Capitolo 76: Buon compleanno...

EMANUELE

Un messaggio breve, senza dolcezza, quasi brusco, quello che mi ha inviato la piccoletta questa notte. Così diverso da quelli che mi scrive di solito. Ho trovato la notifica questa mattina, appena sveglio:

Ho avuto il permesso dal carcere, parto questa sera. Ci risentiamo.

L'ho letto e riletto e poi le ho risposto anche io brevemente, senza dilungarmi in parole inutili:

Va bene. Fatti sentire.

In realtà avrei voluto chiederle tante cose: chi ti accompagna, con quale mezzo parti, quanto starai via? Ma ho evitato, per il timore di sembrare troppo invadente e poi, questo suo essere così sbrigativa, mi fa pensare che non le piaccia condividere con me questa cosa. E un po' mi fa male, ma forse è anche giusto così, stiamo insieme da così poco tempo e anche io la tengo fuori da molte cose della mia vita. Tipo che domani è il mio compleanno e che avrei voluto festeggiarlo solo con lei, lontano dalla mia famiglia, lontano dai miei amici. Avevo intenzione di portarla a mangiare fuori, magari un bel ristorante in riva al mare, oppure portarla ad assaggiare il sushi, che lei non ha mai mangiato, oppure mi sarebbe bastato anche prendere una pizza e andare a mangiarla sulla spiaggia di sera per poi finire in mare a fare l'amore al buio, tra  le onde. Insomma qualcosa solo per noi due. 

Invece non le ho detto nulla e alla fine è stato meglio così. 

Questi miei ventun anni mi fanno sentire un senso di angoscia, non sono più un ragazzino ma in tutta sincerità non mi sento ancora adulto. Sento solo il peso del senso di responsabilità di dover prendere tra le mani la mia vita e provare a organizzarla, la paura di non riuscire, di non essere all'altezza. Eternamente combattuto tra la voglia di continuare a cazzeggiare e la consapevolezza di dover iniziare a pensare alle cose serie. 

Oggi e domani resto qui a Siponto, ne approfitterò per riposare, tra piscina e spiaggia. Chissà se almeno riesco a vederla prima che parta. Non mi va l'idea di passare qualche giorno senza poter stare con lei, sentirmela addosso, toccarla. 

Se passo a prenderti e ti porto in un posto bellissimo, ci vieni con me, prima di partire?

Digito in fretta, sono impaziente di leggere la sua risposta. La voglio portare in una spiaggetta dopo Mattinata, un posto che ho scoperto per caso lo scorso anno. Dovevo raggiungere una tipa che era da quelle parti in campeggio e mi avventurai con il Tmax in una serie di tratturi sperduti e solitari. Il campeggio non lo trovai, persi una scopata sicura ma in compenso mi consolai con  una nuotata  in un'acqua cristallina, in totale solitudine. 

Mi piacerebbe portarci Ele, tuffarmi con lei, nuotare fino al largo e toglierle il costume per prenderla sott'acqua e sentire i baci che sanno di sale e sole. Già ne pregusto il sapore. 

La risposta della piccoletta non si fa attendere e io sono al settimo cielo.

Dimmi a che ora passi e mi faccio trovare pronta, ma conta che non posso stare fuori troppo tempo, ho il treno per Firenze alle ventidue. 

         Tra mezz'ora sono fuori al cancello e tranquilla tornerai in tempo.  Vestiti comoda e                   metti sotto il costume... Sai nuotare? 

Sorrido mentre scrivo le ultime parole. Il costume è una formalità, tanto glielo tolgo subito e che sappia nuotare poco importa, la porterei al largo abbracciata a me. 

Mi vesto velocemente, non vedo l'ora di essere da lei.

ELEONORA 

Io con te verrei anche all'inferno. È questo che vorrei risponderti e invece non te lo scrivo. Verrei anche in un posto brutto e spaventoso con te. 

