ATTO XXXVI- Elena- Segreti di famiglia
Firenze 1548, Casa dell'eremita, ore 02.56, 07 marzo
Dafne
Ludovico era svenuto tra le mie braccia, gli avevo toccato la fronte e mi era sembrata bollente. Aveva la febbre e, come sempre non aveva detto niente. Era sempre convinto di riuscire a fare le cose da solo, ma io ero lì per essere un sostegno. Era questo il compito di una moglie, oltre a procreare.
-Come sta Ludovico? - domandò madonna Elena affiancando il suo cavallo al mio.
-È svenuto, temo abbia la febbre. Dobbiamo raggiungere la casa dell'eremita in fretta.
Un fulmine squarció il cielo notturno facendomi sobbalzare dalla paura mentre reggevo il corpo privo di sensi di Ludovico.
Non puoi morire, amore mio, non puoi lasciarmi, ti prego resisti fu il mio pensiero mentre la pioggia iniziava a scendere copiosa dal cielo inzuppandoci come pulcini, ma almeno avrebbe cancellato le impronte dei cavalli, era l'unica nota positiva.
Un tuono risuonó più forte dei precedenti e il mio cavallo, spaventato, si impennó sulle zampe posteriori e io dovetti reggermi molto forte per non cadere.
Riuscii più o meno a calmare l'animale, come mi aveva insegnato Roberto tempo fa. Minacciava di essere una tempesta in piena regola.
-Coraggio, non manca molto - ci incoraggió messer Davide.
Annuii mentre mi accorgevo che il mantello si faceva sempre più pesante mano a mano che si inzuppava.
Il paesaggio era cambiato, segno che ci stavamo avvicinando alle montagne. L'eremita viveva in una casa nascosta da un crostone di roccia che era praticamente impossibile trovarlo se non si sapeva esattamente dove andare.
Per mia fortuna ero diventata abbastanza brava a orientarmi.
La casa dell'eremita comparve poco dopo e io sospirai di sollievo, anche perché la fronte di Ludovico si faceva sempre più rovente.
Pregai con tutte le forze che il mio signore non cadesse proprio in quel momento.
-Ci siamo. - annunciò Ace.
Sospirai di sollievo forse potevamo farcela.
Messer Davide prese Ludovico in braccio mentre messer Ace mi aiutava a scendere da cavallo. Ero troppo preoccupata per ringraziare Ace. In quel momento mi importava solo di Ludovico.
Messi i cavalli al coperto entrammo tutti in casa dell'eremita.
L'uomo era chinato su Ludovico, sdraiato sul letto di messer Gregorio, e lo osservava.
Mi avvicinai e lui sorrise.
-Tranquilla ora sta bene, gli ho dato l'antidoto, si riprenderà presto, le ferite che aveva sono state già curate, questo è un vantaggio, ha solo bisogno di riposare, come tutti voi.
L'eremita aveva ragione ma io non sarei riuscita a chiudere occhio, troppe emozioni nella stessa sera.
Ludovico era salvo, era quello che mi importava.
-Dafne? - sobbalzai quando sentii la voce di Ludovico.
Ero caduta in una sorta di dormiveglia, e non mi ero accorta di nulla, fino a che non sentii una mano accarezzarmi la guancia.
-Ludovico! Sei sveglio! - sorrisi mentre lo abbracciavo.
-Sì, per mettermi k.o. ce ne vuole - rispose lui spavaldo, ma io lo sapevo che lo diceva solo per non farmi preoccupare.
Mi accorsi di colpo che eravamo soli in casa. Non vi era traccia dell'eremita né di Davide o di Elena. Notai Ace che dormiva in un angolo della sala.
Ludovico mi prese il viso tra le mani sfiorandomi le labbra con un dito.
-Mi sei mancata.
-Anche tu.
C'era un amore profondo in quegli occhi bicolore che non pensavo di riuscire a vedere.
Lo baciai con dolcezza mentre lui mi stringeva forte. Non avevamo potuto stare insieme dopo il matrimonio, ma ora potevamo.
Tuttavia un gemito di dolore di Ludovico mi fece allontanare.
-Stai bene?
-Sì, non preoccuparti.
Era ovvio che stava mentendo. Sapevo che quelle ferite non erano da ridere. Erano gravi e se non venivano curate sarebbe stato un problema.
