Capitolo 79: Lacio drom (Buon viaggio)

La strada che non ha strisce
Sarà la rotta sotto questa luna
Coi suoi problemi, coi suoi compromessi
E che ogni volta non ritrovi mai la stessa

(Lacio drom - Liftiba)

Manfredonia nei mesi estivi si trasforma. Da piccolo e tranquillo centro di provincia qual è durante la stagione invernale, diventa nei mesi più caldi, una cittadina brulicante di gente di tutti i tipi e sempre in fervente movimento.  Me ne rendo conto mentre tento di arrivare a casa di Lele a bordo della ormai mia inseparabile due ruote, a cui il don, è stato costretto a dover dire addio. 

Sul lungomare verso Siponto all'altezza del parcheggio, che nei mesi freddi è spettralmente deserto, ora stanno montando le giostre. Sono arrivate, per il momento, solo alcune roulotte e i giganteschi camion con i loro carichi colorati di attrazioni che,  prenderanno forma nelle prossime ore. 

Mi viene quasi automatico, allungare le gambe, togliendo i piedi dai pedali, per frenare la mia corsa e incantata fermarmi a guardare. Come se sentissi un richiamo, una voce che mi riporta indietro nel tempo, un ricordo che riaffiora alla mia memoria.

Mi rivedo piccolissima, in braccio al mio giovane 'papo' che mi porta in giro in un accampamento. Lo sento parlare con alcuni ragazzi, una lingua incomprensibile. Lo vedo ridere e mostrarmi orgoglioso. 

Un flashback così vivido e improvviso di un ricordo che il mio cervello aveva quasi rimosso e che ora è ritornato prepotentemente nitido. 
A volte la mente fa davvero strani scherzi.
Mi immergo nuovamente nella realtà che mi circonda e mi soffermo a guardare quello che succede intorno a me. Mi sento inspiegabilmente attratta da questo luogo.

Poco lontano da me vedo un gruppetto di bambini giocare su un improvvisato campetto di calcio, delimitato da sassi, con un pallone quasi sgonfio. Ridono sereni, noncuranti della nuvola di polvere che sollevano con il loro sgambettare. 

Più in là invece, tre ragazze più o meno mie coetanee, sono sedute sulle scale d'ingresso di una roulotte e si passano un cellulare facendo dei commenti su una foto. 

Sono la loro carnagione e i loro lineamenti a palesarmi la loro etnia. 

Sono rom, esattamente come una parte di me. 

Io in realtà se ci penso bene non so davvero chi sono. Sono sempre stati gli altri a darmi un'etichetta a seconda delle situazioni.

 Io mi sento rom esattamente quanto mi sento albanese e italiana allo stesso tempo. 

Perchè cazzo dobbiamo sempre definirci con qualche aggettivo? 

Io sono Eleonora e basta. Sono dubbi, ansia, incertezze ma allo stesso tempo sono sorrisi, amore e voglia di vivere.  

Tutte queste mie riflessioni filosofiche vengono interrotte dalla vibrazione del telefonino. È un messaggio di Lele che mi chiede se per caso mi sono persa per strada. Effettivamente l'ho avvisato che mi stavo avviando dalla casa famiglia almeno un'ora fa. Non mi sono neanche resa conto del passare del tempo tanto sono presa dai miei pensieri. 

Rivolgo un ultimo sguardo all'accampamento e risalgo in bici. 

*******

Mentre Lele parcheggia il Tmax all'esterno del 'The last beach' sto mentalmente maledicendo la mia eterna insicurezza e le stronzate che l'altra sera, sconvolta dall'eccesso di vodka alla pesca presente nel mio organismo, ho detto circa il fatto che lui si vergogni di me. 

Evidentemente queste mie confessioni hanno smosso in lui il desiderio di dimostrarmi in tutti i modi possibili che il fatto non sussiste. 

Ha iniziato l'altra notte, pubblicando a mia insaputa, la foto di noi due a letto. 

Sarei falsa se dicessi che la cosa non mi ha fatto piacere. È stato il suo modo per rendere davvero pubblica e ufficiale la nostra relazione. E per uno che non ha mai avuto una storia che durasse più di un paio di giorni, il nostro stare insieme da quasi un mese è davvero una 'relazione'. 

