23.
La caramella quasi mi andò di traverso e fui più volte costretta a tossire. Tanto che mi ritrovai a pensare che il piano del dottore non fosse quello di avvelenarmi, ma di lasciarmi morire soffocata.
Se la voce nella mia testa avesse avuto un corpo avrebbe certamente sbattuto una mano sulla sua fronte ed esclamato qualcosa come "Ti avevo avvertito di scappare da lì! Ma tu nooo, ti sei voluta fidare, e adesso verrai uccisa.".
«"Come voglio morire" hai detto?!», chiesi confusa.
«Sì, esatto.», rispose lui, lasciando sulla mia schiena la mano che aveva alzato in mio aiuto.
«Perché? Vuoi forse un consiglio su come uccidermi?», indagai.
«No, voglio solo sapere quale sia a tuo parere il modo migliore per lasciare questo mondo.», spiegò il dottore.
Ci pensai su per un po', quasi stupendomi del fatto che lo stessi facendo davvero.
Nei miei sogni ero già morta molte volte: bruciata, avvelenata, dissanguata e fatta a pezzi. Una volta ero persino stata mangiata da un pesce gigante. Il sogno si era interrotto prima che potesse raggiungermi. Ero rimasta come paralizzata, tutto intorno a me si era fermato, poi mi ero svegliata.
Cercai di riordinare i miei pensieri su tutti i tipi di morte che conoscevo. Il suicidio, per cominciare, non era un'opzione che avrei scelto. Perché mai avrei dovuto mettere fine alla mia già breve vita, che cause mi avrebbero spinto a farlo?
Morire di vecchiaia invece sarebbe sembrato troppo patetico. Vivere una lunga vita noiosa, per poi morire lentamente con i pezzi del proprio corpo che si staccano e si spengono. Rendersi conto un po' alla volta di non riuscire più a fare azioni che prima erano nel quotidiano. Ammalarsi sempre più spesso e dimenticarsi persino chi fossi stato.
Morire per malattia o decidere di farsi sopprimere. No, anche questo sarebbe consumarsi lentamente come una candela, sciogliendosi dall'interno per poi rimanere solo un guscio vuoto.
Provai a pensare a cosa avrei potuto provare durante le varie morti che mi vennero in mente.
- Sedia elettrica: Sentii una scossa veloce che partiva dalla testa e mi passava per tutto il corpo. Poi odore di bruciato e capii che l'esecuzione non doveva essere andata troppo bene.
- Annegamento: Non sentivo più l'aria nei polmoni, il naso era tappato. Provai una strana sensazione alla gola come se volessi vomitare ma non avessi più niente da tirare fuori. Gli occhi erano appannati, ma comunque non c'era altro da vedere se non l'acqua che mi circondava. Poi non sentii più nulla e semplicemente mi lasciai andare.
- Arma da fuoco: Sentii uno strano bruciore al petto, il proiettile doveva essere finito proprio lì. Il sangue cremisi iniziò a uscire, come tutto il mio calore. In poco tempo le mie dita divennero fredde, ma non me ne accorsi perché troppo concentrata a bloccare la ferita. Mi uscii liquido porpora anche dalla bocca. Il proiettile aveva colpito un punto vitale e a momenti sarei morta dissanguata.
- Arma bianca: La mia pelle fu squarciata da una lama comparsa all'improvviso. Mi ritrovai con un taglio preciso sulla pancia. Sentii il sangue colare e gli organi rosa vivo uscire dal mio stomaco. Tentai di rimetterli dentro, ma ormai le mie budella pendevano gocciolanti verso terra.
- Ipotermia: Inizialmente sentii freddo, tremavo senza riuscire a contenermi. Cominciai ad essere confusa, la mia mente si stava separando dal corpo. Mi rannicchiai su me stessa nella speranza di potermi scaldare, ma ormai era troppo tardi, non riuscivo a sentire più niente e la mia coscienza mi abbandonò.
- Combustione: L'aria era irrespirabile, talmente piena di fumo da soffocarmi. I capelli corvini presero fuoco e con essi anche i vestiti. Sentivo solo caldo e la pelle che velocemente bruciava. La sensazione dell'aria calda e pesante sulla mia pelle, poi la carne stessa che prendeva fuoco. Lo sentivo fin dentro le robuste ossa, come se ormai fosse parte di me. Mi agitai urlando dal dolore. Cercai di spegnermi, ma ormai non ragionavo più.
La sensazione di un guanto di Anubi che accarezzava il mio collo mi risvegliò dai terrificanti pensieri. Mi sorpresi di essere stata capace di pensare a certe cose, soprattutto se il soggetto di simili azioni ero io stessa.
Il dottore probabilmente aspettava ancora una risposta e faticai a dargliene una.
«Penso che non esista un modo in particolare in cui vorrei morire, ma sicuramente ce ne sono che non vorrei mai sperimentare.»
«Capisco.», rispose Anubi, lasciando trasparire nella voce una punta di delusione. Mosse la mano dal mio collo fino alla fronte, dove spostò un ciuffo di capelli dietro l'orecchio. «Seconda domanda, e vedi di non metterci troppo a rispondere.», mi ammonì, toccandomi la punta del naso, prima di continuare. «Come fai a sopravvivere ai mostri?»
