ATTO XLIII- Rabbia - Fiumi di veleno
Firenze 1548, Casa di Marina Cavalcante, 12 marzo.
Ludovico
Il giorno dopo ero indaffarato a mettere a posto alcune carte che avevo trovato nei vari scrigni nello studio di mio padre.
Dafne era riuscita a cucire dei vestiti bellissimi e il debito verso il granduca era leggermente diminuito e la cosa mi faceva sorridere, tuttavia stavo anche preparando il mio piano per sconfiggere Cosimo una volta per tutte.
Non temevo di uccidere qualcuno era quasi successo già una volta non avrei esistato a farlo di nuovo.
-Mi dirai mai chi ti ha fatto quelle cicatrici? - domandò Dafne comparendo alle mie spalle.
-Sicura di volerlo sapere? - chiesi a mia volta.
Con la coda dell'occhio la vidi annuire.
-Avevo tredici anni quando mio padre iniziò a picchiarmi quando tornava a casa ubriaco fradicio. Non solo ceffoni, ma anche frustate e a volte usava anche la cintura dei pantaloni. Una volta mi sono salvato per un soffio dall'essere ucciso perché mi aveva colpito con la frusta a poca distanza dalla giugolare, per mia fortuna non mi ha reciso la vena se no a quest'ora sarei sottoterra da tempo. - risposi senza staccare lo sguardo dai documenti.
Non avevo voglia di parlarne, il passato faceva ancora male, molto male.
-Soffri ancora vero?- domandò ancora mia moglie abbracciandomi e posando le labbra sulla cicatrice che avevo sul collo.
-Mi costa parecchio ammetterlo, ma è così. Non pensavo di soffrire così tanto a distanza di anni.
-Lo sai che a me puoi dire tutto, non devi preoccuparti delle apparenze. So che sei un uomo forte, ma anche tu hai dei limiti.
Aveva ragione, ma era sempre difficile per me accettarlo.
Ammettere di avere dei limiti era forse la cosa più difficile da fare per me.
Da quando Cecilia era morta e con lei il bambino che portava in grembo io mi ero chiuso a riccio convinto che nessuno mi capisse.
Poi Dafne era comparsa nella mia vita e tutto era cambiato.
-Hai mai visto il corpo di tuo figlio? - domandò mia moglie e io scossi la testa.
Non avevo mai visto il cadavere di mio figlio, pensavo fosse stato seppellito insieme a Cecilia.
Ma non volevo pensarci in quel momento volevo pensare al mio piano.
-No, ma ormai sono convinto che sia morto. La levatrice era stata chiara - sospirai sedendomi sullo scranno con aria affranta.
Dafne mi cinse le spalle come per confortarmi, ma non ci riuscì.
In quel momento sentii bussare in modo abbastanza concitato alla porta.
-Messer Ludovico! Messer Ludovico! Aprite vi prego! - La voce era quella di Carlotta e dal suo tono compresi che era grave.
Corsi velocemente alla porta e quando la aprii vidi la governante bianca come un lenzuolo.
-Per l'amor del cielo, Carlotta cosa è successo?
La governante, visibilmente scossa, raccontò che Ace era tornato con delle ferite abbastanza gravi.
Preoccupati corremmo in cucina dove notammo il ragazzo seduto su una sedia in cucina con delle fasciature avvolte intorno a braccia e gambe.
-Ace.
-Mio signore, madonna Dafne.
Sembrava quasi sorpreso nel constatare che eravamo preoccupati.
-Cosa è successo?
-Sono stato attaccato da alcuni mercenari, non so chi li pagasse.
-E ti hanno conciato così? - chiesi serio.
-Guarirò, signore, non è questo il punto.
Lo guardai senza capire.
-Ho scoperto una cosa sconvolgente. La prima a prestarmi soccorso è stata una donna. Mi era salita la febbre per via delle ferite quindi non ero molto cosciente, ma ho visto nella sua casa una bambina. Ho sentito quella donna dire che era vostra figlia, Messer Ludovico.
Quelle parole ebbero il potere di farmi cadere il mondo addosso.
Mia figlia?
Quindi Cecilia aveva dato alla luce una bambina che era sopravvissuta?
Ma allora perché nessuno me lo aveva detto?
Strinsi i pugni mentre la rabbia montava dentro di me.
I miei occhi bicolore erano una maschera di odio puro perché ora avevo compreso.
Quella donna non poteva che essere la levatrice che aveva aiutato Cecilia a partorire. Facendo finta che la bambina fosse morta aveva distrutto il mio mondo, ma ora basta.
Non avrei permesso a nessun altro di ferirmi ancora.