Verrei,  perchè tu mi fai dimenticare tutta la merda che c'è nella mia vita, anche l'ansia che mi sta divorando lo stomaco da quando so che dovrò rivedere mio padre. Non per lui, ma per quello che mi dirà e che so non mi piacerà affatto. 

Perchè come lo dico a te chi sono io davvero? Come ti spiego da che famiglia scombinata vengo? 

Ti ho raccontato di me solo una parte, quella che a me fa meno paura, l'altra che neanche io conosco bene, come te la posso raccontare? 

Per questo ti ho scritto quel messaggio breve e scontroso per avvisarti che devo partire, e tu mi hai risposto con due parole, ma poi hai aggiunto quel 'fatti sentire' che a me è arrivato come un 'quando vuoi io ci sono, sono qui e ti penso' e leggendolo ho sorriso e ho sentito il cuore che si scaldava nel petto. 

Poi ancora mi hai sorpreso, 'ti porto in un posto bellissimo, metti il costume'. Neanche ci ho pensato a dirti che io odio il sole e che per me oggi fa troppo caldo per andare al mare e allora ho raccontato al Don che vado in spiaggia con Camilla e gli ho chiesto se per caso lui avesse la protezione solare e ora sono qui a spalmarmi uno schermo totale sulla pelle, perchè io con te verrei anche all'inferno che brucia, figurati se mi faccio fermare dal sole e dal caldo. 

EMANUELE 

Finalmente me la sento addosso. Ora siamo solo io, lei e il mio Tmax che sfreccia sulla strada assolata che da Manfredonia inizia a salire su per il promontorio del Gargano. Rocce, ulivi e pale di fico d'india, questo è il panorama che incontriamo.

La sensazione di lei avvinghiata alle mie spalle è impagabile, sentire il suo corpo contro il mio, il seno premuto contro la mia schiena, cazzo che goduria. Ha addosso gli stessi short che indossava quando mi ha sgamato in spiaggia che baciavo Eliana. Ancora me lo ricordo, mentre lei mi raggelava con le sue parole, io avrei voluto strapparglieli via. Certo ora non mi farò sfuggire questa possibilità. I miei sensi sono in allerta, ogni suo respiro, ogni suo movimento, anche impercettibile, accende i miei pensieri da maniaco.

Ele per me sta diventando come una droga di cui non riesco e non voglio fare a meno. 

Cerco a fatica di ricordare la strada e finalmente dopo aver percorso stradine polverose e accidentate arriviamo a destinazione. Parcheggio lo scooter all'ombra di un ulivo secolare e la prendo per mano. Lei mi guarda curiosa, ha gli occhi attenti che saettano veloci sul panorama circostante. Per arrivare al mare bisogna percorrere un minuscolo viottolo tra due uliveti e finalmente dopo una duna di sabbia e rocce, ecco davanti a noi, una piccola spiaggia di rena bianca e ciottoli, che, come speravo in cuor mio, è deserta. 

Ele mi guarda sorridente, ha gli occhi che le brillano dalla felicità. 

«Ma è davvero bellissimo qui!» Mi dice abbracciandomi.

«Ma avevi dubbi? Quando dico una cosa puoi fidarti. Ti avevo detto che ti portavo in un posto bellissimo? Eccoti accontentata.» 

La stringo più forte e mi prendo la sua bocca, per un bacio dei nostri. Forte e rabbioso, da farci mancare l'aria. 

«Spogliati!» Le sussurro sulle labbra umide della mia saliva. Ci morirei su queste labbra, cazzo se ci morirei. 

«Fallo tu!»

Non me lo faccio ripetere due volte. Piano le sfilo la maglietta corta e mi allontano leggermente per ammirarla. Il seno candido è a stento coperto dal piccolo reggiseno a triangolo nero, il navel sul suo ombelico brilla sotto i raggi del sole. Gli short un po' larghi sui fianchi, esattamente come quella sera, lasciando intravedere i cordoncini del costume. Li sbottono e li lascio scivolare ai suoi piedi. 

