Capitolo 75: Lezioni di pianoforte 🎹
EMANUELE
«Ema! In bacheca hanno esposto il calendario degli esami di ammissione, andiamo a dare un'occhiata? Ehi, ma mi senti? Cosa hai da guardare di tanto interessante in quel telefono che neanche ti degni di ascoltarmi?»
Inserisco la schermata di blocco e sollevo lo sguardo a fissare Eliana che in uno dei suoi soliti vestitini rosa si è affacciata sulla porta dell'aula di percussioni per blaterare non so cosa. Ero così intento a guardare le foto di Eleonora che non ho prestato attenzione a quello che ha detto. Ormai è una settimana che siamo insieme io e la piccoletta e l'album a lei dedicato sul mio cellulare si è arricchito di numerosi scatti che custodisco gelosamente e che mi piace guardare ogni qualvolta avverto la sua mancanza.
Nonostante le difficoltà, siamo riusciti a vederci quasi tutti i giorni, o meglio quasi tutte le notti. Quando in casa famiglia tutti dormono lei riesce a sfuggire al controllo del Don, che dopo il nostro incontro è diventato molto più attento, e io vado a prenderla per passare qualche ora insieme. Inutile dire che la maggior parte delle volte finiamo nella mia stanza a fare sesso. Lei da questo punto di vista è esattamente come me, instancabile. È come se scopando riuscissimo a comunicarci tutto quello che proviamo l'uno per l'altra. I nostri corpi parlano per noi. Solo dopo aver fatto l'amore riusciamo a rilassarci e a raccontarci di noi e di come passiamo le giornate.
«Ma mi senti?» Eliana continua a richiamare la mia attenzione, forse devo decidermi a prestarle ascolto.
«Cosa vuoi?» Le chiedo annoiato mentre infilo il telefono nella tasca posteriore dei miei fedelissimi skynny neri, e mi avvio per seguirla.
«Il calendario degli esami di ammissione ti interessa ancora? O da quando ti sei impegnato in una relazione fissa hai perso ogni interesse per la musica?»
Alzo gli occhi al cielo e sbuffo. Certe volte, anzi spesso, è davvero stupida. Mi chiedo ancora come ho fatto a scoparla. È stupida e ostinata. Continua a ronzarmi intorno con la speranza che io la prenda di nuovo in considerazione. Difficile, anzi impossibile. Tutti i mie pensieri sono riservati alla piccoletta, ed è meglio non approfondire quale sia la loro natura.
Ci avviciniamo alla bacheca, che si trova subito prima del portone di ingresso del Conservatorio, e inizio a scorrere velocemente l'elenco affisso, arrivando subito al mio cognome: Maestri Emanuele, 3 settembre ore 15:00, aula percussioni numero tre.
Un leggero tremore allo stomaco mi assale improvvisamente, mancano solo quaranta giorni scarsi all'esame. Cazzo che ansia. Mi rimbombano ancora nelle orecchie le parole di mio padre: 'Un fallito del cazzo che invece di studiare e laurearsi, vuole fare il musicista!'
Se dovessi fallire l'ammissione, il suo disprezzo nei miei confronti raggiungerebbe livelli esponenziali.
Resto immobile a guardare l'elenco non so per quanto tempo e solo dopo un po' realizzo che Eliana si è praticamente spalmata sulla mia schiena, tanto che sento il suo seno aderire alle mie spalle quando respira. Non voglio essere sgarbato e reagire in maniera brusca, ma francamente questo suo modo di fare sta iniziando a farmi frullare i coglioni. Detesto quando qualcuno invade eccessivamente i miei spazi senza che io ne abbia tacitamente dato l'autorizzazione. Io questo ultimamente con Eliana non l'ho fatto, e ora, sentirla addosso, mi sta irritando. Lo deve capire che non funziona più così con me.
«Ehi Ema pensavo che le zingarelle andassero in giro con i gonnelloni a fiori e i cerchi d'oro alle orecchie, non con le minigonne e gli anfibi?» Mormora vicino al mio orecchio.
«Ma che ca-» La scosto bruscamente. MI ha decisamente rotto il cazzo e quello che ha detto ha superato davvero i limiti della mia sopportazione. Ma poi a cosa si sta riferendo?
Lo capisco guardando il portone d'ingresso del Conservatorio. Eleonora ci sta fissando con aria minacciosa.
