#7 - In ogni forma

C'è odore di caffè nell'aria del primo mattino. Il mio risveglio, da anni, è questo. È questo perché non ho bisogno di radiosveglia o suonerie varie, non sono abituata. È l'aria di casa che mi sveglia quando, ancora assopita nel suo tepore serale, riprende vita dalla cucina.

Lì mio padre, come suo solito, con lo stesso amore di sempre, prepara per primo il caffè per tutti, nella grande caffettiera mai consunta, e mentre il gas la riscalda lui s'adopra per preparare tutto il necessario per la colazione.

La tavola con le tovagliette, tazze e cucchiaini, i biscotti, lo zucchero, qualche fetta di pane, l'immancabile marmellata e del miele, tutto in un ordine prestabilito e inamovibile, come su di un altare dove quotidianamente si celebra il rito della prima colazione assieme.

Insieme, ma non più tutti, da quando la mamma ci ha lasciato, corrosa da una lunga e dolorosa quanto rapida ed improvvisa fine.
Siamo rimasti in tre, ognuno con le sue vite appese, chi ai ricordi, chi ai sogni e chi alla mera realtà che ci circonda.

Gli sguardi si incrociano ancora, ma non sono più gli stessi, il tempo ed i pensieri ci chiudono, ci distraggono, sembra che sciolgono quello che ieri ci univa fortemente, la famiglia, il senso di amore e di affetto infinito, la cura e le attenzioni l'uno per l'altro.

Anche l'armonia è un po' svanita o alleggerita, come diradata, ma non è come la nebbia che diradandosi si vede meglio, è l'opposto, più si dirada e più non si vive bene, si occupano spazi comuni sempre meno vissuti, sempre un po' più vuoti delle nostre essenze.

Si, è vero si cambia sempre, dentro e fuori, non solo per il tempo, ma più che altro per quello che ci accade, che vivi, in cui ti imbatti anche senza volerlo.

Io guardo bene i miei, cerco di vederli come sono rimasti, come sono cambiati.

Papà è l'ombra del papà che avevo e che mi sosteneva sempre, che mi era sempre vicino a domandare e a cercare di capire le mie situazioni ed i miei problemi, forse anche di più e meglio di mia madre, cose che per lei erano più scontate, più confidenziali.

No, con lui era sempre una scoperta, una curiosità interessata veramente a te, alla tua persona, ai tuoi problemi e pensieri. Era come se cercasse di entrarci dentro pure lui, come se volesse accompagnarti insieme anche quando non c'era lui con te, o non c'eri tu con lui, voleva stare con te il più possibile ecco, entrare in te, conoscerti nel profondo e fidarsi in tutto!

Papà è spento, rassegnato, forzatamente rassegnato, ma per lungo tempo, prima, non lo era e non lo è stato, ed era anche peggio, molto peggio! Non voleva alzare lo sguardo, e se lo faceva non vedeva, non voleva e non poteva vedere, accecato com'era da quel dolore arrivato come una spina nel cuore e nell'animo.

Perdere la compagna di una vita non è una cosa banale. L'aver vissuto sempre insieme tutte le esperienze di lavoro e di svago con tutte le compagnie in comune, è una cosa troppo grande da interrompere così bruscamente da un giorno all'altro.
Di colpo è come se crollasse tutto e non riesci più a stare in piedi, mancano i riferimenti, da quello più importante a tutti gli altri di contorno ma comunque essenziali. Lo so, e lo ha detto tante volte che "vorrebbe staccare la spina" anche lui, "che sto a fare?", "oramai è finito tutto", non ha più ragioni per vivere, l'unica ragione se n'è volata in cielo, e lì si son persi anche i suoi occhi, in su, ed anche oltre, oltre il conoscibile.

Le cose presenti che stanno attorno sono quasi un ostacolo al raggiungimento dello scopo che gli balena in mente, un ricongiungimento desiderato e sperato per continuare quel rapporto anche lì, anche nell'oltre che sarà, ovunque sia. Lui muove i suoi passi quotidiani sul baratro dell'abisso che noi non possiamo vedere.

