39 - L'unica cosa che mi lascia il vento.
C'è la luna piena, l'aria è fresca e sono in compagnia del mio ragazzo, su un romantico balcone, posto sopra un giardino di rose rosse e profumate. È uno scenario Disney in pratica.
Cosa c'è che non va? Beh, il mio fidanzato. E il fatto che apra bocca quando non serve.
«Non prenderla male, ma sembri una mummia disturbata dal suo sonno eterno.» dice Ace, dopo avermi squadrata, con quel suo sorrisetto irritante e il tono di chi ha già capito tutto.
Quando fa così è davvero fastidioso.
Gli lancio un'occhiataccia e spero che capisca che non ho la minima intenzione di litigare con lui. Speranza vana. Ovviamente il caro Finto Harry non recepisce il messaggio.
«Ana?» insiste e, senza volerlo, mi lascio sfuggire un lamento.
«Grazie per avermi dato della morta vivente.» rispondo e lo vedo alzare gli occhi al cielo.
«Non sai stare agli scherzi.» sbuffa.
Faccio spallucce, appoggiandomi al marmo bianco della ringhiera, per osservare il giardino. Vedo la fontana che ho sorpassato per venire a questa stupida festa, i diciannove scalini che mi sono lasciata alle spalle e perfino delle piccole colonne in stile dorico, un tempo abitate dai vasi che ha rotto Matt. Mi stupisce che siano ancora dritte e non per terra o addirittura spezzate. Drama Queen sarebbe capace di fare qualsiasi danno, questo è sicuro.
«Lo so.» borbotto, mandando giù il mio champagne come se fosse acqua.
«Vuoi ubriacarti?» mi prende in giro.
«Forse. Ne avrei bisogno.» confesso, azzardando un'occhiata nella sua direzione.
Ace indietreggia, come se l'avessi appena colpito, e ha un'espressione talmente buffa che mi lascio sfuggire un risolino. Uno piccolo però, perché non sono molto in vena di ridere.
«Davvero? Nessun "fottiti Ace" o qualcosa di simile?» mi domanda sconvolto, portandosi una mano al cuore.
«Neanche un "Finto Harry sei proprio tarocco"?»
«Ci tieni così tanto a farti insultare? E poi perché sei così teatrale?» chiedo, voltandomi verso di lui.
«Perché voglio farti sorridere e so che così ci riesco.» ammette, portando le mani ai lati del mio corpo, sulla superfice liscia e fredda del balcone.
«Fammi indovinare... Emily?»
Sussulto, mentre il battito del mio cuore accellera. Anche il mio fiato viene meno, quando Ace si avvicina ulteriormente per scoccarmi un bacio a stampo. Il mio respiro subito diventa più pesante, manco stessi correndo una maratona - Mannaggia! Perché il mio corpo deve tradirmi nei momenti peggiori?
Appoggio il bicchiere sul marmo, accanto a quello di Ace, prima che me lo lasci sfuggire di mano. Purtroppo Finto Harry, per quanto tarocco, ha un certo potere su di me. Insomma, mi distrae e non voglio rompere nulla, mentre sono troppo presa da lui. Perché è sicuro che tra poco non vedrò altro che Ace. Sa conquistarsi la mia completa attenzione con poco.
L'unica cosa che mi consola è che anche io gli faccio un certo effetto.
«Quindi? Ti ha detto qualcosa?»
«L'hai capito perché assomiglio a una mummia?» ribatto, appoggiando le mani sul suo petto, per poi farle scivolare sui bordi della sua giacca, fino a dietro il collo.
«Sei una mummia carina, però.» scherza, sfiorando la sua fronte con la mia, come per cercare conforto.
«Scommetto che ha tirato in mezzo Matt e Camille.» aggiunge e - porca paletta! - ci ha preso in pieno.
«Sei un veggente?» domando, alzando un sopracciglio.
Il suo corpo vibra sotto le mie mani, seguendo il suono della sua risata, poi scuote la testa.
«Ti conosco. Diventi una iena se ti toccano quei due.» ridacchia e sento il petto scaldarsi.
Da quando mi capisce così tanto?
«Geloso?» lo provoco, anche se sono sicura di essere arrossita.
Anzi, probabilmente adesso potrei fare concorrenza a Mr Krab.
Mi acciglio.
Forse dovrei smetterla di guardare Spongebob: mi fa sempre fare dei strani paragoni.
«Mi hai scoperto.» confessa, senza abbandonare il sorriso.
«Stai pensando a Wattpad?» mi chiede poi.
«Sembri distratta.»
«No, non Wattpad. Spongebob.»