«Io mi chiedo come ho fatto a dare a una persona come te l'onore di toccare il mio cazzo? Ma ti rendi conto di quello che stai dicendo?» Ringhio nervosamente e la allontano ulteriormente. Spero solo che Ele non abbia sentito, ma dallo sguardo disgustato che le rivolge mi accorgo che le mie speranze sono vane e mentre si volta per uscire mi sibila «Ti aspetto qui fuori!» Continuando a guardare di traverso Eliana.
«Ops, la zingarella è anche permalosa.»
«Sicuramente più educata di te, io nei suoi panni ti avrei presa a calci.»
«Ma cosa ho detto di strano? Non è vero che ha origini rom? Tuo cugino mi ha detto...»
«Cristo, quanto mi fai incazzare, davvero mi chiedo come ho potuto! Le prossime che scopo le sottopongo a un test psicoattitudinale così evito di trovare casi umani come il tuo!» Ghigno nervoso. Ho fretta di raggiungere la piccoletta.
«Le prossime? Quindi non è una cosa seria tra te e quella?»
Non le rispondo, sono già fuori per avvicinarmi a Eleonora che all'ombra di un balcone sta fumando riparandosi dal caldo sole di fine luglio. La sorprendo alle spalle e l'abbraccio affondando il viso nei suoi capelli. Respiro forte per assorbire il suo odore di buono.
«Si veste di rosa ma è più acida di un limone quella!» Bofonchia mentre sfiata una nuvola di fumo.
«Lasciala perdere, non ne vale la pena...» La giro verso di me e intanto lei fa schizzare la sigaretta lontano. È un po' nervosa e non me lo nasconde e infatti quando la stringo per i fianchi e me la strofino addosso per sentirla vicina, la sento irrigidirsi. Le mie mani risalgono dietro la sua schiena e con una le aggancio la nuca e l'attiro a me. Voglio le sue labbra. Sono più alto di lei almeno una buona ventina di centimetri e quindi è costretta ad alzare la testa verso di me. Leggo il fuoco e la rabbia in quegli occhi neri che mi stanno fissando. Ma non le do neanche il tempo di dire una parola che prepotente invado la sua bocca. Lei non si oppone, anzi, la sua lingua rincorre la mia, per un attimo riesce a farmi mancare il respiro. Mi allontano per prendere aria e lei si riavvicina mordendomi forte il labbro inferiore.
«La prossima volta che la trovo così vicina a te le faccio vedere come la zingarella con il gonnellone e i cerchi d'oro la prende a calci nel culo!» Dice prima di riappropriarsi delle mie labbra e iniziare a torturarle con morsi leggeri. Cazzo mi sta facendo impazzire.
Mi piace capire che è gelosa di me. Sa benissimo, perché gliel'ho detto, che io ed Eliana abbiamo scopato e anche se non lo ammette, so che le dà fastidio che io la veda ogni volta che siamo in Conservatorio. Credo infatti che si sia presentata qui senza neanche avvisarmi proprio per marcare il territorio, per farle capire che ora sono 'roba sua'. Cazzo quanto mi piace questa cosa, fa scatenare in me idee pericolose.
«Ti andrebbe di visitare l'aula di pianoforte al quinto piano? Devo mostrarti una cosa.» Le dico di getto. Ho troppa voglia di lei.
Mi fissa perplessa, e senza aspettare una sua risposta la prendo per mano e la trascino con me all'interno del Conservatorio. Per mia fortuna a fine luglio la struttura è quasi deserta e troviamo l'ascensore al piano terra. Appena le porte si richiudono ritorniamo ad assaggiarci piano e non ci stacchiamo neanche quando ormai arrivata al quinto piano, l'ascensore apre le porte. Ancora abbracciati la spingo delicatamente verso la porta della famosa aula che ne ha viste tante di mie 'esibizioni'.
«Cosa dovevi farmi vedere?» Sorride guardandosi intorno per poi soffermarsi a fissare sfacciatamente il cavallo dei miei pantaloni.
Purtroppo l'effetto che mi fa la sua vicinanza è abbastanza vistoso, ma la cosa a quanto pare non imbarazza nessuno dei due.
Allunga una mano per arrivare alla cintura dei mie jeans e iniziare a sfilarla piano continuando sempre a tenere il suo sguardo incastrato nel mio.
Lentamente le accarezzo i capelli e inizio a raccoglierli nel palmo della mano a mo' di coda. Ora mi sorride soddisfatta, ha capito perfettamente quali sono le mie intenzioni e cosa voglio da lei.
