2- Il rumore della pioggia
Quella notte dormì sogni tranquilli e mi sentì quasi rinata il mattino successivo quando scesi giù a fare colazione con i miei genitori che non salutai neanche.
Nonostante fossi contenta per il ritorno di Adam non potevo ignorare la superflua punizione che mi avevano dato per uno stupido voto.
Tanto lo sapevano tutti che avrei recuperato, lo faccio sempre, in un modo o nell'altro.
Senza guardarli presi dal ripiano della cucina una mela e me la mangiai in fretta e furia per poi allontanarmi in fretta dalla cucina, sempre sotto il loro sguardo insistente.
Sbuffai per la loro sorveglianza, ma cercai di mantenere la calma e uscì in fretta dalla cucina sotto il loro sguardo sorpreso.
Probabilmente si stavano chiedendo perché quel giorno non avevo già sbraitato contro di loro e perché non avevo cercato di ridurre la mia "pena."
Stranamente infatti non avevo minimamente pensato al fatto di non avere un cellulare, i miei pensieri erano rivolti a tutt'altra persona e mi chiesi se anche per lui fosse la stessa cosa.
Se io fossi il primo pensiero la mattina.
O a colazione, prima di addentare uno di quei toast al prosciutto che sono sicura ti piacciano ancora.
O a scuola, circondato da ragazze che non vedono l'ora di entrare nelle tue grazie.
Di fretta uscì di casa e mi infilai nell'autobus prima che i miei genitori potessero fare altre domande.
Cercai di darmi un contegno e di fermare quel sorriso che da quando mi ero svegliata mi aveva contornato il viso.
Nonostante i miei sforzi però, quel sorriso non sembrava volermi abbandonare e così dovetti sorbirmi tutte le domande di Margot che appena mi vide mi chiese il motivo della mia felicità.
Inventai sul momento delle scuse credibili e lei sembrò cascarci poiché non mi fece altre domande sull'argomento e mi inizió a parlare del ragazzo con cui era uscita ieri.
Tirai subito un sospiro di sollievo e per un momento fuori contenta delle manie di protagonismo di quella ragazza.
Non mi andava di condividere con lei una cosa così bella, ero come gelosa di quello che stava nascendo tra me e quel ragazzo e non volevo che Margot lo sminuisse con le sue tipiche frasi insensibili.
Appena scendemmo dall'autobus, una gocciolina si posò sulla mia guancia seguita poi da altre sempre più forti e incessanti.
Sentì uno strano brivido attraversarmi tutta la schiena ed arrivare fino al cervello.
Era come se quella stessa pioggia l'avessi già vissuta da qualche altra parte, ma non riuscì a ricordare dove.
Cercai di sforzarmi, ma dopo un po' ci rinunciai dato che era solo della stupida pioggia come tutte le altre e non avevo motivo per provare ciò.
E se c'era una cosa che sapevo è che odiavo la pioggia, la odiavo con tutta me stessa, ma non capivo il motivo.
Forse semplicemente perché il cielo era scuro e dovevamo portare gli ombrelli per coprirci, ma era come se dentro di me sapessi che c'era un motivo più profondo a tutto questo.
Tuttavia scacciai subito quel pensiero dalla testa. Erano tutte cazzate.
A furia di frequentare Adam stavo diventando pazza proprio come lui.
Così, senza perdere altro tempo, iniziai a correre verso l'edificio scolastico nella speranza di non bagnarmi troppo.
Purtroppo però le mie preghiere furono inutili e mi ritrovai più bagnata di un qualsiasi altro animale acquatico.
Ne avevo appena avuto la conferma.
Questa non sarebbe stata una bella giornata.
Tornata a casa, mi buttai di peso sul letto e sperai con tutta me stessa che nessuno venisse a disturbare la mia quiete e per un po' fu così.
Stavo quasi per addormentarmi quando vidi entrare in stanza mio padre.
Pensai che volesse sgridarmi per qualcosa che avevo fatto o qualcosa del genere, invece non sembrava star cercando me, sembrava più interessato alla mia stanza.
Ripensandoci quel giorno avevo dimenticato la porta aperta, come invece non facevo mai, ma non riuscì a capire cosa cercava con così tanta insistenza.
Così mi sistemai meglio su un fianco fingendo di dormire e intanto lo osservai.
Cercava tra i mobili, tra i vestiti, persino tra l'intimo e ogni volta che le sue ricerche sembravano andare a vuoto si tirava i capelli con le mani e si guardava intorno sospetto.
Si vedeva lontano un miglio che era agitato e avrei tanto voluto capire il motivo di così tanta agitazione, ma sapevo che se glielo avessi chiesto mi avrebbe mentito.
Non mi restava che scoprirlo da sola.
Così appena uscì dalla mia stanza, ancora più agitato e arrabbiato di prima, cercai nei suoi stessi posti, nella speranza di scoprire qualcosa in più.
Nulla. Non c'era nulla.