-Ace. Dimmi dove vive questa donna! - ordinai con un tono trasfigurato dalla rabbia.
Vidi l'arciere nero deglutire ma poi iniziò a spiegarmi esattamente dove viveva la levatrice.
Dafne non fece in tempo a fermarmi perché corsi fuori dalla cucina.
Nessuno mi avrebbe fermato.
Nessuno.
Dafne
Sapevo che era furioso. Avrebbe potuto fare un disastro, ma purtroppo non ero riuscita a fermarlo. Feci per seguirlo, ma una mano gentile mi fermò.
-Non andare mia cara non c'è niente che possiamo fare ora per lui. È talmente arrabbiato che non ascolterà nessuno, nemmeno te.
Sospirai sperando che la ragione di Ludovico non fosse del tutto obliata dalla rabbia.
Ludovico
Avevo preso Bella senza nemmeno sellarla ed ero corso velocemente per i boschi di Volta Stellata fino a raggiungere una casa che si trovava parecchio distante da dove vivevo.
Presi un profondo respiro aggiustandomi la spada al fianco e smontai da cavallo.
Sfondai la porta con un calcio come per dare enfasi a tutta la rabbia che mi stava incendiando le vene.
-Marina!- ruggii furioso.
Ma la donna non era in casa. Avrei voluto distruggere tutto quello che mi capitava a tiro.
Cercai di recuperare il senno ma era veramente difficile.
-Messer Ludovico - la voce di Marina arrivò alle mie orecchie da dietro.
Mi voltai con la spada in pugno. L'avrei uccisa seduta stante.
Dovevo calmarmi o avrei davvero distrutto tutto.
-Vi prego abbiate pietà.
-Come posso avere pietà di una donna come voi? Avete una mezza idea dell'inferno che mi avete fatto passare in questi due anni? Mia figlia era viva!
Marina mi guardò con gli occhi pieni di terrore.
-Voi non potete uccidermi.
-Chi me lo impedisce? Tu per caso?
Avevo una voglia matta di fargliela pagare.
-Ora sapete che vostra figlia è viva, vi prego lasciatemi in pace.
-Meriteresti di essere uccisa seduta stante, ma non lo farò. Meriti una vendetta peggiore. - ridacchiai sadico.
La donna mi fissò terrorizzata.
-Cosa volete farne di me?
-Rivoglio indietro mia figlia, inoltre si dà il caso che tutti a Firenze ora sanno che giacevi con il granduca. E sai bene cosa succede alle donne che vengono definite pubbliche meretrici...
-Mi volete mandare davanti al Sant'Uffizio?!
-Oh no...sarebbe troppo facile sarai giudicata sulla pubblica piazza. Non ti uccideranno questo no, ma spero che sia talmente umiliante che ti faccia passare la voglia di far soffrire gli altri. - dichiarai gelido come soltanto un uomo ferito può essere.
La donna mi fissava con gli occhi pieni di terrore, avrei potuto ucciderla, ma non volevo farlo. Cecilia non avrebbe voluto che diventassi un assassino.
Sarei diventato come Cosimo e non volevo, l'avevo spaventata abbastanza.
-Dov'è la bambina? - domandai.
Marina indicò una porta poco lontano da dove mi trovavo io.
Rinfoderai la spada e mi avvicinai. Non sapevo come avrebbe potuto reagire.
Aprii appena la porta e notai che oltre vi era una stanzetta talmente piccola che in due persone ci si stava a fatica. Il soffitto era basso tanto che dovevo stare piegato.
Un lettino era addossato ad una parete mentre una finestra rotonda faceva entrare la luce proveniente da fuori.
Sentivo dei leggeri singhiozzi provenire da un angolo della stanzetta.
Mi avvicinai e vidi una bimba che avrà avuto non più di due anni, dai capelli rossi identici ai miei. Il corpicino era magro e coperto da un abito dai gomiti consumati.
-Ehi piccola cosa succede?- domandai.
Lei alzò lo sguardo e notai i suoi grandi occhi color cioccolato che mi fissavano con un briciolo di paura.
-Io sono Ludovico.
-Anna.
Sembrava avere un po' di paura quando avvicinai la mano alla sua guancia.
Le sfiorai il viso e lei sembrò sorridere.
-Non avere paura.
Anna mi fece un sorriso mentre io la prendevo in braccio.
Avevo appena ritrovato mia figlia.
Angolo autrice: Il nuovo capitolo eccolo qua:) cosa pensate di questo aspetto del carattere di Ludovico? Ve lo aspettavate? ho provato ad allungare il capitolo :) lo dedico a KiaIcyFlames :)
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top