Ace scoppia subito in una fragorosa risata, talmente grande che quella di prima non è niente. Le sue braccia mi concordano e mi abbraccia, tenendomi stretta a sé.
«Ah, Ana! Come facevo prima senza di te?» mi domanda.
Dannazione... È bravo a farmi tornare il buonumore, glielo concedo.
Questo è quello che penso, ricambiando il suo caldo abbraccio. E finalmente sorrido.
Pochi minuti dopo, io e Ace siamo tornati dagli ospiti e abbiamo ripreso a mangiare. Dopo la piacevole chiacchierata con Emily, nessuno è più venuto a disturbarmi, per mia fortuna.
Forse, parlandomi in quel modo, Emily ha attirato l'attenzione del karma. Si sa dopo una cosa brutta, ne viene una bella. Quindi se suppongo che il suo intervento fosse una catastrofe, adesso non dovrebbe più dirmi nulla per bilanciare le cose.
Anche così, l'atmosfera non è delle migliori. Gli unici felici e contenti sembrano essere Matt e Rick, che si scambiano effusioni e assaggi dall'altra parte del tavolo, di fronte a me. Vorrei urlargli di prendersi una stanza, visto che in questa casa ce ne sono a volontà, ma Cam sta fangirlando e mi lincerebbe, visto come ha attaccato Wilbur prima. Anche se sta solo fingendo di essere spensierata e tranquilla. Ormai la conosco bene e so per certo che è giù di morale.
Camille e Wilbur sono arrivati da poco, ma non mi pare stiano bene. Si sono seduti lontano l'uno dall'altra e non si guardano nemmeno. È piuttosto strano, visto che Finto Salvatore non si sarebbe mai fatto sfuggire un'occasione simile per stuzzicare la sua amata padrona.
Non voglio intromettermi, ma devo ammettere di essere curiosa. E preoccupata. Tuttavia al momento sono impotente, ho le mani legate.
Cam non mi ha permesso di impicciarmi. Quando ho provato a chiederle cosa fosse successo, si è limitata a dirmi «Nulla, davvero» sedendosi al mio fianco. Non sta neanche mangiando chissà quanto.
«Ora, signore e signori, vorrei la vostra attenzione!» esclama Frederick all'improvviso, alzandosi.
Stiamo scherzando? Ha richiamato gli sguardi dei presenti tintinnando con una posata sul bicchiere. Quanto è cliché? Mi sembra quasi di stare in un libro.
Non l'avevo mai visto fare prima d'ora. Onestamente ero convinta che gli unici a farlo, fossero i protagonisti dei film di Hollywood, durante le scene dei matrimoni. Evidentemente mi sbagliavo.
«Mio figlio ha finalmente scelto una sposa!» continua intanto Frederick e mi sento rabbrividire.
Tempo fa, Ace mi ha detto che uno dei motivi che l'hanno spinto a prendere questa scelta, riguardava la sua eredità. O meglio, suo padre e suo nonno.
«Certo, sono un pochino preoccupato, visto che non ha un'istruzione adeguata alla nostra.» commenta poi Frederick, scatenando le risate dei suoi amici.
Ehi! Questo è un insulto bello e buono! Oltre a essere gratuito e insensato. Sbuffo, avvertendo addosso lo sguardo dei presenti. Soprattutto quello di Emily, che mi brucia la pelle. Mi giro nella sua direzione, certa di trovarla divertita e rilassata. Ma mi stupisce: non ride. Nemmeno sorride. Mi sta solo fissando. Che strano... È inquietante.
Nonno Max si alza immediatamente in piedi, facendo sbattere la sedia a terra, prima che possano farlo Ace, Camille e Matt, già pronti a mostrare gli artigli. Io mi limito a modermi una guancia, lanciando loro un'occhiata per fargli capire che non mi fa né caldo né freddo. Perché in fondo è la verità: non mi interessa. Perché dovrei preoccuparmi dell'opinione del padre di Ace? Non è di lui che mi sono innamorata.
«Mio nipote mi ha promesso di trovare una brava ragazza di cui innamorarsi e ha mantenuto la parola.» dice il vecchietto, accennando a me.
«Peccato che non possa dire lo stesso di mio figlio.»
Ahia, questa fa male. L'aria si è fatta più tesa, nonostante regnasse l'armonia fino a poco fa. A volte mi sorprendo di quanto sia facile cambiare una situazione, rendendola un disastro.
Mi sento come in uno di quei reality show dove tutti tradiscono tutti pur di mettere le mani sul montepremi: in pratica sono in una gabbia di matti che pensa solo ai propri interessi. Frederick per primo e sono quasi certa che Max sia intervenuto più per dare una lezione a suo figlio, che per difendere suo nipote. Anche perché Ace sa farlo benissimo da solo.