Dopo più di due ore di ricerca ero arrivata alla conclusione che nella mia stanza non ci poteva essere nulla che potesse far preoccupare mio padre in quel modo e pensai che stesse solo controllando se mi ero ripresa il telefono o il computer, eppure, nonostante cercassi di convincermi di questa mia ultima teoria, un comportamento del genere non era normale in ogni caso.
Nessun padre avrebbe un comportamento così ossessivo e cattivo con la propria figlia.
Fui distratta dai miei pensieri dalla pioggia che imperterrita batteva sulle finestre della mia camera.
La guardai come rapita.
Sembrava ancora più violenta e abbondante di prima e un senso di vuoto mi assalì di nuovo.
Era quasi come il rumore di un pianto, uno disperato, violento, uno che non riesce più ad uscire dalla tua testa una volta che lo si è sentito.
Nonostante la pioggia però presi un ombrello e uscì in fretta di casa nella speranza di rincontrare Adam, non sarebbe stata un po' di pioggia e quattro lampi per fermarmi.
Fuori era buio nonostante fossero solo le 6 del pomeriggio. Si vedeva poco e niente e la pioggia diminuiva ancora di più la visibilità.
Cercai di ricordare la strada per quel boschetto dove l'avevo incontrato la scorsa volta e nonostante non riuscissi a vedere neanche l'ombra dei miei piedi mantenni viva la speranza di rincontrarlo.
Guardai verso il cielo. La pioggia e le nuvole coprivano le stelle, ma c'è n'era una, la stessa dell'altra volta, che brillava di più delle altre.
Si vedeva anche attraverso i lampi, la pioggia, le nuvole, i fulmini, quella stella era più forte di tutto e l'ammirai tanto per questo. Avrei voluto essere come lei.
"Sei qui?" lo chiamai dopo aver distolto lo sguardo dal cielo, tenendo il mio ombrello ben saldo con la mano.
Ad un certo punto sentì qualcosa, come una specie di rumore e una sagoma avvicinarsi a me.
"Sapevo che saresti venuto." gli dissi facendogli un piccolo sorriso.
"Io ci ho sperato fino all'ultimo." mi disse facendomi un piccolo sorriso.
"Che intendi?" gli chiesi confusa.
"Lascia stare. Non capiresti." tagliò corto lui in fretta facendomi imbronciare in fretta.
"Forse potrei se tu me lo lasciasti fare. Ma tu non mi dici mai niente." gli dissi arrabbiata e delusa dal suo atteggiamento.
Possibile che si fidasse così poco di me?
"Non è che non te lo voglia dire, è che ci sono cose che non posso dirti. Fidati, è per il tuo bene." mi disse lui e potei per un momento sentire l'agitazione nella sua voce tanto calma.
"Non pensi che mi stia fidando già fin troppo di te?" gli chiesi con un groppo in gola.
Ed era davvero cosi. Non mi ero mai fidata di nessuno come mi fidavo di lui.
"Fai solo un altro piccolo sforzo." mi disse carezzandomi dolcemente il viso con una mano.
"Ok." dissi in un sussurro mentre le sue mani mi accarezzavano il collo per poi salire fino al labbro inferiore e metterci un dito sopra.
"Come mai sei preoccupata?" mi chiese e subito sbiancai.
Non volevo dirgli che mio padre era entrato in camera mia come una furia e aveva rovistato tra le mie cose.
Avrebbe sicuramente trovato una spiegazione logica per il suo comportamento e in quel momento non sapevo se era davvero quello che volevo.
Avevo come una strana sensazione alla bocca dello stomaco che mi diceva che non avrei voluto sapere la risposta.
"È solo la scuola, ho paura di non riuscire a superare l'anno e di essere bocciata di nuovo." mentì. Mentì come facevo con tutti, in questo ero la migliore.
"Vedrai che risolverai qualsiasi cosa ti preoccupi. Sei una ragazza forte." mi disse sorridendo sornione e in quel preciso istante capì che non aveva creduto alla mia bugia.
"Non mi credi?" chiesi conferma.
"No, ma non voglio costringerti a raccontare cose di cui non vuoi parlare. Quando sarai pronta e se lo sarai, me lo dirai." mi disse allontanandosi di poco e osservando la stella che stavo guardando anche io poco tempo fa.
"Ha smesso di piovere." disse poi di punto in bianco e solo in quel momento me ne resi conto anche io.
Lo osservai. Sembrava felice anche lui che non piovesse più.
"Non piace neanche a te la pioggia?" chiesi incuriosita dal suo atteggiamento.
"Mi ricorda dei brutti momenti." mi disse solo scrollando le spalle.
"La vedi anche tu quella stella?" gli chiesi poi osservandola ancora.
"Si. E credo proprio di dovermene andare adesso." mi disse e senza darmi neanche il tempo di comprendere le sue parole sparí in fretta nel buio della notte lasciandomi ancora più delusa e confusa delle altre volte.
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