17.


La porta fu buttata giù da quello strano mostro, ma dietro di essa non c'era nessuno. Ero riuscita a passare sotto il divisore e ad arrivare nel bagno a fianco, dove, seduto sul water, c'era il cadavere di una donna con un vestito viola a cui era stata staccata a morsi la testa e metà del collo.

Questa non era la prima volta che venivo attaccata da un mostro in un bagno pubblico. Era già successo anche nelle altre poche volte in cui mi ero vista costretta a utilizzare un bagno che non era quello di casa.
Il primo incontro di cui ho memoria era avvenuto durante una gita scolastica nella rinomata fattoria dei Compagni degli Animali. L'attività agricola in verità era solo una facciata esterna utilizzata per nascondere il commercio di schiavi che aveva luogo nel magazzino.

Avrò avuto sì e no sui sei anni quando mi ero ritrovata in quel luogo a dovermi nascondere da un grosso uomo maiale che mi inseguiva. Mi ero separata dal gruppo per andare al bagno, ma una volta uscita avevo scoperto che tutti gli altri erano stati imprigionati in piccole e sporche gabbie per animali. Io ero tornata nuovamente nel bagno per cercare di racimolare quel briciolo di coraggio che serviva per sopravvivere, ma quell'essere molto affamato mi aveva trovato e moriva dalla voglia di assaggiarmi.

Sbatteva il sudicio muso contro la porta del bagno e grugniva in preda agli ormoni. Fu una fortuna per me che ci fosse una piccola finestrella da cui scappare da quell'incubo, altrimenti sarei stata fatta a pezzi e mangiata viva. Sarei morta nell'unto di quel bagno, uccisa da un essere che non si fa scrupoli nel vivere nel luridume e nello spruzzare senza contegno il proprio seme in mezzo alla strada.

Corsi fuori dal bagno e mi diressi verso l'uscita del bar. Le persone nel mentre erano aumentate nella sala. Iniziai a spintonare tutti quelli davanti a me, che mi urlarono più volte dietro insulti. Sentivo quella cosa seguirmi, ma i presenti sembravano non notarla più di tanto. Mi gettai fuori dal bar e cominciai a correre in strada pur avendo il ciclo. Fu una tortura, mi faceva male qualsiasi cosa e in più avevo ancora una profonda ferita al braccio. Smisi di correre solo quando non sentii più niente che mi stesse inseguendo. La strada era deserta.

Adesso potevo scegliere se entrare in un vicolo scuro che probabilmente aveva un muro dall'altra parte, oppure continuare sulla strada principale.
Vidi un'ombra muoversi nell'oscurità e senza pensarci due volte continuai sulla grande e spaziosa strada. La voce nella mia testa mi fece i complimenti per non essersi dovuta intromettere in questa mia decisione.

Non ero così stupida da andare a farmi ammazzare in un vicolo sporco, come una persona qualunque di questo mondo.
Sorpassando l'apertura sentii dietro di me una voce femminile che diceva: «In verità io ti starei aspettando qui. Tu dove stai andando?»

Mi girai. Appena fuori dal vicolo si trovava la stessa signora senza testa che avevo lasciato seduta nel bagno. Solo che adesso una testa ce l'aveva, e anche una chioma di capelli castani. Mi stava guardando infastidita e confusa. Io mi rigirai e presi a correre rapidamente lungo la strada. Lei fece comparire gli altri occhi, le bocche e le zampe, e iniziò a seguirmi.

Non so come, né perché, ma alla fine della strada c'era un enorme muro di mattoni rossi. Tornai a guardare il mostro mutaforma che mi inseguiva. Si era fermato a tre metri dal muro e aveva preso le mie sembianze, rimanendo però con un grosso paio di occhi rossi.
Stava per aprire la bocca per fare un lungo monologo sul fatto che a momenti mi avrebbe ucciso, ma fu interrotto da un'ascia che si conficcava nel mezzo della sua testa.

Cadde in dietro con il sangue rosa che cominciava a colargli dalla testa e un po' alla volta riprese le sue vere sembianze di aracnide con due bocche.
Mi sentii strana, come se quella ad aver subito l'attacco fossi stata io. Poi mi accorsi che anch'io ero stata colpita, ma non da un'ascia, bensì da un sedativo. Me lo tolsi dal braccio e lo guardai stordita. Caddi sulla strada sentendomi improvvisamente molto più debole.
Feci solo in tempo a vedere con la vista annebbiata due persone che discutevano e una terza che si stava piegando su di me e che mi parlava in modo confuso, poi mi arresi al sonno.