Cristo è una cazzo di meraviglia!

Ingoio a vuoto mentre lei sorride nel vedere la mia espressione adorante. 

Rapidamente mi sfilo maglietta e jeans, restando in costume, e mano nella mano ci avviciniamo all'acqua trasparente che ci accoglie tiepida. 

Lei mi lascia la mano e inizia a camminare veloce verso il largo per poi tuffarsi e riemergere ridendo felice e facendomi segno di raggiungerla. 

Due bracciate e sono da lei che si aggrappa a me avvolgendomi le gambe intorno ai fianchi.

E in attimo siamo baci, sale e acqua di mare. 

Mani che sfilano i costumi e accarezzano la pelle scaldata dal sole. 

E la prendo così, mi perdo dentro di lei, tra l'acqua trasparente che le sfiora i capezzoli rosei e turgidi per i mie morsi leggeri, le mie mani che le stringono il culo, i suoi gemiti che riecheggiano nel silenzio assoluto. 

Vorrei che il tempo si fermasse ora, mentre la sento godere e stringersi intorno a me, che mi rendo conto che il paradiso è esattamente qui, insieme a lei. Questo è il suo regalo di compleanno, il migliore mai ricevuto e lei è inconsapevole di donarmelo.

ELEONORA

Gli occhi puntanti verso il finestrino mentre cerco di far passare le ore che mi separano dall'incontro con mio padre. Fuori è buio, ma io mi ostino a fissare un panorama che non vedo, perchè avvolto dalle tenebre. Forse dovrei provare a dormire, così come sta facendo di fronte a me Samuel. Ma io non ci riesco!  Faccio pressione per inserire meglio gli auricolari delle cuffiette, voglio che il volume alto della musica riesca a sovrastare il rumore dei mie pensieri.

Nonostante la doccia ghiacciata che ho fatto prima di partire, la mia pelle è ancora calda per il sole di questa mattina. Sento ancora le mani di Lele che mi accarezzano, le sue labbra che mi sfiorano. Porca paletta, l'effetto che ha su di me è travolgente. Io e lui  siamo fuoco, orgasmi, morsi e abbracci, rabbia e tenerezza.  Per il tempo che siamo stati insieme è riuscito a farmi dimenticare l'ansia che ho dentro, il senso di nausea che provo solo a pensare a quello che mi dirà il mio 'papo'. 

Guardo lo schermo del cellulare, siamo ormai partiti da quasi due ore, è quasi mezzanotte. Entro in Instagram, giusto per curiosare un po' e cercare di distrarmi e quasi in automatico vado a dare una sbirciata al profilo di Lele. Apro le sue foto che conosco ormai a memoria ma che non mi stanco mai di guardare. 

Improvvisamente mi accorgo che ha postato una storia, si è evidenziato un cerchietto rosso intorno alla sua foto profilo. La curiosità di guardare è davvero tanta, ma provo a resistere, non voglio sembrare una stalcker, non voglio essere la prima a visualizzare. Guardo di nuovo l'ora, mezzanotte e dieci. Sono col dito sospeso a qualche millimetro dallo schermo del mio ormai obsoleto Samsung J5, non riesco a resistere oltre, voglio guardare la storia, voglio sapere cosa sta facendo Lele in questo momento. Guardo la prima, le seconda, poi di seguito la terza. Il fiato si spezza, il cuore accelera i battiti, nonostante l'aria condizionata a palla che c'è in questo vagone di seconda classe, io inizio ad avvertire un caldo fastidioso. Sono tutte storie in cui lui è taggato, sono tutte foto in cui lui è ritratto insieme a varie tizie che gli fanno gli auguri di compleanno. 

"Amio, sono sicuramente la prima ad augurarti il meglio per i tuoi ventun'anni".

Questo c'è scritto sulla foto in cui lo tagga 'confettino rosa'. Ci sono lei e Lele che l'abbraccia da dietro e sembra che le stia dicendo qualcosa all'orecchio, la mano con  la chiave di sol tatuata sul dito in bella mostra quasi a sfiorare il seno di  lei che sorride. 

