37 - Amaro.
Spero che Alanis se la stia cavando di là.
Non che abbia intenzione di raggiungerla: sono abituata a questo tipo di party, grazie ai miei genitori, e so per certo che sono una noia mortale. Pieni di gente che si pugnala le spalle a vicenda.
Ricordo che da bambina scappavo e me ne stavo chiusa in camera mia a leggere, in queste occasioni.
Non che importi. Quella è un'altra storia e non ho alcuna intenzione di pensare al passato.
Non in questo momento almeno.
L'unica ragione che mi ha portato a questa festa è che non volevo deludere Alanis, quando mi ha invitata. Dovevate vederla, con gli occhi che le brillavano di speranza e il sorriso timido.
Avete la vaga idea di quanto sia raro vederle un'espressione simile in volto?
“Mi serve una via di fuga.” mi ha detto.
“Qualcuno da cui posso andare se la situazione dovesse precipitare.”
Ora, io non ho ben capito il motivo della sua preoccupazione. È una festa d'alta classe e - seppur sia un dito in [censurato] - non è qualcosa di cui essere spaventati a morte.
Però sono un po' in ansia per lei, quindi più tardi andrò a controllare la situazione.
Prima di precipitarmi qui con Wilbur, le ho anche ordinato di chiamarmi in caso di necessità e lei mi ha ringraziata silenziosamente con lo sguardo.
Mi è venuta un'insana voglia di maledirla: se lei non fosse stata quel tipo di persona - diffidente, che apre il cuore solo a qualcuno di davvero speciale - non mi sarei mai innamorata di lei.
Ebbene sì, lo ammetto, in quel momento il mio cuore ha sussultato. E sono fuggita prima di dirle che vorrei esserci io al posto di Ace.
Che codarda che sono...
Mi sto pure sfogando dando il meglio di me in uno stupido gioco, sebbene non mi interessi nemmeno vincere. Sono anche infantile, oltre che vigliacca.
Muovo il braccio e con un colpo secco raggiungo il mio obiettivo: goal!
«Stai decisamente barando!» mi accusa Wilbur, dall'altra parte del calcio balilla.
Ha un'espressione degna del perdente che è. Scommetto che gli brucia parecchio.
Visto? Mi sto comportando decisamente come una bambina.
«Oppure tu non sai perdere.» rispondo, guardandolo con cattiveria.
Sono ancora arrabbiata con lui? No. Onestamente sono caduta in una sorta di apatia mista a un pizzico di tristezza, da quando abbiamo iniziato a lavorare insieme.
Sam non mi lascia in pace sul set, quindi Wilbur è sempre con noi, ergo ormai tollero la sua presenza. Più o meno.
«Avevi detto di essere bravo!» esclama il bambino che ha fatto squadra con lui, fissandolo storto.
Io e Wilbur non eravamo gli unici a voler giocare, così ci siamo divisi in due squadre con due piccoletti che sono arrivati insieme a noi.
Dato che io e Salvatore Tarocco siamo più grandi - e sto parlando di età fisica, non mentale, perché sappiamo tutti che Wilbur in realtà ragiona come uno di due anni - i ragazzini - che si sono presentati come Caroline, nove anni, e Michael, undici anni - hanno insistito per voler fare squadra con uno di noi.
Wilbur ha dichiarato di essere imbattile - cosa evidentemente non vera - e Michael ha voluto rimanere con lui. Caroline e io però siamo più furbe di loro.
E abbiamo vinto. Sarà il girl power?
«Ma loro hanno barato, Michael! Non potevamo vincere.» ribatte Wilbur.
Chi è il bambino fra loro due?
«Io non ho barato!» si intromette Caroline, gonfiando le guance come un piccolo scoiattolino.
Che carina!
«Invece sì!»
Per l'amor del cielo! Perché si sta mettendo a discutere con dei bambini?
«La mia strategia era geniale.» annuncia.
«Quindi potete aver vinto solo barando.»
Ma che conclusione è?
E poi loro modo di giocare - la cosiddetta strategia di Wilbur - consisteva nel muovere le manopole a caso.
Io e Caroline invece abbiamo agito con criterio.
Il risultato era ovvio fin dall'inizio. Anche perché, come ho già detto, io dovevo dar sfogo al mio stress e questo mi ha reso una macchina da guerra del calcio balilla.
Ma sarebbe inutile spiegarlo a lui, vero?
«Wilbur, non dirai sul serio...» borbotto, osservandolo fare una linguaccia a Caroline, che risponde con una parolaccia.
Ma che diavolo...? Perché i bambini di oggi sono così precoci?
Sono l'unica che è scioccata?
«Senti.» mi chiama Michael, tirandomi l'orlo della gonna con un gesto timido.