Mi risvegliai su un lettino bianco d'ospedale. La spalla mi faceva ancora male, ma almeno adesso era fasciata e non correvo il rischio di perdere il braccio.
Guardai il soffitto bianco della stanza cercando di godermi la pace dal momento, che sapevo non sarebbe durata a lungo. Una massa di capelli biondo fluo entrò nella mia visuale e io mi maledissi internamente per non essermi goduta abbastanza l'attimo.

«Sei sveglia?»
«No, come vedi sto ancora dormendo.», risposi alla ragazza dai capelli color lime.
«Ah ok, allora torno più tardi.», sussurrò lei delusa, per poi dirigersi verso la porta.

Mi tirai su e fermai la ragazza che stava per uscire. «Aspetta, ero sarcastica.»
«Oh», esclamò lei, fermandosi di colpo e girandosi verso di me.

La squadrai dall'alto in basso. Era una ragazza molto abbronzata, con capelli di un biondo innaturale raccolti in due grosse trecce. Aveva un paio di grandi occhi marroni e le sue palpebre erano state ricoperte eccessivamente di uno strato di ombretto fucsia. Indossava un vestitino rosa con i cuoricini rossi e delle scarpette del medesimo colore. A vista doveva avere circa la mia stessa età, ma sembrava essere un po' più bassa di me.

«Chi sei? Dove sono? E perché sono qui?», chiesi scocciata.
Ci mise un po' a capire cosa le avevo chiesto, e a giudicare dalla sua risposta capii che non doveva essere la persona più sveglia del luogo.

«Il mio nome è Artemide e sono un Esperto di mostri.», si interruppe per valutare se continuare o meno il discorso, ma dopo quell'attimo di riflessione riprese a parlare. «Tu non sei un mostro, vero?»

Certe volte la stupidità umana riesce davvero a sorprendermi con questi momenti di pura ironia. «No, sono il Protagonista. Perché me lo chiedi?»

«Così, per sicurezza.», disse rigirandosi il ciuffo di capelli che era uscito da una treccia. «Comunque adesso sei nel posto giusto, non ti devi più preoccupare di nulla, sei al sicuro. Qui tutti ti aspettavamo da tanto tempo, e adesso che ti abbiamo trovato non ti lasceremo morire tanto facilmente.»

«È una minaccia? Perché se non lo è credo che tu abbia sbagliato a formulare la frase.», indagai.
«Scusa, non me ne ero accorta.», mormorò con un'espressione molto addolorata e sull'orlo delle lacrime.

«Non fa niente, ci sono abituata.», mi affrettai a dire. «Ma non mi hai ancora detto dove ci troviamo.»
«Oh, sì, perdonami, non te l'ho ancora detto. Siamo sul luogo del tuo sacrificio.», rispose sorridendo.

«Come scusa?»
«Stai per essere sacrificata ai mostri per placare la loro fame. Ma prima verrai sottoposta a tante terribili torture, e sentirai così tanto dolore da desiderare di essere morta.», continuò lei ridacchiando.

Ci fu un lungo silenzio. Improvvisamente il suo sorriso mi appariva molto più inquietante di prima. «Non hai appena detto che ero al sicuro?»
«Ho sbagliato a esprimermi.», chiarì la ragazza.

«Ah, capisco. Così ha sicuramente più senso.», compresi annuendo. «Ed esattamente quando avrà luogo tutto ciò?»
«Adesso.», decise Artemide, lanciandosi su di me con in mano una falce.

Non avevo la più pallida idea di dove l'avesse tirata fuori, ma sono più propensa pensare che la tenesse tra i suoi gonfi capelli che accecavano alla sola vista.
Artemide mi stava per uccidere, o forse prima mi avrebbe staccato qualche arto, ma la cosa importante è che io non mi ero ancora mossa. Che cosa stavo facendo? Perché non mi ero ancora spostata?! Perché, nonostante quella vicinanza alla morte, non avevo ancora fatto niente? Ma soprattutto, perché ogni volta che sto per morire mi metto a fare lunghi monologhi interiori invece che reagire?

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