'Amio' un paio di palle! Il mio stomaco si contorce in uno spasmo. 

La foto dopo è con quella biondina che venne a interrompere il nostro bacio in spiaggia. "Nonostante tutto io e te amici da una vita. Auguri Ema, saprò farmi perdonare!"

Ma nonostante cosa? Saprò farmi perdonare come? Non ci capisco un cazzo, l'unica cosa che mi è chiara è che oggi è il suo compleanno e io che sono, o almeno dovrei essere a tutti gli effetti la sua ragazza, non ne sono a conoscenza. 

Perchè? Perchè non dirmelo? Siamo stati insieme quasi tutta la giornata, perchè non dirmi che oggi avrebbe compiuto gli anni? 

Riguardo a raffica tutte le storie, altre foto, altre ragazze, altri auguri. Mi tremano le mani dal nervoso. Mi pizzicano gli occhi per le lacrime di rabbia che vorrebbero uscire. 

Potrei scrivergli, potrei chiedergli spiegazioni, potrei fare tante cose, e forse faccio la più stupida di tutte. Perchè forse sarò un'immatura, una stupida ragazzetta di neanche diciassette anni che ha la testa piena di problemi più grandi di lei e non sa come reagire, se non d'impulso e con rabbia. Spengo il cellulare. Non voglio vedere e capire altro. Lui ha deciso di tagliarmi fuori da una cosa importante della sua vita come il suo compleanno, perfetto, va bene così. Io ora ho altro a cui pensare. Devo incontrare mio padre, devo sapere chi sono e a che famiglia appartengo. Ho altre priorità, e per il momento lui non è tra queste. Ho bisogno di tranquillità, di calma e non di altre incertezze e altre insicurezze. 

EMANUELE

Una, due, tre vibrazioni del cellulare  Il suono fastidioso mi raggiunge mentre sto pigramente fumando l'ennesima tabacchella allungato su un lettino al bordo della piscina di casa, illuminata solo dalle luci sommerse. 

 Allungo il braccio per recuperarlo dal tavolino su cui l'ho poggiato dopo aver risposto a Ele che mi avvisava di essere in treno in procinto di partire. 

Spero di trovare un suo messaggio, ma appena sblocco il cellulare mi accorgo che sono notifiche di Instagram. Qualcuno mi ha taggato nelle storie. Ma che due palle, tutti che mi fanno questi stramaledetti auguri di compleanno. Come al solito quella che mi fa girare più i coglioni è Eliana con le sue frasi del cazzo! 

'Amio'? Ma non poteva usare un altro modo per citarmi? Io non sono il suo amore, ma quando lo capirà e la pianterà di starmi tra i piedi? Poi ha scelto una foto dove sembriamo una coppia di fidanzatini. Non ricordo neanche in quale occasione abbia potuto scattarla.

C'è anche Tizzy la micia. Figurati se mancava lei. "Saprò farmi perdonare!" Ma sparisci stronza che non sei altro. 

Non ho certo dimenticato tutto il casino che ha montato con il padre e le sue false accuse che mi hanno fatto passare per maniaco agli occhi dei miei.

Poi altre foto, altri auguri.

Una dopo l'altra le condivido nelle mie storie, tutto sommato hanno avuto un pensiero gentile a ricordarsi del mio compleanno e non voglio apparire sgarbato con nessuno. Mi rendo anche conto che sono soprattutto auguri di 'amiche' quelli che mi sono arrivati e che sicuramente, se Ele le vedrà, non sarà contentissima. 

Oltretutto come un coglione non le ho neanche detto del mio compleanno, non perchè volessi nasconderle la cosa, ma solo perchè l'ho vista già troppo in ansia per la visita al padre.

