Capitolo 7 - Dolore
"It's getting harder to see
The forest from the trees
And what I can't avoid
Keeps coming back to me
Complacent while I kill these empty thoughts
Stuck in a place that I swear I forgot
Does it hurt to know I can't get out?
Well I'm cursed in souls all around."
- Nowhere Left to Sink, Like Moths To Flames.
***
I capelli di Izaya si scompigliavano ogni volta che l'aria autunnale si insidiava tra di loro per smuoverli. Con una mano li raggiunse, realizzando che forse doveva decisamente darci un taglio a quella chioma scura e spettinata.
Si mise a sedere, sentendo le gambe ormai al limite, accanto ad una fontana per osservare le persone camminare di fronte a lui, lasciandosi scappare dei sospiri rumorosi.
Perché era così diverso da loro?
Quando era ancora una creatura dagli occhi innocenti trovava riparo nei libri da cui aveva appreso diverse nozioni anche riguardo alle emozioni che un uomo poteva provare durante la sua esistenza. Ricordò di avere letto la biografia di un famoso scrittore che narrava la sua esistenza su fogli di carta dove sosteneva che, secondo lui, persone erano il risultato di ciò che attraversano durante la loro vita e che, per quanto volessero cambiare e dimenticare ciò che avevano vissuto di traumatico,per qualche ragione non avrebbero dovuto scappare dal loro passato. Perché anche quello ti crea come persona, tutto quanto ha un'importante influenza su di te. Pareva quasi come privare l'albero delle sue radici, diceva.
Aveva avuto modo di farsi us cultura leggendo anche libri di psicologia che analizzano diversi casi di pazienti con patologie. Ricordò in particolare un capitolo di una ragazza che si comportava esattamente come lui causa di traumi prima e durante l'adolescenza, portandola a chiudersi in se stessa e a causare pensieri sbagliati sul suo conto. La sua persona appariva contorta e difficile da capire, eppure Izaya era affascinato da quel personaggio, perché si rifletteva così tanto in lui che gli sarebbe piaciuto avere una persona come lei con cui conversare nella realtà. Sarebbe stata l'unica a capirlo davvero.
Izaya era stato trasformato in un ragazzo con tratti sociopatici, lasciato completamente solo a se stesso. Non gli era rimasto più nessuno per tutto ciò che aveva causato in Ikebukuro. Sarebbe dovuto sparire per sempre insieme al rancore delle persone a cui aveva causato tanto dolore.
Sofferenza, dolore, angoscia. Che brutte parole. Eppure Izaya, prima di causarle, aveva vissuto sulla sua pelle tutto ciò.
Era stato praticamente costretto a prendere diversi psicofarmaci mente era in cura ma l'unica cosa che lo aiutava davvero erano delle pillole per l'ansia da prendere al bisogno che almeno non lo avrebbero trasformato in un vegetale come successo con cure sbagliate.
Lui, un dio che amava gli esseri umani, costretto a sottostare alle regole di persone studiate per farlo riprendere dal trauma subito. Il suo orgoglio e l'indifferenza per le regole imposte dalla società si fecero sa parte per diverso tempo.
Prese il telefono all'improvviso, come se si fosse ricordato che avesse qualcosa di importante da portare a termine. Aveva ancora la memoria di alcuni suoi telefoni -ne possedeva almeno una decina- occupata da messaggi letti e riletti, da parte dei suoi svariati clienti. Mise di nuovo nella tasca della giacca il cellulare, quello che era solito utilizzare di più. Si tastò una gamba benedicendosi mentalmente per aver acconsentito a fare la riabilitazione. Stare su quella sedia a rotelle gli stava ormai facendo dimenticare quanto fosse fantastico camminare per ore per la città, con le mani in tasca e gli occhi a studiare la situazione. Aveva preso una decisione, quindi si impegnò a fondo per riuscire a muovere le sue ossa come prima. Alla fine riuscì nella sua impresa anche se spesso gli capitava di avere ancora dei problemi e dovesse aggrapparsi a qualcosa per non cadere. Ora invece doveva solo sedersi di tanto in tanto e in caso aiutarsi con un paio di stampelle, se avesse avvertito delle fitte esagerate, per non sforzarsi troppo.
Sentì improvvisamente male al ginocchio. Digrignò i denti cercando di sopportare, per poi massaggiarlo delicatamente per alleviare il dolore.
Quando riprendeva a pensare a quel giorno, sentiva dolori ovunque Shizuo lo avesse colpito, come se si trovasse ancora lì in una pozza di sangue e sudore.
Come se il karma volesse fargliela pagare per tutto il dolore arrecato agli altri. A volte si immaginava che ogni persona che avesse ferito in passato gli pugnalasse una diversa parte del corpo ogni volta; che fosse masochista ormai era chiaro, ma il vero motivo era che desiderava redimersi.
Ormai si stava facendo tardi e Izaya aveva un certo appetito. Pensò di presentarsi al locale di Simon, ma il solo pensiero lo fece rabbrividire. Anche quando in precedenza aveva intravisto Mikado, un senso di nausea gli aveva bloccato lo stomaco.
Forse avere sulla coscienza tutte quelle persone che aveva sempre manipolato iniziava a farlo pentire.
Izaya iniziò ad agitarsi ricordando scenari della sua vita fino a quel momento. Cominciòa sudare freddo mentre il cuore gli martellava furiosamente il petto come se volesse allontanarsi. Le gambe iniziarono a portarlo indipendenti verso un edificio abbandonato da tempo. Raggiunse il piano più alto, da dove riusciva a vedere gran parte della città, serrando gli occhi mentre sperava che il vento lo aiutasse a rilassarsi.
Tornare ad Ikebukuro era stata una pessima idea, non sarebbe mai dovuto tornare, non sarebbe mai dovuto tornare, non sarebbe mai dovuto tornare.
Neanche si accorse di stare ripetendo ad alta voce 'non sarei mai dovuto tornare', talmente era sotto shock. Ingoiò tre pasticche di fila avvertendo l'attacco di panico farsi strada nella sua anima senza pietà.
"Hai ragione, non saresti mai dovuto tornare." Una voce roca e triste alle sue spalle lo aiutò a tornare in sè senza che si rendesse conto che l'aveva osservato tutto il tempo durante quel momento di debolezza. Shizuo proprio non voleva lasciarlo in pace, c'era qualcosa che lo spronava a seguirlo ovunque, anche se questo lo avrebbe portato a non staccarsi più da lui.
Oppure volevi dire che non sarei mai dovuto nascere.
Pensò Izaya, ma decise di rimanere zitto, continuando a guardare il panorama che gli si presentava di fronte.
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