ATTO XXXII- Piani- Le apparenze ingannano

Firenze 1548, Piano nobile di Palazzo Vecchio 04 marzo

Ludovico

La febbre si era alzata ancora, ero scivolato di nuovo in un sonno inquieto e senza sogni. Deliravo e non riuscivo a svegliarmi, sentivo ogni parte del corpo bruciare.

Qualcuno provvedeva a cercare di far scendere la febbre, ma con scarso successo. I momenti di lucidità erano pochi e ricordavo che Eleonora era sempre al mio fianco, ma non sembrava la donna maliziosa che avevo incontrato qualche giorno prima.

-Vi chiedo perdono messer Ludovico. - affermò una sera la duchessa mentre mi tamponavo la fronte con un panno bagnato.

La guardai interrogativo, non capivo niente di quello che stava succedendo.

-Per non avervi protetto come meritavate

-Vostra Signoria, voleva proteggere un quasi condannato a morte? - chiesi beffardo.

- Siete troppo sospettoso per darmi fiducia, vero?
Vi rendete conto che mio marito vi vuole morto, per via del vostro occhio rosso!

- Lo so bene, Vostra Signoria. Avete notizie del mio entourage o di mia moglie? - osai chiedere.

-Le persone che vi sono care stanno bene ovviamente. Mio marito non le toccherà. Il suo obiettivo siete voi e solo voi.

-Ma perché?

-Lo ignoro.

Una fitta al fianco mi mozzó il respiro e lei mi sostenne.

-Piano. Siete ancora debole, non potete sforzarvi.

Odiavo il fatto che le ferite sul mio corpo guarissero con tanta lentezza, dovevo tornare da Dafne.

Non sapevo cosa volesse fare il granduca a Volta Stellata, ma dovevo per forza andare da lei.

-Non posso aspettare tanto.

Eleonora mi poggiò le mani sulle spalle facendo appoggiare la schiena contro la testiera del letto come a farmi capire di stare fermo.

-Non vi reggete nemmeno in piedi!  Ho chiamato un medico ieri mentre eravate addormentato, mi ha detto che le ferite stanno guarendo, abbiate ancora un po' di pazienza poi sarò in grado di farvi scappare.

Sgranai gli occhi sorpreso, incapace di dire qualsiasi cosa. Mi si era come congelata la lingua.

Avevo capito bene? 

La duchessa Eleonora voleva aiutarmi a fuggire da Palazzo Vecchio?

-Voi…

-Si lo so, non ve lo aspettavate, ma io sospetto che Amalia sia in combutta con mio marito, non so per quale ragione, ma credo che si tratti del segreto che custodite messer Ludovico. Voi sapete dove vive l'eremita delle montagne e mio marito vuole sapere chi egli sia in realtà. Ecco perché tenta in tutti i modi di mettervi alle strette.

Il motivo era sempre quello. L'eremita. Non avrei parlato nemmeno sotto tortura.

-Ma perché è così interessato all'eremita? Cosa vuole da lui?- Dovevo saperlo o avrei continuato a rimuginare per tutto il giorno.

-Ancora non lo so. Ma vedrò di scoprirlo per voi. Nel frattempo vedrò di tenere occupata Amalia per un po'. Forse ho un bel partito da suggerirle così vi lascerà in pace.

-Vi sarei eternamente grato se ciò avvenisse.

-Vedrò di farlo accedere allora. Nel frattempo voi cercate di riprendervi.

Annuii mentre la donna usciva lasciandomi solo con i miei pensieri e tormenti interiori.

Dafne

La gamba mi cedette in quel preciso momento. Ero madida di sudore, erano due ore che mi allenavo, dopo che ne avevo passate altre tre in compagnia di madonna Elena e messer Davide.

-È da tempo che sei qui. Dovresti riposare un po'.

Carlotta mi aveva raggiunta nella sala delle armi come l'avevo battezzata. Non immaginavo che la governante conoscesse ogni angolo della casa, compresi quelli segreti.

Notai che in braccio teneva Elia e sorrisi avvicinandomi. Il mio piccolo stava molto bene e la cosa non poteva che farmi piacere.

Gli accarezzai la testa.