Do una sbirciatina alle visualizzazioni delle storie e come previsto Elevip le ha viste tutte. Inizio a fare il conto alla rovescia, sicuramente mi arriverà un suo messaggio. Ci scommetto. È palese che è tremendamente gelosa, l'altro giorno al Conservatorio me ne ha dato ampia manifestazione. 

Purtroppo però il mio telefono tace, nessun cenno di Ele.

Quasi quasi provo a chiamarla, ho voglia di sentire la sua voce e già che ci sono vedo come ha reagito alle foto. 

Non è raggiungibile, forse perchè è in una zona dove non c'è campo. Riprovo più di una volta, ma niente, la segreteria mi ripete in loop sempre lo stesso messaggio.

La cosa inizia a sembrarmi piuttosto strana.  

Mi accorgo di non avere in rubrica neanche il numero di Samuel, avrei potuto chiamare lui per avere notizie. 

Ormai è quasi l'una, ci penserò domani, e se non mi risponde andrò da Saverio per chiedergli il numero del suo ragazzo. 

ELEONORA

Il treno sfreccia veloce sulla strada per il ritorno a Foggia. Maledetta modernità di questi convogli ultra tecnologici, in questo momento avrei tanto preferito essere a bordo di un vecchio vagone dove si poteva viaggiare con i finestrini aperti. Avrei sporto la mia testa al vento per lasciar sfuggire i pensieri, che in questo momento mi stanno opprimendo il cervello. 

Lo sapevo che sarebbe andata così. Sapevo benissimo che l'incontro con il mio papo sarebbe stato devastante per me. Mi ha raccontato tutto, nei minimi dettagli. 

La loro fuga dall'Albania, dopo che avevano scoperto di aspettare me. L'arrivo in Italia a Bari, su un traghetto di linea. La decisione di andare a vivere in Toscana dove un amico avrebbe potuto aiutarli per i primi tempi. Lo sconforto per le difficoltà incontrate nel trovare un lavoro e la ricerca di un compromesso con i miei nonni: l'aiuto per restare in Italia ottenuto solo dopo aver ceduto al ricatto del capostipite della famiglia Gashi. Semplicemente mio padre avrebbe dovuto fare da corriere per i loro sporchi traffici. Se non avesse accettato mia mamma sarebbe dovuta tornare a Durazzo subito dopo aver partorito me e avermi affidata ai servizi sociali e chiaramente lasciandosi alle spalle anche mio padre. Che alternativa avevano? Nessuna. Così mio padre ha iniziato a fare i suoi viaggi su è giù dall'Italia all'Albania. Il resto della storia poi lo conosco bene, l'ho vissuto sulla mia pelle. 

Insomma quello che sospettavo corrisponde alla realtà e mi faccio schifo da sola per non essere stata capace di dissimulare il mio disgusto davanti a mio padre. Nonostante il dolore che gli ho letto negli occhi, io non ce l'ho fatta a fingere quanto mi ripugnasse tutto quello che mi ha raccontato. 

Avrei voluto abbracciarlo per fargli capire che nonostante tutto io lo comprendo e che forse nei suoi panni e in quelli della mamma avrei fatto lo stesso. 

Ma non ce l'ho fatta.

Perchè cazzo sono arrabbiata: con lui, con la mia mamma, con i miei nonni, con il mondo.

Con tutti quelli che mi hanno lasciato da sola condannandomi  a vivere questa vita di merda. 

Sono arrabbiata anche con Lele perchè forse non conto un cazzo neanche per lui, se è arrivato a non dirmi del suo compleanno! 

E io quando sono arrabbiata sono pericolosa! 

********

Non so neanche io perchè ho accettato la proposta di Samuel di passare a salutare Saverio prima di rientrare in casa famiglia. Ha insistito talmente tanto che non me la sono sentita di dirgli di no. Evidentemente non riesce a stare lontano dal suo barman del cuore! 

Sono le tre di notte e sto crollando dalla stanchezza e mi sto letteralmente trascinando dietro al mio amico che tutto pimpante, dopo aver parcheggiato il nostro pulmino scassato, trotterella leggiadro verso l'ingresso del "The last beach".

