Capitolo 33

Jack

La guardo sporca di cioccolata e la amo, semplicemente la amo con tutto me stesso.

Sento dentro di me crescere sempre più il mio sentimento per lei, ho rischiato più volte di dirle cosa provo, ma non è il momento voglio che passi questa settimana almeno.

Mi godo il suo sorriso ancora un po'.

"Senti Jessie, purtroppo, ora devo necessariamente andare in ufficio, non perderò molto tempo penso di riuscire a liberarmi per pranzo."

Non mi riconosco, parlo timidamente. Io Jack Miller lo squalo, così mi chiamano sul lavoro, quasi balbetto davanti a questa donna,

"Ti andrebbe di aspettarmi qua a casa mia?" Le chiedo emozionato, vorrei tanto trovarla a casa uscito dall'ufficio.

La vedo osservarmi attentamente, mi sento scavare dentro da quegli incredibili occhi verdi.
Questa attesa mi rende ancora più nervoso, mi agito sulla sedia, perché ci mette così tanto? mi chiedo, forse ho preteso troppo mi dico sconsolato.

La vedo posare la tazza con il caffè, che aveva in mano, si asciuga con il tovagliolo ed infine si alza.

Che sta succedendo?

La sua espressione non lascia trapelare niente e io mi maledico per aver parlato, magari le sembra presto, ma io non voglio più starle lontano.

La immagino già uscire dalla stanza ed invece viene verso di me, mi fa spostare leggermente la sedia dal tavolo per poi sedersi sopra le mie ginocchia, mi avvolge le braccia a collo e mi posa le sue meravigliose labbra sulla bocca, e come un batter di ali.
I suoi occhi hanno catturato i miei.

"Mi farebbe molto piacere poter restare qui ad aspettarti."

Inclina la testa di lato, come in attesa ma non so di cosa, so solo che il mio cuore riprende a battere.

Un sorriso spunta sulle mie labbra, vedo i suoi occhi brillare e capisco che aspettava la mia reazione.

L'avvicino a me e la bacio ancora una volta ed è sempre più bello, ogni volta di più.

Dopo qualche minuto il mio telefono riprende a suonare, mi lamento sulle sue labbra e lei ride.

"Forza andiamo a cambiarci."

Me la tiro in spalla.

"Ma io non ho ancora finito?"

Protesta, la rimetto giù ed è meravigliosa con il broncio.

"Certo che per essere una femmina mangi tanto."

"E tu invece sei il classico uomo che parla assai" mi ribatte, l'afferro per la vita avvicinandomi ancora una volta al suo meraviglioso corpo.

"Zittiscimi tu."

Lei non se lo fa ripetere, ed eccoci ancora una volta labbra contro labbra, lingua contro lingua respiri che si fondono.

Ci stacchiamo ansimando le accarezzo una guancia.

"Sarà meglio che vada a prepararmi"
le dico roco. "Tu finisci pure di mangiare. Ah, ti lascio una mia tuta sul letto."

"Grazie."

Le do un ultimo bacio sul naso ed esco dalla cucina.

Mi dirigo in stanza e mi blocco un attimo, stavo fischiando, sono incredulo, non l'ho mai fatto credo.

Sono sempre troppo impegnato, troppo arrabbiato, per concedermi il lusso di fischiare sereno, ed ecco spiegata la sensazione di appagamento che sento dentro.

Una sensazione nuova, ci rifletto mentre inizio a vestirmi, e mi rendo conto che non è dovuta agli orgasmi no è dovuta alla sua presenza, alla sua lingua lunga, al sapere che resterà qui ad aspettarmi.

Scuoto la testa non mi riconoscerebbe nessuno dei miei amici se mi vedessero così felice per le attenzioni di un'unica donna.

Sono pronto prendo la tuta per poi posarla sul letto come avevo detto, le verrà enorme, ma mi piace un sacco l'idea che indosserà i miei vestiti.

Mi guardo un attimo allo specchio e noto che sono diverso, ho il viso più rilassato e un sorriso perenne, tutto merito della mia tigre, penso, non avrei mai immaginato che fosse così disinibita, e sapere che ho avuto solo io il privilegio di vederla così mi rende speciale.

Prima di uscire passo nuovamente dalla cucina, non resito. Prendo la scusa del pranzo.

"Vuoi che faccia venire Anna a cucinare?"

"No, se ti fidi preparo qualcosa io."

Le sorrido compiaciuto, sono davvero felice che voglia preparare per me.

"Mi sembra perfetto."

