Capitolo 78: Due satelliti
Siamo solo due satelliti
Che si crederanno liberi
Su quest'orbita si gira
Senza mai uscirne fuori
(Solo due satelliti - Marco Mengoni)
ELEONORA
«Tranquillo Samu, fa con calma e vedrai che andrà tutto bene. Ora li lego in una coda e lascio fuori solo la parte che devi rasare!»
Era da un po' che bolliva in pentola l'idea di dare un cambio alla mia pettinatura e oggi è proprio la giornata giusta per farlo e finalmente sono riuscita a convincere Samuel a darmi una mano. Avrei potuto forse scegliere di andare dal parrucchiere, ma io in zona non ne conosco nessuno e diffidente per natura come sono, ho preferito affidare al mio fedelissimo amico il ritocco al mio scalpo.
Voglio rasare i capelli solo sulla sinistra, un po' prima dell'attaccatura dell'orecchio. Se li porto sciolti, non si nota neanche. Se invece decido di legarli o di cambiare riga, è più evidente.
Lo so che può sembrare una stronzata, ma a me piace. Mi dà la sensazione di sembrare più aggressiva, più sicura di me. Corrisponde all'idea che esternamente voglio dare della mia persona.
Mi sono rotta il cazzo di sembrare una ragazzina insicura. Poi come mi sento io dentro, sono fatti miei!
«La fai facile, e se sbaglio?» Samu mi fissa implorante. Non se la vuole proprio prendere la responsabilità di usare il suo regola barba, per dare una ritoccatina alla mia chioma.
«E che palle che sei, che cazzo ci vuole. Metti alla prima tacchetta il pettine e poggia qui...»
Gli prendo la mano e lentamente lo guido. Tempo dieci secondi e un bel ciuffo di capelli vola sul pavimento e io osservo soddisfatta il lavoro appena terminato.
«Visto? È stato difficile?» Di fronte allo specchio guardo attenta il mio viso. Prima a destra, poi a sinistra. Perfetto, era proprio quello che volevo.
Samuel mi guarda, scuotendo la testa. Sorride e mi sposta i capelli scoprendo la parte rasata.
«Bellissima, ora sì che sei davvero 'aggressive'!» Ridacchia, virgolettando con le dita l'ultima espressione usata.
«Vaffanculo Sam! Che ti sfotti?» Lo strattono e gli mollo una finta sberla.«Ora fai il bravo e mi porti al centro Caritas da Falapa a farmi fare l'elix e i fori per gli orecchini. Vero amore mio?»
«Fa.la.la!» Scandisce lentamente. «Non è mica complicato come nome?»
«Falapa, Falala o come cazzo si chiama. A me basta che mi buchi senza farmi soffrire troppo e senza chiedermi un euro, poi il nome lo imparo, giuro!»
Samuel alza gli occhi al cielo. «Ci aspetta tra un'ora. Muoviti che così ci avviamo e andiamo con calma.» E fa per andarsene, poi si blocca e lo vedo togliere il cellulare dalla tasca.
«Se lo riaccendi te lo butto dalla finestra!» Ringhio minacciosa.
«Devo solo mandare un messaggio a Saverio, mi avrà dato per morto! Per favore!» Mi supplica.
«Due minuti e non di più. Scrivi quel cazzo di messaggio, avvisalo e poi spegni. Non voglio che Lele ti usi per arrivare a me. Non mi va di sentirlo, non prima di andarlo a prendere in Conservatorio. Per favore...»
«Ma avete litigato?» Mi chiede curioso, ammiccando.
«No, macchè, lui proprio non c'entra. Voglio solo prendere tempo per cercare di calmarmi.»
«Ma allora avete litigato? Da cosa ti devi calmare altrimenti?» Insiste.
«Non è lui il problema. Ora sparisci che mi devo fare una doccia.»
Spero che il getto di acqua tiepida riuscirà a farmi rilassare almeno un pochino, è da questa mattina che mi sento tesa come una corda di violino e ho ancora lo stomaco sotto sopra. Mi auguro che tenermi impegnata mi aiuterà non pensare alle parole del padre di Lele, che come un macigno, pesano ancora sulle mie spalle.
EMANUELE
Il ronzio del condizionatore dell'aula di solfeggio mi sta logorando il cervello. In questo momento mi ricorda il suono del trapano del dentista, un suono fisso e acuto che mi fa rimbombare la testa e che mi snerva.
Questa giornata è iniziata nel peggiore dei modi e sta procedendo anche peggio.
Appena ho aperto gli occhi e mi sono accorto di essere solo nel letto, mi sono incazzato. Dopo la fantastica serata di ieri, svegliarmi e non trovare Eleonora al mio fianco mi ha fatto girare i coglioni. Poi dopo aver guardato l'ora, le nove, ho capito il motivo della sua assenza e ho provato razionalmente a calmarmi.
