Capitole 5

Jack

Oggi è stata una giornata terribile.

Prima la visita in ufficio di mia madre, che ovviamente non poteva aspettare il week-end per tormentarmi con la storia che mi devo sposare e che è arrivato il momento di mettere la testa a posto.

No. Non poteva aspettare, perché mi doveva comunicare, per mio immenso piacere, che mi ha anche organizzato un incontro con la figlia di Ronny il nostro avvocato. A detta di mia madre è una giovane donna molto bella e dedita al volontariato una perfetta moglie in stile Miller, la faccia felice di mia madre mentre mi aggiornava sui suoi piani mi ha fatto venire il voltastomaco.

Mi rendo conto che ho permesso ai miei genitori di prendere il controllo della mia vita.

Ho concesso loro di scegliere il mio lavoro, perché mio padre non stava bene e peggiorava sempre più all'idea che io non prendessi il suo posto in azienda, e quindi per amore suo ho studiato economia e ora eccomi a capo della multinazionale di famiglia.

Non che non mi piaccia, faccio bene il mio lavoro da quando ne sono a capo e in costante crescita e presto ci allargheremo anche in altre città, ma come dico non avevo scelta.

Ovviamente questo non è bastato per farli stare tranquilli, no mia madre è in cerca costante della mia moglie perfetta, ed è qui che ho fatto loro la concessione che mi è costata più cara; e la cosa per cui mi pento ogni singolo giorno della mia schifosa vita.

Sempre per la loro serenità, ho permesso a mia madre di decidere chi dovessi amare anzi chi non dovessi amare, sospiro rassegnato, aspettando che arrivi il dolore ed eccolo che cresce, che mi stringe il cuore e che mi offusca la mente, permettendomi di respirare a malapena.

In un certo senso sono contento di sentirlo, non che sia masochista no, perché mi fa risentire quell'organo di cui ormai sconosco il funzionamento, io ormai non ho più un cuore tranne che in questi momenti in cui lo sento bene, perché esprime tutto il dolore che sento.

Le parole di mia madre mi rimbombano come se le avesse appena pronunciate, mentre risalgono a dieci anni fa, "lei non è buona per te, non è abbastanza figlio mio, non vorrai dare questo dispiacere a tuo padre, potrebbe non farcela a dover sopportare anche l'idea che vuoi sposarti una donna qualsiasi", ma lei non era una donna qualsiasi, era la donna perfetta per me.

Con lei mi sentivo completo.

Come ho potuto?

Mi siedo mi piego sulle ginocchia e mi afferro i capelli tirandolo con forza.

Perché?

Perché ho permesso che questo avvenisse?

Perché ho permesso a me stesso di perderla?

Ogni maledetta notte mi sembra di sentire ancora il suo sapore, la morbidezza delle sue labbra, il suono dei suoi gemiti, vedo il suo sorriso e invece è tutto un orribile sogno in cui mi sento felice per poi svegliarmi e rendermi conto che lei non c'è.

Ogni notte mi pento di non aver lottato per lei, per noi.

La cerco in tutte le donne che frequento, sono tante, troppe, ma va bene così mi servono solo per dimenticare, perché ormai di ghiaccio non ho solo gli occhi ma anche il cuore.

Mi alzo e mi avvicino al mobile bar per prendere un pò di whisky, allento il nodo della cravatta e getto la giacca sul divano.

Mi avvicino alla vetrata, mi piace la mia casa, anche se tra un mese dovrò lasciarla, perché mi trasferisco a New York.

Già New York.

Ho già trovato un loft che mi ha fatto sentire subito a mio agio.

La casa è molto importante per me, è l'unico posto in cui sono me stesso ed infatti non ho mai portato nessuna qui né mai lo farò.

La signora Anna è l'unica donna non di famiglia che può entrare dentro la mia casa, è la governante che ho scelto io di persona perché discreta e di cuore, e mi tratta come un figlio.

Seguendo le volontà dei miei genitori mi sento come chiuso in una prigione costruita intorno alla mia anima, la casa è l'unica mia possibilità di ricarica, oltre il mio migliore amico William.

Povero William, siamo amici fin dalla nascita, conosce bene lei, e ogni giorno mi dà del coglione per come ho permesso ai miei di comandare la mia vita.

Come dargli torto, visto la meravigliosa e infelice vita che faccio.

Non c'è giorno che non pensi a lei: a cosa faccia, dove sia.

L'unica che mi dà notizie è mia sorella Mia, è la sua migliore amica.

Quando me ne sono andato, dieci anni fa, ha capito che qualcosa è accaduta. Ha provato a farmi parlare ma non potevo, non volevo che anche lei ne soffrisse e allora dopo l'ennesima volta che non rispondevo alle sue domande mi ha chiesto un unico favore, di andare avanti nella mia scelta e di non far più soffrire la sua Jessie.

