Capitolo 1
Sfilò le chiavi del Voyager dal quadro e le gettò sul sedile del passeggero, quello anteriore.
Si incuneò tra le due poltroncine, accartocciato, guadagnando lo spazio posteriore.
Recuperò l'anello di metallo con le chiavi dell'auto e continuò a muoversi verso il fondo finchè non superò la tenda che divideva l'ambiente giorno da quello che aveva ribattezzato notte.
S'inginocchio accanto allo strapuntino di gommapiuma e con la destra frugò lo spazio sottostante. Pochi attimi: il rumore delle buste di plastica da raccolta dei rifiuti condominiali.
Slegò il nodo che sigillava il primo, srotolò la plastica in eccesso e mise a nudo il corpetto da motocross completo di alette paraspalle e cintura salva-fianchi. Pescò ancora recuperando le ginocchiere ed il parastinchi. Le protezioni per i gomiti furono le ultime che gli capitarono tra le dita. Accatastò tutto in terra, alla rinfusa.
Aprì la seconda busta, più piccola.
Ne cavò una maglietta in tessuto sintetico, maniche lunghe e collo alto ed un pantalone di quelli da snowboard, largo tanto, sulle cosce e dietro il sedere, da poterlo contenere due o tre volte. I pantaloni aderenti in tessuto tattico, neri, li lasciò cadere in terra.
Si sollevò, sfilò le scarpe senza slacciarle e le spinse con l'esterno del piede destro sotto lo strapuntino. Sfilò i calzoncini da mare portandoli su col piede. Non li piegò, semplicemente li lasciò cadere nella busta nera degli abiti.
Infilò subito il pantalone tattico, si sedette in punta su quello che fungeva da divanetto, letto, accomodatoio e infilò le ginocchiere sistemandosele ben strette. Raccolse il pantalone da snowboard e calzò anche quello, lasciandolo però salire solo fino all'altezza delle ginocchia.
Indossò la maglietta nera sintetica.
Il sudore prese ad imperlargli la fronte.
Come ogni volta, da giugno fino ad ottobre, si chiese che male aveva fatto per dover sopportare quel supplizio.
Si sporse oltre il mobile che fungeva da piano di lavoro, opposto alla zona letto, ed aprì il deflettore. Poca roba: era aria calda quella che entrava. Scosse la testa, sbuffò, raccolse la pettorina e la infilò chinandosi per avere più spazio.
"Vedi che succedeva se ti compravi l'Alfa Mito?"
Annuì a quel pensiero lasciando scivolare la protezione che strinse in vita richiudendo le due cerniere poco sotto le ultime costole. Sollevò le due spalliere lasciandole scorrere nelle guide finchè non scattarono con un clack di plastica dura quando furono in posizione.
Allacciò stretta la cintura sui fianchi, col solito fastidio, lasciando che la conchiglia restasse lasca sotto il cavallo. Solo allora tirò su i pantaloni e sistemò le bretelle elastiche passandole sopra la pettorina ed incrociandole attorno al collo.
Lo specchio sistemato poco sopra il banco di lavoro gli restituì la visione della testa, rasata di fresco, imperlata di sudore nemmeno fosse appena uscito dalla doccia. Una stilla scese veloce a rigargli il viso ossuto, lungo la basetta corta ed ispida, fin giù a bagnare la testa della pantera che si arrampicava sulla giugulare destra.
"Te la stai sudando, la cena... - il viso nello specchio gli sorrise di rimando – Tu sei uno che se lo sa sudare il pane!"
Parole a mezzo servizio, buone solo per quella conversazione così intima.
Aprì l'anta sotto il mobiletto di fronte al letto, tirò fuori i moonboot neri ed il collo di pile in coordinato. Calzò gli stivali, infilò il giro di tessuto sintetico e sospirò: fatta!
Guadagnò l'uscita posteriore e prima di far scorrere il portellone sollevò una delle sedute recuperando una felpa nera con cappuccio, anonima, senza loghi o stampe. La infilò e fece scorrere la zip a serrarsi dentro. Fece salire il cappuccio e scrutò la strada nascosto dal vetro oscurato.
Martano dormiva beata in quella notte d'agosto.
Mantenne il portellone con la sinistra mentre lo apriva, per evitare facesse troppo rumore. Sgusciò fuori senza far completare la corsa alla portiera, poi la richiuse con cautela.
"Tre minuti, non uno di più!"
**Note dell'autore:
Questo romanzo è stato scritto per gioco nel 2015. Non ha nulla a che fare con la splendida pellicola "Lo chiamavano Jeeg Robot", anche se alcuni dettagli potrebbero far pensare a questo. Semplicemente, è la storia di uno che eroe non lo è mai voluto essere. Uno che nella sua vita si è trovato catapultato in vicende e storie davvero troppo più grandi e scomode di quanto non avesse davvero meritato. E giorno dopo giorno prova a vedere se può esserci un domani. E quanto, questo domani, possa essere migliore. Per sé stesso e per le - rare - persone a cui vuole bene.
Al solito, se credete che quel che avete letto meriti, premiate il capitolo con una stellina o un commento per lasciarci il vostro parere. Se poi pensate se lo meriti davvero... potreste anche pensare di condividerla sulla vostra bacheca o nella lista delle storie che seguite.
In ogni caso, grazie di cuore per essere passati e aver dedicato un po' del vostro tempo a questo romanzo.
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