So perfettamente che prima delle sette deve essere di ritorno in casa famiglia altrimenti sono casini, ma, se non voleva svegliarmi, almeno un messaggio, due parole in croce, poteva lasciarmele, per salutarmi e darmi cenno di se. Invece nulla. La nostra chat di WhatsApp si ferma a ieri pomeriggio, quando mi avvisava che dovevo aprire il cancello perché lei era arrivata con la sua bici.
Poi il nulla assoluto.
Le ho scritto per chiedere se fosse tutto a posto, se avesse avuto problemi al rientro, con il don. Solo una spunta, come se non avesse la connessione attiva. Ho provato a chiamare ma mi risponde la voce metallica della segreteria telefonica. La stessa cosa sul telefono di Samuel. So che a volte dalle loro parti non c'è campo e che quindi i telefoni fanno problemi, ma non riesco lo stesso a essere tranquillo.
Non faccio altro che sfilare e rinfilare nella tasca il cellulare per vedere se arriva qualche notifica.
«Maestri!» Il richiamo della professoressa mi fa sobbalzare. «O ti alzi e vieni a lasciare il tuo telefono sulla cattedra o lo dai alla collega alle tue spalle. Non ti do alternative. Sarà la decima volta che ti vedo lasciare lo spartito e distrarti dall'esercizio. Mi sono stufata!» Ora praticamente sta urlando.
«Ha ragione, mi scusi, lo do a Eliana e riprendo l'esercitazione. Mi scusi davvero, lo facevo meccanicamente senza rendermene conto!» Meglio mostrarmi arrendevole onde evitare inutili rappresaglie. Ci tengo a come mi presenterà all'esame e non voglio inimicarmela.
Quella stronza di Eliana ridacchia quando le passo l'iPhone e le faccio segno di poggiarlo sul banco. Ma neanche a dirlo, lo prende e lo infila in borsa. Non perde occasione per dimostrarmi che scoparla è stato uno dei miei più grandi errori mai fatti. Odiosa vipera!
Dopo neanche dieci minuti, mentre io sono ancora alle prese con il malefico esercizio di composizione musicale, la vedo alzarsi e consegnare il suo elaborato. Parlotta con la professoressa e si avvia verso l'uscita della classe.
Vorrei ricordarle che ha il mio telefono e che dovrebbe restituirmelo. Ma lo sguardo gelido dell'arpia in cattedra, blocca ogni mio tentativo di reazione. Addio cellulare. Spero solo che Eliana mi aspetti fuori per restituirmelo.
ELEONORA
Il caldo di questo pomeriggio di agosto è quasi asfissiante.
Falala per agevolarsi nel lavoro di 'foratura' mi ha legato i capelli in una treccia laterale e questo almeno mi permette di soffrire meno, sotto i raggi del sole ancora alti, mentre attraverso la strada quasi deserta che porta al Conservatorio.
Nonostante lei sia stata bravissima, nel suo paese lo faceva come lavoro, e io non abbia sentito alcun dolore, ora ho entrambe le orecchie che pulsano. Mi ha spiegato, nel suo italiano stentato, che è normale e che l'unica cosa che posso fare è continuare a disinfettare le zone trattate.
Ora al lobo dell'orecchio destro ho due cerchietti argentati, più su c'è l'elix, un anellino con una mezza luna pendente. Al lobo dell'orecchio sinistro un cerchio sempre argentato e come pendente la 'mano di Fatima' che mi ha regalato Falala. Mi ha detto che nel suo paese donarla vuol dire augurare fortuna, ricchezza e gioia a chi la riceve. Sinceramente sono cose di cui ho davvero bisogno e ricevere un regalo da una persona che sa cosa significa soffrire, mi ha reso davvero felice.
Io, Falala e Samuel siamo onde dello stesso mare. Lei che ha lasciato la sua terra, l'Etiopia, devastata dalla fame e dalla guerra civile è esattamente come me e il mio amico, costantemente alla ricerca di un futuro e di una stabilità che sembrano miraggi lontani.
Ho mandato a Lele un paio di messaggi per avvisarlo del mio arrivo, senza ottenere alcuna risposta. Un pò me lo aspettavo. È da questa mattina che cerca di mettersi in contatto con me senza riuscirci. Me ne sono accorta quando ho riacceso il telefono. Un paio di chiamate e una serie infinita di messaggi dal tono sempre più preoccupato.
Ora invece il silenzio.
Mi inventerò una scusa per la mia sparizione. Non mi va di dirgli dell'incontro con Ninni Maestri e di quello che mi ha detto. Hanno già i loro problemi e non voglio inserirmi anche io tra le loro dispute familiari. Anche se sarei davvero curiosa di sapere da Lele chi è quella Tiziana di cui mi ha parlato il padre.
Lo avviso che sono fuori ad aspettarlo. So che ha un'esercitazione scritta di una non ben identificata materia musicale di cui non ricordo il nome, e sicuramente mi risponderà appena avrà finito.
Accendo distrattamente una Camel e cerco un posto all'ombra. Con le dita sfioro leggermente le mie orecchie, per poi passare alla sfumatura dei capelli. Sono davvero soddisfatta di questa mia novità estetica.
