PaolaXHoodie

prima di iniziare volevo precisare che la mia ossessione per questo proxy non è mai finita, so... sfortunatamente lo amo ancora :) ho fatto questa XReader per un'amica carinosa ~

buona lettura!! 



Ciao a tutti, io mi chiamo Paola! Ho 17 anni e sono una normalissima ragazza; timida, insicura di sé stessa ma anche molto dolce ed affettuosa. Amo il cinema e le opere teatrali sono le mie preferite.

Lo sport è praticamente essenziale per me difatti pratico un corso di pattinaggio e pallacanestro.

Sono qui a parlarvi di una strana esperienza che mi è successa un giorno mentre stavo tornando a casa da scuola. 

Era un lunedì abbastanza nuvoloso, le nuvole scure preannunciavano a breve l'inizio di un burrascoso temporale, io ero appena scesa dallo scuolabus pronta per tornare a casa; mi ero  incamminata lungo il solito sentiero fangoso nel mentre ascoltavo disinvolta, attraverso gli auricolari, la mia Playlist di musica pop. 

Caso vuole che durante il tragitto, io intraveda un ragazzo tutto solo seduto su un tronco: aveva una felpa arancione, girato di spalle non potevo vedergli direttamente il viso ma all'apparenza pareva essere depresso, forse.

Indossava un paio di pantaloni neri e ai piedi portava delle scarpe bianche usurate. 

—Chissà cosa ci fa lì? — Pensai mentre lo fissavo. 

Stavo per riprendere il mio cammino quando mi girai nuovamente verso il misterioso ragazzo —Forse ha bisogno di una mano, magari... Si è perso?—. 

Così seguii il mio istinto gentile e mi avvicinai a lui, mettendogli una mano sulla spalla. 

Egli si girò spaventato, tirando fuori da una tasca una pistola calibro 9; il suo sguardo era pauroso. 

«Chi cazzo sei!» Gridò indietreggiando mantenendo però sempre la pistola fissa su di me. 

«Calmati, io mi chiamo Paola... Credevo avessi bisogno di aiuto...Come ti chiami?». 

«Non posso fidarmi di te, tu hai visto il mio viso, non posso lasciarti libera». 

A quel punto infatti mi prese per un braccio di forza, mi tolse la cartella dalle spalle e gli auricolari dalle orecchie; mi fece infinocchiare e alla fine.... Divenne tutto buio. Ricordo che avevo sentito una grande fitta di dolore alla testa, poi il nulla. 

Mi risvegliai in una casetta di legno. Non so dire di preciso quanto io sia rimasta svenuta: forse minuti, ore, giorni... Boh?. 

Fatto sta che proprio ai piedi del mio letto c'era un ragazzo strano vestito come quello che avevo visto precedentemente, ma con un affare in faccia, un passamontagna nero con una simpatica, si fa per dire, faccina disegnata sopra colorata di rosso. 

Mi fissava e mi fissava senza fare/dire nulla. 

Solo allora mi accorsi che ero lo stesso ragazzo che mi aveva aggredita, avevo notato che infatti indossava le stesse scarpe, gli stessi pantaloni e la stessa felpa. 

«Che vuoi farmi?» Domandai tremando. 

«Ucciderti, mi sembra logico» Disse. Stavolta però la sua voce sembrava essere diversa, più... Cupa. 

«No non farlo...» 

«Non servi a nulla, come la maggior parte delle persone che vivono là fuori». 

Mentre parlava avevo notato che sulla mensola vicino a me c'erano una miriade di botticini pieni di pastiglie, forse farmaci... 

«Cosa sono quelli?» Gli domandai cercando di cambiare discorso. 

«Non sono cose che ti riguardano» Disse il ragazzo togliendosi il passamontagna. 

Proprio allora la porta della piccola casetta di legno si aprì rivelando un tizio ancora più strano con una maschera che gli copriva il viso ed una felpa simile a quella del pazzo maniaco che mi aveva rapita. 

Con voce calma, dopo avermi scrutata a lungo, chiese:«A che punto sei, Brian?». 

«Non ho amcora finito». 

Poi entrambi uscirono, per parlare di chissà cosa. 

Quando -Brian- entrò nuovamente odorava di fumo. 

«Dove eravamo?» Chiese sarcastico. 

«A tu che mi lasci andare» Scherzai. 

Ma ciò non gli piacque, così cambiò espressione, poi... Salì sul letto dove mi trovavo e cominciò a -farmi male-, il tutto venne ripreso da una telecamera posizionata di fronte a noi: chissà quando era stata messa lì, e cosa più importante... Chissà chi l'aveva messa lì. 

Le torture cessarono dopo un tempo che mi parve interminabile. 

«Voglio tenerti per me, si. Mi piace quando mi supplichi di smettere, mi stimola a fare il contrario». Io a quelle parole rabbrividii. 

«Dirò a Slenderman che diventerai il mio giocattolino e appena finite le missioni, mi divertirò con te». 