-L'eremita ha fatto un ottimo lavoro, ma io sono debole. Non pensavo che la prigionia avesse influito così tanto.
Ludovico sbuffò. Non era abituato ad ammettere che non poteva riuscire a fare delle cose perché il fisico non glielo permetteva.
-Ho sopportato cose peggiori, ma niente mi aveva destabilizzato in questo modo.
Provò ad alzarsi ma le gambe gli credettero.
-Piano, hai ancora la febbre!
Lui si passò una mano tra i capelli umidi di sudore.
-Dafne ha ragione, Ludovico, devi riposare. La febbre non ti è ancora passata, non puoi sforzarti e poi ci sono delle cose di cui dobbiamo parlare e ti riguardano molto da vicino. - affermò messer Gregorio entrando in quel momento nella stanza insieme a madonna Elena e messer Davide.
Ace si svegliò in quel momento e sembrava molto più riposato di quando lo avevo visto l'ultima volta poche ore fa.
-Cosa intendete? - chiese lui.
L'eremita cercava di non sembrare nervoso, ma avevo capito che non era così.
La rivelazione che si apprestava a fare non era una passeggiata e soprattutto non sapeva come avrebbe potuto reagire Ludovico.
Nemmeno io sapevo cosa avrebbe detto o fatto.
-Intendo dire che c'è una verità che è stata taciuta fino a questo momento, ma ora non è più possibile.
-Non riesco a capire.
L'eremita fece per dire altro ma a quel punto intervenne Elena.
-Quando sei nato tu era stato il momento più bello per me anche per Federico perché pensava che fossi figlio suo, ma non è così.
Ludovico guardò la madre riuscendo a mascherare lo shock che sicuramente stava provando. Mi strinse il braccio come se volesse essere certo che non me ne sarei andata.
Non lo avrei mai abbandonato ora che aveva più bisogno di me che ero sua moglie.
-Continua, madre.
Si morse il labbro inferiore nervoso, cercava di mantenere la calma era evidente.
-Tuo padre, il tuo vero padre è...
-Sono io- intervenne Davide togliendosi la maschera.
-Voi?!
Ludovico fece per alzarsi ma era troppo debole per poter fare qualsiasi cosa.
-Sì sono io tuo padre.
Elena sospirò mentre guardava il figlio con le lacrime agli occhi.
-Perchè? Perché non me lo avete mai detto? Non vi fidavate di me?- domandò il ragazzo.
-No, non è per questo lo abbiamo fatto per proteggerti, Federico voleva un erede e premeva perché rimanessi incinta presto. Rimasi incinta tre volte, ci furono degli aborti. Per ogni aborto Federico diventava sempre più violento.
-Quindi scappasti da Volta Stellata e andati dal Cavaliere? - chiese Ludovico.
Sembrava essersi calmato, ma io non ne ero certa.
-Sì. All'inizio non eravamo amanti, ma amici. Ci incontravamo qui, a casa di mia padre e parlavamo per ore.
-Aspetta un attimo quindi voi, mio signore, siete il padre del Cavaliere? Mio nonno dunque? - Ludovico guardò l'eremita che annuì accennando un sorriso.
Gli strinsi la mano e lui appoggiò la testa alla mia spalla. A quel punto lo abbracciai forte.
Si sentiva perso, troppe rivelazioni quella sera, ma ancora non era finita.
-Ce la fai a sentire il resto? - domandai accarezzandogli i capelli.
-Sì, devo sapere, ora.
Elena guardò Davide che annuì.
-Dopo poco ci rendemmo conto di essere innamorati, passammo insieme una notte di passione e, rimasi incinta di te.
-L'unica gravidanza che sei riuscita a portare a termine...
Elena annuì.
-Ma posso chiedere cosa cerca il granduca Cosimo a Volta Stellata?
-Devi sapere ragazzo mio che sotto Volta Stellata c'è una stanza piena di tesori e sete preziose, accumulate dalla tua famiglia, Ludovico, ma tuo padre non sapeva nemmeno l'esistenza della sala perché tuo nonno paterno si portò il segreto nella tomba. Il tesoro sotto Volta Stellata renderebbe il granduca ancora più potente di quanto sia ora.
Ludovico annuì, incapace di dire altro.
Angolo autrice: Lo so sono in ritardo, un ritardo pauroso ^^" spero che vi piaccia :) trovate questa storia anche su Sweek, con qualche modifica che forse apporteró anche qui:)
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