Non so neanche io come spiegare la sensazione che provo. Mi sento più me stessa. È come se un pezzo alla volta, stia costruendo la vera Eleonora. È come se stessi progettando una nuova me. Come se piano piano volessi abbandonare la me bambina per lasciare spazio alla donna che sto diventando.
Riprendo il cellulare e vedo che sulla chat di Lele le spunte si sono colorate di blu. Ha letto, infatti ora è online, ma non risponde. Aspiro nervosamente un tiro di sigaretta, l'ultimo. Senza accorgermene stavo quasi bruciando il filtro. Schizzo via la cicca e sento dei passi dietro di me. Un ticchettio di tacchi alti. Mi giro sapendo già chi mi ritroverò alle spalle: confettino rosa!
Mi squadra da capo a piedi e io istintivamente porto la mano all'orecchio dove pende la mano di Fatima. Come se toccarla potesse infondermi una maggior dose di sicurezza in me stessa, di cui ora sento assolutamente il bisogno.
Un sorrisetto di circostanza le increspa le labbra, che neanche a dirlo, sono colorate da un gloss rosa.
Più la guardo da vicino e più mi chiedo cosa Lele ci abbia trovato in lei di tanto interessante. Chissà perché, ho come la sensazione che lei stia facendo ora la stessa considerazione su di me.
La vedo allungare la mano per porgermi un telefono. È l'iPhone di Lele, lo riconosco benissimo. Perché lo ha lei?
«Ehi, tranquilla, non c'è bisogno che mi squadri con quell'aria minacciosa. Volevo solo darti il telefono di Emanuele... Io devo andare via e non posso aspettare ancora per restituirglielo.»
«A dire la verità non ti stavo squadrando affatto con aria minacciosa. Mi chiedevo solo cosa volessi da me. Comunque visto che nessuno ci ha mai presentate, io sono Eleonora!» Non so davvero da dove mi salti fuori tutta questa cordialità nei suoi confronti, ma almeno, le basi della buona educazione penso di conoscerle meglio di lei. Le porgo la mano, ma lei non contraccambia affatto il mio gesto gentile. L'unica cosa che fa è passarmi il cellulare e continuare a sorridere come una deficiente.
Rigiro il telefono nervosamente tra le mani. Perché lo ha lei e non il diretto proprietario?
Forse si rende conto che sto per formularle questa domanda e si affretta a squittire col suo tono petulante. « Durante il compito di composizione Emanuele non faceva altro che guardare il telefono e allora la prof gli ha intimato di lasciarlo sulla cattedra ma lui, sai com'è, ha preferito darlo a me!»
«No, non so com'è. Ma comunque va bene così. Grazie per averlo preso tu!» Tutta questa mia gentilezza continua a sorprendermi. In realtà fremo dalla tentazione di sfancularla, ma mi trattengo a fatica. Mi sta trattando con un'aria di sufficienza che mi urta al cazzo!
«Ah scusami se distrattamente ho letto i messaggi che hai scritto, ma l'ho fatto meccanicamente. Solo dopo ho realizzato che non fosse il mio telefono! Che sbadata!» La sua risata da oca mi fa rabbrividire.
Cazzo quanto la detesto!
Come cazzo le è saltato in testa di leggere i messaggi? La cosa mi dà estremamente fastidio e credo che l'espressione del mio viso non riesca a celare il mio disappunto. Come si è permessa di spiare il telefono di Lele?
«Bella la foto della schermata di blocco!» Continua a ridere e a parlare, peccato che io proprio inizio a non sopportarla più.
«Certo che Ema avrebbe potuto scegliere una foto più romantica... Sei tu vero? Oh, ma forse sto commettendo una gaffe? Tutto sommato potresti anche non essere tu? Il viso certo non si vede...» E continua a ridere.
Lei ride e io mi incazzo. Mi sta provocando, è palese. Ed è palese anche che ci stia riuscendo alla perfezione. Sto lentamente e metodicamente perdendo la pazienza, anche perché non so che foto abbia Lele sulla schermata del suo telefono. Abbasso lo sguardo e lo sblocco, a questo punto sono curiosa di sapere di cosa stia parlando il confettino.
Appena vedo la foto mi viene da ridere e non riesco a trattenermi. Ma quanto può essere cazzone quel ragazzo? Come si fa a mettere al proprio telefono una foto del genere? So per certo di essere io il soggetto in questione e so anche quando l'ha scattata: la mattina prima di partire per Firenze, quando siamo andati insieme al mare.
È il genere di foto in cui Lele ama ritrarmi e devo dire che sono venuta davvero bene. Sono io a bordo del suo Tmax, di spalle, completamente nuda.
«Tranquilla, sono io. Non avrebbe motivo di mettere foto di altre ragazze...»
«Beh certo, non credo che ce ne siano tante disposte a farsi fare foto del genere? Non credi?» Lo dice con una faccia schifata, neanche parlasse di chissà quale immagine oscena e accompagna le parole con un eloquente gesto della mano a indicarmi. Come a dire che solo una come te si fa fare foto così! Il disprezzo nei miei confronti è palpabile sia nelle parole che ha utilizzato, sia nel gesto che le ha accompagnate.
