PROLOGO - Nascita - Arrivederci, piccolo mio

Firenze 1531, Volta Stellata stanze di madonna Elena ore 00.00, 19 giugno.

Narratore esterno

Un urlo lacerò le stanze di Volta Stellata immerse nel silenzio più totale.

Nelle sue camere assistita da una levatrice e altre donne madonna Elena, moglie di Federico Eynard Liliun, stava cercando di far nascere suo figlio. Ma il parto si stava rivelando molto difficile. Una delle donne le tamponó la fronte mentre una nuova scossa di dolore faceva urlare la povera Elena.

-Coraggio, signora, dovete farcela. Manca poco - annunciò la levatrice mentre una nuova contrazione costringeva la donna a stringere i denti.

-Spingete, signora! Forza- la incoraggió la donna mentre Elena dava fondo a tutte le sue forze.

Di colpo il dolore cessò e la signora di Volta Stellata si lasciò cadere sui sui morbidi cuscini che le avevano messo sul letto.

Il pianto liberatorio di un neonato eccheggió tra le pareti della stanza facendo sorridere Elena.

Suo figlio era nato vivo finalmente, dopo due parti finiti male era riuscita finalmente a dare un figlio a Federico.

Aveva assolto al suo principale compito. Tagliarono il cordone ombelicale e alcune donne presero il piccolo e lo lavarono dal sangue senza che lui smettesse un secondo di piangere.

-È un maschietto, mia signora - affermò Carlotta, la governante mentre le porgeva il bambino lavato avvolto in un telo azzurro in modo che non prendesse freddo.

Quando le appoggiarono il piccolo al seno Elena ebbe l'occasione di osservarlo. Teneva i pugni chiusi, aveva radi capelli rossi, gli occhi non si vedevano perché li teneva chiusi, sul pancino aveva una strana voglia a forma di rosa.

Il bimbo smise di piangere quando Elena lo attaccò al seno. Inizió a poppare come se non mangiasse da tempo ed Elena fu molto felice di vedere che era sano e forte.

-Ludovico.

-Come, signora?- domandò una delle donne lì presenti.

-Il bambino si chiamerà Ludovico.- sorrise Elena mentre il piccolo si staccava dal suo seno addormentandosi.

La donna aveva lunghi capelli castani dai riflessi ramati di solito sempre in ordine ma in quel momento erano incollati alla fronte per via del sudore dovuto alla fatica del parto e al caldo.

-Vostro marito sa che dovevate partorire oggi?- domandò Carlotta, già sapendo la risposta.

Federico era sicuramente  da Cassandra, la sua meretrice preferita e sua amante.

Non gli era mai importato niente di Elena né della famiglia che avrebbero dovuto formare.

Federico era come tutti gli uomini di quel tempo. Le mogli servivano solo per fare figli.

-Chiamate mio marito, ditegli che suo figlio è nato. A lui la scelta se vuole vederlo oppure no.

Non si aspettava certamente di vedere Federico comparire sulla porta della sua stanza.

La donna  era preoccupata per suo figlio. Era appena nato e aveva bisogno anche di un padre, ma Federico non sarebbe mai stato capace di occuparsi del piccolo Ludovico.

Le donne l'avevano lasciata sola e lei benedí quel momento di solitudine che le era concesso.

-Signora, scusate, vostro marito é arrivato, volete che lo faccia entrare?- domandò Carlotta, facendo capolino dalla porta.

Elena sospirò. Non aveva alcuna voglia di vedere Federico, ma sapeva che se non gli avesse fatto vedere il bambino quella sera, avrebbe dovuto farglielo vedere prima o poi.

Si sentiva debole e stanca, ma era il suo dovere e doveva adempirlo fino in fondo.

-Sí, Carlotta, fallo entrare.

La donna fece un leggero inchino ed uscì.

Poco dopo un uomo alto e possente entrò nella stanza con passo veloce.

Era suo marito e il padre di suo figlio. Messer Federico Eynard Liliun.

Elena strinse forte il neonato, quasi a volerlo proteggere dallo sguardo del padre.

Federico si avvicinò al letto senza staccare gli occhi dalla donna che stringeva al seno un fagottino che sembrava tranquillo.

Lui non amava i bambini, tutto il contrario, ma sapeva che avrebbe dovuto, prima o poi, averne uno.

Un figlio gli bastava, e, finalmente , quella donna era riuscita ad adempiere al suo dovere di moglie, dandogli un erede.

-È un maschio, mio signore. - dichiarò Elena con tono piatto senza nemmeno alzare gli occhi dal figlio.

-Lo so, la levatrice me lo ha detto.

Non vi era alcuna emozione nella voce di Federico. Soltanto freddezza, come tutte le volte che succedeva qualcosa che riguardava Elena.

La donna si sentiva sempre più stanca, forse per via del parto o forse perché era molto tempo che non si concedeva una sana dormita.

-Come si chiama? - chiese l'uomo.

-Ludovico.

-Un nome degno del mio erede. - Sorrise malizioso Federico.

Poi il suo sguardo si piantò negli occhi della moglie.

-Devo dire che sposarti ha avuto i suoi vantaggi. Oltre ad un bel corpo e ad una dote da fare invidia ad una regina mi sei stata anche utile, dandomi un erede. Direi che hai adempiuto ai tuoi doveri. Come è giusto che sia, una donna, dopotutto, deve obbedienza al proprio consorte.

Quelle parole non la toccarono nemmeno, anzi.

Sostenne fiera lo sguardo del marito. Era passato il periodo in cui lo temeva.