«Sai, tutti quando nasciamo abbiamo in dotazione un senso alla sopravvivenza, dato soprattutto dalla presenza della paura.», risposi cercando di ignorare quel contatto fisico. «Il fatto che io sappia usarlo meglio degli altri mi rende speciale, ma adesso che ci penso credo che tu volessi sapere della voce che sento nella testa.»
Presi una pausa per decidere o meno di rivelare questo dettaglio e indurre curiosità nell'animo dell'uomo che avevo di fronte. La voce che solo io potevo sentire non approvò questo mio comportamento, e prese a scandire qualche avvertimento unito a certi insulti nella speranza di fermarmi. Questo mi spinse ancora di più al voler parlare.
«Ho una voce che ogni tanto mi dice cosa fare e no. Come, per esempio, se sia una buona idea aprire una porta con su scritto in grassetto "PERICOLO" o "ATTENZIONE, NON APRIRE QUESTA PORTA".»
«Una voce...», ripeté il dottore pensieroso, tornando ad accarezzarmi il braccio. «Di che tipo di voce si tratta?»
«Non lo so, non riesco a capirlo, non la sento mai abbastanza forte. Si limita solo a sussurrare consigli per non farmi morire.»
«Allora è una voce buona.», concluse lui, incrociando i nostri sguardi.
La voce manifestò un apprezzamento a quelle parole. Dimenticandosi che fino a poco prima aveva minacciato di morte il dottore incapace di udirla.
«Non saprei. A volte mi insulta quando non faccio quello che vuole.», spiegai. «Il fatto è che non mi fido molto di una voce senza sapere prima a chi appartiene.»
A ciò la voce rispose dandomi ragione, e sparendo temporaneamente dalla conversazione.
«Ok, terza domanda...», iniziò a dire Anubi.
«No, aspetta, ho io una domanda per te.», lo interruppi, spostando il braccio dalla sua presa. Lui osservò il mio movimento, con i suoi occhi magenta, facendo poi ricadere la mano sulla mia gamba. «Sentiamo, cosa vuoi chiedermi?»
«Qual è il tuo tatuaggio? Ishtar ha detto che avete tutti un animale, qual è il tuo?», domandai, sperando di sembrare genuinamente curiosa.
«Il falco.», disse senza il minimo interesse.
«Dove ce l'hai?», insistetti, voltandomi del tutto verso di il dottore nella speranza di sottrarmi al contatto.
«Sulla spalla destra.», rispose lui, appoggiando entrambe le mani sulle mie ginocchia. «Adesso tocca a me fare un'altra domanda. Ti sei mai chiesta che fine abbiano fatto i precedenti Protagonisti?»
«Beh, sì, conosco i Protagonisti più importanti, ce li hanno fatti studiare a scuola.», annuii.
«Non tutti però. Conosci la storia di Hester?»
«La mia storia?», chiesi confusa.
«No, la storia di Hester, il Protagonista che c'era prima di te.», ripetè l'uomo pazientemente.
«Non sono mai stata brava in queste materie, ma a quanto ricordo prima di me c'è solo Tarnio VII detto La Tigre, e tutto ciò che lo riguarda è avvolto nel mistero.», replicai, tornando ad osservare le mani che stavano stringendo le mie ginocchia.
«Sì, la storia riporta questa versione, ma lui non è mai esistito, fu la Chiesa a decidere di creare questa figura per far sì che la gente non venisse a sapere i suoi segreti.»
«Quali segreti?», domandai non riuscendo a contenere la curiosità.
«I segreti sull'origine dei mostri e sul motivo del perché si trovano qui.», rivelò il dottore, alzando un dito.
«Come fai a essere sicuro dell'esistenza di quell'altro Protagonista?», chiesi dubbiosa.
«Perché io la conoscevo molto bene.», rispose Anubi, avvicinandosi al mio viso. «Anche Marte la conosce, e tutti gli altri ne sono a conoscenza, ma non amano molto parlarne. Quindi sarebbe meglio se tu non ne accennassi per ora. Va bene?»
«Come è morta?», indagai, inclinando la testa per distanziarmi.
«A ucciderla fu...»
«ESTER!», gridò Artemide entrando di corsa nella stanza e mettendosi tra me e il dottore. «STA LONTANO DA LEI!»
«Non stavamo facendo niente.», si giustificò lui sorridendo con gli occhi.
«Anubi hai sbagliato», disse Ishtar irrompendo nella stanza. «Il programma non ha cambiato orario è ancora di sera.»
«Di te non mi fido!», urlò Artemide rivolta al dottore, e poi afferrandomi il braccio sentenziò: «Ce ne andiamo via!»
«A-aspetta, mi stava dicendo...», balbettai.
«Non mi interessa cosa stava dicendo, non lo devi ascoltare!»
L'ultima cosa che vidi prima di venire trascinata via da quella stanza fu Anubi che mi salutava con la mano e Ishtar che era tornata a rimirarsi nello specchio.
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