«Io invece credo che non ci sia nulla di strano in quella foto. Me l'ha fatta il mio ragazzo, con il mio consenso. Quindi dov'è il problema? Se vedessi le altre, cosa penseresti? Che siamo due pervertiti?»
Non so perché, ma ho una strana voglia di provocarla per vedere fino a che punto arriva l'avversione che ha nei miei confronti e cosa ha realmente visto nella galleria del cellulare.
«Le ho viste le altre, purtroppo!» Sibila risentita. «Che schifo!»
La mia provocazione ha colto il segno. Quello che prima era solo un sospetto ora è una certezza. Altro che 'sbadatamente'! Lei i contenuti del telefono li ha guardati con molta attenzione.
«Come ti sei permessa? Ma chi cazzo credi di essere tu per sentirti autorizzata a spiare nelle cose private di Lele?» Non riesco proprio a trattenermi e mi rendo conto che faccio fatica a rimanere immobile e a non avvicinarmi a lei per cancellarle a suon di sberle quell'espressione saccente che ha dipinta sul viso.
«Sono una sua cara amica, ecco chi sono! Da quando ti frequenta è cambiato, e non in meglio sicuramente. Ha sempre la testa tra le nuvole, sempre distratto. Anche qui in Conservatorio non è più lo stesso, sembra che la musica non abbia più interesse per lui! Come se non ricordasse neanche che tra qualche settimana ha l'esame di ammissione! La colpa è solo tua!»
È talmente arrabbiata che le si sono alterati i lineamenti del viso. Altro che 'confettino rosa', sembra diventata una strega inviperita. Sprizza veleno da ogni fibra del suo essere!
«A causa tua rischia di arrivare impreparato agli esami! Finirà per rinunciare ai suoi sogni e deluderà sicuramente i suoi genitori! Ma cosa ne vuoi capire tu di sogni e realizzazione personale? Come può una come te capire cosa significa? A te basta farti fotografare con il culo nudo per sentirti appagata! Basta riuscire a scopartelo per sentirti realizzata! Queste sono le tue uniche ambizioni! Cosa hai in comune con lui? Scommetto che le sole cose che fate quando state insieme riguardino solo il sesso e niente altro! Ma guardati, ci volevano solo i capelli rasati per peggiorare quell'aria da sciattona che hai perennemente addosso! Ti sei mai chiesta perché Emanuele non ti faccia frequentare le sue amicizie? Ti sei mai accorta che siete sempre da soli tu e lui? Fattele due domande. Forse si vergogna di te? Ci arrivi da sola o no?»
No, anche questo non riesco a sopportarlo. Prima il papà di Lele e ora questa stronza di Eliana. Entrambi hanno emesso la loro condanna a quello che sono e che rappresento. Una condanna fatta di luoghi comuni e pregiudizi. Una condanna a cui non è concesso appello alcuno.
La mia mente si affanna a cercare una risposta a tutte queste accuse. Ma faccio fatica, non riesco ad articolare alcun suono, come se il respiro si fosse bloccato nei polmoni. Ingoio a vuoto e come questa mattina, il senso di nausea mi assale violento.
Non sono quella che lei dice, non è vero che non so cosa siano i sogni e il desiderio di realizzarmi!
È che la mia vita è sempre stata diversa dalla loro, ho sempre dovuto stringere i denti e chiudere i miei sogni in un cassetto con la speranza che le cose potessero cambiare e che anche io prima o poi potessi avere una vita serena.
Porca puttana ho solo quasi diciassette anni!
Che problema c'è a voler vivere come una ragazza della mia età?
A me va bene anche solo quello che ho ora, questa piccola normalità che sono riuscita a costruirmi a fatica.
Sì, mi sta bene anche solo passare qualche ora con Lele a fare l'amore, e a farmi fotografare per illudermi che lui non possa mai dimenticarsi di me!
Che cazzo di male c'è?
Sono forse una stupida sognatrice perché pur sapendo che sono solo ancora una ragazzina fantastico su un nostro futuro insieme?
Perché io quando sono con lui mi sento al posto giusto.
Perché lui è la luce nella notte buia che è stata la mia vita fino a quando l'ho incontrato.
Perché lui è come un fuoco di artificio che mi stupisce gli occhi e mi scalda il cuore.
«Ma come ti permetti di giudicarmi così? Chi cazzo ti credi di essere? Non mi conosci, non sai nulla di me e della mia vita! Come puoi sapere quali siano i miei sogni e le mie ambizioni? Sì, perché ti potrà sembrare strano, ma anche una povera sfigata come me li ha!»
Cazzo sto gridando. Proprio non riesco a contenere la rabbia e il risentimento che le sue parole cattive hanno scatenato in me. Più urlo e più mi avvicino a lei, e lei indietreggia spaventata da questa mia reazione inaspettata.
Non sono una persona violenta, ma davvero è riuscita a innescare in me una strana voglia di farle del male.