"A più tardi"

Si avvicina lentamente a me, la guardo e non resisto, vorrei mandare tutto al diavolo e invece mi contengo dandole un veloce bacio, per poi correre via, è veramente tardi.

In auto chiama Anna per avvisarla di non venire e poco dopo mi chiama Mia.

"Ciao fratellone."

"Ciao sorellina."

"Per caso sai dove si è cacciata la mia testimone?"

Cazzo, dobbiamo stare attenti. Non amo mentire a mia sorella, ma mia madre non deve sapere nulla.

"Perché dovrei? Te la sei persa?"

"Farò finta di crederti e per non mettere a disagio lei non le chiederò nulla, però sappi che il mio silenzio ha un prezzo, voglio battezzare il vostro primo figlio."

Credo di aver rischiato di ammazzare qualcuno con l'auto. E ora? Non so cosa dire, quella peste mi ha lasciato senza parole.

"Va bene, mentre ti riprendi, dille che ho detto a sua madre che starà con me tutto il giorno, trattala bene ho ti castro."

Ma con chi sono a telefono?

"Ciao." Mi dice tranquilla.

"Ciao" le rispondo con un filo di voce ancora senza parole.

Credo di aver perso dieci anni di vita e chiamo subito Jessie.

"Pronto Jessie, mi ha appena chiamato mia sorella..." le racconto brevemente quello che ci siamo detti.

"Dobbiamo stare attenti, Jack."

Mi ripete quello che ho pensato anche io, è preoccupata.

"Lo so."

"Forse sarebbe meglio se tornassi a casa." La sua voce è triste mentre mi da quella proposta e alla sola idea io sto male.

"No! Non se ne parla" le dico deciso, io la voglio a casa mia.

Cerco di tranquillizzarla.

"Mia non parlerà, ne sono sicuro."

"Sì, lo so che Mia non parlerà, ma Anna?"

Quasi scoppio a ridere

"Anna è la discrezione personificata, e ti assicuro che non parlerebbe mai con mia madre, cerca di nascondermelo ma so che non la sopporta."

Anna non riesce proprio a celare il suo disappunto nei confronti di mia madre.

"Quindi rilassati, usa pure la jacuzzi se vuoi, ma aspettami a casa mia, cercherò di fare il prima possibile e correrò da te."

"Va bene, a dopo." Sussurra più serena.

Chiudo la chiamata, ho esagerato sono certo che mia sorella non ci tradirebbe mai. Accelero per arrivare velocemente in ufficio, prima comincio, prima tornerò da lei.

Sono dovuto venire in ufficio per concludere un'acquisizione molto importante per la nuova società a New York, e per fortuna lo squalo ha vinto, come sempre del resto.

Conclusa la riunione chiamo la mia segretaria e le chiedo di spostare tutti gli impegni del pomeriggio a domani.

Non credo di aver mai fatto una cosa del genere, me lo conferma lo sguardo sconvolto della mia segretaria.

Il lavoro è sempre stato la mia valvola di sfogo e mi sono dedicato solo ad esso fino ad oggi.

Sospiro ora però ho qualcosa di molto più importante che mi aspetta a casa.

"Se non c'è altro io vado."

Dico prendendo le mie cose.

"Signore ha chiamato sua madre, mentre era in riunione."

"Grazie" le rispondo ed esco dall'ufficio.

Non ho proprio voglia di sentirla, vorrà stressarmi su qualcosa, al diavolo, oggi no.

Mi precipito a casa guidando come un pazzo, riceverò qualche multa, ma non mi importa, finalmente sono in ascensore.

Sono trepidante, il cuore mi batte all'impazzata, e devo ammettere che ho anche paura di non trovarla.

Apro subito la porta, tutto è silenzioso, ma prima che possa farmi prendere dal panico sento un delizioso profumino che mi fa venire l'acquolina in bocca.

Non se n'è andata, costato felice.

Mi tolgo la giacca e la cravatta lanciandole sul divano, mi sbottono il primo bottone della camicia e mi arrotolo le maniche mentre a passo veloce mi avvicino alla cucina.

Piano piano apro la porta e sento uno dei miei dischi preferiti suonare in sottofondo, e la vedo, ancheggia con indosso la mia tuta, mentre mescola qualcosa in una padella.

Mi perdo un attimo nell'osservarla, sento un colpo allo stomaco, questa settimana si sta dimostrando la più bella della mia vita.

Entro in cucina e lei si gira riservandomi uno splendido sorriso.

"Ben tornato a casa."

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