Extra - Dovresti fare una risata malvagia o qualcosa di simile.

flashback

Mi stringo nelle spalle, camminando lungo la strada, incurante dei commenti poco lusinghieri di chi mi circonda. Sono un po' preoccupata, ma cerco di non badare troppo alle tantissime luci al neon che mi illuminano il volto. Non so come, sono finita in uno di quei quartieri pieni di club e bar.

Forse ero troppo sconvolta dall'ennesimo tradimento di Frederick, per capire che la direzione che stavo prendendo non era delle migliori. Non che adesso me ne freghi qualcosa.

Indosso un vestito da cocktail, ho un'acconciatura degna di Ariana Grande e dei tacchi dodici ai piedi: mi ero fatta bella per il nostro anniversario, ma non è servito a nulla.
Il mio caro maritino era con un'altra donna nel nostro letto e io sono corsa via senza farmi notare. Come una codarda.

Non sono nemmeno arrabbiata con lui: ce l'ho con me stessa.
Magari me la sono andata a cercare, visto tutto il male che ho commesso. Potevo evitarlo? Chi lo sa. Non che abbia importanza rimuginarci su ora.
Più che altro, mi chiedo dove ho sbagliato. Probabilmente fin dall'inizio.

Anche se Ace evidentemente non mi amava più, mi piaceva essere guardata da Fred. Mi ha attratta fin da subito, forse perché assomigliava al mio primo amore. Nonostante la differenza d'età, ho provato a lasciarmi andare. Pensavo di riuscire a scordare Ace, mettendomi con lui.

Grosso errore. Ho capito il perché della loro somiglianza nell'esatto momento in cui mi ha presentato suo figlio. Certo che non imparo mai. Faccio proprio schifo a scegliere gli uomini.

Comunque, Ace ha pensato che volessi avvicinarmi a lui, usando suo padre, e io glielo ho fatto credere, perché in fondo mi piaceva ancora. Ho fatto di tutto per attirare la sua attenzione, consapevolmente o meno.
Tuttora quel ragazzo è una mia fissazione.

Sono così patetica.

Quando è arrivata Pepper, la mia vita aveva di nuovo senso. Ho scoperto di poter amare veramente qualcuno al di fuori di Ace. Ero felice, nonostante fossi sposata con un uomo che, seppur mi piacesse, non amavo davvero.

Ma Fred ha scoperto di quello che c'è stato fra me e suo figlio. Il come resta ancora un mistero. Forse ha assunto un investigatore privato. Non lo so.
Si è arrabbiato, mi ha ferita e io volevo solo vedere Pepper.

Dopo essere stata chiamata puttana dall'uomo di cui mi fidavo di più, mi sentivo tradita. E volevo provare a me stessa che non ero un totale fallimento. Dopotutto avevo fatto una cosa buona, avevo qualcuno di cui poter essere fiera: mia figlia.

Che stupida che ero. Le cose belle non durano mai.

Sono andata in quel maledetto parco, consapevole che Pepper fosse con il suo fratellone e, una volta arrivata, ho visto un gruppo di ragazze guardare in modo lascivo Ace.
L'uomo che allora, inconsciamente, consideravo ancora mio. Quindi ho fatto una scenata. Metterlo in imbarazzo mi sembrava una buona idea.

Però non so come o perché, il tutto è degenerato. Ho detto delle cose orribili e in un attimo Pepper era sparita. Dopo i ricordi si fanno confusi. Ricordo solo tanto sangue. E dolore.

Sono la prima che si odia.
La mia dolce Pepper è morta per colpa mia. Il mio ultimo granello di felicità è svanito nel vento solo per un mio capriccio.

Alla fine della strada, alzando lo sguardo, noto un gruppo di persone immobili, chiacchierare allegramente fra loro. Hanno delle moto scure, bandane sulla testa e bottiglie di birra ai piedi. Degli stereotipi viventi.

Non credo che sia una buona idea proseguire oltre, ma non voglio nemmeno tornare a casa, da un uomo che non mi ama e il fantasma di Pepper.
Magari bere un goccio al bar allontanerà il mio dolore.

Guardandomi intorno, un'insegna cattura la mia attenzione. È di un azzurro brillante e ha una tazza di tè come logo. Il locale stona con tutto ciò che c'è intorno. Sono soprattutto le piante ben curate, poste poco prima dell'entrata, che mi incuriosiscono.

«Seven Sins: Host club.» leggo ad alta voce, per poi fare un passo avanti.

Prima che me ne renda davvero conto, sono davanti alla porta color lavanda e ho una mano sulla maniglia. Faccio un respiro profondo, dicendomi che probabilmente troverò un po' di vino qui. Ne ho bisogno.