Qui l'unica stanca e scazzata sono io. Il locale è ancora strapieno di gente che sprizza gioia di vivere da tutti i pori,  del resto siamo in piena estate. Mentre accendo una sigaretta, dopo essermi malamente arrampicata su uno degli scomodissimi sgabelli di fronte al bancone del bar, mi guardo intorno con aria annoiata.

«Ele, ti posso offrire qualcosa?» Saverio cerca di svegliarmi dal mio torpore.

«Eh, magari un po' di gioia di vivere...» Rispondo laconica, mentre vedo Samuel che alza gli occhi al cielo. «Dai Ele, riprenditi. Lo so che è stata una giornata di merda, che sei stanca, che sei incazzata. Ma ora rilassati un po' e goditi il momento.» Mi dice il mio amico mentre mi porge una bottiglia di birra «Bevi dai, schiarisciti i pensieri.»

Ecco proprio quello che ci vuole,  una bella bevuta, per spegnere il cervello. In barba a tutte le mie fissazioni sul non bere direttamente dalla bottiglia, l'avvicino alle labbra e avidamente sorseggio la bevanda ghiacciata. La sensazione di sollievo e quasi immediata, la combinazione alcol e nicotina mi aiuta a sentirmi più leggera. 

«Saverio, per favore mi daresti un paio di cannucce?» Sento squittire alle mie spalle, mentre alla mia destra vedo protendersi verso il bancone, una mano con le unghie laccate di rosa. Mi giro di scatto e mi trovo faccia a faccia con la violinista dei miei coglioni: Eliana.

Con un'espressione disgustata mi scruta da capo a piedi e poi dopo aver preso le cannucce si avvia rapidamente verso i salottini in spiaggia. 

Lei come al solito impeccabile in uno dei suoi vestitini rosa modello Chanel.

Come cazzo fa a camminare con i tacchi nella sabbia senza sembrare una gallina che razzola nell'aia?

Io invece nel mio solito look total black, jeans,   t-shirt e anfibi, sembro una sfigata in confronto. 

Ma me ne frega poco. Io non mi sento in competizione con lei, piuttosto sono certa del contrario. Come sono certa anche del fatto che il salottino verso il quale si è diretta sia occupato sicuramente anche da una persona di mia conoscenza. 

La mia reazione è immediata, non mi soffermo neanche ad ascoltare Samuel che sta cercando di dirmi qualcosa. 

Parto a razzo, perchè sono incazzata,  delusa, disgustata e questo mio senso di frustrazione lo devo in qualche modo tirare fuori e purtroppo, quando sono in questo stato, io combino solo guai! 

A testa bassa, con ancora la bottiglia di birra in mano, mi dirigo verso i gazebo sulla spiaggia in cerca di Lele. Neanche mi accorgo che lui mi sta venendo incontro, mi fermo solo quando gli sono quasi addosso e sto annusando nell'aria la scia del suo profumo. 

Restiamo fermi a guardarci, senza parlare, l'uno di fronte all'altra. Ho come la sensazione che intorno a noi ora ci sia il vuoto, come sempre, quando siamo insieme, tutto ciò che ci circonda sfuma nel nulla. Nella nostra bolla ci siamo solo io e lui. 

Dio come è bello, con quella camicia nera con le maniche arrotolate fino ai gomiti, leggermente sbottonata davanti. 

Cosa darei ora per allungare la mano e continuare a sfilare i bottoni dalle asole e intrufolare, sotto la sottile stoffa, le mie dita, per accarezzargli il tatuaggio. Di riflesso stringo le gambe, l'eccitazione che avverto è pulsante. 

Oh merda, perchè mi fa sempre questo effetto sconvolgente ogni volta che lo vedo? 

Perchè non mi ricordo più cosa volevo dirgli e invece ho un improrogabile bisogno di sapere che sapore hanno le sue labbra, che ora mi sorridono sornione? Sa perfettamente come mi muovo e cosa faccio quando sono eccitata, se ne è accorto in che stato sono. 