Il problema è che non era sua era mia. Cazzo. Era solo mia e il pensiero che questo non fosse più vero mi faceva e mi fa tutt'ora impazzire.

Le ho promesso di farlo e lei in cambio mi ha sempre tenuto informato su cosa lei facesse, sapeva di rendermi felice in questo modo ed è vero.

Sentir parlare di lei mi faceva partecipe della sua vita e mi rendeva e mi rende meno solo.

Sono proprio patetico.

Il grande playboy Jack Miller è felice solo quando sente parlare dell'unica donna che non può avere.

Sono fermo davanti a questa vetrata che dà sulla città, e penso di volare, mi sento invincibile qua su.

Il mio appartamento è all'ultimo piano del più alto palazzo della città, mi è sempre sembrato di avere più privacy così, quando si entra vi sono subito i divani con il maxischermo e poi sulla destra la cucina, sulla sinistra il bagno degli ospiti e stanza degli ospiti e poi la mia suite con bagno interno e sala attrezzi. I colori che ho scelto sono caldi, per sciogliere un po' il ghiaccio che ho dentro. E poi c'è la vetrata sulla città che riempie la parete del soggiorno, la vista è da mozzare il fiato. Mi mancherà, anche se devo dire che mi farà bene allontanarmi dalla mia famiglia.

Vengo distratto dai miei pensieri dal suono del telefono, lo esco dalla tasca dei pantaloni e vedo che è mia sorella, fosse stato chiunque altro non avrei risposto non sono dell'umore adatto per parlare ma Mia è la mia sorellina.

"Ciao principessa."

"Ciao fratello, sono arrabbiata con te. È tutto il giorno che ti chiamo e non rispondi..."

"Scusa principessa, ho avuto molto da fare e poi mi è venuta a trovare mamma." Sospiro frustrato al solo dirlo.

"Mi dispiace fratello, penso ti abbia parlato di Mary."

"Sì" mi verso un altro po' di wisky e sento la cravatta stringermi anche se l'avevo praticamente tolta.

Ascolto mia sorella cercare di consolarmi, mentre mi avvio in cucina in cerca di quello che Anna mi avrà sicuramente lasciato pronto da mangiare. Guardo verso il tavolo e un piatto di lasagne mi aspetta e io ringrazio quell'angelo della mia governante.

Mi siedo a mangiare.

Solo mia sorella riesce a rilassarmi cosi velocemente, fino ad un attimo fa non avrei potuto mangiare nulla.

"...quindi non lasciarti trascinare nelle sue follie."

"Grazie principessa, so di poter contare sulla tua difesa."

Il mio umore è migliorato e scoppiamo a ridere.

"Comunque, si può saper perché mi hai chiamato mille volte?"

"Semplice, perché mi sposo!"

"Cosa?"

"Mi sposo!"

"Oh diamine! Sono felice per te principessa, sapevo che Tom ce l'avrebbe fatta prima o poi, è talmente innamorato." E non è stupido, come me.

"Sì, sono così felice..." mormora mia sorella fra le lacrime, "non vedevo l'ora di iniziare la mia vita con lui."

Anche io con lei, penso, e mi do un colpo in testa.

"Comunque, devo dirti una cosa importante che ovviamente potresti anche immaginare da solo ma non voglio farti perdere tempo" sputa fuori tutto in un fiato, per poi prendere aria. Non sarà mica incinta?

"Ma di che parli?" Le domando allarmato.

"Ho chiesto a Jessie di farmi da testimone." Si ferma come a permettere a quelle parole di esplodere nella mia testa. "Tra una settimana sarà qui, per aiutarmi con il matrimonio. La cui data, non te l'ho ancora detta, è il quattordici giugno."

Credo di essermi congelato.

Non riesco più a muovermi.

Sento solo il mio cuore rimbombare e la mia testa ripetere che la rivedrò tra sette giorni, la rivedrò dopo dieci anni.

Non riesco a parlare e Mia lo capisce.

"So che sei sconvolto, se può farti contento lo era anche lei, non me lo ha detto ma io l'ho capito. Voglio dirti solo una cosa fratello, non rovinare tutto. Scava bene dentro di te, hai un'occasione non sprecarla. Capito! Ti prego non sprecarla."

"Ma cosa blateri!"

"Non so perché hai fatto quello che hai fatto, nè cosa era successo tra voi, perché non ne avete mai voluto parlare, ma io so che è stato un errore enorme permettere a qualcosa di privarti della felicità. Ti prego Jack..." insiste Mia, ed è inutile continuare a fingere.

"Ci penserò Mia... grazie."

Cerco di cambiare discorso e le chiedo qualche altro dettaglio sul matrimonio. La ascolto parlare ma la mia mente è lontana, dentro di me sento scorrere freddo e caldo contemporaneamente, la fame è sparita e ho l'immagine di lei fissa nella mia mente.