Apro senza indugiare oltre e subito della musica classica mi inonda le orecchie. Quello che mi si presenta di fronte è un corridoio azzurrino, tappezzato da foto di giovani in divisa. Ogni immagine ha un nome sotto, oltre che un numero. L'ultimo è segnato trentesimo.

Vado avanti, sentendo dei brividi percorrermi il corpo. Anziché inquietarmi, i bei visi dei giovani hanno catturato la mia attenzione. E sono curiosa.

Una tendina mi separa dal locale vero e proprio e, non appena la scosto con un gesto deciso, per non aver ripensamenti, un uomo mi si para davanti. Ha un sorriso sghembo in volto, gli occhi più gentili che abbia mai visto e un completo da maggiordomo.

«Ha una prenotazione?» mi chiede e io non so proprio che rispondergli, perché non sapevo che si dovesse chiamare prima.

Scuoto la testa a malincuore e sono pronta a fare dietro front e trovare un altro posto in cui bere. Anche perché i divanetti per coppie che scorgo dietro la figura del maggiordomo, non mi danno l'idea di bar. Forse qua nemmeno si beve. Ma che diamine avevo in mente?

«Aspettate. Io sono libero. Hanno disdetto la mia prenotazione.» si va avanti all'improvviso una voce.

Un uomo più o meno della mia età viene verso di noi. Ha il colletto della camicia aperta, che fa intravvedere un tatuaggio scuro, e una giacca elegante sulle spalle. Cammina con passo felpato, sicuro di sé. Non sorride, ma nei suoi occhi scuri e tenebrosi scorgo una scintilla misteriosa che mi fa venire la pelle d'oca.

«Sei fortunata.» mi fa sapere il maggiordomo.
«Il nostro numero uno si è appena liberato.»

«Numero uno?» ripeto senza capire.

«Siete nuova, mia signora? Non vi ho mai vista da queste parti.» dice l'uomo appena giunto.
«Mi chiamo Leonard e sarò il vostro principe azzurro finché vorrete.» detto questo fa un inchino, prendendo la mia mano nella sua.
«Incantato.» sussurra, prima di posare le labbra sulla mia pelle.

presente

«Ottimo lavoro.» sono queste le parole che mi accolgono, non appena metto piede fuori dal cancello.

Subito una chioma biondo platino e un sorriso amichevole mi si parano davanti. I piercing sul suo labbro e ai lobi lo fanno sembrare un ragazzino, ma nei suoi occhi leggo comprensione.

«Ehi, principe.» scherzo, cercando di sembrare amichevole come al solito.

Ma fallisco. È ovvio che non ci riesco, visto che non ho mai pianto come oggi.
Dopo avermi squadrato un momento, lo vedo sospirare. Nemmeno il principe maledetto oggi è in gran forma.

«Questa volta non ti faccio pagare.» dice, allargando le braccia per farmi capire che posso appoggiare la testa sul suo petto.

«Non farlo sembrare come se fossi un gigolò.» ribatto, dandogli un pugnetto sulla spalla, per poi superarlo. È venuto in moto solo per me. Se lo sapessero le sue fan mi ucciderebbero.
«E poi non posso permettermi certe confidenze. Io ho Frederick.»

Già, io ho Fred, anche se non si è preso neanche la briga di fermarmi, di venire con me o difendermi.
Sento Leonard imprecare fra i denti, un atteggiamento tutt'altro che cavalleresco, e subito la sua mano corre al mio polso. Mi tiene con gentilezza, non mi tira. Mi massaggia la pelle, immergendo i suoi occhi nei miei, stanchi e vuoti.

«Lui però si può permettere di tradirti?» ribatte senza cedere, soffiandomi il suo alito sul volto.

Sa di menta e tabacco, deve aver fumato mentre mi aspettava. E poi ha cercato di coprire l'odore con una caramella: è tipico di lui. La sua mano è fredda, deve aver atteso a lungo.
Mi molla e ripropone un abbraccio, spalancando per la seconda volta le sue braccia accoglienti. Solo per me.

«Perché sei qui? Non eri di turno stasera?» domando, tentata davvero di farmi confortare dal signor numero uno.

«Lavoro in un host club, non devo essere presente tutti i giorni. E poi oggi in particolare avevo il pomeriggio.» borbotta, evidentemente stufo del mio atteggiamento.
Anche se cerca di non farlo notare, lo conosco abbastanza bene da capire che vorrebbe solo che io mi lasciassi andare.

«Ti sei fatto dare il pomeriggio.» lo correggo.