«Sì?» rispondo, piegandomi sulle ginocchia per abbassarmi al suo livello.
«Avete barato sul serio?» mi domanda, con tanto di labbro tremolante e occhi da cucciolo.
OMG! Ma sono finita in uno shoujo manga? Perché è così cute?
«Certo che no. Non oserei mai.» gli dico, scostandogli delicatamente i capelli riccioluti e sudati dalla fronte.
«È Wilbur che è un mentecatto.» ammetto a malincuore, sospirando teatralmente.
«Mentecatto?» chiede, guardandomi con curiosità.
«Significa matto.» ridacchio, ma questo fa scattare qualcosa nella sua piccola testolina.
«Carol! La signorina mi ha detto che lui è pazzo!» esclama, indicando Wilbur con gli occhi carichi di terrore.
Oh mamma! Cos'ho combinato?
Ma che è successo? È avvenuto tutto così rapidamente che non riesco nemmeno a metabolizzarlo. So solo che ho fatto un gran pasticcio e l'espressione di Wilbur - un misto di sbigottimento e incredulità - la dice lunga sulla gravità della cosa.
Sembra che mi stia comunicando con lo sguardo: WTF! Tesoro, sei seria?
«Eh? Un vero pazzo, tipo quello dei manicomi dei libri di papà?» domanda lei, indietreggiando.
Ma che razza di storie gli leggono al posto delle fiabe?
«Papà dice che non devo parlarti.» dichiara, fissando Wilbur attraverso gli occhi verdi e spaventati.
«Ma io-»
«Andiamo, Carol!» la esorta Michael.
«Ok!» risponde subito la più piccola, prendendo la mano del fratello.
«Grazie per l'avvertimento, signorina.» mi ringrazia intanto Michael, passandomi affianco.
«Grazie!» gli fa eco Caroline.
E poi corrono via, andando verso un nuovo gioco.
«Era proprio necessario?» si lamenta Wilbur, guardandomi male.
«Adesso mi odiano!»
«Beh, se hanno creduto a me e non a te ci sarà un motivo.» cerco di buttarla sul ridere, ma sembra davvero scoraggiato.
«In realtà non ho ben capito come sia successo.» confesso.
«È successo perché mi hai dato del matto.» mi dice, fulminandomi con lo sguardo.
«Sei cattiva, Cam.»
«Uno, io non sono cattiva. Due, non chiamarmi Cam.» rispondo, puntandogli il petto con il dito, guardandolo dritto negli occhi con tutto il risentimento di cui dispongo.
Che a dire il vero non è poi molto, visto che sono più triste che altro. Riesco a comportarmi più o meno normalmente con lui, ma sento sempre questa strana sensazione di disagio quando mi chiama in quel modo.
«Ok ok.» mi dà tregua, toccandomi delicatamente la mano.
Io mi ritraggo immediatamente - non voglio essere nemmeno sfiorata da lui! - e Salvatore-due-la-vendetta assume un'espressione colma di rimpianto e cose non dette.
«Sapevo che l'avresti fatto.» ammette a malincuore.
«Devo parlarti di quello che è successo.»
Mi suona un campanellino d'allarme in testa a quelle parole. Di fronte a quello sguardo determinato, mi si secca la gola.
«Io non voglio parlarne.» mi impunto.
«Camille, per favore! Poi ti lascerò in pace, lo prometto.» insiste.
«Devi almeno capire il motivo per cui l'ho fatto. Non ci dormo la notte.»
Sapere che non ha dormito a causa mia, mi ubriaca all'istante di un bizzarro - e fuori luogo - senso di soddisfazione. Come se avessi appena vinto la nostra estenuante partita ad acchiapparella.
Che idiota.
Soffoco immediatamente - per quanto mi è possibile - questa stupida emozione irrazionale.
Apro la bocca per mandarlo a quel paese, però le parole mi restano incastrate sulla punta della lingua.
Ormai riesco ad avere una conversazione più o meno civile con lui e scommetto che mi tormenterà fin quando non vorrò ascoltarlo. E io intendo levarmelo dai piedi il prima possibile. Non mi costa nulla ascoltare le scuse di Wilbur, non devo perdonarlo o ritornare a essere sua amica.
Posso ascoltarlo e vederlo uscire dalla mia vita. Ho le palle di farlo e ho bisogno della sua allontananza.
Prima che ricominci a provare una seconda volta quella bruciante attrazione nei suoi confronti. Prima di perdere completamente la ragione e gettarmi fra le sue braccia.
Dobbiamo tornare a essere due sconosciuti.
«Ok.»
Wilbur sembra sorpreso della mia risposta - mi guarda come se mi stesse andando a fuoco la testa - ma non fa alcuna battuta al riguardo.
«Andiamo da un'altra parte, però.» dice.
