ATTO XV- Segreti -Cecilia di Firenze

Firenze 1548 , Volta Stellata 24 gennaio

Dafne

Sapevo bene dove trovare messer Ludovico. Nello studio che era stato di suo padre, andava sempre lì, ma ne ignoravo il motivo. Mi sentivo ancora fortemente in imbarazzo e avrei preferito restare con il piccolo Elia anziché dover affrontare subito il mio signore.
Ma non avevo scelta così mi avviai verso lo studio. La porta era socchiusa, mi avvicinai sbirciando dentro.

Messer Ludovico era seduto alla scrivania con le mani tra i capelli, gli occhi puntati verso il basso, le braccia tese. Sembrava disperato, ma io non sapevo come aiutarlo.

-Mio signore?

Lo vidi alzare di scatto la testa come se si fosse appena risvegliato da un brutto sogno.

-Vieni pure - mi sorrise dolce

Oh cielo quanto è bello quando sorride? Mi sorpresi del mio stesso pensiero. Non potevo innamorarmi di lui.

Entrai e chiusi la porta alle mie spalle. Il mio sguardo si puntò sul pavimento, non riuscivo a guardarlo in faccia, temevo che si arrabbiasse, dopotutto l'avevo baciato.

-Alza lo sguardo ti prego

Il tono della sua voce non era adirato, sembrava quasi che mi stesse supplicando di guardarlo, quando invece dovevo essere io a supplicare lui.

Con fatica spostai i miei occhi dal pavimento al suo viso, non sembrava arrabbiato. Feci mezzo passo in avanti avvicinandomi alla scrivania

-Volevo chiedervi scusa, sapevo che non dovevo

-Perchè ti scusi?

-Vi ho insultato con il mio comportamento - risposi sottraendo ancora il mio sguardo al suo. Avevo teso i muscoli delle braccia e delle gambe, ero pronta a essere picchiata... Ero certa che lui mi avesse convocata per punirmi.

Sentii che la sedia era stata spinta indietro e i passi del mio signore che si avvicinavano. Avevo paura, poiché sapevo quanto forte e abile con le armi fosse Ludovico. Ma il colpo non arrivò anzi sentii le sue labbra sfiorarmi la pelle del collo.

-Scusami tu...Mia signora -

Nessuno mi aveva mai chiamata così. Volevo guardarlo negli occhi non volevo più pensare a Isidoro, volevo che qualcuno mi amasse davvero, e forse era proprio messer Ludovico l'uomo che cercavo, ma di colpo, come se si fosse ricordato qualcosa di doloroso si staccò.

-Messer Ludovico?

Lo guardai dubbiosa, cosa gli era successo? Cosa nascondeva?

Gli presi il viso tra le mani e notai che gli occhi erano leggermente lucidi. Non me lo aspettavo.

-Non lo posso permettere

-Cosa, mio signore?

Lui non rispose, cercò di distogliere lo sguardo, ma a quel punto ripresi il coraggio e lo baciai con dolcezza, come non avevo mai fatto con Isidoro. Lui non mi allontanò, anzi fu come se cercasse di approfondire quel bacio.

Lui scosse il capo staccandosi.

-Mio signore, di me potete fidarmi.

-Non posso permettere che accada di nuovo, non a te-

-Cosa? Cosa mi state nascondendo?- non capivo nulla, stava cercando di sviare il discorso, un discorso noto solo a lui.

-Vieni con me- si arrese alla fine abbassando lo sguardo e incurvando le spalle come se fossero schiacciate da un peso enorme.

Si avvicinò ad una parete poggiandoci la mano. Lo guardai senza capire finchè la parete non ruotò su cardini nascosti mostrando un corridoio buio.

-Andiamo.

Dovevo ammettere che avevo i brividi, mi fidavo ciecamente di messer Ludovico, ma temevo che fosse una trappola. Isidoro mi aveva avvisata tempo fa, ma io ormai mi rifiutavo di ascoltarlo. Appena superammo l'ingresso il passaggio si chiuse e ci ritrovammo completamente al buio, la mia schiena fu percorsa da un brivido.