Detto ciò mi legò mani e braccia al letto, per assicurarsi di trovarmi ancora lì quando sarebbe tornato. 

Le ore passavano ed io avevo sempre più ansia di veder entrare dalla porticina la figura losca di quel maniaco.

Si fece notte e lentamente cominciai ad avvertire un leggero sonno, accompagnato da una sete micidiale. 

Come se avesse sentito la mia richiesta d'aiuto, eccolo... Proprio lui, era arrivato ma in mano teneva un vassoio d'argento con un piatto pieno di pasta al sugo, una bottiglia di acqua e delle pillole adagiate su un tovagliolo di carta. 

«Scusa il ritardo, giocattolino». 

Mi slegò le mani, ma accorse subito a chiudere la porta a chiave e a serrarla per bene. 

«Ecco, mangia» Mi disse posizionando il vassoio sul letto. 

Non avevo tempo e né voglia di pensare se aveva buone o cattive intenzioni, afferrai la forchetta e addentai il primo boccone di pasta. 

Appena terminai il tutto, -Brian- mi fece ingoiare con forza le pillole che erano nel fazzoletto di carta e mi buttò sul letto legandomi nuovamente. 

«Pronta per giocare?» Sorrise. 

«Lasciami andare...» Lo pregai. 

Lui mi accarezzò i capelli e cominciò a divertirsi come aveva fatto qualche ora prima. 

Al contrario però ora mi... Piaceva? Non so... Guardavo i suoi movimenti, il suo viso che... Dio era così bello... 

Lui se ne accorse ed io all'improvviso arrossii.

«Sto cominciando a piacerti anch'io?» Mi chiese guardandomi dritta negli occhi, forse aveva capito come mettermi in imbarazzo. 

Abbassai lo sguardo. 

In risposta lui mi slegò e si avvicinò a me sussurrandomi ad un orecchio:«Sei bellissima». 

La mattina seguente ero libera, niente corde agli arti e niente lucchetto alla porta. 

Aprì quest'ultima incredula di non aver ricevuto alle spalle un attacco sorpresa. 

Ma eccolo, proprio infondo al bosco un omino vestito con una felpa arancione giaceva tutto solo. 

Mi avvicinai e lui si girò con calma, nascondendo in una tasca un qualcosa di familiare: le pillole che avevo visto nella capannina di legno, forse erano sue. Ma feci finta di nulla. 

«Ehm... Ciao» Dissi imbarazzata. 

«Ben svegliata, giocattolino». 

Che nome orribile. 

«Non puoi chiamarmi Paola, semplicemente?» Risi. 

«Nome comune, -giocattolino- invece è molto più bello». 

Mi fece posto accanto a lui, poi cominciò a raccontare una strana, possiamo definirla così, storiella:«Le hai viste queste?» Domandò. 

Io annuì. 

«Ho dei grossi impulsi di rabbia come mio fratello Masky e devo tenerli a bada». 

Tirò fuori la scatolina colma di pillole bianche:«Ne ho bisogno, senza queste sono finito...».

Io mi permisi di interromperlo, chiedendo:«Perché ora le stai prendendo?». 

«Perché ho litigato con l'Operatore». 

«Operatore?». 

«Si, hai mai sentito parlare dello Slenderman?» Mi chiese. 

«Si e spero di non incontrarlo mai» Dissi ridendo nervosa. 

«Beh lo incontrerai, io sono Hoodie uno dei suoi Proxy». 

—Diamine!— Pensai —Ecco perché Brian mi sembrava vagamente familiare—. 

Rimasi lì per lì senza dir nulla. 

«Non ti farà del male, dopo la discussione che abbiamo avuto, non ti toccherà nemmeno con un dito»—Disse convito—«Altrimenti sa che perderà  un alleato e questo lo turberebbe». 

Accese poi una sigaretta:«Vuoi?». 

Io mi allontanai disgustata:«Mmmh no, non fumo». 

La restante giornata la trascorremmo a passeggiare in giro per i boschi, finché ci imbattemmo in una meravigliosa casetta sperduta. 

«Quella è la CreepyHouse, la mia vera casa» Disse Brian. 

«È davvero molto bella» Approvai. 

«Sei la mia ragazza, no? Quindi d'ora in poi sarà anche la tua». 

Per la prima volta, le nostre labbra si toccarono per ragioni diverse da quelle che inizialmente lui aveva: per amore. 

Conobbbi tutte le Creepypasta al momento opportuno. 

Ora sono qui a distanza di due anni dall'accaduto per dirvi che sono la persona più felice della terra;senza Brian non saprei cosa fare a quest'ora.

E anche se il nostro non è stato un incontro romantico e normale come tutti, non rimpiango di averlo conosciuto e di essere qui ora alla CreepyHouse con lui e le Creepypasta.

Scusate, detesto finire di narrare ma devo andare, lui e il nostro piccolino mi stanno cercando.

Con affetto e amore,

—Paola <3




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