«Ci sono troppi sguardi.»
Non può rimanere serio per due minuti di fila? Mica deve rivelarmi un segreto di stato!
«Sono solo bambini.» mi oppongo, alzando gli occhi al cielo.
«Sono bambini ricchi.» mi corregge.
«Che corrispondono a occhi e orecchie dei genitori.»
«Ma-»
«Non farò nulla.» mi interrompe.
«Te lo giuro.»
Sospiro. Meglio assecondarlo.
Dopotutto non mi interessa dove parliamo, l'importante è chiudere questa storia il prima possibile.
«È ovvio che non farai nulla.» gli dico.
«Se provi a toccarmi prima ti castro, poi chiamo Matt per finire il lavoro insieme.» sorrido e lo vedo rabbrividire.
«Mi vuoi morto?» domanda, ma la sua espressione è serissima.
E menomale che è bello grosso!
Matt incute così tanta paura?
«Può darsi.»
In realtà vorrei solo sapere perché mi rendi la vita così incasinata.
Io e Wilbur ci sediamo nei pressi di un biliardo, che nessun bambino guarda anche solo per sbaglio.
C'è una sorta di panchina scura simile a un divanetto - dove credo si sieda chi non gioca per ammirare la partita o per aspettare il proprio turno - ed è qui che prendiamo posto.
Wilbur sbuffa, si prende il suo tempo, torturandosi le mani.
Mi chiedo quale sia il suo problema: pare nervosissimo. Eppure sono io la vittima fra i due.
Sto per alzarmi e dirgli che, se non ha nulla da dirmi, allora non ha senso che rimaniamo qui, quando si decide finalmente a parlare.
«A Sam è stato diagnosticato un tumore al seno.» sussurra e io mi blocco.
Il mio cervello pare resettarsi, mentre quell'informazione - quella certezza - mi si ficca nel cervello, come un tetro promemoria.
«Cosa?» è l'unica cosa che mi sento di dire, mentre Wilbur, con lo sguardo basso e gli occhi assenti - distanti - continua.
«Sam è sempre allegra, corre da tutte le parti ed è una vera bomba di entusiasmo.» ridacchia, ma la sua voce gracchia. Pare che stia per piangere.
«Ma sai, non è sempre stata così.»
Tira su con il naso, cercando inutilmente di darsi un contegno. Io resto immobile, impietrita. Non capisco. Non riesco a capire cosa sta dicendo. Il tutto mi arriva ovattato alle orecchie e lo percepisco come un trauma. Non conosco Sam da molto, ma sta sempre con me al lavoro. Non ho mai pensato che potesse essere malata.
Non me ne sono mai accorta.
«C'è stato un periodo in cui nemmeno usciva dalla sua stanza.» mormora Wilbur e io mi avvicino a lui.
Vederlo così tremolante mi fa rabbrividire.
«Non voleva neanche mangiare. Diceva che non valeva la pena vivere.»
Io pendo dalle sue labbra, mentre il suo viso si distorce in una maschera di dolore e pentimento. È un cambiamento così repentino che mi si mozza il respiro.
Perché non me ne sono mai resa conto? Io sono stata più vicina a Wilbur di chiunque altro, allora perché non l'ho mai visto crollare così prima di adesso?
«È stato orribile... Spiazzante.»
La mia bocca non collabora. Non faccio che boccheggiare, indecisa se dire qualcosa o farlo continuare da solo. Titubante, gli poso una mano sulla schiena e inizio a toccarlo, pensando che il calore umano possa dargli conforto.
Non sono abbastanza coraggiosa per aprir bocca.
«Le cure costano parecchio e siamo quasi andati in bancarotta.» ammette poi, i suoi occhi si fanno ancora più vacui.
«E abbiamo scoperto che la predisposizione a sviluppare un tumore al seno può essere trasmessa da una generazione all'altra.»
Una strana sensazione si fa largo in me. Wilbur pare così fragile che sembra che possa sparire da un momento all'altro.
Il mio cuore sussulta, quando inizia a piangere.
«Così mamma ha confessato di aver tradito mio padre con un altro. Sam è la mia sorellastra.» sussurra.
È un pianto silenzioso, il suo. Stanco e tormentato. Leggero come quando pioviggina.
«E poi... Poi mia madre ci ha semplicemente lasciati. La mia famiglia è andata in fumo.»
Le sue spalle sono scosse da un singhiozzo, ma si vede che Wilbur si sta ancora trattenendo, per non crollare in mille pezzi.
«A quel punto, Milly si è offerta di aiutarmi. Siamo amici da una vita, ma lei prova da sempre qualcosa per me.»
Non so chi sia questa Milly, ma non mi piace la piega che sta prendendo la conversazione.