«Credo che mi abbiate frainteso: io non mi sposerò.» annuncia improvvisamente il mio bad boy tarocco, alzandosi a sua volta, interrompendo il gioco di sguardi che si era creato fra i due litiganti.
Aveva preso posto vicino a suo padre, ma temo che si sia pentito della sua scelta. Sono sicura che si stia trattenendo dal dargli un pugno in faccia. Il suo sguardo parla chiaro, anche se sta sorridendo per non sembrare arrabbiato. Dovrei dirgli che sta fallendo o lo lascio continuare?
Subito avverto i mormorii scioccati dei presenti.
Chi non ci sta capendo più niente resta in silenzio o borbotta cose incomprensibili, mentre il gruppo degli amici di Frederick - quelli che prima hanno riso - si scambiano espressioni preoccupate e ipotesi funeste. Credo. A giudicare dai loro sguardi pare quasi che stia per finire il mondo, come dichiarato dai Maya, ma mica li sento. Sono troppo lontani. E poi la mia attenzione è rivolta ad Ace ed Emily, seduta poco distante da lui.
«Mi sono innamorato di Alanis, ma sono troppo immaturo per sposarmi.» confessa il mio ragazzo, lanciandomi un sorriso e un occhiolino - Insomma! Non è il momento per certe cose!
Frederick pare sull'orlo di un infarto e io sono in imbarazzo, visto che adesso mi fissano tutti. Emily, per prima, non fa che osservarci. Prima me, poi Ace, poi di nuovo me e ricomincia. Mi chiedo cosa le passi per la mente.
«So che non è quello che avevi programmato per me, padre.» aggiunge Ace con voce velenosa, guardandolo storto.
«Ma mi sono reso conto di essere troppo superficiale. Devo diventare degno di lei.»
Sento la gola improvvisamente secca, mentre le mie guance assumono un colorito sempre più rosso. Il mio cuore aumenta i battiti e percepisco la mano di Camille sulla mia, che mi conforta. Scommetto che anche Matt sta cercando di darmi forza, ma non posso girarmi e accertarmene, perché in questo momento non ho occhi che per Ace.
Punta a uccidermi dicendo certe cose? Anche se ne sono felice...
«Sei già degno di me.» mormoro, alzandomi per raggiungerlo, ma un movimento alla sua sinistra cattura la mia attenzione.
Emily se ne è andata. Lancio un'occhiata alla porta, dove è appena fuggita la donna, e poi riporto la mia attenzione ad Ace. Una parte di me mi sta dicendo di andare da lei. Stava piangendo. Ha sicuramente il cuore spezzato e so come ci si sente.
Quando Ace non si è presentato, quel giorno di molti anni fa, ho avvertito un forte dolore al petto. Un dolore che non augurerei al mio peggior nemico. Nemmeno a Emily.
«Sei troppo buona, Ana.» si lamenta Ace, dando voce ai suoi pensieri, fregandosene degli altri presenti, che intanto cercano invano di capire cosa stia accadendo.
«Ma mi piaci anche perché sei così. Vai, ti aspetto qui.»
Annuisco, precipitandomi verso la porta. Non aggiungo altro.
Una volta fuori, non ho nemmeno bisogno di cercarla a lungo per trovarla. In fondo alla scalinata, Emily se ne sta con la testa china, al freddo. E completamente sola. Singhiozza, nascondendo il suo volto con i capelli sciolti. Le sue spalle tremano nel gelo.
«Non pensavo che sarebbe finita così, Alanis White.» mi dice dopo un momento, voltandosi verso di me, con un triste sorriso in volto.
Forse sono rimasta un secondo di troppo a fissarla. Mentre medito se tornare indietro o meno, mi accorgo delle sue guance rigate e, con il cuore pesante, mi avvicino a lei.
«Come sapevi che ero io?» le chiedo, raggiungendola.
«Non sarebbe venuto nessun altro. Mi odiano tutti.» confessa a malincuore, facendo una risata stridula, che la fa sembrare ancora più piccola. E fragile.
«L'unico che mi considera è Caleb e lui è figlio di Frederick.» sospira.
«Ma non mio. Fred mi ha tradita.» aggiunge, volgendo lo sguardo al cielo.
«Caleb?» domando, sedendomi di fianco a lei, sullo scalino.
Emily annuisce.
«Alla nonnina non piace il baccano e Cal ha appena un anno, quindi sono rimasti insieme.»
«Nonnina?» chiedo ancora, avara di informazioni.
«La nonna di Ace?» presumo e lei mi fa segno di sì.
«Lei è indifferente alla maggior parte delle persone, ma adora i suoi nipoti.» confessa, socchiudendo gli occhi.
