Capitolo 5

Una massa informe gli pulsava addosso.

L'odore stucchevole delle creme da sole si mescolava nell'aria a quello umidiccio del sudore e dei corpi ammassati. E sì che era un primo pomeriggio di sole a picco.

Guadagnò con più di qualche nervosismo una delle postazioni beverage, scegliendo quella un po' più discosta dalle zone di ballo sfrenato. Scelta non proprio utilissima, visto che erano stati parecchi dei nuovi arrivati a fiondarsi in quella direzione.

Quanta ketamina e quante anfetamine a ramificazioni le più varie stessero in quel momento saturando la circolazione della folla, non era dato sapere. Di sicuro, in valori assoluti, il numero restituito era impressionante.

Pupille contratte come spilli indicavano la strada a corpi sudaticci che si muovevano sorretti dai ritmi, quasi d'inerzia. Percezioni accelerate indicevano i proprietari di quei sistemi nervosi a brusche frenate ben prima dell'utile.

Dovrebbero specificarlo, quando vendono quella roba: "Spesso gli oggetti ti appariranno più vicini di quanto non siano". Stampigliarlo sulle bustine, come fanno sugli specchietti retrovisori delle auto. Chi arrivava in senso opposto si fermava bruscamente un metro e qualcosa prima, per poi riprendere a muoversi sempre un attimo più tardi dell'utile. Spalla contro spalla era il dogma.

Poi c'erano quelli che tamponavano, quelle che sciamavano sui piedi ridendo sguaiate e trascinandosi in gruppetti di due o tre a polso serrato.

Gettò uno sguardo al fondo della pedana, verso il mare, verso quella che sembrava una uscita da guadagnare con enorme pazienza ed altrettanta difficoltà.

Fosse stata più vicina, al cocktail ci avrebbe ripensato. Tanto valeva pagare in un qualsiasi chioschetto e tornare al lettino e all'ombrellone. Il giornale sotto braccio strofinava mortalmente sotto l'ascella. Ancora qualche minuto e sarebbe stato inservibile.

Prese a farsi strada spingendo con decisione, spostando chi rallentava, scartando rapidamente quando chi lo incrociava si fermava, rallentava, provava a sua volta a spostarsi. Fastidioso, stressante, quasi più del diluvio di bassi che lo investiva, coi woofer poggiati sulla pedana della console e non a terra.

Raggiunse il bancone sgomitando, conquistò il suo spazio tenendo larghe le braccia e ben piegati i gomiti. Uno spintone alle spalle, prima che potesse ordinare, lo fece girare di scatto, sull'onda del nervosismo per la traversata. Sguardo feroce e mascella serrata lasciò andare dalle narici larghe un sospiro lungo e rallentato.

La faccia che si trovò di fronte, incorniciata da treccine bionde, gli occhi dietro delle improponibili lenti a specchio multicolor con serigrafata sopra una A cerchiata su una lente ed il simbolo della pace sull'altra gli fecero chiedere se davvero una craniata su quella faccia da tossica sarebbe servita a qualcosa.

"Scusa è che, sai? Queste spingono da dietro..."

Voce troppo alta, decisamente troppo alta, urlata nell'orecchio perché lei fosse sicura di farsi sentire, galleggiare sopra lo tsunami di cassa in quarti.

Con un gesto della mano dissimulò tornando a voltarsi verso la postazione.

Fretta di ordinare, di riguadagnare l'aria aperta, anche il sole a picco. Tutto, pur di non rimanere ingabbiato lì.

La voce stridula di una delle ragazze al bancone provò a svettare sulla musica.

"Braccialetto e free drink: che prendi?"

Lasciò cadere una cinque euro sul bancone: "Un Monkey Tonic..." la fissò tirando giù gli occhiali "Monkey vero!" e strizzando l'occhio le indicò col mento la banconota stropicciata.

Il caschetto rosso elettrico della bartender si mosse accentuando il movimento compiaciuto della testa. Lo straccetto di filigrana sparì rapidissimo nella sua mano mentre si voltava di spalle per recuperare la bottiglia tozza e panciuta di gin e cominciare la preparazione.

Intanto qualche spinta di troppo sul fianco sinistro comunicò che la spappina dalle treccine bionde aveva guadagnato il fronte del bancone. Ancheggiò, colpendolo sul fianco per attirare l'attenzione, avvicinò le labbra all'orecchio e lasciò andare un fraseggio un po' troppo squillante.

"Cazzo, braccialetto e contanti? Allora l'ho trovato quello giusto!"

Di rimando, lui la guardò senza dire una parola. Certe affermazioni non si esaurivano così velocemente.

"Dai, mi hai capito, no?" In risposta, si limitò a scuotere la testa continuando a cercare gli occhi di lei dietro quel delirio di colori e simboli. Quella, incosciente, gli spinse la spalla con una impertinenza che puzzava di adolescente, di infantile. Continuò ad urlare.

"Oh sì, sì che hai capito..."

Non c'era verso di liberarsene, evidentemente. Accennò un sì con il mento, sorrise inarcando solo un angolo delle labbra, poi quando la ragazza dal bancone gli porse il granity stracolmo di ghiaccio le urlò di farne un altro per lei, indicando Treccine Bionde lì di lato.

Scambio di sguardi: dal dubbioso al severo, quello della barista, complice e assertivo il suo. La ragazzetta con gli occhiali di Janis Joplin si fermò a cercare di capire come sarebbe andata a finire. Quando di fronte agli occhi si materializzò il bicchiere, lo guardò.

"Ma che hai capito?!"

Esplose in una risata fragorosa facendo di no con la mano, quasi salutasse. Tanto meglio, allora. Provò a lasciarla lì, la ragazzina; a far ciao-ciao invece che no al posto che avrebbe lasciato vuoto. Treccine Bionde invece lo artigliò dall'avanbraccio.

"Oh e almeno aspetta... beviamo insieme no?"

Senza aspettare la sua risposta gli si lanciò dietro, approfittando della facilità con cui sembrava fendere la folla, guadagnando l'uscita laterale, quella che invece che sulla spiaggia, dava su un piazzale pavimentato e sulla zona dei cessi chimici.






**Note dell'autore:

Questo romanzo è stato scritto per gioco nel 2015. Non ha nulla a che fare con la splendida pellicola "Lo chiamavano Jeeg Robot", anche se alcuni dettagli potrebbero far pensare a questo. Semplicemente, è la storia di uno che eroe non lo è mai voluto essere. Uno che nella sua vita si è trovato catapultato in vicende e storie davvero troppo più grandi e scomode di quanto non avesse davvero meritato. E giorno dopo giorno prova a vedere se può esserci un domani. E quanto, questo domani, possa essere migliore. Per sé stesso e per le - rare - persone a cui vuole bene.

Al solito, se credete che quel che avete letto meriti, premiate il capitolo con una stellina o un commento per lasciarci il vostro parere. Se poi pensate se lo meriti davvero... potreste anche pensare di condividerla sulla vostra bacheca o nella lista delle storie che seguite.

In ogni caso, grazie di cuore per essere passati e aver dedicato un po' del vostro tempo a questo romanzo.

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