«Senti, vuoi abbracciarmi o no?» sbotta.
La luce del lampione qui vicino, mi permette di vedere le sue guance colorarsi di rosso. O forse è solo il freddo della sera. La sua pelle era davvero gelida quando l'ho toccato, poco fa. Mi avvicino titubante, poi mi tuffo fra le sue braccia, senza però ricambiare il gesto.
«Visto? Non era tanto difficile.» mormora fra i miei capelli, tenendomi stretta a sé.

Lo è per me. Nessuno vuole sfiorarmi, figuriamoci abbracciarmi in modo così deciso. Subito sento le lacrime corrermi lungo le guance, fuggire dai miei occhi tristi e dal mio cuore ferito.
Dannazione, avevo appena smesso. Perché Leonard ha il potere di tirare fuori tutte le mie emozioni? Perché è così bravo a capirmi?

«Perché nessuno mi ama?» chiedo in un sussurro, avvertendo il battito del suo cuore sfiorarmi la guancia. Questo calore è confortante in un certo senso.

«Stupida. Io ti amo, non ti basta?» ribatte un po' offeso.

Ma so che è una bugia. È il suo lavoro regalare dolci illusioni.

«Non devi parlare come un host adesso.» gli faccio notare e lo sento sospirare.
Non credo che abbia gradito la mia risposta.

«Non deve essere vero amore. Un amore fasullo può riscaldare il cuore. Te l'ho già detto, ricordi?» mi dice.
«Ogni volta che verrai al club, troverai qualcuno che ti ama.» aggiunge e un sorriso fa capolino sul mio volto, seppur le lacrime non vogliano fermarsi.

«Soldi in cambio di amore.» ridacchio, avvertendo quanto io sia patetica e misera in confronto di Alanis. È ovvio che Ace non mi avrebbe mai scelta. Chi mai lo farebbe?
«Ho proprio toccato il fondo.»

«Non direi. A volte per guarire un cuore spezzato un servizio come il nostro è essenziale.» risponde orgoglioso. O magari sta cercando sul serio di aiutarmi.
«Ogni desiderio delle nostre clienti è un ordine.»

«Allora, principe.» lo chiamo, alzando una mano per sfiorargli la guancia.
«Posso farti una richiesta? Sarà il nostro segreto.»

«Emily?» balbetta.
«Che stai fa-»

«Non dovresti essere abituato al contatto fisico?» lo interrompo, sentendo il calore del suo viso irradiarsi sulle mie dita, colpendomi dritta al cuore.

«Peccato che una certa persona non mi abbia mai toccato così.» ribatte infastidito.

Effettivamente sono l'unica fra le sue clienti a non sfiorarlo nemmeno per sbaglio, durante i nostri colloqui. I suoi colleghi lo prendono sempre in giro per questo, è normale che la cosa non gli vada giù.

«Sei così carino quando ti irriti.» ammetto.

«Ehi!» mi rimprovera.
«Al posto di prendermi in giro, fammi la tua rich-» lo interrompo per la seconda volta, alzandomi sulle punte per poter sfiorare le sue labbra con le mie.

Rimaniamo attaccati solo per un istante, ma ciò è abbastanza per me. Volevo staccarmi da Frederick solo per un secondo. Un solo momento di libertà.

«Era la tua richiesta?» mi chiede stranito.
«Perché se stai cercando di vendicarti di tuo marito, ho un'idea migliore.» sogghigna.

«No, grazie. Sono felice così.» rispondo e lui sbuffa, alzando gli occhi al cielo. Starà pensando che sono una sempliciotta, come al solito. La cosa però stranamente non mi infastidisce.
«Sei un vero amico.» mormoro, beandomi ancora del suo calore, circondandogli la vita con le braccia.

«Allora ho una richiesta da amico.» mi dice e io alzo lo sguardo, per poterlo guardare negli occhi.
«Puoi chiamarmi con il mio nome?» mi domanda.

«Il tuo nome?» ripeto confusa.

«Mi chiami sempre principe.» borbotta.
«Non mi dispiace, però visto che siamo ami-»

«Leonard.» sussurro e lui si ferma immediatamente, strabuzzando gli occhi.
«Anzi, Leo?» riprovo, sentendo che c'era qualcosa che non andava prima. Percepisco il suo cuore aumentare la sua corsa, sotto le mie dita, e la sua espressione cambia nuovamente.
«Sei arrossito ancora.» lo prendo in giro.

«Di chi è la colpa, bad girl?» ribatte, distogliendo lo sguardo.

«È ovvio che sia cattiva.» sorrido.
«L'antagonista lo è sempre, no?»

«Allora non piangere. Dovresti fare una risata malvagia o qualcosa di simile.» sbuffa, levandomi con la manica della felpa le lacrime, che ancora mi scorrono a fiumi sul volto.
Anche se non mi guarda negli occhi. È in imbarazzo?

«Hai ragione. Credo.»

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