Capitolo 2
Jessie
Non so se essere felice al suono della sveglia, almeno la notte è finita e posso tornare alla mia vita.
Mi alzo scostando le lenzuola azzurre, del mio letto matrimoniale e passando davanti l'armadio noto il mio riflesso nello specchio, come ogni mattina, sono un disastro. Passo metà nottata a rigirarmi nel letto pensando a lui e quindi la mattina ho i capelli tutti arruffati e delle tremende occhiaie bluastre che circondano i miei occhi verdi. Cerco di sistemare i miei capelli biondi, passandoci la mano ma devo ammettere, con disappunto, che sono indomabili.
Mi arrendo alla mia figura in disordine e mi avvio verso la persiana per far entrare i primi raggi del sole.
Guardo fuori con affetto, New York è diventata la mia casa da quando, qualche anno fa, mi sono trasferita in città per frequentare l'università e non me ne sono più andata. Vivo in un bilocale con una bellissima vista sul parco, è un po' piccolino, ma l'adoro.
Esco dalla camera per raggiungere la cucina, lascio vagare lo sguardo nella stanza calda e colorata e con ancora i pensieri della notte mi avvicino al muro dove si trova la televisione. Proprio lì ho attaccato le foto più importanti per me: i miei genitori, i miei amici di New York e quelli dell'infanzia.
Mi fermo su quell'ultima immagine che mi ha fatto avvicinare, le passo il dito sopra assorta. Siamo io e Mia, la mia migliore amica fin dall'asilo. La foto risale all'estate dei nostri diciassette anni, siamo al lago, felici e innamorate della vita, pensavamo di avere il mondo ai piedi, per lei è stato così, per me si è frantumato dopo qualche mese.
Nonostante ci somigliamo molto non potremmo essere più diverse. Lei è sempre stata una ragazza decisa, pronta a prendere tutto ciò che voleva e a conquistare tutti con la sua dolcezza.
È rimasta nella nostra città di nascita ed è felice con il suo Tom.
Ci vediamo almeno due volte l'anno, oltre a sentirci quasi ogni giorno via skype. Io e Mia siamo andate subito d'accordo, nonostante la sua famiglia ricca non condividesse la sua scelta di mischiarsi con gente normale. All'inizio non capivo il loro atteggiamento, ero e sono troppo ingenua verso chi mi sta attorno e quando ho capito ho deciso che non mi importava perché per Mia non ha mai contato niente.
Mi perdo nel riflesso dei nostri capelli biondi. Amo questa foto perché siamo insieme, perché siamo felici, perché mi ricorda che tutto si distrugge e perché l'ha scattata lui.
Lui è il fratello di Mia e quel giorno era con noi, quando ha scattato quella foto ci guardava come se fossimo le cose più importanti per lui, che ovviamente è normale per sua sorella, ma per me era come avere tutto il mondo su di una mano.
Dopo pochi giorni da quella foto mi avrebbe mostrato il mondo per poi togliermelo. Una lacrima solitaria mi solca la guancia, l'asciugo con rabbia e sposto lo sguardo verso una me più matura. Sono io all'apertura della mia società ed è a questo che devo pensare, a chi sono oggi e a quello che ho fatto da quel giorno al lago.
Jessie devi essere fiera di te, per quello che sei diventata, una donna forte e indipendente.
New York mi ha adottato e ha portato nella mia vita due splendide persone che non mi fanno mai sentire fuori posto. Li ho conosciuti entrambi all'università il primo giorno di lezione e da quel momento siamo sempre stati insieme. Sanno tutto di me e io so tutto di loro, sono la mia nuova famiglia qui a New York e incredibilmente vivono nel mio stesso palazzo.
Addirittura, Sara e il suo ragazzo Bob, nello stesso pianerottolo e al piano di sotto Eric. Non potevo non notarli.
Sara ha dei meravigliosi capelli rossi che attirano l'attenzione di tutti.
Eric è un vero playboy, con il suo ciuffo biondo e i suoi occhi azzurri è irresistibile per chiunque e lo è stato anche per noi. Con il tempo ho capito quali fossero le sue qualità e da quel momento il nostro rapporto si è trasformato in qualcosa di unico, non potrei fare a meno di lui.
Porto indietro i capelli e più serena grazie al pensiero dei miei amici arrivo finalmente in cucina.