«E mi ha offerto una via di fuga.» mormora a malincuore.
«Ha pagato per Sam, in cambio dovevo solo essere il suo ragazzo.» si porta le mani alla testa e affonda le dita fra i capelli.
Per un attimo penso che voglia strapparseli e mi allarmo, ma li tira indietro e alza lo sguardo gonfio e arrossato, posandolo sul soffitto, per non guardarmi in faccia.
«Sam vuole fare l'attrice, per questo sono entrato con lei in questo mondo.» sussurra.
«Ed ero - sono - così spaventato che possa accaderle qualcosa, che ho pensato di facilitarle le cose.» finalmente osa guardarmi, ma ora sono io a piangere.
«Sapevo chi eri. Sapevo che ti avrei trovato in quel negozio.» confessa.
«Sono uno stronzo, eh?»
No, lo sono io. Non sapevo che fosse successo tutto questo, però adesso mi sento in colpa. E non posso far a meno di tremare, piangere e chiedermi come abbia fatto lui a sopportare questa sensazione per giorni interi.
«Volevo solo realizzare il suo sogno. So che mi sono comportato male con te, ma mia sorella è... Beh, mia sorella.» continua lui.
«Le voglio bene.»
«Quindi è la famiglia della tua fidanzata che le sta pagando i controlli?»
Che domanda idiota. Sembra quasi che voglia rigirare il coltello nella piaga. Solo che non so che dire, non mi aspettavo una cosa del genere. E mi fa male il cuore.
«Già.» mormora, sorridendo tristemente.
«Mi dispiace, Cam. Ero nervoso e ti ho urlato contro come un idiota.» sussurra.
«Milly ha detto che non avrebbe più speso un solo penny per Sam, se fossi rimasto con te e...» deglutisce.
«So che non è una giustificazione, credimi. Non so nemmeno perché te lo sto dicendo.» dice, abbassando lo sguardo.
«Sono io quello patetico, non tu.»
«Wil...»
«Io sono venuto per dirti addio. Lavoreremo insieme, ma non possiamo essere che sconosciuti fuori dal set.» alza la testa, solo per guardarmi con tristezza, rassegnazione e rimpianto.
«So di non essere ricambiato, ma volevo dirti almeno una volta che ti amo.»
Non posso rispondere alle sue parole. Io sono innamorata di Alanis, anche se avevo iniziato a provare qualcosa per lui.
Non riesco a mentirgli.
«Questo è tutto. Per favore, sii amica di Sam. So che è fastidiosa a volte, ma è la mia sorellina...»
Mi sporgo verso di lui e afferro le sue guance con entrambe le mani. Mi faccio più vicina, facendo scontrare dolcemente le nostre fronti. Inspiro e spero che - con questo gesto - riesca ad allontanare almeno una parte del gelo che sente. Anche se per un solo istante, voglio aiutarlo.
«Camille?»
«Qui Milly non può vederci, giusto?» domando e lui annuisce.
«Questo è un tasto reset.» sussurro, guardandolo dritto negli occhi.
Sfioro delicatemente le sue labbra con le mie e lui succhiude gli occhi, desideroso di un contatto più profondo. Ma non lo posso permettere, perché sarebbe come mentire.
Mi allontano e lui inclina la testa, la sua espressione è un mix di stupore e attesa.
«Reset.» ripeto tristemente, gli occhi ancora gonfi di lacrime, sfiorandomi le labbra con l'indice. Mi alzo e lui fa lo stesso, assecondandomi.
Gli porgo la mano e sorrido. Anche se in realtà quello che provo è una landa desolata di dolore.
«Piacere, Camille Johnson, una perfetta sconosciuta.»
«Wilbur Salvatore.» si presenta, stringendomi la mano, dopo un attimo di esitazione.
Sa che una volta che le riprese saranno concluse non ci vedremo più. È consapevole che il nostro sia un addio, l'ha detto lui stesso.
Perché un amore così sbagliato, così caotico e malsano come il nostro, non può competere con una vita salvata.
«E sei un vampiro?»
«Può darsi.» sorride, pulendosi via le lacrime con una manica della giacca.
«Addio, Cam.»
Ah, il mondo è un posto amaro, non è così?
«Addio, Wil.»
Così il mio amore per lui si è concluso prima di cominciare. Come un seme che sta per germogliare strappato dalla calda terra, per finire nel gelo del mare.
Angolo Autrice:
Eeeeeee così si conclude la storia di Camille, Wilbur e Sam (almeno in questo libro).
Prometto che il prossimo capitolo sarà più allegro. Ci saranno Matt e Rick soli soletti in un cinema, sapete già cosa voglio dire *
Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Vi ringrazio per il sostegno che mi date ogni giorno, vi amo!❤️
-LoveHateBlood
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