So che può sembrare stupido ed esagerato, eravamo piccoli come si può incontrare il proprio amore così presto, beh non ho una risposta per tutti, ma il nostro lo era Amore, lo sentivo in ogni bacio, abbraccio, nella mancanza di lei dopo dieci fottutissimi anni.

Chiudo la chiamata con mia sorella cercando di sembrare tranquillo, ma non appena appoggio il telefono sul tavolo, mi prendo la testa tra le mani.

Non riesco ancora a muovermi, sento il battito del mio cuore rimbombarmi nelle orecchie e ora cosa, cazzo, faccio?

In dieci anni ho fatto di tutto per non incontrarla, ho saltato feste, qualunque evento in cui sarebbe stata presente, perché sapevo che rivedendola non avrei mai potuto resistere e stare lontano dalle sue braccia, dai suoi occhi, da lei.

Ora non potrò certo non andare al matrimonio di mia sorella, sospiro forte, mi sento la gola secca.

Mi alzo e vado verso l'angolo bar per prendere dell'altro whisky. Per un attimo quando mia sorella mi ha chiamato, la sua allegria era riuscita a farmi dimenticare la brutta giornata di oggi e soprattutto l'incontro con mia madre, ma a fine chiamata mi ha scombussolato tutta la mia vita.

Scava dentro.

Io non ho bisogno di scavare il mio amore per lei è in superficie, lo sento e lo vedo ovunque.

Dopo quel bacio al lago durato tutta la notte ho cercato di passare ogni minuto delle mie vacanze con lei, solo con lei.

Ho snobbato tutti compresa mia sorella, volevo godermi quei pochi giorni che avrei custodito per sempre.

Lei era inesperta ed essere il suo primo in tutto è stato profondamente coinvolgente, all'inizio era così impacciata timida ma con il passare del tempo si rendeva conto che non scherzavo e ben presto la timidezza lasciò il posto all'intraprendenza.

Ricordo perfettamente la prima volta che fu lei a baciarmi, l'avevo portata al cinema all'aperto a vedere un film romantico, che tanto le piaceva, gli occhi le brillavano di un verde smeraldo era bellissima.

Non ricordo nulla del film, ma ricordo tutto di lei.  Come era vestita, come si portava i capelli dietro le orecchie, ricordo il suo sguardo dolce prima di avvicinarsi e baciarmi. Il bacio iniziò dolce, ma ben presto entrambi ne volevamo di più e su sua iniziativa scavalco il cambio per sedersi su di me, la gonna le si era alzata sulle gambe e le mie mani dal viso ben presto erano su di lei.

Le accarezzavo la schiena le gambe e poi mentre lei cominciava a muoversi su di me la allontanai leggermente per accarezzarle la sua intimità da sopra le mutandine, i suoi mugolii li sento ancora.
Mi baciava e si muoveva su di me, ero in paradiso, mi lasciai andare anche io, le scostai le mutandine e comincia ad accarezzarla fino ad entrare un dito dentro di lei, era ancora vergine, ma apprezzò molto quel gesto. m

Mentre io le spingevo le dita dentro, tenendole la schiena con l'altra mano, lei si inarcò indietro mostrandosi a me in tutta la sua bellezza, quando capii che stava per arrivare al culmine le presi il viso con una mano e le intimai di guardarmi, volevo vederla, volevo vedere l'effetto dell'orgasmo su di lei, orgasmo che io le avevo procurato e quando la sentii venire sulle mie dita ero felice, era tutto perfetto, i suoi occhi erano fissi nei miei e un sorriso sexy le incurvava le labbra e io l'amavo e avrei voluto vederla per sempre così.

Altre magnifiche giornate ci furono dopo quella in cui ci divertivamo, parlavamo dei nostri sogni.

I nostri corpi impararono a conoscersi, non riuscivamo più a stare separati, ci toccavano, baciavano, continuamente.

Ogni sera entravo nella sua stanza e stavamo a parlare fino a crollare addormentati.

Era tutto perfetto.

Il mio rammarico è che in quelle nottate io ero completamente me stesso e le raccontavo quello che veramente avrei voluto fare ed ovviamente lei era inclusa nei miei progetti, perché la volevo più di qualunque altra cosa, ma in cuor mio sapevo che alla fine dell'estate sarei andato via, per non tornare mai più da lei.

L'ultima sera mi obbligò a festeggiare con i nostri amici, no ne ero affatto felice perché avevamo deciso di tenere nascosto quello che stava accadendo tra noi e non mi andava di starle lontano, ma fortunatamente alla fine della festa lei aveva una sorpresa per me.

Si era organizzata con mia sorella per trascorrere tutta la notte insieme nel cottage sul lago della mia famiglia.