Uno alla volta sgancia i bottoni e continuando a guardarmi inizia con la lingua a leccarsi le labbra e piano si inginocchia davanti a me.
Trattengo il fiato mentre fa scendere i mie jeans sui fianchi e abbassa l'elastico dei boxer per liberare la mia erezione. Sento il tuo respiro caldo quando con la lingua inizia a sfiorarmi piano.
Un brivido mi risale per tutta la schiena e stringo nella mano i suoi capelli forzandola ad avvicinarsi di più.
Voglio la sua bocca attorno a me e me la prendo, prima piano, ma quando lei inizia a succhiare, cazzo perdo il controllo, e con forza mi spingo sempre più a fondo. I nostri sguardi restano allacciati per tutto il tempo in cui lei si muove su e giù insieme a me.
È uno spettacolo vederla così, in ginocchio, la gonna stretta le è risalita sui fianchi e le gambe perfette e bianche sono in bella mostra, le ha leggermente divaricate per stare più comoda. Dalla canotta scollata intravedo il solco tra i seni, tondi, sodi, senza nessun reggiseno che li sostenga. Cazzo è magnifica, e vorrei dirglielo, ma non riesco, le parole restano incastrate in gola e dalla mia bocca esce solo qualche gemito soffocato.
Mi sta succhiando tutto, il cervello, i pensieri, il cuore, l'anima.
Sento l'orgasmo che sta arrivando, i muscoli tesi, il respiro affannato, il cuore rischia di esplodere. Lei se ne accorge e aumenta il ritmo, ma io non voglio finire così, voglio scoparla, voglio perdermi dentro di lei e voglio sentirla godere insieme a me.
Provo ad allontanarla tirandole leggermente i capelli, ma lei mi guarda e mi fa cenno di lasciarla fare. Ormai sono al limite ed esplodo nella sua bocca con un gemito di soddisfazione.
Cazzo, le prossime volta che avrò lezione di pianoforte in quest'aula non riuscirò sicuramente a concentrarmi. La ricorderò per sempre come il posto in cui mi è stato fatto uno dei migliori pompini e sinceramente definirlo così, con questo termine crudo, mi sembra troppo riduttivo. Perché la cosa che più mi sconvolge di tutto è quello che ho provato, è che non è stato solo puro istinto fisico. No, assolutamente no. È stato oltre il sesso, oltre l'orgasmo, oltre la passione, oltre la carnalità del momento. Io ho sentito l'amore che mi riempiva il cuore, che scorreva nelle mie vene assieme al mio sangue impazzito e le ho donato tutto me stesso, cosa che non ho mai fatto con nessuna.
«Cazzo Ele, mi hai succhiato via anche l'anima.» Le dico tirandola su e sentendo ancora sulle sue labbra il mio sapore.
Mi sorride soddisfatta e si risistema i capelli dietro la schiena con quel movimento della testa così sensuale che io, ancora stordito dall'orgasmo, fisso con aria sognante.
«Perché sorridi?» Le chiedo mentre mi abbottono i pantaloni.
«Perché mi piace quello che mi hai detto. Perché così, sono sicura che quando verrai in quest'aula ti ricorderai per sempre di me.» Abbassa lo sguardo che all'improvviso è diventato triste. A volte è come se si perdesse nei suoi pensieri, e questo le fa cambiare umore repentinamente, come adesso.
«A cosa pensi?» La stringo a me perché in questo momento la vedo così fragile e così vulnerabile e voglio rassicurarla tra le mie braccia.
«Non tradirmi Lele, non farlo. Non saprei sopportarlo, non te lo perdonerei mai.» Sospira forte mentre abbassa la testa, poggiandosi sul mio petto.
Resto in silenzio perché, questa confessione che le è sfuggita improvvisa, mi sconvolge. Capisco anche che una mia risposta in questo momento non servirebbe a nulla. Vedermi prima con Eliana l'ha sicuramente turbata.
Di una cosa però sono sicuro, che ora è solo a lei che penso, solo lei che voglio, le altre per me sono invisibili, non esistono.
Le mie braccia si serrano più forti intorno a lei e la sento finalmente rilassarsi nella mia stretta.
«Hai fatto benissimo a venire in Conservatorio, è stata una piacevole sorpresa vederti qui.» Provo a rassicurarla, ma in realtà sono davvero felice che lei abbia preso la decisione di venire a vedere dove trascorro la gran parte delle mie giornate, e mi piacerebbe davvero tanto che mi ascoltasse suonare.