Mi basta però vedere in lontananza confettino rosa che ci osserva, per recuperare immediatamente le mie intenzioni iniziali. Cazzo che voglia che ho di farle un bel saluto col dito medio, ma le darei troppa importanza, meglio fingere di ignorarla. Sì fingere, quello faccio, fingo che non esista. Reprimo la mia gelosia, perchè se la lasciassi libera, mi devasterebbe la vita. 

Alzo la bottiglia a mo di brindisi: «Auguri Emanuele, buon compleanno! Forse, anzi sicuramente sono l'ultima a farteli, ma non volevo mancare alla lunga lista delle tue ammiratrici!» Il mio tono è freddo e tagliente e la reazione che  gli leggo sul viso non è delle migliori. 

Incazzati Maestri, su su, fammi vedere come ti innervosisci. Fammi vedere che scusa accampi per esserti comportato come una merda.

«Forse se avessi risposto a tutte le chiamate e a tutti i messaggi che ti ho scritto, l'avresti saputo anche tu!» Ringhia avvicinandosi a me. «Che cazzo di fine gli hai fatto fare al tuo telefono?»

Con studiata lentezza estraggo il mio smartphone dalla tasca posteriore del jeans.«Ops, ma guarda che sbadata, è spento!» Lo avvicino al suo viso in modo che lui possa vederlo bene. «Evidentemente avevo cose più importanti da fare, che stare a rispondere ai messaggi, non credi? E poi, dovevi dirmelo al telefono del tuo compleanno? Non sarebbe stato più opportuno parlarmene l'altra mattina quando siamo stati insieme al mare? Dovevo saperlo dalle storie pubblicate dalle tue fans? Eh?» 

Sto quasi urlando, me ne rendo conto. Ma cazzo ora mi sto davvero innervosendo. Vorrebbe anche provare ad avere ragione? Ma sta scherzando? 

Si passa una mano dietro la nuca nervoso. La mia sfuriata ha notevolmente ridimensionato la sua voglia di rivalsa, ha disegnata sul volto l'espressione di uno che sa di aver sbagliato e che ora non sa come venirne fuori. 

«Va dai tuoi amici, tranquillo, continua pure i tuoi festeggiamenti. Io me ne torno a casa, sono stanca e oltretutto non sono neanche stata invitata!» 

Senza neanche aspettare una sua risposta, gli giro le spalle e mi avvio verso l'uscita del locale facendo segno a Samuel che lo aspetto vicino al pulmino.

Sicuramente il confettino starà gongolando dalla felicità di aver assistito al nostro battibecco. 

Che vada a farsi fottere anche lei!

EMANUELE

Accidenti che caratterino ha la mia piccoletta! L'ho fatta davvero innervosire e ora mi tocca rimediare in qualche maniera. 

Ci ho provato a cercare di rivoltare la frittata a mio favore, accusandola di non aver risposto al telefono, ma a chi voglio darla a bere? Ho torto marcio, lo so. 

Nervosamente abbasso lo sguardo e mi passo una mano dietro la nuca. I suoi occhi sembrano lanciare fiamme e cazzo se è bella. Anche così incazzata è bella, ma mi guardo bene dal dirglielo. Sicuro mi sfanculerebbe. 

Io però ora vorrei farla finita, ho voglia di baciarla. Ho voglia di stringerla a me, mi è mancata troppo. Invece lei agitatissima mi gira le spalle e mi lascia da solo come un deficiente. 

Cazzo che culo che ha. Lo fisso ondeggiare a destra e sinistra mentre si allontana e mentalmente annoto che posizione le farò assumere quando la scoperò più tardi.  Quando quel culo perfetto sarà nudo davanti ai miei occhi. Perchè è esattamente questa la cosa che vogliamo fare entrambi, scopare fino a restare senza fiato. Voglio sentirla venire e urlare il mio nome. L'ho visto prima come stringeva le gambe eccitata e mi guardava come se avesse voluto spogliarmi. 