Lei arretra fino a urtare con le spalle il portone d'ingresso del Conservatorio.
«Ele, che cazzo fai?»
Il richiamo di Lele mi fa sobbalzare. Ho come la sensazione di essermi appena svegliata da un incubo. Sono praticamente addosso al 'confettino' che mi guarda terrorizzata.
Cazzo ho davvero perso il controllo.
«Io... Scusa, non volevo... Ma lei...» Balbetto confusa quella che dovrebbe essere una spiegazione al mio atteggiamento rissoso. Ma le parole proprio non vogliono saperne di ordinarsi in un discorso sensato. L'unica cosa che riesco a fare è porgere a Lele il suo telefono prima di andarmene.
Non voglio parlare con nessuno, ora voglio restare da sola, con la mia rabbia e la mia delusione.
Prima di svoltare l'angolo riesco a sentire il tono scontroso di Lele nei confronti di Eliana «Cosa cazzo le hai detto per ridurla così?»
Attraverso velocemente la strada incurante dell'intenso traffico del tardo pomeriggio e del semaforo che per me indica rosso.
Un auto inchioda a pochi centimetri da me e le urla dell'autista incazzato mi giungono ovattate.
Si fottesse anche lui.
Fottetevi tutti.
Continuo a camminare affannata, cercando di ricordare la strada per raggiungere il nodo intermodale vicino alla stazione, per prendere il primo bus per Manfredonia.
Voglio tornare a casa.
Al sicuro tra le mura della casa famiglia.
L'unico posto dove c'è qualcuno che mi ama per come sono e non mi giudica.
Mi giro, con la speranza di vedere se Lele mi ha seguita.
Dietro di me il vuoto, non c'è nessuno.
Per la mia scarsa autostima questo non è che la conferma a tutti i dubbi che Eliana, con le sue parole, ha subdolamente instillato in me.
Salgo sul bus e mi siedo al primo posto libero e quando l'autista chiude le porte per partire io sento il mio cuore spaccarsi in due.
EMANUELE
Questa volta Eliana ha davvero esagerato. Sono stato chiaro quando le ho detto che la doveva smettere di trattare Eleonora di merda. È inutile che ha provato ad arrampicarsi sugli specchi con scuse del cazzo. La piccoletta non avrebbe mai reagito in quel modo se non ce ne fosse stato motivo.
Chiaramente non mi ha spiegato cosa le ha detto e quindi cosa ha innescato la rabbia in Ele. Ma sicuramente non saranno state paroline dolci e affettuose.
La cosa che però mi fa girare i coglioni è che come al solito vengo coinvolto anche io nelle reazioni incontrollate di Eleonora. Come sempre è scappata. Mi ha mollato il telefono e si è dileguata alla velocità della luce. Ho fatto appena in tempo a notare qualcosa di diverso in lei, ma non sono riuscito a focalizzare cosa. Il tempo di prelevare il Tmax dal parcheggio e seguirla nella direzione che aveva preso, e puff... Sparita!
Sento, nella tasca del jeans, il telefono che vibra insistentemente. Fermo lo scooter per rispondere. Purtroppo la delusione di non vedere 'Piccoletta' sul display dell'iPhone è tanta.
È solo mia madre.
Valuto seriamente la possibilità di rifiutare la chiamata, perderei solo tempo a parlare con il rischio di non riuscire più a raggiungere Ele. Se sapessi però dove raggiungerla. Dove cazzo starà scappando?
«Mà? Che c'è?» Non riesco a mascherare il mio tono annoiato.
«Ema, scusami, ma non le hai viste tutte le chiamate che ti ho fatto? Parlare con te è una cosa impossibile!»
«Non avevo io il telefono!» Chioso brevemente, ho fretta e spiegarle in che mani era il mio cellulare mi farebbe perdere solo altro tempo prezioso. « Cosa mi dovevi dire di così importante?»
«Hai visto Eleonora per caso?»
Mia madre riesce sempre a sorprendermi con le sue uscite! Da quando in qua si interessa se mi vedo con Ele?
«Diciamo che l'ho vista di sfuggita e vorrei andare a riprendermela se mi spieghi velocemente il senso di questa tua domanda!»
«Il senso è presto detto! Tuo padre come al solito combina solo casini! Questa mattina ha fermato la tua ragazza mentre stava andando via e ha sparato la sua solita dose di cazzate e cattiverie quotidiane!»
«Cosa?» Sto decisamente incazzandomi.
In una concitata telefonata di circa dieci minuti, mia madre, tra un mio urlo e l'altro, mi ha raccontato per sommi capi il dialogo tra quel rompicoglioni di mio padre e la piccoletta. Dialogo riferitogli da lui e quindi sicuramente modificato a suo favore.
Tutto ora mi appare ben chiaro.
Ecco perché Eleonora non ha risposto alle mie chiamate e ai miei messaggi. Sicuramente voleva tenermi all'oscuro di tutto ed evitarmi per un po', le sarebbe stato utile per smaltire la rabbia. Poi però è comunque venuta a prendermi in Conservatorio e quella perfida di Eliana le avrà fatto perdere definitivamente la pazienza.