Quando poi questa mattina, dopo essere arrivata a casa sua, mi ha proposto di andare in spiaggia, mi sono trovata costretta ad accettare, ben sapendo che è anche questo un suo modo per darmi conferma che non ha nessun problema a mostrarsi davanti ai suoi amici in mia compagnia. 

E ora eccomi qui a dover affrontarli tutti insieme, perchè essendo domenica, hanno deciso di venire a passare la giornata in spiaggia. 

Se solo me lo avesse detto prima, avrei forse messo qualcosa di più elegante. Ma lui mi ha solo avvisata di indossare il costume e io l'ho fatto, sotto i miei soliti short malandati e la mia magliettina striminzita e leggermente stinta per i troppi lavaggi.

Praticamente mi sento esattamente come mi ha definita Eliana l'altro giorno: una sciattona. 

Smonto dal Tmax e provo a darmi una sistemata, come se la cosa potesse migliorare la mia condizione. Mi giro e lo trovo a fissarmi incantato. Veloce mi aggancia ai fianchi e mi avvicina a se.

«Mmmh piccoletta, quando ondeggi i capelli in quel modo io faccio davvero fatica a non saltarti addosso.» Si impossessa avido delle mie labbra facendomi quasi perdere ossigeno. La sua lingua mi invade prepotente e sento le mie gambe diventare di gelatina mentre soffoco un gemito quando sento le sue mani scendere leggere sul mio fondo schiena per infilarsi nell'ampia sgambatura degli short. 

«Lele dai, ci guardano tutti...» 

«E chi se ne fotte? Guardassero pure. Tu hai un culo magnifico e io ho voglia di toccarlo. Anzi a dire il vero avrei voglia anche di fare altro...» Le sue dita sfiorano quella parte di me che in questo momento scopro essere sensibilissima alle sue sollecitazioni. Soffoco un altro gemito nella sua bocca ma non so come trovo la forza di allontanarmi per cercare di recuperare aria. 

Da lontano vedo Saverio che con passo zelante si sta avvicinando e Lele notando il mio sguardo rivolto altrove si gira e lo inquadra nel suo campo visivo.

«Cazzo Ema, cerca di darti una calmata» dice il barman sghignazzando «Qui mi mandano la buon costume se continuate a limonare così in bella vista!» 

«Ecco, ho provato a farglielo capire» Mormoro sommessamente abbassando lo sguardo e allontanandomi ulteriormente. Merda sto arrossendo. 

Lele sorride per niente imbarazzato mi passa una mano intorno alle spalle e mi attira a se. «Save non rompere, le stavo solo dando un bacetto casto e tranquillo...» 

E mentre ci dirigiamo verso gli ombrelloni occupati dai suoi amici mi sussurra all'orecchio «Comunque quel discorso lo riprendiamo dopo, perchè qui c'è qualcuno che sta soffrendo davvero tanto e non credo si calmerà facilmente!»  

Ridacchiando mi indica con lo sguardo il cavallo dei suo adorati skinny neri. 

«Tu sei una meraviglia Ele» continua stringendomi le mani «E non devi sentirti meno di nessuna di tutte queste bambole con i capelli perfetti e le unghie laccate che sono qui in spiaggia. Perchè come mi fai sentire tu, nessun'altra è capace di farlo!» 

Come posso non amarlo alla follia? 

*********

La mattinata in spiaggia scorre veloce, tra presentazioni varie, risate e grandi bevute di birra. Tra gli amici del Conservatorio mancavano Eliana e un'altra ragazza, Teresa, che altri non era se non la tizia in crop top rosso che avevo incontrato nei bagni del 'The last beach'. Sinceramente non ne ho affatto sentito la mancanza, anche perchè entrambe sono ex scopate di Lele e non so se sarei stata capace di tenere sotto controllo il lato iracondo della mia gelosia in loro presenza.

Lo so che questo mio aspetto caratteriale è altamente tossico. Cerco di fare del mio meglio per tenerlo sotto controllo e non sempre ci riesco. C'è anche da dire a mio favore che avere Lele come 'fidanzato' significa avere uno stuolo di ex abbastanza numeroso da combattere. 