Ma dove crede di andare senza di me? Ma davvero pensa che la lascerò tornare a casa senza risolvere tra noi? 

Due falcate veloci e la raggiungo all'uscita del locale, mentre lei si è avvicinata al contenitore della raccolta del vetro per buttare la bottiglia di birra. Anche quando è incazzata si ricorda delle sue manie da ecologista.  Approfitto del momento e la afferro per il polso trattenendola.

«Ma dove vai? Davvero vuoi litigare per questa stronzata del compleanno?» Mi lancia un'occhiataccia e si libera dalla mia stretta. 

«Le-Emanuele, mi devi lasciare in pace. Sono stanca. Non dovrei neanche essere qui.  Se non fosse stato per l'insistenza di Samuel a voler passare a salutare il suo ragazzo...» 

Ogni volta che si arrabbia con me, chissà come, da Lele mi trasformo in Emanuele.

«Ecco, appunto, l'insistenza di Samuel.» La interrompo inclinando la testa di lato e sorridendole.

Mi fissa e storce la bocca in una smorfia di disappunto.

«Non dirmi che tu e quello stronzo del mio amico vi siete messi d'accordo? Siete due pezzi di merda!» Il tono è ancora leggermente alterato, ma si vede che sotto sotto le scappa da ridere.

Approfitto di questo suo attimo di cedimento e la abbraccio.

«Scemina che sei! Quando ho visto che non mi rispondevi, ho capito subito che ti eri agitata per le foto e perchè come un coglione non ti ho detto del mio fottutissimo compleanno. Ma credimi, sapevo che eri già sotto stress per la visita a tuo padre, per cui parlartene mi sembrava davvero l'ultima delle cazzate. Così questa sera sono venuto da Saverio per farmi dare il numero di Samuel, il resto poi...» 

«Intanto già che c'eri hai festeggiato con i tuoi amici, anzi per meglio dire, con le tue amiche!» 

Si sottrae velocemente alle mie braccia e fa un passo indietro per ristabilire le distanze. 

Non molla, è ancora furiosa! 

«Ma cosa dovevo fare? Mettermi in castigo in un angolo ad aspettarti?»

«Ma non sia mai! Va pure, non voglio trattenerti oltre. Continua pure a festeggiare!» E si avvia di nuovo verso il parcheggio.

Ora basta, questo suo atteggiamento da ragazzina capricciosa mi sta innervosendo. Non capisco perchè si stia comportando così. Va bene la gelosia, ma ora sta davvero esagerando. La raggiungo nuovamente e all'improvviso si blocca e si gira verso di me. Ha gli occhi lucidi, come se dovesse scoppiare a piangere da un momento all'altro.

«Lele, non ce l'ho con te. Scusami, ho i nervi a fior di pelle. È stata una giornata faticosa sotto tutti i punti di vista. Per favore, abbracciami forte, ne ho bisogno.»  Come un cucciolo impaurito si rifugia nelle mie braccia. La stringo forte e la sento piano piano rilassarsi. 

Sicuramente l'incontro con il padre deve aver lasciato il segno, anche se lei non vuole darlo a vedere.

Solleva la testa e cerca la mia bocca, per un bacio che inizia lento e delicato, ma per poco, perchè poi finiamo per rubarci l'aria, affamati l'uno dell'altra. 

«Portami via di qui, voglio farti gli auguri a modo mio!» Ammicca sorridendo. 

Finalmente ce l'ho fatta! Nel senso che dopo averlo letto almeno una decina di volte e aver provato altrettante volte a cancellarlo, ho avuto il coraggio di cliccare su "pubblica" e quindi il nuovo capitolo è tutto per voi! Cosa ne pensate? 

Grazie per la vostra pazienza e per tutto l'affetto che mi manifestate! 

Vi abbraccerei tutte se potessi! 

Ci si rivede ... 










Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top