Capisco ora la sua reazione quasi violenta. Sfido chiunque nei suoi panni.
Piccola Ele perché sei andata via? Scappi sempre. Mi tagli sempre fuori. Perché non ti sei fermata a parlarne con me?
Riavvio il Tmax, con la speranza di riuscire a raggiungerla. Quasi sicuramente sarà andata a prendere il bus per tornare in casa famiglia. Sfreccio nel traffico cittadino, ma la mia è una corsa inutile: il bus è già partito.
Cazzo che rabbia. Provo a chiamarla, ma dopo due squilli parte la solita segreteria telefonica.
Eleonora ha deciso di isolarsi dal resto del mondo.
Poco mi interessa, voglio raggiungerla e capire cosa le frulla in quella graziosa testolina che si ritrova. Voglio capire il motivo che l'ha portata a scappare da me.
Avevo deciso di passare la notte a casa a Foggia perché domani ho un'altra lezione in Conservatorio. Ma so per certo che se non la vedo e chiarisco non mi sentirò tranquillo.
Infilo il casco e parto in direzione Manfredonia.
ELEONORA
Il telefono vibra nell'esatto momento in cui sto prelevando dallo scaffale del discount la bottiglia di vodka alla pesca di una sottomarca scadente, che mi procurerà sicuramente qualche danno allo stomaco. Tuttavia il desiderio di stordirmi e davvero impellente e non avendo a disposizione materia prima per rollare una canna, l'unica alternativa resta l'alcol low cost dell'Eurospin per di più a temperatura ambiente.
Sul display vedo apparire il cuore rosso con cui ho contrassegnato in rubrica Lele. Velocemente rifiuto la chiamata. Non voglio sentirlo almeno per le prossime ore.
In questo mio momento di perdizione personale la sua presenza non è contemplata. Voglio restare da sola.
Sono scesa dal bus molte fermate prima della casa famiglia, quando ho realizzato che anche rinchiudermi nelle tranquille mura della mia stanza, non mi avrebbe dato conforto.
Spero solo che alla cassa non facciano storie. Certo potrei provare a spacciarmi per una diciottenne, ma se mi chiedono i documenti sono fregata. Per mia fortuna, la cassiera annoiata, neanche alza gli occhi per guardami e io schizzo fuori veloce, subito dopo aver pagato.
È quasi buio quando arrivo in spiaggia. Ho scelto un tratto non molto frequentato, poco distante dal locale di Saverio. Un angolo tranquillo, dove affacciano solo un paio di villette disabitate e infatti ne approfitto per sedermi sulla sabbia umida poggiando le spalle al muretto di recinzione di una di esse.
La prima sorsata di vodka mi brucia la gola.
Cazzo quanto mi fa schifo bere direttamente alla bottiglia, ma in questo momento non ho altra alternativa.
Mi fa schifo tutto!
Mi fa schifo la mia vita!
Mi fa schifo Ninni Maestri con i suoi pregiudizi del cazzo!
Mi fa schifo Eliana che con le sue parole di odio mi ha fatto capire molte cose.
Un altro sorso abbondante e ora a bruciare è lo stomaco.
Non credo di aver toccato cibo da questa mattina. Non lo ricordo.
Forse però se bevo ancora lo stomaco si abituerà.
Forse anche il mio cervello smetterà di pensare.
Sono stata una stupida a innamorarmi di Lele. Lo sapevo dal primo momento che io e lui abbiamo davvero poco in comune. Da quando siamo finiti a scopare nella sua camera la prima volta e la mattina dopo sono andata via senza svegliarlo. Lo sapevo che non poteva funzionare, che siamo diversi.
Però per un po' l'ho sperato.
Ho sperato che la povera zingarella che sono, potesse sognare il suo principe, che ne avesse il diritto, come una ragazza qualsiasi.
Il telefono vibra di nuovo e la luce del display illumina la bottiglia di vodka ormai vuota per metà.
È Samuel questa volta.
Rispondo? Non rispondo?
Nel dubbio bevo un altro sorso abbondante e accendo una sigaretta.
I pensieri ora iniziano a essere leggermente confusi. L'alcol sta facendo bene il suo lavoro. Peccato solo che ora ho una gran voglia di piangere.
Non ho risposto.
Samuel si preoccuperà.
È buio e non sono a casa.
Il don si arrabbierà.
Ecco cosa sono: un disastro. Creo solo problemi a tutti. Come sempre, da quando sono nata.
Il cellulare riprende a vibrare. Ora lo spengo! Mi avete rotto il cazzo tutti! Lasciatemi bere da sola!
«Ele, tutto bene?» La voce preoccupata di Lele riecheggia nella spiaggia buia e silenziosa e quasi mi pento di aver aperto la chiamata.
Ho le idee troppo confuse per sostenere una conversazione telefonica, ma solo sentire il suo tono ansioso mi fa tremare lo stomaco.
