IL NOSTRO EPILOGO

POV NADINE (leggendo solo le frasi in grassetto del capitolo, troverete una famosa poesia)

ottobre 1652.... circa 20 dopo...

Ma poi, perchè lottiamo?

Cos'è quella fiamma primordiale che arde dentro di noi, bruciandoci fino ad esaurirci? Qual è il suo nome?

Ci sprona ad andare avanti, verso e oltre la sconfitta. 

Ci insegna a superarla e a ricominciare da capo, dal punto esatto in cui chi ti odia sta esultando per la tua disfatta. 

Ci fa riemergere dalle macerie della nostra anima per ergerci al disopra di chi ha tentato il tutto e per tutto per strapparti via a forza il cuore, invidioso, unicamente invidioso di non poter mai sentire quella fiamma che guida ogni nostro battito contro quella parete spigolosa che altro non è che speranza. Una speranza che scorticherà a sangue ogni tentativo di ribellione da parte di quell'opprimente, incessante nichilismo che come una sanguisuga apre le sue ventose sulla tua carne, suoi tuoi sentimenti, cercando di strapparteli via. 

Cercando di spegnere la fiamma.

La fiamma. Io ce l'avevo. La sentivo dentro di me, sotto pelle. Mi consumava, attimo dopo attimo, senza sosta. 

La stessa fiamma di quel rogo che stava davvero ardendo tutto intorno a me. Che mi incolpava di stregoneria. Che segnava la mia fine. 

Le sue scintille si sarebbero unite alle mie, consolidandole, vorticando in alto verso quella vetta che avevo inseguito per anni. Una vetta che Alec aveva raggiunto nel 1650 a Dumbar, due anni prima di oggi. Da lassù mi guardava, e lo sapevo, da lassù rideva di me ogni volta che blateravo le mie solite imprecazioni contro le leggi primordiali di quest'epoca. E si faceva grosse risate nel vedere quanto poco in questi ultimi vent'anni avessi imparato sugli usi e costumi. 

La sua fiamma albergava ancora in me, sopita, in agguato, e sebbene indesiderata e inaspettata, quando meno me lo aspettavo spalancava le mascelle per gridare, per farsi sentire finché il suo ricordo tornava a far male. E solo Dio sapeva quanto male mi facesse pensare a lui e alla gioia di un amore che non avevo più... alla lucidità dell'odio che me lo aveva strappato via... all'estasi del dolore che mi faceva sentire sempre sull'orlo del baratro.

La cenere ardente vibrò nell'aria, planando contro una mia caviglia e la mia anima cominciò a svincolarsi dalla prigionia del corpo mentre il rogo al centro della piazza prendeva vita, acceso e attizzato dal boia. Eppure non stava affatto morendo. Man mano che le scintille si nutrivano della mia carne, la mia anima prendeva vita per sé stessa, assumeva coscienza e abbandonava un corpo legato solo ad una sorgente di illusioni e orrori. 

La morte non è niente, io sto solo andando nella stanza accanto.
Io sono io. Voi siete voi.
Ciò che ero per voi lo sarò sempre.

Sollevai gli occhi contro la gente del popolo, divisa tra il dubbio di ciò che i loro occhi vedevano e tra ciò che invece i loro cuori sentivano. Nell'incrociare il mio, ogni sguardo era combattuto, lottava nell'incomprensione dettata dall'ignoranza. Nessuno mi urlava di essere una strega. Dentro di essi sapevano che non era così.

Datemi il nome che mi avete sempre dato. Li supplicai, uno ad uno. Parlatemi come mi avete sempre parlato.

Fatelo anche quando non ci sarò. Non c'è stregoneria dietro la medicina nè demoni dietro l'amore che per anni mi ha spinta a migliorare le vostre vite. Perciò...

Non usate mai un tono diverso. Non abbiate un'aria solenne o triste.

Vivete nella gioia. Tenetevi stretta la felicità che vi ho donato.

La paglia si incendiò, tormentata dal rogo sempre più ardente e il caldo insopportabile mi spinse quasi a chiudere gli occhi. Ma tra tutta quell'accozzaglia di volti ce ne era uno da cui non riuscivo a staccarmi e che mi diede la forza necessaria per tenere le palpebre sollevate.

Io e Zoe ci guardammo; in prima fila, le sue lacrime silenziose sembravano voler scendere a fiumi per spegnere le fiamme di quell'inferno. Sospinta dalla gente che si accalcava per non perdersi i miei ultimi istanti di vita, le sue gambe restavano immobili, incollate nello stesso punto. Lo sguardo cercava il suo punto fermo: me.

La mia bambina. Orfana di padre e madre. La mia bambina avrebbe dovuto continuare senza di noi. Ed era spaventata, lo sapevo. Ma sapevo che era anche abbastanza forte per riuscirci. Non avevo rimpianti su ciò che le avevo insegnato. Ne avevo solo verso il tempo. Quel tempo maledetto che si stava consumando come una candela lasciata in una stanza piena di corrente d'aria e che non mi avrebbe concesso l'onore di vedere come e quanto dei miei insegnamenti avrebbe sfruttato. 

Mossi lentamente le labbra, speranzo riuscisse a leggere il labiale: "Continua a ridere di ciò che ci faceva ridere insieme. Sorridi, pensa a me, prega per me. Che il mio nome sia pronunciato in casa nostra come lo è sempre stato. Senza alcuna enfasi, senza alcuna ombra di tristezza".

In quel momento, nel punto d'incontro dei nostri sguardi si intrecciò un groviglio di ricordi. Cercavano di districarsi tra le mie lacrime non versate, volteggiando nella mia mente fino a fermarsi nel momento in cui avevo capito di aver toccato la felicità. Il momento in cui ero tornata nel passato, strappata a forza da un futuro in cui non vi era spazio per Alec, lady Clark, Stuart, Zoe, Geneviev, Renuar...