«Dai allora, per questa sera,  va bene per voi un giro al luna park?» A chiederlo a me e Lele mentre stiamo andando via, è Gionatan. Un tipo davvero simpatico con cui ho legato subito. Anche lui frequenta il Conservatorio e studia violino. Naso importante su un viso spigoloso e ancora fanciullesco che si accende in un sorriso accattivante illuminato dagli occhi che sono di un azzurro davvero mozzafiato adombrato a volte da un ciuffo ribelle di capelli neri come la notte. Mi sono poi soffermata a guardare le sue mani e anche quelle non mi sono affatto dispiaciute. Si vede che è un violista, le sue dita sono sottili e lunghe e hanno un tocco delicato che ho potuto saggiare personalmente quando le nostre mani si sono incontrare per il nostro primo saluto. 

Quando Lele ci ha presentati per un attimo sono restata a fissargli  incantata gli occhi, forse un attimo che è durato un po' troppo perchè per la prima volta ho visto qualcosa accendersi nello sguardo del mio ragazzo. È stato un baluginio repentino, un aggrottarsi di sopracciglia seguito da un sorriso tirato. Gelosia forse? 

«Andiamo a casa a farci una doccia e poi vi faccio sapere cosa decidiamo in merito. Ti mando un messaggio Giona e ti faccio sapere se Ele è dei nostri o se deve rientrare!» Lele è rapido nella risposta e non mi lascia modo di intervenire. Come se avesse fretta di allontanarsi. Salutiamo tutti e ci dirigiamo nel parcheggio per recuperare il Tmax. Monto su prima di Lele e infilo il casco in attesa che lui faccia lo stesso, ma mi sorprende salendo alle mie spalle e spingendomi avanti sulla sella. Le sue mani si poggiano sui miei fianchi e sento le sue dita premere forte sulla mia pelle accaldata dal sole e dalla salsedine.

«Ele, sei una cazzo di visione in questa posizione. Ti scoperei qui davanti a tutti!» Mentre parla sposta le mani sulla parte interna delle mia gambe e dalle ginocchia risale lento fino a intrufolarle nello short per accarezzarmi attraverso il tessuto sottile del costume. Di rimando punto i piedi sulle pedane laterali e mi spingo indietro col bacino e lentamente mi struscio contro la sua erezione che il jeans riesce a contenere a stento.

«Ora piccoletta metti in moto e portami a casa perchè è da questa mattina che immagino la scena di te che guidi il Tmax mentre io accarezzo la tua bella fighetta bagnata e credo che tu lo stia sentendo l'effetto che mi fa... » 

«Ma io non ho mai guidato questo mostro!» Piagnucolo mentre lui allunga una mano per armeggiare e mettere in moto. 

«Tranquilla, con una mano ti aiuto io. L'altra invece mi serve!»

Vorrei provare a obiettare, ma le sue dita che ormai hanno spostato il costume e accarezzano leggere il clitoride, non mi fanno vedere le cose in maniera chiara.

«Sei uno stronzo sleale, lo sai?» 

Lo scooter scatta in avanti e io impugno il manubrio per tenerlo dritto e cerco di concentrarmi. Procedo lenta sulla strada che per mia fortuna è quasi deserta. 

Le sue dita ora hanno assunto un movimento lento e circolare e io sotto il casco sto quasi soffocando. 

Merda è così eccitante guidare, accelero un po' sentendomi più sicura. 

Le sue dita ora si muovono più velocemente. 

Affondo gli incisivi pizzicandomi con forza le labbra. Se continua così io non riesco a controllarmi. La sua mano libera aggancia la mia sull'acceleratore e la velocità aumenta. 

Cazzo se mi piace questa sensazione. Nella mia testa ora sento solo il piacere che si sta diffondendo nel mio basso ventre e l'ebrezza della velocità che sta man mano aumentando. Senza accorgermene inizio a muovere il bacino contro le sue dita. Ho come la sensazione di sentirlo sogghignare soddisfatto alle mie spalle. 

L'orgasmo esplode violento e il casco soffoca il mio urlo di piacere. 

Le mani stringono spasmodicamente le impugnature di gomma del manubrio e mentre guardo la velocità salire sul tachimetro mi rendo conto che sto guidando senza il suo aiuto.  

La sensazione che provo è impagabile. Mi sento forte e sicura di me.