«Ele, mi senti? Ti è successo qualcosa? Stai bene?» Continua sempre più concitato. «So che questa mattina hai incontrato mio padre. Le cazzate che ti ha detto... Non le devi neanche prendere in considerazione. Che cazzo ne sa lui di quello che sento io?»
«Ha ragione lui, ha ragione Eliana. Hanno tutti ragione...» Biascico a stento. Il troppo alcol in circolazione mi fa farfugliare a stento poche parole.
«Ele sicura di stare bene? Hai un tono strano, hai bevuto per caso?» Sento la preoccupazione vibrare nelle sue corde vocali. «Ti prego piccoletta, dimmi dove sei?»
«Io e te siamo diversi Lele... È vero che ti vergogni di me?» Scoppio a piangere. La vodka mi ha devastato i pensieri. Volevo silenziarli e invece stanno tornando a galla nel mare della mia disperazione.
«Ma che cazzo dici? Chi ti ha messo in testa queste stronzate? Oh Cristo Ele, perché mai dovrei vergognarmi di te? Come puoi solo pensare una cosa del genere?»
«Lei! Dice che sono una sciattona... Che ti vergogni e mi nascondi... Che stai con me solo per scopare... » Non riesco a terminare le frasi, i singhiozzi e la nausea sono più forti della mia voglia di parlare.
«Lei chi? No Ele, é di Eliana che stai parlando? Ma davvero le dai ascolto? Cazzo è solo gelosa di te, perché non riesci a capirlo?» Ora ha alzato il tono della voce e io di riflesso allontano il telefono. La testa rimbomba confusa. Ho una tale voglia di vomitare e non so se riuscirò a resistere ancora a lungo.
«Dove sei? Mandami la posizione che ti raggiungo! Piccoletta sono tutte cazzate... Tu per me sei davvero importante... Io credo di ... È tutto così nuovo per me che non riesco a spiegarmi... Non sei solo sesso, io ho bisogno di te!»
Sono talmente stordita che resto in silenzio. Le sue parole le ho capite o le sto immaginando? Sta davvero tentando di dirmi qualcosa, o è l'alcol che mi sta bruciando i neuroni e mi fa sentire cose che lui non dice e forse non pensa?
«Ele ci sei? Cazzo parlami...» C'è paura ora nel suo tono.
«Chi è Tiziana?» È l'unica stronzata che riesco a dire. È da questa mattina che questo nome rimbalza nei miei pensieri.
Dall'altra parte sento un sospiro profondo e poi silenzio.
Di contro io trattengo il mio di respiro. Ecco, forse ho toccato un tasto dolente, per questo Lele non parla più.
«È stato lui vero, mio padre? Solo lui potrebbe aver fatto questo nome!»
Ora sono io a non parlare e intanto butto giù un altro sorso di vodka. La bottiglia è quasi vuota.
Un altro sospiro di Lele. «È la figlia di una coppia di amici dei miei genitori. Ti ricordi quella sera in spiaggia, era lei che interruppe il nostro bacio...»
La mia memoria fa fatica a mettere a fuoco l'episodio. Tiro su col naso, col dorso della mano asciugo le lacrime. Ora la ricordo perfettamente.
«Ele mi stai ascoltando? Ti prego per favore dimmi dove sei, voglio venire da te!» Mi sta pregando.
Continuo a tacere. Ho la testa che scoppia e lo stomaco che si contorce.
«Non c'è niente tra me e lei. Cioè c'è stato qualcosa. Sesso Ele, solo sesso e nient'altro. È mio padre che si fa i film...» Un altro sospiro profondo. «Per me ci sei solo tu...»
Sfioro lo schermo e chiudo la conversazione.
Volevo ubriacarmi per smettere di pensare e invece mi sono brutalmente resa conto che certi pensieri non ne vogliono sapere di tacere.
Non so davvero cosa fare.
Una parte di me vorrebbe scappare da questa storia che vedo senza via di uscita. Abbiamo tutti contro.
Poi invece c'è l'altra me, quella sognatrice, quella innamorata, che vorrebbe viverla questa pazzia. Lasciarsi andare, farsi coinvolgere sempre più. Credere alle sue parole e perdersi nelle sue carezze.
Apro la chat di WhatsApp e senza riflettere un minuto di più gli invio la mia posizione.
Io, questo amore, lo sento dentro me, forte e prepotente e non fa nulla se siamo due satelliti che seguono orbite differenti, che forse non coincideranno mai.
Non fa nulla se forse sono solo io a provarlo così intenso e struggente da lasciarmi quasi senza fiato al solo pensiero di poterlo perdere. Io che l'amore l'ho sempre rincorso da quando la vita mi ha lasciata da sola.
Per me l'amore erano le braccia calde della mia mamma e le mano forte del mio papà che stringeva la mia.
Ho vissuto per anni in questo ricordo di un amore puro e sincero e ora che l'ho ritrovato con Lele me lo voglio vivere. Voglio i suoi abbracci, le sue parole dolci nei momenti di tenerezza, le sue sconcezze quando durante il sesso impazzisce per me, i suoi sorrisi quando mi guarda felice. Questo amore, con un sospiro mi è entrato dentro l'anima e mi ha stravolto la vita.