Erano tutti lì, davanti a me, le teste chine in segno di rispetto, le mani sul cuore per raccogliere un perdono che solo Dio avrebbe potuto concedergli. Solo Renuar mancava. Il buon, caro, testardo Renuar, caduto in battaglia per salvarmi.

E mio marito. Il cui volto era sbiadito fino a scomparire nei miei ricordi legati a lui, troppo doloroso per difenderne i contorni e lasciare alla loro vividezza di straziarmi cuore e anima.  

Il futuro che avevo predetto si era infine avverato, portando noi O'Braam alla disfatta, piegati ai comandamenti di un Parlamento che aveva depredato e annullato secoli e secoli di monarchia. E portandomi via l'uomo che aveva reso il mio passato più bello di quanto potessi mai sperare.

La sua mano non aveva mai smesso di stringere la mia. Mi aveva condotta verso la fine del mio viaggio, strattonandomi ogni volta che dovevo correre verso la salvezza e bloccandomi quando, infine, la salvezza che anelavo se l'era portata via la Chiesa e la sua errata ossessione verso la stregoneria. Anche se mi aveva dato l'addio lontano da casa, la lettera che mi fece consegnare pochi istanti prima di morire fu il suo regalo più grande.

Quel biglietto aveva accompagnato ogni istante di questi ultimi miei due anni e mi avrebbe accompagnata anche qui, su questo ardente rogo che aumentava di intensità ad ogni mio respiro:

Voi donne salverete questo mondo ma per molti secoli ancora noi uomini faremo di tutto per impedirvelo. Perciò combatti, Nadine. La tua mente non è fatta per restare nascosta ai più. Ora lo so. Ora l'ho compreso. Fallo per me. Fallo per il mio orgoglio prima ancora del tuo. E se qualcuno ti fermerà, tu va avanti e raggiungimi in questo cielo. Io conosco cose che tu non sai. Tu conosci cose che io non potrò mai comprendere. Per questa ragione, insieme, conosceremo il modo per combattere insieme. Per Zoe. E per il suo futuro. 

Tuo, Alec.

Per queste parole, ormai quasi del tutto sbiadite su questo minuscolo foglio stropicciato nascosto nella tasca della mia gonna, la vita avrà il significato di sempre. Anche dopo la mia morte.

Il filo non è spezzato.

Perchè dovrei essere fuori dai vostri pensieri? Semplicemente perchè sono fuori dalla vostra vista? Io non sono lontana, sono solo dall'altro lato della strada.

L'aria mi venne a mancare e strattonai le mani legate dietro la schiena. Sentivo ogni lembo di pelle bruciare. Il mio stesso cuore ardeva, bruciato dalle lacrime di mia figlia.

Fu a lei che dedicai il mio ultimo respiro. Sempre a lei che dedicai l'ultimo sguardo.

E in quest'intreccio di sguardi, per un istante, uno solo, per la prima volta dopo tanto tempo rividi il volto di Alec.


POV SARAH O'BRAAM

Voltai l'ultima pagina del libro e una piccola lacrima sfuggì dai miei occhi per abbattersi sulla copertina logorata dal tempo. 

Nessun libro storico aveva mai riportato questa parte. Nessuno storico era mai arrivato a scoprire così tanto su Alec e Nadine. Solo uno studioso aveva analizzato le tracce che dalla Scozia del passato erano giunte fino ai giorni nostri, ipotizzando una fine che abbracciava la morte di Alec e Nadine.

La storia che noi conoscevamo e che ci veniva insegnata a scuola non contemplava alcun epilogo per loro. Ci lasciava con tante pagine vuote che avremo riempito con domande destinate a restare senza una risposta. Domande legate ai clan degli O'Braam e a Zoe. 

Ogni testo che avevo ricercato si interrompeva in quell'anno: nel 1652. Ciò che avveniva poi era rimasto sommerso sotto le macerie del tempo. Le mani dei ricercatori stavano ancora scavando per riportarlo a galla, esaminavano scrupolosamente le raccolte e le documentazioni che ci erano pervenute. Non si davano pace.

Ma non avrebbero trovato niente. Nessuna risposta avrebbe riempito quelle pagine bianche.

Solo io sapevo perchè nessuno aveva più scritto di loro. Sapevo perchè nessun epilogo era stato dedicato a loro.

Riposi il libro nella tracolla e mi sollevai dalla panchina, avviandomi malinconica lungo il viale alberato.

Alec e Nadine non avevano una fine. 

Perchè ero io la loro fine. 

Alla morte della madre, per motivi di sicurezza Zoe aveva dovuto abbandonare le terre degli O'Braam, abbandonando il cognome del padre e mantenendo solo quello della madre. Fuggitiva nella sua stessa terra natia per timore che il bigottismo popolano l'additasse come strega, aveva trovato rifugio in una landa desolata e sferzata da venti talmente gelidi da scoraggiare il popolo a costruirvi un villaggio. Protetta da Geneviev e Robert condusse una vita tranquilla, sposandosi alla tarda età di diciassette anni con un lontano cugino di Geneviev. Morì a 27 anni di parto, dando alla luce il suo quinto figlio. Un figlio che riprese il cognome del padre in nome dell'onore e dell'orgoglio che lo legavano a quelle terre, e che a sua volta generò altri figli. 

Assistette alla morte di Geneviev e infine, per ultima, a quella di Robert. 

Un lungo capitolo della storia scozzese si era concluso.

Infine visse. E i suoi figli vissero. Per decenni e decenni, fino a giungere a me.

Io ero la loro fine. Ero l'epilogo di Nadine Low e Alec O'Braam.

The end

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