Dove eravamo finiti?

Non vedevo niente, nemmeno Messer Ludovico che era a pochi passi da me.

-Messer Ludovico?

-Tranquilla Dafne non me ne sono andato- la sua voce era rassicurante.

Sentii la sua mano afferrare la mia e io arrossii copiosamente mentre il cuore continuava a battere forte, sembrava che volesse uscire dal mio petto.

-Siamo arrivati-

Ludovico

Era arrivato il momento, non sarei riuscito a tenere nascosto il mio segreto ancora per molto tempo, amavo Dafne non m'importava che lei fosse fidanzata con un altro.

Eravamo arrivati in una piccola stanza circolare, che quasi nessuno conosceva tranne me e Carlotta, accesi alcune candele illuminando gli arredi semplici della camera tra cui un armadio dove erano custoditi dei vestiti e alcuni oggetti personali.

Il cuore mi si era riempito di tristezza e senso di colpa. Quando entravo in quella stanza era come rivivere quei terribili momenti.

Appeso ad una parete vi era il ritratto di una fanciulla dai grandi occhi castani morbidi e dolci come quelli di un cerbiatto, i capelli bruni raccolti in una crocchia morbida, il vestito color del cielo le dava un'aria severa. Vista così doveva avere dodici anni.

Gli occhi mi si riempirono di lacrime. Come tutte le volte che vedevo quel quadro e mi ricordavo di lei. Della sua voce cristallina, del tocco della sua mano, tutto di lei mi mancava.

-Messer Ludovico chi è questa fanciulla?- domandò Dafne poggiando una mano sulla tela.

-Lei era Cecilia, la mia defunta moglie- risposi abbassando lo sguardo come se fossi un penitente.

-Vostra moglie? Voi siete sposato?- la ragazza sembrava davvero sconvolta.

-Ero sposato...è morta di parto, io avevo quattordici anni, lei solo dodici.-

Dafne

Ludovico aveva stretto i pugni ed era caduto in ginocchio. Vidi gelide lacrime scivolargli lungo il viso, sembrava sconvolto, potevo leggere il senso di colpa in quegli strani occhi bicolore.

Osservai più attentamente il quadro e mi resi conto di aver già visto quella fanciulla.

Era la ragazza che era venuta con sua sorella da madonna Laura per le misure del suo abito da sposa.

Ma allora non potevo immaginare che il marito di quella giovane così gentile fosse messer Ludovico.

-Mio signore.

-So che avrei dovuto dirtelo, questo è il motivo per il quale non ti ho detto sin dall'inizio che ti amo Dafne.
Ti amo con tutto me stesso, so che non potremo mai stare insieme perché dovrai sposare un altro, ma io dovevo dirtelo e dovevo raccontarti anche di Cecilia.

Lo guardai senza capire poi lui si alzò asciugandosi le lacrime e mi prese le mani iniziando a raccontare la sua storia.

Di come suo padre lo avesse promesso sposo di Cecilia di quanto fosse stato difficile all'inizio in quanto entrambi erano giovani, lui aveva tredici anni e lei undici.

Mentre raccontava vedevo i suoi occhi accendersi di rabbia quando nominava suo padre, doveva odiarlo davvero tanto.

-Un anno dopo il matrimonio Cecilia rimase incinta. Il parto fu molto difficile, il medico avrebbe potuto salvarla, ma mio padre non ha voluto chiamarlo così lei è morta e mio figlio con lei- ancora una volta il suo sguardo si velò di lacrime.

Mi avvicinai e gli presi le mani per poi abbracciarlo.

-Lei vorrebbe vedervi felice mio signore. Non vorrebbe che voi soffriste, se davvero vi eravate amati come mi avete raccontato, sono certa che lei e vostro figlio vorrebbero vedervi felice- sorrisi e lui sembrò credermi e mi baciò appena.

-Grazie, Dafne, grazie mille- sorrise lui stringendomi forte.

Angolo autrice: Come promesso ecco un nuovo capitolo:) ne approfitto per augurarvi un felice 2017:) Un forte abbraccio Giulia:)

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