-Non sei cambiato per niente. Sei lo stesso bastardo che mi sposò allora.

Federico divenne rosso in faccia per la rabbia e la colpí in pieno viso.

A quel punto il bambino si svegliò aprendo finalmente gli occhi e iniziando a piangere.

-Hai partorito un demone! - affermò inorridito Federico allontanandosi in fretta da Elena.

La donna subito non comprese, poi però abbassò lo sguardo su suo figlio e comprese il motivo delle parole inorridite del marito.

Ludovico infatti aveva gli occhi di due colori differenti, uno azzurro e l'altro rosso.

Elena sussultò, ma, a differenza del marito vedeva quella caratteristica come un dono.

Il suo bambino sarebbe stato diverso da tutti i suoi coetanei.

Lo sentiva dentro di lei.

-Non posso provare che non sia mio figlio, ma mai lo considererò tale. Tu!- Federico indicò la donna con fare accusatorio.

-Tu ti sei voluta vendicare su di me. Hai maledetto mio figlio.

Ma Elena non avrebbe permesso a quel verme di suo marito di giudicarla.

-Io non ho fatto nulla, e questo bambino non è maledetto, perché l'unica persona maledetta, qui dentro, sei tu. - non aveva paura, Elena, non più.

Stringeva forte il suo piccolo, cullandolo con dolcezza.

Federico non disse nulla, si limitava a guardare la donna che era sua moglie con lo sguardo furioso e disgustato.

Mai avrebbe accettato quello scempio.

Tuttavia avrebbe rischiato di vedere la sua casata estinguersi.

-Me la pagherai, donna, te lo giuro. - detto questo Federico uscì sbattendo la porta.

Elena sospirò, mentre il suo bambino non smetteva di piangere, forse spaventato dalle urla di quello che doveva essere suo padre.

-Va tutto bene, amore mio, ssh - sussurrò dolcemente Elena.

Il bambino la guardò con quei suoi strani occhi bicolori come a dirle Io voglio rimanere con te, mamma.

Elena sorrise accarezzando il viso del bambino che si calmò strappando alla madre un sorriso sincero.

-È nato?- domandò una voce profonda.

Elena sussultò prima di riconoscere quel timbro.

-Messer Gregorio! Speravo che veniste - sorrise Elena notando l'uomo incappucciato che si stava avvicinando.

Non sapeva quando era entrato

Quell'uomo era meglio conosciuto come l'eremita delle montagne poiché viveva isolato sulle montagne. Nessuno sapeva da dove venisse quell'uomo senza passato che non si faceva mai vedere a Firenze, ma era abilissimo a combattere e a forgiare armi che però nessuno aveva mai visto.

Gregorio era un uomo del quale non si sapeva nemmeno l'età, aveva i capelli corti rossicci e gli occhi blu, corpo robusto e allenato al combattimento e al lavoro duro. Si vociferava che fosse un mercante di Venezia caduto in disgrazia, ma a Elena non importava da dove venisse né cosa facesse prima di conoscerla.

Era una delle poche persone a cui si era affezionata.

L'uomo si avvicinò e scostó la coperta per poter vedere il volto del bambino.

-È veramente un bel bambino, sarà anche un ragazzo molto forte.

-Sí. Crescerà sano e forte - dichiarò Elena baciando la fronte del neonato.

-Cosa succede, Elena, leggo un profondo dolore nei tuoi occhi? - chiese l'eremita preoccupato.

-Voglio chiedervi un favore, Gregorio.- la voce di Elena tremò.

-Ti ascolto, mia cara.

-Ti prego, alleva Ludovico, crescilo come se fosse figlio tuo, io non potrò farlo. - due lacrime scivolarono lungo le guance arrossate della donna mentre continuava a stringere Ludovico, sapendo che avrebbe dovuto separarsene presto.

Il suo cuore urlava di rinunciare al suo folle piano, di restare con Federico e di crescere suo figlio.

Ludovico era importante, ma lei voleva che fosse sereno e aveva paura che Federico potesse fargli del male se lei fosse rimasta.

-Perchè? Non puoi abbandonarlo.

-Lo so, ma devo. Per questo ti supplico di proteggerlo. Devo fare delle cose che potrebbero danneggiarlo e voglio che sia al sicuro. Mi fa male il cuore a doverlo abbandonare, gli voglio un bene dell'anima è la mia creatura. - ancora lacrime caddero dagli occhi addolorati di Elena.

L'eremita non poteva essere insensibile alla vista di quella madre costretta ad abbandonare il suo unico figlio.

-Lo farò, allora. Conta su di me e Carlotta.

-Avete quello che vi ho chiesto?

L'eremita annuì tirando fuori una boccetta contenente un liquido viola.

-Ti farà sembrare morta. Anche se non sono convinto che questa sia una buona idea.

-Lo so.

La donna era dispiaciuta, il suo cuore a pezzi.

Ludovico sembrava tranquillo ed Elena sorrise, sapendo che erano i primi e ultimi momenti che passava con suo figlio.

Gli baciò di nuovo la fronte.

-Arrivederci, piccolo mio. Ti amo e sempre ti amerò. Un giorno tornerò da te.

Detto questo bevve il liquido viola senza smettere di stringere il suo bambino.

Angolo autrice: Prologo riscritto, corretto e allungato. Cosa ne pensate? 😉 Ho voluto dare un po' più di risalto alla figura di Elena.
Approfitto di questo angolo per augurarvi un sereno Natale a voi e alle vostre famiglie. Buon Natale 😊😊😊

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