capitolo sette

Io mi batterò
sempre
Perché tu
Sia mia.
Anche quando
Non saprò di volerti,
Di averti.

ALEC

Forse l'ho trovata.
In questo quartiere ci sono soltanto tre licei classici.
Come faccio a sapere che lei frequenta quel tipo di liceo? Non lo so, ma nella sua borsa c'era un libro, e non dei trucchi come in tutte le altre borse, la cover del suo telefono è nera, e con un pennarello bianco ci sono scritte alcune frasi, sul braccio aveva scritta una cosa a penna...che cos'era? Ah si, mi pare di aver letto:"dovresti smetterla di vedere tutto, impara a guardare", ha un diario, sempre nella borsa, e sulla copertina bianca ci sono altre mille frasi, in tasca aveva un foglio tutto bianco, di cui non ho capito il significato: per quale motivo qualcuno dovrebbe portarsi un foglio vuoto in discoteca? Dentro le iridi nere aveva scritta la voglia di raccontare una vita, triste o felice che sia, la sua vita, e aveva nello sguardo una schiettezza tale, che non si trova più ormai nelle ragazze della sua età.

******

Sono andato davanti a tutte queste scuole, non so nemmeno cosa speravo di capire dato che ormai sono chiuse...forse ci sarei dovuto andare la mattina seguente.

Improvvisamente tornando verso casa, sul muro del primo istituito che avevo visto, leggo una frase che non mi è nuova: "quanto amore c'è dentro il primo sguardo?".
La avevo letta la sera prima proprio sulla cover di Anna:la aveva scritta lei lì.
Sapevo dove andare la mattina successiva.

È qualche minuto che osservo le scritte di quel muro, e in effetti quella di prima non è l'unica che la sera precedente avevo già visto.
Le leggo ad alta voce:
«Ho il difetto di osservare troppo»
«Sarò sempre bloccata nelle loro aspettative»
«i miei occhi parlano.
Tu non sai leggere.»
Continuo a dirle ad alta voce come se potessero in qualche modo entrarmi dentro e parlarmi di Anna meglio di quanto ha voluto fare lei.
«Noi finiremo.
Saremo come uno di quei libri stupendi letti da pochi, uno di quei libri troppo corti, che si leggono lentamente, ma che terminano lo stesso: finiremo.»
Devo leggere l'ultima frase quando sento una voce che mi precede.
-La società ci ucciderà tutti.
Uno per uno.-
Mi volto e la vedo: i capelli biondi scompigliati le incorniciano quel visino da bambina con un espressione troppo adulta, e indossa un maglioncino viola con dei jeans neri, troppo attillati, strappati sulle ginocchia.
È bellissima, così bella da avermi tolto la parola, così bella da farmi quasi piangere, devo alzare leggermente la testa per trattenere le lacrime, sguardo nero, e fisso, leggerezza e spontaneità che le colorano il viso, e il corpicino piccolo ma formoso che la fa sembrare un angelo: mi sono commosso.
-Che c'è non parli?- chiede con un ghigno avvicinandosi, - Non mi saluti? Non saluti un'amica?- si avvicina ancora.
-C-ciao- balbetto, maledicendomi per avere un comportamento talmente infantile in sua presenza.
-Ciao bimbo- sorride sinceramente.
Bimbo? Seriamente?
-Dai, ma che dici? Bimbo? Quanti anni ho angelo?- e da dove mi è uscito adesso angelo?
-Non so...20?-
-27- dico io.
-Te li porti bene bimbo-
-non sono un "bimbo" credo tu lo abbia capito-
-si- le si allarga ancora il sorriso e si avvicina un po di più, essendo oramai solo a qualche centimetro da me.
-Smetteresti di chiamarmi bimbo?-
-Certo BIMBO- dice mettendomi le braccia dietro il collo.
Ma che...?
E poi mi bacia.
Un bacio da sobria.
Un bacio che non sa di alcool.
Sa di fumo, di fumo e di liquirizia.
Un bacio vero: un bacio voluto.
Vorrei dire che inizia il bacio dolcemente per poi approfondirlo, ma invece il bacio è da subito passionale, proprio come la sera precedente non c'è nulla di dolce in tutto questo, eppure è una cosa che adoro.
La vedo aprire leggermente gli occhi, cercando la mia approvazione, che dovrebbe aver trovato immediatamente, e riprende il bacio con ancora più forza di prima.

MARY

Me ne sto seduta a gambe incrociate davanti allo specchio osservando le mie iridi verdi spente, consumate dal colore rosso sangue da cui spesso sono incorniciate.
Ho notato che il colore dei miei occhi quando non piango è molto più acceso, come se il pianto cercasse di cancellarlo definitivamente.

Ormai è un continuo: dopo essere stata a scuola corro a casa e piango, ma non di quei pianti che si fanno sentire per chilometri per i troppi singhiozzi e i respiri affannosi, no, piango di lacrime silenziose, che mi impegno ad osservare nel mio riflesso ogni giorno, e mi dico che prima o poi guardando allo specchio sorriderò e mi piacerò, e non guarderò più i fianchi troppo esili rispetto a quelli delle mie amiche, non guarderò più i capelli troppo scuri che odio, non guarderò più il viso troppo paffuto che stona con il resto del corpo troppo magro, non guarderò più gli occhi sporgenti e troppo grandi, non guarderò nemmeno l'incisivo destro un po storto, non guarderò più la pancia troppo piatta o il fondoschiena inesistente, non guarderò le braccia fragili che nascondo dietro le felpe.
Arriverà il giorno in cui mi guarderò, e semplicemente, sorriderò senza ma né però.

Vorrei essere felice.
Ieri sera lo sono stata, ballando con Luca, e non lo ero davvero da tempo.
Le sue braccia forti mi hanno preso per la vita e mi hanno avvicinato a lui, mi ha guardato negli occhi e mi ha scavato dentro, sorridendo dolcemente. In quel momento mi sono sentita addirittura carina ai suoi di occhi.

Mi volto verso la libreria alle mie spalle e mi alzo in cerca di un libro che mi asciughi le lacrime e mi abbracci meglio di come qualsiasi essere umano potrebbe fare adesso, perché diciamocelo: i libri sono mille volte più fedeli ed utili.

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