«Almeno non mi ha mai giudicata.» ridacchia, riportando il suo sguardo su di me.
«Perché fai quella faccia preoccupata? Io non ti mangio mica, sai?» ride, ma senza allegria, e per la prima volta la vedo per quella che è: una donna sola e distrutta, incredibilmente bella e debole.
«O forse sei in pena per me? Maledizione... Ho proprio perso, eh?» continua, senza farmi rispondere.
«Odio essere compatita così.»
«Sembri diversa.» le dico.
«Ace non è qui. Comportarmi da pazza è l'unico modo per attirare la sua attenzione, da quando Pep-» si interrompe, mordendosi il labbro inferiore e improvvisamente nei suoi occhi c'è solo tristezza.
«L'amore rende stupidi. Pur di avere almeno Ace con me, sono diventata una persona orribile.» sospira.
«Peccato, ho perso contro di te. Game over.»
Si alza, spolverandosi il bel vestito con le dita lunghe e affusolate. Non l'avevo mai vista così. Adesso che si comporta normalmente, pare una persona ragionevole. Questo mi spaventa, ma non ho il tempo di pensarci.
Nei suoi occhi leggo un'altra cosa, qualcosa che prima non avevo minimamente notato: la solitudine. Deglutisco.
Emily sta soffrendo. Sta soffrendo più di chiunque altro. È evidente. Come si è sentita dopo aver perso sua figlia? Come si sente adesso che ha definitivamente perso Ace?
«Aspetta!» esclamo, vedendola andar via.
Si ferma.
«Credi che possa rimanere ancora, dopo aver visto il modo in cui ti guarda il mio-» si schiarisce la gola.
«Il tuo Ace?» domanda, lanciandomi un'altra occhiata.
«Ho perso la mia bambina, non volevo perdere nient'altro.» mormora.
«Dammi pure della pazza, della psicopatica, non mi interessa. L'unico modo per avere Ace era attirare la sua attenzione e l'unico modo per farlo-» si interrompe, portandosi una mano alla testa, come se avesse avvertito una fitta proprio lì.
«Ma poi sei arrivata tu. Il suo dolore è svanito e il mio non ha fatto che aumentare.»
«Anche Ace sta male!» urlo, incapace di trattenermi.
Lei sorride ancora. Mi mostra tutta la sua fragilità.
«La sofferenza più grande è smettere di provare dolore di fronte alla tomba. Smettere di emozionarsi. Smettere di piangere.» confessa.
«Non lo facevo da un po'.» si porta una mano alla guancia e trascina via una lacrima sfuggita al suo controllo.
«Grazie.»
«Perché mi ringrazi?» chiedo, sentendo la gola secca.
«Chissà.»
Muove le braccia e giunge le mani dietro al collo, slacciandosi la catenina dorata che portava con sé. La lascia ricadere ai suoi piedi, guardandola con tristezza.
«Forse ciò di cui avevo bisogno era proprio piangere.»
«Quella-»
«Un regalo di Frederick. In fondo non dovrei nemmeno lamentarmi del fatto che mi abbia tradita. Non merito alcun amore.» si interrompe, mordendosi nuovamente il labbro con forza.
«Io... Ho ucciso la mia bambina...» sussurra con voce strozzata, abbassando il capo per non farmi vedere che ha ripreso a piangere.
Muovo un passo nella sua direzione, senza sapere bene cosa sto facendo, ma lei mi blocca alzando una mano a palmo aperto, per fermarmi. Si pulisce ancora una volta il volto, scacciandosi le lacrime con l'altra mano.
«È più facile parlare con te quando fai la pazza, sai?» le dico.
«Immagino.» si sforza di ridere e mi rendo conto per la prima volta di quanto si sia trattenuta. Per tutto questo tempo non ha fatto che sorridere e disprezzarmi apertamente, senza mostrare mai le sue vere emozioni. Tutto questo dolore... Fa male.
«Ma non ho più bisogno di comportarmi in quel modo. Ace non mi guarderà mai più.» continua.
«Sono certa che lo aiuterai tu con le sue cicatrici. Qui non servo io. Non sono mai servita.»
«E tu?» le domando.
«Tu come farai con le tue cicatrici?»
«Cicatrici? Quali cicatrici?» ribatte.
«Io vedo solo ferite aperte.»
Rimango in silenzio. Avverto un'enorme tristezza in lei. Un vuoto che non si può colmare.
Si volta. Riprende a camminare.
«Dove andrai?»
«Lontano.» questa è la sua risposta.
Non mi guarda nemmeno.
E quella parola, apparentemente così semplice, ma allo stesso tempo complicata, è l'unica cosa che mi lascia il vento.
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