Finalmente avremmo passato tutta la nottata insieme da soli, senza la paura che qualcuno entrasse beccandoci.

Mon abbiamo fatto l'amore, non avrei mai potuto essere tanto bastardo di prendere la sua verginità per poi abbandonarla, ma ci siamo comunque dati molto piacere.

La desideravo da impazzire ed è stata la serata più bella della mia vita, un sogno, non ho mai più provato nulla di lontanamente simile. In realtà non ho mai più trovato nulla di lontanamente simile a quello che lei mi dava.

Il whisky comincia a fare effetto e ben presto mi addormento, mentre ricordo lei.

Un suono fastidiosomi mi ridesta.

È il mio telefono.

Mi sono addormentato sul divano.

Guardo l'ora dell'orologio sulla parete attrezzata ed è tardi sono le due di notte. Strano, penso, cosa sarà successo.

Mi alzo di corsa per prenderlo prima che smetta di suonare, ricordo di averlo lasciato sul tavolo in cucina, e infatti eccolo.

Guardo il nome sul display e il mio cuore perde un battito.

È lei!

Sono scioccato non sento la sua voce da dieci anni e ora nel cuore della notte eccola.

"Pronto, Jessie."

Niente.

"Jessie, sei tu? Rispondi!"

Ancora niente, però c'è, sento dei singhiozzi. 

Sta piangendo.

La paura si insinua in me.

"Perché piangi Jessie? Cazzo, Jessie rispondi!"

Ora sono nel panico cosa le sta succedendo. Poi all'improvviso sento un uomo parlare e non capisco più nulla.

"Cazzo, Jessie, chi cazzo è? Rispondi, se ti tocca lo ammazzo."

In quel momento, dopo dieci anni, risento la sua voce, ma non è dolce, non è  calda, mi fa gelare.

"È troppo tardi."

Chiude la chiamata, mentre i miei polmoni rimangono senza aria.

Cosa è successo? Sento rimbombarmi in testa le sue parole: è troppo tardi. La consapevolezza di quanto siano vere mi stringe il cuore.

Cerco comunque di riprendermi perché qualcosa stava accadendo, non mi avrebbe chiamato piangendo se così non fosse.

Chiamo mia sorella e le racconto tutto.

"Provo a chiamarla io, tu stai tranquillo. "

"Okay" le rispondo, ma non riesco a stare in attesa senza far nulla, ho bisogno di sapere che sta bene.

Prendo il mio giubbotto di pelle nero, le chiavi della macchina e in poco tempo sono a casa di mia sorella. Nel frattempo le ho mandato diversi messaggi ma niente, e come se fosse stato tutto un sogno.

Suono a casa dei miei dove vive ancora Mia e lei mi apre subito è preoccupata quanto me.

"Ancora niente, non risponde."

Verso le cinque ci addormentiamo sul divano, Mia ha la testa appoggiata sulla mia spalla e io crollo con lei.

Quando mi sveglio, sento Mia parlare con Jessie e da quello che dice mia sorella capisco che sta bene.

Mi sento risollevato ma, allo stesso tempo, ancora molto arrabbiato, forse anche di più e quindi comincio a farle domande. Anche se non riesco a sentire Jessie, sono certo che stia inventando qualche scusa per tranquillizzare mia sorella.

Vedo la faccia di Mia cambiare.

"Ha riattaccato, quella stupida idiota ha riattaccato."

La guardo mentre si lamenta scocciata, di quanto avvolte sia intrattabile la sua amica.

"Mi ha chiuso il telefono, ti rendi conto? Non ci ha fatto chiudere occhio e poi se ne esce con un ti spiego dopo e chiude, appena la vedo, appena la vedo gliela farò pagare."

Mia sorella è proprio furiosa ed ha ragione, ma capisco che in realtà è tutta colpa mia.

"Sai come è fatta?"

"Sì, che lo so, ma cavolo, eravamo preoccupati. Spero abbia un dopo sbornia da paura" mi guarda è ride perfida.

"Sicuramente, per aver chiamato me, deve aver bevuto di brutto."

Nonostante non abbia parlato con lei, mi sento meglio.

"Così impara a far preoccupare le persone", poi la sua espressione cambia
"appena la sento ti dirò se sta bene, e cosa è successo, okay?"

Mi guarda con pietà, sono davvero messo male.

"Meglio di no, l'importante è che stia bene" mi sento a disagio ora che tutto è passato "ora vado Mia, sono un vero schifo, ho bisogno di una doccia e di cambiarmi."

"Okay, ci vediamo all'una, al nostro ristorante giapponese preferito, ci sarà anche Tom, vorremmo parlarti del matrimonio."

"Certo scricciolo."

Le do un bacio sulla testa e me ne vado.

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