Mio fratello maggiore, è sempre stato attivo, prima con lo studio e poi con il suo lavoro. Si butta sempre a capofitto sulle cose, le sue cose, mi sembra molto più di prima. Risulta così poco o per nulla presente, anche quando c'è sembra non esserci. Ok gli piace la musica, giocare su internet con amici, programmare partite a calcetto, uscite al cinema e incontri serali nei fine settimana, ma oramai sembra usare la casa solo come un albergo ad ore.

Viene, passa, entra, esce, se capita si ferma per un pranzo oppure per una cena, poi giù musica o film, chiuso sempre in camera sua per ore. Più che un fratello sembra diventato un semi-conoscente. Tutto di sfuggita, tutto al volo, non si può fare un ragionamento, è sfuggevole o arrogante, a volte anche scontroso. Chissà se anche questi sono effetti collaterali su di lui della perdita affettiva della mamma?

Io guardo tutte queste cose, e vedo che nessuno guarda me. Si sono una bella ragazza ancora adolescente, dai capelli chiari, un viso dolce, "chiunque si innamorerebbe!" mi dicevano una volta, anche se non ero proprio il tipo che si metteva in mostra nell'abbigliamento, e neanche in classe. Mi piaceva rimanere in fondo, poco vista ed osservata. Mi sento sempre con qualcosa fuori posto, in difetto, sono debole e in genere non tenace, ed accetto e subisco sempre quegli stupidi insulti o scherzi cretini, che poi però recepisco e fanno male.

Il tutto mi è diventato veramente insopportabile proprio da quando la mamma è venuta a mancare. Mi sento indebolita in tutto, e a quegli insulti vorrei reagire ma non ci riesco e li accumulo, insopportabilmente. Tutti mi dicono che devo reagire, che se poi reagisco starò meglio e passerà tutto, ma io non ci riesco, non ci sono mai riuscita!

Tutto è andato avanti fino a quando un giorno non ho più retto, non sopportavo più quelle stupide e gratuite continue umiliazioni. E che cosa ho pensato di fare? Sono scoppiata! Ma non verso chi mi offendeva ma contro me stessa. Così ho iniziato a distruggermi.

Mi percepivo notevolmente inferiore a tutti quanti, completamente incapace anche di vivere, di trovare uno straccio di motivo per vivere. Non avevo il coraggio di vivere, quindi dovevo morire, un po' come desidera mio padre, si certo lui per altri motivi ben più nobili, credo. Non volevo più mangiare, ed anche se praticamente mi sarei uccisa vedevo che questo non interessava a nessuno.

Complice il periodo primaverile e poi estivo, che fossi calata di peso non era poi così male, anzi ho ricevuto pure dei complimenti dalle compagne di scuola, ma io non me ne curavo, sapevo fingere bene, tutto normale inizialmente come una semplice dieta, ma essa nascondeva una così grande determinazione a sparire del tutto che nessuno immaginava.

Certo tutto il combattimento era dentro di me, dentro la mia camera da letto, dentro i miei pianti strozzati nella notte che nessuno poteva neanche immaginare, ed io lottavo, ma contro me stessa e la mia incapacità, avevo gettato le armi e con esse la mia vita, ero decisa, ero diventata inconsapevolmente la peggior nemica di me stessa, un abominio peggiore dei miei stupidi aguzzini della scuola.

Si, ovviamente ad un certo punto ridotta in condizioni decadenti estreme, papà fortunatamente si è accorto di me. È riuscito a staccarsi dal suo cocente dolore e fui costretta ad entrare in ospedale, dopo tante inutili visite ed analisi dove non si capiva niente di cosa stava accadendo al mio fisico, non c'era un perché plausibile. Il punto non era riprendere i chili persi ma riuscire a curare il lancinante dolore che cresceva dentro e cercavo di soffocare, di annientare, e con lui me stessa. Credevo che non c'era altro modo per estirparlo, così mi ero convinta.