Il profumo del caffè appena fatto mi accoglie restituendo il sorriso. Acquistare una macchinetta programmabile è stata la migliore scelta della mia vita. Soprattutto per me che ritengo la colazione il pasto più importante della giornata.
Finalmente riesco a rilassarmi e inevitabilmente inizio a pensare a cosa dovrò fare oggi a lavoro. Sorseggio la bevanda a cui ho aggiunto il latte e mi rendo conto che oggi è venerdì.
Mi preparo mentalmente ai soliti messaggi che presto riceverò dai miei amici. Amano stare fuori per locali e ogni fine settimana cercano di convincermi a fare qualcosa e puntualmente io cedo per farli felici.
Però dopo la nottata che ho passato preferirei starmene a casa.
Sono dell'umore di stare a casa, mangiare schifezze e guardare film romantici. Sospiro arresa perché so già che non me lo permetterebbero.
Guardo l'ora sullo schermo del forno ed è tardi, salto su dalla sedia è meglio che mi sbrighi devo correre al lavoro.
Dopo una doccia veloce indosso una gonna a matita e una camicia bianca. Mi trucco leggermente per poi afferrare borsa e portatile pronta ad affrontare la giornata come ogni mattina.
"Buongiorno John!"
"Buongiorno signorina Logan!"
Dopo un saluto veloce al custode mi avvio verso la mia auto, una cinquecento rossa, il mio primo regalo dopo l'apertura della mia società.
Mentre guido nel traffico della città ricevo la chiamata di mia madre.
"Ciao mamma." Rispondo con il vivavoce.
"Ciao tesoro, tutto bene? Come al solito sei di corsa?" Il tono è di rimprovero.
"Sì, mamma, tutto bene, oggi ho fatto tardi." Cerco di non farci caso.
"Allora, quando vieni a trovarci? Avevi detto entro fine mese". Ora sembra piena di entusiasmo a differenza mia che invece mi sento in colpa perché nonostante ami i miei genitori non voglio tornare in quella città.
"Sì mamma, hai ragione ma al momento ho avuto molti impegni, spero di organizzarmi per il prossimo mese. Salutami papà, devo chiudere sono arrivata a lavoro." Non le do il tempo di rispondere e mi sento uno schifo.
"Ma tesoro..." Chiudo il telefono prima che continui a lamentarsi visto che ancora una volta ho spostato la data del mio ritorno a casa.
Scendo dall'auto ed entro nell'ingresso del palazzo del mio ufficio. Qui dentro dimentico tutto, mi piace proprio quello che faccio forse per questo sono così brava.
Dopo un saluto veloce ai miei colleghi entro nella mia stanza e comincio a lavorare. Per fortuna ho scelto degli ottimi collaboratori con cui mi trovo molto bene è come lavorare tra amici. La giornata corre veloce e tra lavoro, pausa pranzo e lavoro sono già lei sei.
Carol entra nel mio ufficio nel suo tailleur avorio che esalta i suoi capelli castano scuro.
"Senti Jessie io vado, anche gli altri stanno andando via, ci vediamo lunedì". Alzo la testa dai fogli che ho in mano.
"Okay, io finisco l'ultima cosa e vado".
"Che fai nel weekend?" Batto le ciglia come se non avessi capito.
"Non lo so ancora, penso di organizzarmi con Eric e Sara, tu?"
"Anche io non so ancora che fare, se uscite mi fai sapere..."
"Certo a dopo allora." È così dicendo Carol mi saluta e va via.
Lei è il mio braccio destro, abbiamo iniziato insieme questa avventura e spesso esce con me ed Eric, penso abbia una cotta per il mio amico ma non credo sia ricambiata, pazienza, l'amore è sempre complicato, sospiro.
Chiudo il mio computer e mi avvio fuori, guardo nuovamente l'ora sono le sei e trenta, strano che ancora nessuno mi abbia chiamata. Mi avvio all'ascensore è proprio in quel momento suona il mio telefono. Quell'aggeggio infernale continua a suonare, ma ovviamente non lo trovo, è sepolto nell'infinità di cose che ho in borsa.
"Accidenti!"
Borbotto e finalmente lo trovo in contemporanea al mio arrivo nel sotterraneo. E' Mia, strano che mi chiami a quest'ora.
"Pronto Mia..."
"Ciao, Jessie!", mi risponde urlando una Mia eccitatissima.
"Non crederai mai a cosa sto per dirti..." purtroppo nel sotterraneo, dove ho posteggio la mia auto, il telefono non prende bene, quindi non sento cosa mi dica.
