ATTO XXVIII- Da sola - Il coraggio di decidere.

Firenze 1548, Volta Stellata stanza di Dafne 01 marzo ore 00:30

Dafne

Mi ero ritirata nella mia stanza, insieme ad Elia e avevo cominciato a piangere come una fontana cercando di sfogare la disperazione che mi opprimeva  il petto. Ero inginocchiata davanti al letto con la testa appoggiata al materasso senza riuscire a calmarmi. Anche se una parte di me cercava di riprendersi per cercare di tornare lucida. Il pianto di Elia mi fece sobbalzare. Non era il momento di lasciarsi andare alla disperazione, dovevo essere forte anche per mio figlio.

Dovevo   pianificare come raggiungere l'eremita, lasciare Volta Stellata di notte non era una buona idea e poi non conoscevo bene i sentieri.

Dopo che mi ero ripresa dallo shock di vedere Ludovico trascinato via dalle guardie del granduca, Carlotta e gli altri mi avevano riportato a Volta Stellata, dove la donna mi aveva mostrato dei documenti scritti di proprio pugno da Ludovico autenticata da un notaio in cui, in caso di morte del mio sposo, avrei ereditato tutto io. Quindi in sua assenza ero io la nuova signora di Volta Stellata e dintorni.

Il problema era che non avevo la minima idea di come gestire tutte le sue proprietà e poi io volevo solo riaverlo al mio fianco. Elia si mosse nella culla e io sorrisi. Avrei protetto mio figlio a qualunque costo. Lo avrei affidato a Carlotta finché non fossi tornata.

-Dafne.

La governante entrò nella mia stanza con aria preoccupata, io cercai di fare la forte, ma gli occhi rossi mi tradirono.

-Mia cara come stai?

-Sono stata anche meglio.- risposi cullando mio figlio che si era finalmente calmato.

-Siamo tutti in pena per te, non vogliamo vederti stare male. Anche se la mancanza di messer Ludovico si fa sentire. Vieni coraggio ti faccio vedere le tue stanze.

Carlotta mi sorrise e io la seguii fino al piano nobile. Vi ero stata tante volte, ma non avevo mai notato quante camere da letto vi fossero.

-Madonna Elena fece ampliare questa parte della tenuta in modo che ognuno avesse le proprie camere. Per questo ve ne sono cinque su questo piano.

Non so perché ma immaginavo che fosse opera di madonna Elena. Per quel poco che l'avevo vista mi era sembrata una donna raffinata ma anche molto forte, l'avevo vista combattere come un uomo e non mi stupivo più che Ludovico fosse un combattente straordinario.

La mia stanza era molto grande con una culla per Elia, un grande letto a baldacchino, due armadi, una porta finestra che dava su un balcone, un divanetto, due poltrone e una specchiera. Il lampadario a goccia splendeva alla luce della luna.

-Messer Ludovico ha voluto che avessi la stanza più bella. - dichiarò la donna.

Anche questo aveva fatto Ludovico per me. Gli dovevo così tanto.

-Ho una richiesta per te, Carlotta.

-Dimmi.

-Vorrei che ti occupassi di Elia finché sarò dell'eremita. Non posso portarlo con me.

La donna annuì anche se leggevo preoccupazione nei suoi occhi, aveva già perso Ludovico, immaginavo che non volesse perdere anche me.

-Lo farò, però ti prego stai attenta. Non so cosa possa succedere a messer Ludovico, ma so che è un ragazzo forte e risoluto se la caverá.

Aveva il magone e le lacrime agli occhi, Ludovico per lei era come un figlio, nessuno di noi voleva che morisse. Non lo meritava.

-Carlotta, Ludovico non morirá lo riporteró indietro, costi quel che costi.

La governante mi sfiorò la testa e sorrise.

-Lo so, sei una ragazza coraggiosa, molto diversa da quella che è arrivata qui quasi dieci mesi fa.

