~capitolo ventidue~
Hai mai cercato
Fra la gente
Il volto di qualcuno
Che desideri tanto ardemente vedere
Con la consapevolezza
Che potrebbe
Presentarsi davanti a te
Da un momento all'altro
Ma al contempo
Con la certezza
Che quella persona non è lì,
Per essere notata da te?
ALESSANDRO
Scendo dall'auto di mio padre, che con i suoi occhioni neri e accesi mi scruta da sotto gli occhiali spessi.
«C'è qualcosa che non va?» Chiedo.
A volte vorrei che lo chiedessero a me, soprattutto in questo periodo.
«No Ale. Solo...non farti prendere dalla curiosità okay? Non cercarla tra la gente, non la riconosceresti comunque poi no? Non sai neppure il suo nome»
«Tranquillo papà, ho capito, lei non fa parte delle nostre vite» Dico con nonchalance, fingendo non mi importi affatto, di come sia fatta, chissà come sono i suoi capelli, i suoi occhi, la sua voce...
«Ci vediamo a pranzo» Taglio corto.
******
Dopo aver ritirato il mio orario in segreteria, mi viene subito in mente che, nonostante trasferirci qui fosse in programma da mesi, io ho scoperto solo un paio di giorni fa, della "originalità" di questa scuola: Fino ad oggi, fuorché nelle serie TV americane, non avevo mai visto una scuola in cui, si cambiasse classe per ogni materia scolastica; è buffo, guardandomi intorni mi sembra di vivere proprio in una serie o in un libro, nella mia vecchia scuola, c'era solo una sezione, e quindi rispettivamente cinque classi; ci conoscevamo tutti, e quando, di rado, attivava qualcuno di nuovo, aveva tutti gli occhi su di sé, in quella scuola era impossibile non essere inquadrati, ma qui...potrei addirittura sembrare invisibile, dato che non dovrò nemmeno svolgere tutte le mie lezioni con una sola classe.
Arrivo in fretta alla mia prima lezione, ovvero psicologia, che probabilmente non essendo all'Università non si studierà in modo molto approfondito, ma non posso negare che mi entusiasmi sapere come la facciano qui.
Apro la porta ed entro nell'aula, sono già tutti seduti ai loro banchi, e il mio tentativo di non essere notato e camminare nell'ombra, va in fumo non appena tutti si voltano verso di me: una ventina di volti, dai più paffutelli ai più esili, da quelli ricoperti di trucco a quelli semplici, da quelli con espressioni gentili a quelli corrucciati, mi scrutano per qualche secondo, per poi tornare con gli occhi sul proprio banco, o sul professore, sussurrando qualcosa di incomprensibile anche a tale distanza.
«Tu sei...Alessandro Moretti giusto? Siediti» Dice il professore riferendosi a me, ancora in piedi; lo faccio immediatamente, sistemandomi ad un banco in seconda fila, accanto ad un ragazzo dai capelli rossi, con lo sguardo perso fuori dalla finestra, dopo poco si volta verso di me.
«Sei nuovo?» Domanda.
«Si vede così tanto?» Chiedo io di rimando
«Beh, sai, se il professore non ti avesse chiesto chi sei, forse si sarebbe notato di meno, ma hai comunque la faccia...sperduta» Dice ridacchiando.
«Già...hai ragione probabilmente si vede a chilometri che lo sono»
«Tranquillo» Dice ridendo, «Se vuoi dopo ti presenterò i miei amici, magari sarai più a tuo agio, io comunque sono Marco» Ha un tono molto gentile e deciso, penso proprio che diventeremo amici.
«Mi farebbe piacere, io sono Alessandro»
Dopo la nostra piccola "chiacchierata" il professore inizia a parlare e ci ammutoliamo.
«Bene ragazzi, oggi, e per le tre lezioni seguenti, faremo un lavoro un po' diverso dal solito. In queste ultime settimane, ho chiesto agli alunni di due delle mie classi, di scrivere dei biglietti, con delle affermazioni, o delle domande che potrebbero essere utili a tutti. Ora vi starete chiedendo cosa centriste voi con tutto questo, ve lo spiego subito! Il vostro compito sarà, rispondere ai seguenti foglietti, farò attenzione alla partecipazione e alle risposte di ognuno di voi, ed, in base a questo, sarete valutati.
Vogliamo iniziare?»
Passa poco tempo ed abbiamo già letto tre domande, ed un affermazione che non ho ascoltato minimamente, "ora mi devo concentrare" dico sicuro a me stesso.
«Altro quesito, molto curioso tra le altre cose ragazzi..."C'è una domanda che mi pongo da parecchio tempo, la capacità dell'essere umano di essere incomprensibile è alquanto elevata, e questo, spero, lo sappiamo tutti, quindi una cosa che mi chiedo, anche in base a questo, è: Le persone che ci feriscono, ci fanno un torto, ci fanno stare male per loro, interi giorni, e fanno uscire lacrime, urla, strilla, versi soffocati, da più parti del nostro viso apparentemente tranquillo, ci aiutano?...Cioè, voglio dire, è possibile che esse ci diano la capacità, di essere più forti in futuro, o di migliorarci?
Firmato Anna A.»
Rimango immobilizzato per qualche istante, non tanto per la domanda, che è comunque, a parer mio, spiazzante, tanto quanto per la firma.
"Anna A." Potrebbero essere Anna Andante, ovvero il nome che mi ha confidato mia madre segretamente, e se fosse così vorrebbe dire che già il primo giorno, è stata nominata in mia presenza, cosa mi dice che non la rincontrerò presto? Grazie al cielo non so com'è fatta, se la dovessi vedere, non la riconoscerei.
*******
Il mio primo giorno di scuola qui, è terminato, Marco mi ha dato appuntamento al suo armadietto dicendo che mi avrebbe fatto conoscere i suoi amici, e che sarebbero diventati anche i miei.
Cammino velocemente cercando di ricordare il modo in cui ha cercato di spiegarmi dove ci saremmo visti, spero di stara andando dalla parte giusta, quest'istituto è immenso.
Dopo qualche minuto passato camminando per i corridoi, finalmente arrivo in uno, del tutto vuoto fuorché uno ragazzo di media statura, dai capelli rosso fuoco.
«Marco, eccomi qui» Dico correndo verso di lui e tentando di mascherare il mio entusiasmo.
«Hey Ale! Ce l'hai fatta finalmente. Dai vieni, ti faccio conoscere il gruppo»
In cinque minuti arriviamo ad un parco, pieno di gente che corre, bambini che vanno in bicicletta con i loro genitori, o amici, ragazze sui pattini, e cani che rincorrono palline gialle.
È un bel posto, e se non fosse che mi piace correre per conto mio, senza essere costretto ad incontrare più gente del necessario, potrei venire qui a farlo.
Arriviamo in un posto simile ad una piazzetta, con quelle piccole panchine di marmo di cui non ricordo il nome, non so nemmeno se ne abbiano uno in particolare in realtà, ma sono così corte, che due persone abbracciate sedendosici rischierebbero di cadere; ce ne sono una dozzina, quattro di questi sono occupati da quattro ragazzi della mia età, e se lei fosse una di loro?
«Alessandro, loro sono Sara, Beatrice, Giada e Claudio, ragazzi, lui è Alessandro» Faccio un sorriso veloce, tutti tranne Giada ricambiano, e appuro che no, la ragazza che avevo paura ma allo stesso tempo curiosità di conoscere non fa parte di questo gruppo.
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