanza. - amo solo te.» e che spettacolo erano quelle parole, gli masturbarono l'anima e nemmeno ebbe bisogno che Simone lo conducesse all'orgasmo con l'ausilio delle mani. Tremò la sua intimità stretta fra i loro ventri, bagnando entrambi di quel naturale piacere. Il nome di Simone incastrato tra i denti. Lo ripeté in maniera sconnessa Simone, Simò, Simo, assecondando gli spasmi dei muscoli che soffocarono il sesso turgido che ora si muoveva senza precisione tre le pareti aperte del suo corpo. Si riversò nel preservativo, rimanendo sepolto tra le sue carni, il respiro velocissimo e la voce alta che invocava il suo nome. A Manuel si gonfiarono gli occhi, come se l'appagamento volesse strabordare anche da lì. Riuscì a sopprimere a stento la sensazione di frustrazione data dal seme sprecato, che non l'aveva riempito come avrebbe voluto e che nemmeno aveva potuto ingoiare. Ancora un delirio, che Simone lenì rimanendo fermo dentro di lui. E lo baciava, lo baciava, lo baciava come se fosse pronto a ricominciare anche subito. Manuel lo era.

«Lascialo. - asserì, carezzandogli piano la schiena con la punta delle dita e percorrendo la colonna vertebrale a partire dall'attaccatura dei capelli. Simone gli si era accasciato addosso, pesante e con il cuore batteva forte. Lo sentiva contro il proprio, su tutta la pelle. - Non sto scherzando, Simone. Lo devi lascià. Nun me ne frega 'n cazzo del processo, dell'udienza e della galera. Tanto che sono una persona di merda l'hai già appurato. - sentì le sue labbra piegarsi un un sorriso contro la spalla e allora affondò le unghie nella scapola. - Non ridere, t'ho detto che non sto scherzando. Non faccio tutto 'sto teatrino per convincerti a venire a letto con me un'altra volta.»

«È stato un bel teatrino.» Manuel lo schiaffeggiò sulla natica nuda, spingendolo a ridere di più.

«Smettila, so' serio.»

«Anche io. Non vedo l'ora di vedere che altro t'inventi per sedurmi, onestamente.»

«Cor cazzo, se te vedo dargli un bacio, pure uno solo, a me nun me vedi più. - borbottò, lasciando che Simone gli baciasse piano il volto. - Prima te lo taglio e poi nun me vedi più.» si corresse. Il minore sollevò il viso, specchiandosi nei suoi occhi.

«Meno male che non c'è alcun pericolo che possa succedere allora.»

«L'hai mollato?»

«Ha mollato lui me. Diciamo che non è stupido come credi e per rispondere alla tua domanda di prima: sì, l'ha visto come ti guardo. E ha visto pure che mi sono girate le palle, con quel coglione che ancora ti ronza intorno. Mi ha fatto il terzo grado e io ho cantato. - Manuel gli sorrise e forse sorridere era la reazione meno empatica possibile in una situazione del genere, ma proprio non riuscì a trattenersi. - E a proposito del coglione, - gli morse
la guancia. - ti rigiro la minaccia.» il più grande lo strinse, cercando la sua bocca che baciò ripetutamente, poi spalancò gli occhi.

«Sono uno sfascia-famiglie. Passano i giorni e assomiglio sempre di più a tuo padre, me sa che è meglio se glie sto alla larga per un po'.» rise e Simone sollevò le sopracciglia.

«Sono io quello che gli assomiglia da far schifo e meno male che lo odiavo.» Manuel invertì le loro posizioni, salendogli cavalcioni sui fianchi. L'accappatoio ancora umido ora del tutto sfilato e abbandonato sul letto.

«Tu non gli assomigli per niente.» fu quasi un rimprovero e dolcissimo fu lo sguardo che Simone gli rivolse in cambio, grato e un po' scettico.

«L'ho tradito.» precisò, ma Manuel continuò a negare con il capo.

«Ma non tradiresti me.» e ci credeva, ci credeva così tanto da sentirsi la persona più fortunata del mondo.

«Ma tradirei chiunque per te.» lo disse come se fosse una cosa negativa, a Manuel invece parve la dichiarazione più bella che qualcuno potesse fargli. Rise, rise tantissimo mentre lo baciava con le mani a coprirgli entrambe le guance.

«Vedi? Non gli assomigli per niente.»

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top