Se rido, se piango, se vivo è solo per lui. E so per certo che ora non ne voglio fare a meno e a dispetto di tutti e di tutto io voglio provarci.
EMANUELE
Finalmente ora dorme tranquilla e io sono disteso accanto a lei a godermi lo spettacolo della sua bellezza.
Quando prima, mentre eravamo a telefono, ha chiuso la conversazione, ho temuto che volesse lasciarmi. Mi sono sentito sprofondare. Ho provato a immaginare come sarebbero state le mie giornate senza lei.
Vuote, stonate, senza senso.
Quando poi mi sono accorto che mi aveva inviato la posizione, ho ripreso a respirare. Ho sorriso allo schermo del mio iPhone e sono corso a casa a farmi dare l'auto da mia madre. Con il Tmax difficilmente sarei riuscito a tenerla seduta tranquilla dietro di me, ubriaca come sospettavo fosse.
L'ho trovata in lacrime, accovacciata vicino a un muretto, in un tratto buio e semi deserto della spiaggia. Mi sono seduto vicino a lei e l'ho abbracciata forte.
Dio quanta tenerezza ho provato.
Piccola, smarrita, fragile come non mai. Così l'ho vista in quel momento.
Ho notato i capelli rasati di lato e i nuovi orecchini. Ecco cos'era che mi aveva colpito di lei quando di sfuggita l'ho vista fuori dal Conservatorio: questo suo cambio di immagine. Avrei voluto dirle che così la trovo ancora più arrapante di quanto non lo sia già normalmente, ma non mi sembrava il momento adatto.
Ho aspettato che si calmasse un po' prima di prenderla in braccio e portarla in auto per condurla a casa mia. Non potevo certo lasciarla andare in casa famiglia in quelle condizioni. Ho avvisato Samuel d'inventarsi qualcosa con il Don, promettendogli che domani mattina sul presto sarebbe rientrata in condizioni sicuramente migliori.
Appena arrivati a casa è corsa in bagno a vomitare e ho cercato nel mio piccolo di esserle d'aiuto reggendole la fronte e massaggiandole la schiena fino a quando i conati non si sono calmati.
So cosa significa bere fino allo sfinimento e so come ci si sente dopo e so quanto possa essere rassicurante la presenza di una mano amica in questi casi.
Le ho preparato un bagno caldo per lavarle via l'odore di vodka e la sabbia che aveva in ogni dove. So solo io quanto ho dovuto lottare contro i miei ormoni quando le ho sfilato jeans e maglietta e lei si è immersa nuda nell'acqua tiepida della vasca. Avrei voluto entrare anche io per dimostrarle alla mia maniera quanto io tenga a lei. Invece mi sono lasciato prendere dalla dolcezza e le ho insaponato la schiena e lavato i capelli.
Lei mi ha lasciato fare, si è affidata totalmente a me.
Avrei voluto dirle tante cose, ma come sempre più provo a parlare, più non riesco a trovare le parole!
Come può pensare che io mi possa vergognare di lei? Come può credere alle cattiverie di mio padre che parla senza neanche provare a sapere quello che penso e che sento io?
Vorrei trovare il modo per rassicurarla che non sono lo stronzo che tutti credono. Che con lei faccio sul serio. Che è la prima volta nella mia vita che sono davvero innamorato ma come un cazzone non riesco a dirglielo.
La stringo un po' di più e prendo il telefono. Voglio farle una foto, così come è ora: bellissima mentre dorme serena e abbracciata a me. Inquadro dall'alto con il braccio libero e scatto.
Perfetta, ecco com'è lei in questa immagine, semplicemente perfetta per me.
Accedo al mio profilo Instagram e pubblico la nostra prima foto ufficiale insieme taggandola. Solo due parole come didascalia per ricordare uno dei nostri primi momenti vissuti insieme: Darling, you look perfect tonight!
A volte un semplice gesto, può valere più di tante inutili parole.
Rieccomi! Un capitolo al mese è davvero pochino, ma credetemi, di più non riesco davvero a fare!
Ci stiamo avvicinando alla fine eh, ve lo voglio dire! Mancano, occhio e croce, circa sei capitoli prima dell'epilogo finale. Siete pronte?
Eleonora ed Emanuele sono sinceramente e profondamente innamorati l'uno dell'altra a dispetto di tutti quelli che vorrebbero separarli. Sono due testoni che però non sono capaci di dirsi 'ti amo'! Per il momento si bastano così...
Prima il papà di Lele, poi Eliana, feriscono la già scarsa autostima di Ele. Le parole a volte riescono a distruggere una persona. Usiamole bene, soppesandole con attenzione. Riflettendo attentamente e provando a immedesimarci con chi abbiamo di fronte.
Grazie per essere sempre con me e per avere la pazienza di aspettarmi! Vi voglio bene!
Ehi, lo sapete che una vostra stellina e un breve commento sono graditissimi?
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