ATTO XIII- Presente - Il nuovo venuto
Nota di inizio capitolo: Adesso si torna al presente, quindi dopo il parto di Dafne :)
Firenze 1548, Volta Stellata 23 gennaio
Dafne
Mio figlio stava dormendo nella culla che messer Ludovico aveva fatto per lui. Non sapevo come l'avrei chiamato, sapevo solo che gli volevo già un bene dell'anima.
Gli posai un bacio sulla fronte e mi alzai dal letto. Ero stanca, ma non assonnata.
Non riuscivo a stare ferma così aprii la porta della mia stanza e feci per uscire. Il bambino si mosse nella culla svegliandosi così tornai indietro.
-Ehi piccolino sei irrequieto?- domandai prendendolo in braccio e iniziando a cullarlo. Per un attimo mi guardò e io potei notare che aveva gli occhi grigi. Anche Arrighetti aveva gli occhi di quel colore, tuttavia non riuscivo ad odiarlo, questo bambino, per quanto nato nel peccato, meritava di essere cresciuto come se non fosse un peccato.
-Elia- lo guardai e lui sorrise. Avevo appena scelto il suo nome.
-Da ora in avanti ti chiamerai così che ne dici?- sorrisi stringendolo con dolcezza.
Lui emise un versetto come a dire che era d'accordo. Lo rimisi nella culla e mi sdraiai nel letto, ma sapevo che era inutile perché il sonno era fuggito e non sarei più riuscita a dormire, così decisi di alzarmi e andare nella stanza del telaio. Presi una candela e mi inoltrai per i corridoi deserti di Volta Stellata. Avevo capito cosa volevo tessere dovevo solo farlo. La luce della candela lanciava uno strano occhio di luce intorno a me e mi sentivo un po' inquieta, ma ero certa che fosse solo suggestione. Arrivai alla porta e la aprii. La luce fioca della candela si univa a quella della luna proveniente da fuori.
Avevo finito di cucire dei vestiti invernali per Elia e ora avevo in mente un altro progetto.
Presi un filo color panna e calcolai in fretta quanto ordito mi sarebbe servito. Fatto questo preparai l'ordito nell'orditorio, montai sul telaio dell'ordito, caricai del subbio posteriore, passai dei fili dell'ordito nelle maglie dei licci, poi feci passare nelle fessure del pettine, infine legai al subbio anteriore.
Il lavoro sarebbe stato lungo, ma la notte era ancora giovane e io non avevo sonno.
Cavaliere di Cristallo
Stavo cavalcando a tutta velocità verso Volta Stellata. Faceva molto freddo quella notte, il respiro si condensava contro il bavero nero che copriva la parte inferiore del mio viso, anche quella superiore era celata da una maschera bianca decorata con alcuni cristalli che brillavano alla luce argentea della luna. Il mantello nero frustava l'aria pungente intorno a me. Strinsi le redini con ancora più forza. Dovevo arrivare in fretta. Il cavallo era esausto tanto quanto me, ma non potevamo permetterci pause. Le notizie che recavo erano troppo importanti per poter essere rimandate, lui doveva sapere il più presto possibile.
Gli zoccoli del mio destriero color della notte battevano sul terreno brullo indurito dal freddo creando un suono simile a quello di un tamburo.
La foresta pareva più cupa dell'ultima volta che ci ero stato, o forse era solo una mia suggestione. Dopo un tempo che mi parve infinito vidi spuntare i pennacchi di Volta Stellata. Sorrisi da sotto il bavero mentre smontavo dal mio destriero e mi arrampicavo sulle finestre stando attento a non svegliare nessuno. Appena arrivai al balcone da dove si apriva la porta finestra che dava accesso alle stanze del mio signore, mi issai oltre la balaustra e bussai al vetro. Sperai che fosse sveglio.
Dopo qualche minuto lo vidi comparire oltre i pesanti tendaggi e, appena mi riconobbe, si affrettò ad aprire la porta finestra.
-Bentornato- esordì dopo che mi ebbe fatto entrare.
La stanza era immersa nella penombra, soltanto qualche candela la illuminava e potei notare la mobilia riccamente decorata e il grande letto a baldacchino. Vi era una sedia vicino a dove ci trovavamo noi. Lui si sedette con aria stanca mentre io lo osservavo da dietro la maschera bianca.
-Che notizie mi porti?
-Niente di buono purtroppo mio signore -
-Parla ti prego - lo vidi appoggiarsi la mano sulla fronte con fare stanco.
-Ho scoperto che vostro padre e la meretrice Cassandra sono stati avvelenati, per questo non vi erano ferite sui loro corpi. Qualcuno ha avvelenato il loro vino. Ma c'è dell'altro - affermai sospirando
-Che vuoi dire?
Sospirai cercando le parole adatte per continuare.
-Mio signore, ho scoperto che dietro la morte di vostro padre c'è il granduca Cosimo-
Ludovico sgranò gli occhi.
-Stai scherzando spero
-No, mio signore, purtroppo è la cruda verità.-
-Sapevo bene che Cosimo odiava la mia famiglia, ma non immaginavo così tanto. -
Scossi la testa mentre cercavo di riordinare le idee.
-Volevo chiederti una cosa
-Ditemi
-Il granduca mi ha affidato questo - estrasse un quaderno che doveva essere un diario.
-Questo è il diario di mia madre, purtroppo non è completo. Alcune pagine sono state strappate, ho provato a cercarle, ma non so da dove cominciare.
Lo guardai annuendo.
-Posso dirvi che le pagine mancanti sono qui in casa. Fu vostra madre a strappare quelle pagine prima di affidare il suo diario al granduca.
-Ma perché proprio ad Cosimo?
-Questo non lo so, mio signore.
Lo vidi prendersi la testa tra le mani scompigliandosi i capelli color del fuoco.
-Non so cosa fare, ho scoperto anche che c'è un mandato di arresto contro mio nonno dovuto alla congiura dei Pazzi. Ci sono troppe cose che non so.
-Scoprirete presto tutto.
-Lo spero tanto. Ma adesso vai a riposare, sarai esausto -
Sorrisi annuendo mentre lo lasciavo ai suoi pensieri.
Dafne
Non sapevo quanto tempo era passato da quando avevo iniziato a tessere, ma potevo essere soddisfatta del mio lavoro, il tessuto color panna era finito. Presi a quel punto un rocchetto di filo d'oro.
Non sapevo perché, ma sentivo che quei due colori erano perfetti insieme.
Mi rimisi a lavorare, ma presto mi resi conto che non sarei riuscita a terminare il lavoro perché iniziavo a sentirmi sempre più stanca.
La candela era quasi consumata del tutto, non mi sarebbe servita per tornare indietro. Notai che, sotto gli scaffali dei rocchetti vi erano delle candele.
Madonna Anna doveva essere una donna che era abituata a lavorare fino a tardi. Accennai un sorriso e accesi un altra candela e tornai nella mia stanza.
Elia dormiva tranquillo e la cosa mi fece sorridere.
Mi sentivo così protettiva nei confronti di quella creaturina che era nata dal mio grembo.
Gli baciai la fronte e tornai a letto sperando di riuscire ad addormentarmi.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top