"Pronto Mia, non ti sento bene."
"Jessie, Jessie mi senti? Mi sposo!"
"Cosa?"
"Mi sposo!" Urla, come se così potessi sentirla meglio.
"Cavolo! È fantastico, finalmente Tom si è deciso" ridacchiò contenta.
"Sì sì", mi urla ancora Mia nelle orecchie.
"Me lo ha chiesto ieri sera e ci sposiamo il mese prossimo, ovviamente tu sarai la mia testimone quindi muovi il culo e vieni veloce qua, mi devi aiutare ad organizzare tutto. Abbiamo deciso di festeggiarlo a casa dei miei genitori."
A queste parole mi blocco, la felicità viene interrotta da un brivido freddo.
"Pronto..." provo a parlare ma, purtroppo, il telefono si chiude, esco di corsa dal sotterraneo con l'auto e una volta in strada la richiamo.
"Pronto Mia, finalmente ti sento bene."
"Hai capito, Jessie? Entro due settimane dovrai essere qua per organizzare tutto."
"Ma sei matta Mia è impossibile organizzare un matrimonio in meno di un mese."
"Non mi interessa Jessie."
La immagino con gli occhi azzurri che le brillano e il broncio da bimba viziata, ma in realtà capisco la sua fretta. Mia è Tom si sono incontrati al college ed è stato un colpo di fulmine, ma Tom è riuscito a dichiararsi solo l'ultimo anno del college e quindi hanno passato tre anni, con grande frustrazione da parte sua, con qualche bacio qua e là senza che riuscissero ad andare oltre.
Lui aveva paura di affrontare una relazione, i suoi genitori si erano lasciati quando lui era molto piccolo e purtroppo li aveva visti spesso litigare, anche dopo il divorzio, utilizzavano lui per ferirsi. Dopo tre anni, quando aveva capito che, essendo finito il college, non avrebbe più avuto modo di vedere Mia si è finalmente deciso a dichiararsi. Sono passati cinque anni, da quel momento e ora è pronto a fare il passo più importante.
Sono davvero contenta per loro.
"Sono così felice per te. Siete fatti l'uno per l'altra. Vi voglio bene. Certo che verrò. Mi organizzo subito, però voglio trovare la mia torta preferita."
"Tesoro, te la farò a tre strati".
Mia è un'ottima pasticcera, nonostante sia ricca di famiglia, ha aperto una sua pasticceria che funziona alla grande, è davvero brava e ogni tanto mi manda qualche sua nuova prelibatezza.
Ci salutiamo e quando poso il telefono sul seggiolino accanto al mio, come un fulmine, vedo apparire l'immagine di lui.
Posteggio l'auto, non riesco più a guidare. La mia testa, la sento scoppiare, me la prendo fra le mani. Sono nel panico, i pensieri mi si affollano in testa, ovviamente, ci sarà suo fratello, i due sono sempre stati inseparabili.
Non ho mai parlato con Mia di quello che era accaduto, ma lei aveva capito, ugualmente, mi aveva vista diversa e non mi aveva chiesto più nulla né mi aveva più parlato di lui. Mi conosceva bene e vedeva che non riuscivo a parlarne, con il tempo tutto era tornato normale, diciamo, e non era più servito dire nulla.
Ora non avrebbe senso riprendere l'argomento e poi per dirle cosa non posso certo pretendere che lui non ci sia, i due fratelli sono molto uniti, lui farebbe qualunque cosa per Mia e anche lei per lui.
Mi sento sconvolta, poggio la testa sul volante e lascio che il panico si impossessi di me.
Tremo, sono passati dieci anni dall'ultima volta che l'ho visto dal vivo, perché su foto milioni di volte, essendo lui a capo della multinazionale della famiglia, spesso appare su varie riviste con accanto sempre una donna diversa, ma in quel caso posso sempre buttare il giornale nella spazzatura, ma dal vivo, cazzo, non so proprio come potrò difendermi.
Ancora scossa chiamo Eric.
"Ciao, cucciola."
"Ciao, Eric."
"Che succede?" Ovviamente ha già capito tutto, ho una voce da oltretomba
"Eric, aiuto, vieni a prendermi!" Singhiozzo.
"Jessie dimmi dove sei e arrivo subito." Pronuncio l'indirizzo con difficoltà e chiudo il telefono, non riesco a parlare in questo momento e quindi gli spiegherò dopo.
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