La mano di Lele è ancora in mezzo alle mie gambe e le sue dita ora si muovono lente.

Mi fa segno con la mano libera di svoltare in una stradina laterale che termina vicino a un casolare abbandonato. Mi tremano ancora le gambe quando fermo lo scooter, ma lui non mi lascia il tempo di realizzare quello che è appena successo perchè mi tira giù e mi spinge all'interno della costruzione diroccata. 

«Brava la mia piccoletta. Lo sapevo che saresti stata all'altezza della situazione.» E senza lasciarmi il tempo di dire o fare qualcosa, prepotente mi bacia e la sua lingua avida rincorre la mia. 

EMANUELE

Ormai ho capito che Eleonora mi ha fottuto il cervello. 

È come se la sua sola presenza fosse capace di sconvolgere ogni mio equilibrio. Lei è allo stesso modo la mia oasi di pace e la mia eterna dannazione. Riesce a placarmi e contemporaneamente ad accendere in me un istinto quasi animalesco. Ho costantemente bisogno di lei, di possederla, di sentirla mia e se non è con me avverto una mancanza quasi asfissiante. A volte mi accorgo di essere anche quasi brutale con lei e mi rendo conto che questa mia piccola perversione non le è affatto sgradita. 

Anzi.

Come oggi pomeriggio, quando siamo andati via dalla spiaggia. È stato così eccitante darle piacere mentre guidava il mio Tmax per la prima volta. È come sempre non mi ha deluso, non si è fatta vincere dalla paura di non esserne capace. Si è presa con prepotenza il suo orgasmo e l'ebrezza della velocità. 

Io ho perso la testa, letteralmente. Quando ci siamo fermati nel casolare abbandonato le ho  strappato  i pochi vestiti che aveva addosso e mi sono perso dentro di lei. 

Anche ora che sono sotto la doccia quasi fredda, al solo ricordo del suo culo perfetto, arrossato dai miei schiaffi, mi sento mancare il respiro. Mi sono divertito a farla urlare, a farle dire che io per lei sono l'unico, che per lei non esiste nessun altro. 

Perchè porca puttana è mia e io sono geloso come non lo sono mai stato.

L'ho vista come guardava il mio amico in spiaggia e la cosa non mi è piaciuta e gliel'ho detto, dopo il sesso, quando i nostri respiri sono ritornati regolari.  

"Così capisci come mi sento io quando ti trovo con 'quella' del Conservatorio appiccicata al culo!" Mi ha risposto calma. 

E sono stato in silenzio a riflettere, mentre lei mi passava le dita tra i capelli per pettinarli e con l'elastico li legava a coda. Non ho saputo risponderle nulla, l'ho stretta a me e l'ho baciata, forte, come piace a lei. 

«Ferma il tempo Lele, ti prego, fermalo ora, qui, io e te, il sole che tramonta, questo casolare abbandonato e la tua bocca che sa di sale...» 

Me lo ha detto sulle labbra e a me è quasi tremato lo stomaco, perchè mai nessuna ha speso per me parole così. 

*******

Sono quasi le due quando salutiamo gli amici che continuano il loro giro al luna park. 

È stata una bella serata ed Eleonora non mi ha mollato di un passo, perchè alla compagnia si sono aggiunte sia Eliana che Tizzy. 

Quest'ultima l'abbiamo incontrata per caso sul lungomare e avendo notato lo sguardo interessato di Gionatan sono stato ben felice di chiederle di unirsi a noi con la speranza che così il mio amico si tenesse occupato ed evitasse di rivolgere occhiate languide alla mia Ele. 

Peccato però che Tiziana, da perfetta rompicoglioni qual è, non mi ha staccato gli occhi di dosso neanche un secondo ed Eliana ha continuato per tutta la serata a fare battute pessime sui gestori delle giostre e sulla loro etnia. 

Ele è stata bravissima a ignorarle a modo suo. Si è divertita costantemente a marchiare il territorio, rubandomi baci mozzafiato ogni qualvolta entrambe si avvicinavano troppo a noi. Devo dire che mi sono fatto usare volentieri e anche ora, che per raggiungere il parcheggio, stiamo tagliando attraverso l'accampamento delle roulotte dei giostrai, ci siamo fermati per baciarci ancora. 

