EVERYTHING'S NOT LOST✔
Finendo per essere mentalmente e fisicamente prosciugato dopo aver rilasciato così tanto dolore allo scoperto, Minho finì per portare Jisung a casa sua, con le gambe che tremavano non per il peso del suo ragazzo; ma per paura di cosa sarebbe potuto succedere.
"Tesoro, siamo qui. Pensi di poter entrare?" chiese Minho gentilmente, facendo scorrere delicatamente le dita tra i capelli di Jisung.
Il ragazzo più giovane aveva la faccia sepolta nell'incavo del collo di Minho, il più grande era il suo scudo personale dal mondo intorno a lui che aveva cercato così disperatamente di lasciarsi alle spalle. Il biondo scosse la testa, troppo stanco anche solo per tentare un movimento in quel momento.
Annuendo in segno di comprensione, Minho aprì la porta di casa meglio che poteva con una sola mano, e portò il suo ragazzo dentro e su in camera da letto. Era ancora scosso da ciò a cui aveva quasi assistito, Jisung ancora sotto shock per ciò che aveva quasi fatto.
Mettendo Jisung sul letto, Minho gli prese delicatamente il viso tra le mani, asciugando le lacrime rimaste con il pollice. Il suo ragazzo tirò su col naso, sentendo nient'altro che senso di colpa quando vide l'espressione sul viso di Minho.
Il ragazzo dai capelli scuri premette un bacio gentile su entrambe le guance di Jisung, prima di prendere tutte le coperte dal suo armadio e avvolgere il più piccolo. Jisung gonfiò leggermente le guance quando rilasciò il respiro, abbracciando forte le trapunte attorno a sé. Si sentiva ancora insensibile, come se una parte di lui fosse stata lasciata su quel ponte, desiderando che potesse essere liberata.
"Hai mangiato oggi?" Minho borbottò piano, evitando per il momento l'elefante nella stanza perché voleva essere sicuro di potersi occupare prima del ragazzo di fronte a lui.
Jisung abbassò leggermente lo sguardo e alzò le spalle, sinceramente non disposto a parlare in quel momento. Minho, tuttavia, colse a malapena il lieve "un po'..." che espirò.
"Sdraiati e chiudi gli occhi," gli ordinò Minho, continuando a tenere a coppa le guance di Jisung. "Torno subito."
Detto questo, scese rapidamente in cucina, tirando fuori tutto ciò di cui aveva bisogno il più velocemente possibile; non voleva lasciare Jisung da solo per troppo tempo. Non voleva nemmeno pensare a cosa sarebbe potuto succedere in sua assenza.
Sentendosi stordito e leggermente confuso, Jisung accettò il consiglio del suo ragazzo e si rilassò lentamente, con gli occhi fissi sul ventilatore da soffitto sopra di lui. Inspirò lentamente, trattenendo il respiro per qualche istante prima di espirare.
Ogni respiro era un compito ingrato per lui, come se respirare fosse solo un hobby per il quale stava perdendo interesse. Non sapeva quando si sarebbe addormentato, o per quanto tempo aveva chiuso gli occhi, ma dopo quelli che gli erano sembrati solo pochi minuti, in alcuni momenti poteva sentire Minho scuoterlo dolcemente per svegliarlo.
Aveva un sorriso gentile stampato sul viso, anche se sembrava leggermente teso. Jisung lo odiava; sapeva che era colpa sua se il ragazzo che amava era così preoccupato. Non voleva che Minho gli facesse tante storie, lo faceva sentire ancora più pesante.
"Spero che ti piaccia la cioccolata calda," borbottò Minho, sedendosi accanto al ragazzo e porgendogli la tazza fumante.
Usando le maniche come del maglione in modo da non bruciarsi, Jisung lo ringraziò tranquillamente, seppellendosi ancora di più nelle coperte. Un gradito calore riempì il suo corpo mentre prendeva il primo sorso. Non la beveva da molto tempo; i suoi genitori non glielo compravano da quando era piccolo, e fino a quel momento aveva dimenticato quanto fosse bello.
Minho, sentendosi ancora un po' cauto e stordito, intrecciò la sua mano con quella libera di Jisung, facendo scorrere delicatamente il pollice lungo le nocche del ragazzo. Si ripromise, in quel momento, che non avrebbe mai lasciato il ragazzo finché avesse ancora respirato.
"Fatto, angelo?" chiese Minho gentilmente, usando il soprannome che sapeva che Jisung amava. Notò anche che Jisung non teneva più la tazza alle labbra, o era troppo piena per continuare o l'aveva già finita.
Il biondo annuì leggermente e porse la tazza quasi vuota al più grande, che la posò sul comodino prima di rivolgere tutta la sua attenzione al ragazzo di fronte a lui.
Minho si rilassò e aprì le braccia verso il ragazzo, sperando silenziosamente che accettasse la sua offerta di essere abbracciato.
Desiderando il calore e i pensieri più felici che Minho gli forniva ogni volta che lo teneva in braccio, Jisung affondò il viso nel suo collo con gratitudine, chiudendo gli occhi per inalare il profumo confortante della colonia del suo ragazzo. Le sensazioni familiari lo riportarono leggermente con i piedi per terra, anche se una parte del petto gli faceva ancora male; soffriva troppo e sapeva che non si sarebbe sciolto così facilmente.
"Non sei arrabbiato con me... vero?" sussurrò Minho, dando voce alla domanda che aveva avuto in mente fin dal ponte. Temeva che il più giovane si arrabbiasse con lui per quello che aveva fatto, per aver rovinato i suoi piani.
"Certo che no," mormorò Jisung, avvicinandosi ancora di più; come se a quel punto ciò fosse possibile. "T-tu lo sai che ti amo, vero?" disse docilmente il più giovane, nervoso che l'altro avrebbe interpretato le sue azioni come un segno che non gli importava di lui; al punto da lasciarlo.
Non è stato affatto così, in effetti. Tutto ciò che voleva era che il dolore finisse; credeva che sarebbe stato meglio per Minho non dover più occuparsi del fardello del giovane.
"Lo so, tesoro. Anch'io ti amo."
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