Arrossii appena. Non pensavo di essere cambiata così tanto.

-Sono davvero cambiata?

-Sì, eri così impaurita e impacciata. Adesso sei diventata una donna molto più forte.

-Il merito è di Ludovico. È stato lui ha darmi la forza di andare avanti mi ha aiutato a guarire dalla ferita che mi aveva inferto Arrighetti violentandomi. Gli devo tanto e non avrei mai pensato di diventare sua moglie.

-Non dare il merito tutto a messer Ludovico, una parte è anche tua. Anzi soprattutto tua. Lui ha semplicemente detto le parole giuste al momento giusto.

Carlotta era convinta che il merito fosse mio, forse aveva ragione, ma io non potevo non essere grata a quel ragazzo che mi aveva risollevato da un periodo che non poteva essere più duro. Aveva accettato me, mio figlio e tutto quello che comportava.

Era stato onesto sin dall'inizio dicendomi sin da subito che non era come gli altri che era diverso, mi aveva guardato come una donna, non come una fedifraga. Si era fatto largo nel mio cuore e, senza che me ne rendessi conto, mi aveva fatto innamorare.

Strinsi forte mio figlio e gli baciai le guance. Non pensavo che potessi affezionarmi così tanto a lui. Ma ora non vi erano dubbi. Elia era la persona più importante della mia vita e l'amore che mi legava a lui era fortissimo, poco importava chi fosse suo padre. Arrighetti non sapeva nemmeno che avevo avuto un bambino.

-Non voglio che lui corra rischi. Quando ho scoperto di essere incinta mi era sembrata una tragedia, ora invece capisco che Elia è un dono. Come sempre è stato Ludovico a farmelo capire.

-Ludovico è fatto così, nonostante sembri un ragazzo comune, ma non lo è. So che non riuscirei a farti cambiare idea.

-Esatto, non mi farai cambiare idea, andrò dall'eremita appena sorgerà il sole.

La donna annuì fece per uscire ma si fermò sulla soglia.

-Avvisami quando partirai, così verrò a occuparmi di Elia- detto questo si chiuse la porta alle spalle.

-Certo, contaci.

Dopo che la donna fu uscita mi sedetti sul letto e strinsi forte Elia che nel frattempo si era svegliato e mi guardava con quei suoi vispi occhietti chiari.

-La mamma torna presto vedrai.

Gli sorrisi mentre lui allungava le manine per afferrare la croce che portavo al collo. Non mi ero ancora tolta l'abito da sposa, forse perché avrei voluto che fosse mio marito a togliermelo. Non ero pura, questo no, ma lui mi aveva trattata come se lo fossi e ora era il momento di ricambiare il favore.

Mi slacciai il corpino scoprendomi il seno e iniziai ad allattare Elia. Mi dispiaceva lasciarlo da solo. Ma non potevo nemmeno abbandonare Ludovico.

Dopo qualche minuto Elia si staccò addormentandosi e io sorrisi. Lo misi nella culla e mi cambiai.

Gli abiti che avevo nell'armadio erano tutti di fattura troppo pregiata per essere indossati per andare sulle montagne. Avevo bisogno di qualcosa di più resistente e semplice.

Mi avvicinai ad un baule che era appoggiato davanti al letto. Sopra vi era un bigliettino scritto con la calligrafia elegante di Ludovico.

Visto che ti avevo fatto una promessa mi sembrava giusto darti anche

gli abiti adatti. Spero che ti piacciano, diciamo che è uno dei miei regali

di nozze per te.

tuo Ludovico

Non sapevo come reagire, ero sempre più convinta che quel ragazzo mi leggesse nel pensiero.

Aprii il baule e dentro vi erano dei pantaloni, una maglia leggera, delle protezioni in pelle e degli stivali resistenti.

Tornai verso il letto e mi sdraiai, non volevo addormentarmi ma non riuscii a evitarlo.




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