«Pensavo ti desse fastidio, che mi considerassi troppo invadente.» Abbassa lo sguardo, sembra intimidita e io in tutta risposta l'abbraccio più forte.
Vorrei dirle che non è invadente, che non mi dà fastidio, che anzi, la vorrei sempre più presente nelle mie giornate. Ma come sempre i miei pensieri non sanno diventare voce. È stato sempre uno dei miei più grandi difetti, quello di non riuscire mai a mostrare agli altri il vero me stesso, parlando. Come se tutte i discorsi morissero in gola prima che io trovi la forza per pronunciarli.
Palesemente delusa dal mio silenzio, si stacca lentamente da me e si avvicina al pianoforte a coda che si trova al centro della stanza e con aria assorta, inizia a sfiorare i tasti.
«A casa ne avevamo uno di quelli a muro, era bianco se non ricordo male.» Parla quasi sussurrando, come se stesse pensando ad alta voce. «Il mio papo a volte quando lo suonava mi prendeva in braccio...» Si ferma e si volta a guardami, ma è come se non mi vedesse, è persa nei suoi ricordi. Mi accorgo che ha gli occhi lucidi. «Sai, tu e lui avete tanto in comune. La prima volta che ti ho incontrato, la cosa che immediatamente ho notato di te, sono state le mani e il tatuaggio che hai sul dito, è uguale al suo, avete la stessa chiave di sol. Poi quando la sera della festa sono piombata a casa tua e ti ho sentito suonare alla batteria i Gun's, ho creduto di avere le allucinazioni. Anche lui suonava la batteria e quella canzone era la sua preferita. Credimi ho anche avuto paura, come una strana premonizione.» Le trema la voce, come se facesse uno sforzo a confidarmi questi suoi pensieri.
Ritorno con la memoria a quella sera e ricordo perfettamente la sua espressione di stupore, quel su sguardo smarrito e sofferente che allora non avevo saputo interpretare. Ora è tutto più chiaro.
«Scusami, non so neanche perchè ti sto raccontando tutte queste cose. Starai pensando che sono impazzita!»
No, non è affatto pazza, è solamente una piccoletta adorabile che mi fa tanta tenerezza. Mi avvicino per abbracciarla di nuovo e per inebriarmi il naso con il suo profumo inconfondibile di erba fresca.
«Ti manca tuo padre?» Cazzo quanto sono scontato, certo che le manca, cosa voglio sentirmi rispondere, l'ovvietà?
Come posso capirla io che un padre ce l'ho e che faccio di tutto per non incontrarlo, specialmente dopo gli ultimi avvenimenti? Dio, com'è difficile esprimerle quello che sento in questo momento, e allora faccio l'unica cosa che so fare bene: suonare.
Prendo posto al pianoforte sotto il suo sguardo attento e intono le prime battute del 'Notturno' di Chopin e ora, una dopo l'altra, sono le note che suono a dirle quello che con le parole non riesco a fare. Spero solo che lei lo capisca.
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ELEONORA
Ultimamente devo dire che in me il filtro cervello-bocca sta facendo cilecca.
Non dovevo mostrarmi così insicura e debole, e dirgli quelle cose sul tradimento.
Non voglio che lui mi veda per quella che sono, una persona fragile e piena di ansie. Non voglio che possa capire che io dipendo da lui, dai suoi gesti, dalle sue parole, dai suoi sentimenti nei miei confronti. Non voglio fargli capire il potere che esercita su di me. Perchè è così, per me è diventato una dipendenza, e più passano i giorni e più mi rendo conto che mi sto legando a lui come non mi era mai successo prima.
Lele mi si è incastrato dentro, dalla prima volta che l'ho visto. È rimasto bloccato nelle valvole del mio cuore, che ogni volta che lo vedo, pompano il sangue a una velocità assurda. Quel cuore che tante volte mi chiedo se sia uguale a quello della mia mamma e si stancherà di battere come il suo, così, da un momento all'altro, senza avvisare nessuno.
Arrivare in Conservatorio e trovarlo con quella stronza appiccicata addosso mi ha dato fastidio. Molto più fastidio delle cazzate che le ho sentito dire sul mio conto. Me ne strafotto di quello che lei pensa di me e delle mie origini. La verità è che mal sopporto quegli sguardi così confidenziali che lei gli rivolge, quel suo modo di fare che trovo viscido e fastidioso, quelle mani curate e delicate che sicuramente lei a ogni occasione, allungherà su di lui. So quello che c'è stato tra loro, so anche che sicuramente molte altre ragazze che frequentano il Conservatorio sono state per lui più che delle 'care amiche', ed è inutile che continuo a ripetermi che devo controllarmi, che devo imparare a fidarmi di lui. Non serve!