Non smetterei mai di farlo. 

«Lačhí rat!» (Buonasera!)

Una voce femminile ci fa sobbalzare e interrompe drasticamente le nostre effusioni. Eleonora si allontana bruscamente e la vedo assottigliare lo sguardo per capire la provenienza del suono. 

Alla nostra destra, la debole luce di un lampione stradale, illumina un piccolo gazebo che fa da ingresso a un camper. Su una sedia a dondolo in legno c'è una donna di età indefinita che ci sta osservando. 

Quasi senza rendermene conto, con fare protettivo, allungo il braccio verso Ele e la stringo a me. Lei mi guarda di traverso e si scosta quasi con rabbia. 

«Hai paura che ci possa aggredire?» Mi sibila con un tono nervoso.

Quasi in stato ipnotico la piccoletta si avvicina alla sedia e sorride alla donna, che ora mettendo a fuoco, noto essere molto anziana. Il suo volto, dalla carnagione olivastra e  rugosa si allarga in un sorriso benevolo quando sente la mia Ele parlare. Io invece mi blocco per lo stupore.

«Lačhí rat!Sar san?» (Buonasera! Come va?) La piccoletta lo dice lentamente, quasi meravigliandosi dei suoni che la sua bocca emette. Come se quelle parole emergessero dalle profondità di un sogno. Si volta verso di me e si accorge del mio sguardo dubbioso. 

«È romanì, la lingua di mio padre. Non sapevo di ricordare queste parole.» Sento ansia nella sua voce, come se avesse paura di se stessa.

La donna le fa segno di sedersi su uno sgabello vicino a lei ed Eleonora obbedisce, in silenzio. Io mi avvicino, non per diffidenza verso l'anziana, ma perchè noto che la piccoletta è nervosa, la vedo pizzicarsi le labbra con i denti. 

«Ti ho vista questa mattina, eri in bicicletta, ti sei fermata a guardare l'accampamento, vero?» Si esprime lentamente l'anziana, scandendo bene le parole. Si intuisce che non è la lingua che parla abitualmente.

Ele fa sì con la testa.

«Sei romanì anche tu vero? I tuoi capelli, i tuoi occhi, qualcosa di te mi ha fatto capire che sei una di noi!»

«Mio padre...» Sussurra mentre la vecchia signora le prende le mani e se le porta sulle ginocchia. 

«Sei molto bella... Sar bučhós? (Come ti chiami?)»

«Eleonora...»

«Sei molto bella e molto triste Eleonora, si vede dagli occhi.» 

«Oh no, ora sono felice!» Risponde sicura la piccoletta e sorridendo si volta a guardarmi. «Ora c'è lui e io sono felice...»

E il mio cuore, a queste parole vola in alto. 

L'anziana ci guarda e lentamente volta la mano destra di Ele e le fissa il palmo aperto, accarezzandolo con un dito.

La piccoletta cerca di ritrarla, e scuote la testa. Ha capito che la vecchia signora vuole leggerle la mano per predirle il futuro. Leggo la paura nel suo sguardo. Improvvisamente e bruscamente si scioglie da quella stretta e si alza avvicinandosi a me.

«Andiamo via Lele!» È letteralmente terrorizzata ora.

La stringo a me per cercare di quietarla e guardo male la tizia che continua a dondolarsi sulla sedia. È inquietante, ma evito di fare commenti, già sento che la piccoletta sta tremando.

« Ačh!(Aspetta!)» 

«No!» Risponde secca Eleonora e mi strattona per farmi capire che vuole allontanarsi in fretta. 

«Lacio drom, bella e triste Eleonora, sei solo all'inizio...» Sento le parole dell'anziana mentre ci stiamo allontanando velocemente.

«Che cazzo ha detto Ele?»

La piccoletta ingoia a vuoto e scuote la testa. «Non lo so... Non ho capito! Non ho sentito!»  

La sento rabbrividire.

E invece Eleonora ha capito benissimo...

Grazie a tutti per aver avuto la pazienza di aspettare questo nuovo capitolo!

Se vi piace commentate e lasciate una stellina. Non ve ne sarò mai grata abbastanza!

Sono curiosa di sapere le vostre ipotesi sulle parole della vecchia signora rom. Cosa avrà voluto dire? 

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