-Vuoi tenerlo in braccio? - mi chiese lei e io annuii mentre prendevo in braccio mio figlio.

-Vado a prepararti un bagno caldo ne hai bisogno.

-Non posso Carlotta, devo allenarmi.

-Sei esausta, prenditi una pausa. In questo sei uguale a messer Ludovico. Testarda come lui.

Sorrisi pensando a Ludovico e a quanto mi mancava. Chissà cosa gli stavano facendo.

Non volevo nemmeno pensarci, sarebbe stato troppo doloroso.

Elia mi tirò una ciocca di capelli e io sorrisi appena.

Non vedevo l'ora di liberare Ludovico, ma madonna Elena e messer Davide mi avevano detto di essere paziente, ma non era semplice.

Sospirai mentre tornavo verso il piano nobile.

Ludovico

Era scesa la notte e non vi era traccia di Eleonora. D'altronde non potevo pretendere tanto era una donna sposata.

Mi guardai intorno, appoggiati ad una sedia poco distante da me vi erano degli abiti puliti. Sorrisi mentre mi mettevo una semplice maglia bianca e dei  pantaloni neri che mi arrivavano ai polpacci comprendoli appena.

Quando ebbi finito misi un piede a terra e cercai di alzarmi. Le gambe mi credettero ma non avevo comunque intenzione di arrendermi.

Feci forza sulle braccia aggrappandomi al supporto del baldacchino, se fossi rimasto appoggiato sarei riuscito a reggermi in piedi.

Con mia sorpresa andò come avevo previsto. Riuscii a trascinarmi fino alla finestra.

Firenze non mi era mai sembrata così spettrale. La luce della luna faceva brillare i tetti delle case lucidi di pioggia, doveva aver piovuto mentre dormivo.

Mi appoggiai al tavolino che si trovava a poca distanza da me, non riuscivo a reggermi in piedi da solo.

-Ludovico! Cosa ci fate in piedi? - la voce era quella di Eleonora.

Non mi ero accorto che fosse entrata.

-Pensavo che foste con vostro marito. - dichiarai.

Non era una scusa plausibile lo sapevo bene, ma non potevo certo dirle che non riuscivo a stare fermo.

Mi sentii afferrare per le spalle e mi fece sedere sulla sedia più vicina. La osservai. Indossava una lunga veste da camera bianca che celava le sue forme di donna, coperta da una vestaglia verde. Aveva i capelli scompigliati e notai, alla luce delle candele,  due segni di labbra sul collo e sulla bocca.

Nascosi un sorrisetto beffardo, per venire da me aveva interrotto qualcosa.

-Non siete ancora nel pieno delle forze, non potete alzarvi.

-Non riesco a stare fermo mia signora.

-Allora devo darvi degli argomenti per farvi stare fermo.

Non capivo.

-Cosa intendete? - domandai con impazienza.

-Non sono riuscita a distogliere Amalia dai suoi intenti, se è questo che speravate.

La flebile speranza che avevo si spense velocemente come era nata.

-Allora cosa vi ha spinta a venire da me, visto che eravate impegnata? - dichiarai con tono malizioso.

-Non sono affari vostri - rispose lei indignata.

Lo ammetto non ero stato proprio un gentiluomo.

-Scusate ma il vostro viso lascia intuire questo.

Lei mi diede uno schiaffo, ma non troppo forte per farmi male.

Non feci una piega e la duchessa sembrò calmarsi.

-Mio marito ha in mente ha fatto imprigionare Isabella, la serva di Amalia, e intende giustiziarla per avervi curato le ferite quando eravate rinchiuso nella torre dei condannati a morte. Amalia non sembra affatto preoccupata. Ho salvato voi. Non posso salvare anche lei.

Perché il granduca voleva uccidere Isabella?  Cosa sapeva che io ignoravo?

-Quella ragazza non è che una pedina, Messer Ludovico. Fa parte di un piano più ampio che ancora non conosco.

Allora era stata Isabella a curare le mie ferite!

Ma le parole di Eleonora non mi aiutavano a capire cosa avesse in mente il granduca.

-Purtroppo non so molto di più dovrete aspettare.

Sbuffai. Non ero nato per aspettare. Sentivo che il tempo a mia disposizione stava per finire.

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