Sono gelosa, sì, cazzo, lo sono da morire. Lo so che sono patetica, me lo sto ripetendo continuamente. Ma non riesco davvero a fare diversamente, è più forte di me.
Sempre peggio quando poi mi sono lasciata andare è ho condiviso con lui i miei ricordi, quando gli ho parlato delle tante similitudini che ci sono tra lui e mio padre. Non voglio suscitargli pena. Però, com'è stato bello perdermi nel suo abbraccio. Ho avuto la sensazione che volesse comunicarmi quello che sentiva anche lui in quel momento.
Perchè per me gli abbracci sono davvero importanti. Per anni sono la cosa che mi è mancata di più. Sentirmi stretta dalle braccia di qualcuno che mi vuole bene, che tiene a me, è sempre stata la manifestazione di affetto che io ho considerato più importante. In un angolo della mia memoria conservo ancora il ricordo delle braccia della mia mamma, il suo odore, il suo calore, la testa poggiata sul suo seno che si abbassava e si alzava mentre mi stringeva e mi chiamava 'zemer'.
Ancora più bello poi è stato sentirlo suonare, vedere le sue bellissime mani, accarezzare delicatamente i tasti del pianoforte per produrre quella musica melodiosa solo per me. Quelle note sono arrivare dritte al mio cuore. È come se le nostre anime in quel momento fossero unite e inseparabili.
Cazzo, mi sto davvero rincoglionendo, penso peggio di quelle autrici da strapazzo che scrivono romance su Wattpad.
«Eleonora!» La voce del Don mi fa sussultare. Sono appena rientrata da Foggia, in tempo per cenare insieme agli altri, e mi sono fermata a fumare una sigaretta e a rimuginare, al fresco in giardino, alla solita panchina sotto l'albero di ciliegio. Il prete si siede vicino a me e dalla sua espressione seria capisco che ha qualcosa da comunicarmi.
«È arrivato il permesso per fare visita a tuo padre, il primo agosto alle 10. Ho già prenotato il biglietto del treno, partenza domani alle ventidue. Sarà Samuel ad accompagnarti perchè né io né Teresa siamo liberi. Teresa ha firmato già la procura, non dovresti avere nessun problema a entrare con lui.»
Finalmente rivedrò il mio 'papo'! Le mie labbra si allargano in un sorriso sincero. Sono felice e nello stesso tempo sento l'ansia montarmi nello stomaco. Potrò finalmente affrontare con lui il discorso sulla famiglia di mia madre. Ci sono ancora tante risposte che deve darmi, voglio sentire dalla sua voce tutta la verità.
Il Don senza neanche il bisogno di sentire una mia parola, mi prende la mano tra le sue e me la stringe forte. Ormai sa come sono fatta, tra noi tanti discorsi non servono. Basta uno sguardo, un gesto, e lui già capisce quello che io sento.
Mi sorride benevolo. «Dai andiamo a cenare, sono tutti a tavola che ci stanno aspettando. Sarai felice, ha cucinato Samuel, uno specialissimo petto di pollo alla piastra!»
Scoppio a ridere e alzo gli occhi al cielo. Peccato non avere più Ergi qui con noi, l'avrei mollato volentieri a lui il mio piatto.
Fanculo Ergi! Mi toccherà mandare giù l'odiatissima pietanza, maledicendolo a ogni boccone!
Ele ed Emanuele sono sempre uno più vicino all'altra. Entrambi sentono di provare qualcosa di importante, ma entrambi non vogliono mostrarsi per quello che sono realmente...
Dove li porterà questo loro modo di fare?
Ele incontrerà di nuovo suo padre per parlare della sua famiglia di origine.
Come sempre il suo passato ritorna a ricordarle chi è realmente...
Grazie per esserci sempre! Le vostre stelline e i vostri commenti mi incoraggiano ad andare avanti e a dare il meglio di me!
Se volete seguire novità e aggiornamenti sulla storia e conoscere i pensieri dei protagonisti principali mi trovate anche su Instagram e TikTok come "emmeffelove".
Se poi volete conoscere le canzoni che ascolto e che accompagnano le vicende di Eleonora, Emanuele e tutti gli altri personaggi della mia storia, mi trovate su Spotify al profilo "emmeffelove" la play list è "Wrong life emmeffelove".
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