È strano ed inaspettato che proprio in un luogo di dolore si affacciasse una persona, che per me è diventata un angelo, ma non subito, ci ho messo tempo, ho dovuto regredire ancora ed ancora. Ma è bastato che lui, anche solo per dovere, svolto amorevolmente, con attenzione e dedizione, si prendesse cura di me quanto più poteva. Le sue attenzioni mi hanno come svegliata ed ho ripreso in poco tempo un tono fisico e sono dovuta uscire. Peccato, ci stavo così bene la dentro, assurdo ma per me quello era il mio paradiso ed avevo un angelo tutto mio. Invece fuori mi aspettano i falsi sorrisi, i "TVB" belli ma falsi delle cosiddette "amiche", che sono più pronte a fare del male che del bene.

Fuori non è facile, tornare a spiegare cosa avevo o cosa è stato, se è mai passato. Tu non vuoi ma con la faccia mimi un si che è "tutto ok" ma sai che non è così! Non sono forte perché ho ripreso il peso, anzi ad ogni controversia, se c'è da impegnarsi contro un ostacolo cedo! Non lo affronto e per questa mia incapacità mi do ancora colpe e devo sfogarmi, purtroppo ancora una volta con me stessa, contro me stessa.

Ma in che modo? In modo nuovo ma naturale per me, ferendomi fino al sangue, vedendo uscire la mia fonte di vita, vedendo scorrere fuori la mia incapacità a vivere, la mia diversità dalle altre amiche. Mi sento in colpa per ogni cosa che mi succede e torno a ferirmi, a dover nascondere le mie ferite, se posso, come posso.

È incredibile a dirsi ma quel sangue sembra proprio che mi dà un po' di pace, proprio vederlo mentre fuoriesce. Lo guardo intensamente, vedo e capisco che sono quella cosa là,... peccato poi che non si può rimettere dentro. E l'incessante bisogno di conferme esistenziali non è mai abbastanza soddisfatto, ed ecco i fiotti di sangue, le cicatrici che scottano e fanno male, le lacrime non servono a nulla.

Così, inconsapevolmente, mi ritrovo ancora in quell'ospedale e ritrovo nuovamente il mio angelo. Maneggia il corpo ed i miei tagli con maggior delicatezza, garze, creme e disinfettanti ma quello che mi cura di più sono i suoi sorrisi, le sue poche e buone parole, la sua serenità e fiducia, a volte anche incitamento ad avere più stima di me, anche più coraggio.

Ma io so che da sola non ce la farei mai, anzi, credo proprio di essermi innamorata silenziosamente di lui, immagino e fantastico che non potrei vivere senza di lui, è questo a mandarmi avanti. Non potrei più vivere se sapessi di poterlo perdere. Semplicemente sa ascoltarmi, sa starmi vicino, non mi guarda strana o giudicandomi, e tutto il dolore fisico sparisce magicamente, invece senza la sua presenza sento crescere come un vuoto dentro.

Questo fissare gli occhi ed i pensieri su di lui mi dà inconsapevolmente molto coraggio, almeno quello di non tagliarmi o peggio di farla finita. Questo mi attira e mi tira fuori una forza coraggiosa anche nella condizione in cui sono, andare avanti nonostante tutto, è tutto qui il mio coraggio. Al solo pensiero mi dispero di essermi ridotta così allo stremo, avrei dovuto avere solo un po' di coraggio prima, farmi aiutare prima.

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Ora sono ancora qui, dritta in piedi, con un mazzo di fiori in una mano a rimuginare i miei pensieri, ma con l'altra mano stretta in quella di lui. Stiamo insieme, felicemente insieme, con la nostra vita di fronte come ad un mare pieno di amore, e depongo i fiori su mio padre che invece lo stesso grande ed infinito amore lo ha portato via lontano dove voleva volare, dal suo amore con un nome.

Ora ho imparato che nella vita ci vuole molta forza per credere in se stessi, ci vuole un coraggio da leoni, ma che esce fuori solo di fronte al baratro personale. Ora credo che si può stare bene ed essere felici con se stessi e con chi si ama, se si sa affrontare il coraggio di amare in ogni forma esso si presenti.

NdA

Due storie vicine, intrecciate una all'altra, due finali con due forme della stessa radice.

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