Capitolo 73: Sotto la pioggia
L'amore è come un atto violento, se vivo è perché brucia dentro, ehi
Sto contando mille passi sperando che la pioggia non passi mai (Ehi)
Ma ho solo cuore per gli attacchi e tu ci cammini sopra con i tacchi
(La canzone nostra -Salmo-Blanco-Mace)
EMANUELE
Noemi è andata via già da un po', ma io proprio non riesco ad addormentarmi. Mi giro e mi rigiro tra queste lenzuola che hanno il sentore di fumo e sesso. Mi manca l'aria. L'effetto dell'alcol sta lentamente svanendo e restare qui sta diventando sempre più difficile. Guardo l'orario sul cellulare, sono le quattro. Dovrei provare a rilassarmi e a cercare di dormire, ma mi è davvero impossibile. Cosa starà facendo Eleonora? Sarà tornata nella sua stanza nella casa famiglia o sarà ancora in quell'albergo con il dottorino a farsi scopare?
Merda! Solo provare a immaginarla sotto quel coglione mi fa venire i crampi allo stomaco e una rabbia che non riesco a controllare. Perché ha scelto proprio lui? Non lo voleva, non lo ha mai voluto, questo è palese. Altrimenti lui non avrebbe provato a prendersela con la forza. Allora perché?
Basta, non ha senso restare a letto.
Vado a farmi una doccia veloce, per togliermi di dosso l'odore di Noemi, dolce e fruttato. Indosso un paio di boxer puliti e dopo aver rollato una tabacchella apro la porta finestra per uscire a fumare. La mia attenzione viene attirata da un lampo che illumina quasi a giorno il cielo notturno. Enormi gocce di pioggia iniziano a cadere prima lentamente e poi sempre con maggior frequenza. Il classico temporale estivo, ne ho visti a decine, ma questa volta mi sento stranamente agitato. Non riesco neanche a distrarmi fumando, tanto che getto via la sigaretta senza averla finita. Sono troppo nervoso.
Senza pensarci due volte mi vesto velocemente e prendo casco e chiavi del Tmax. Ho deciso, devo andare da Eleonora.
Voglio vederla, ne ho bisogno.
Devo parlarle, devo capire e soprattutto le devo dire quello che sento per lei. Non me ne frega un cazzo se riderà di me, se farò una figura di merda. Io ci ho provato a non pensarla, a cercare di strapparmela dalla testa e dal cuore. Ma non ci riesco, anzi per essere totalmente sincero con me stesso, non voglio farlo. Mi piace questa sensazione che provo, mi piace sentire il mio cuore che aumenta i battiti solo se provo a immaginarla vicino a me. Io sono fottutamente e disperatamente perso per lei. Le devo parlare, poi lei potrà dire e fare quello che vorrà, ma io sento il bisogno di dirglielo. E devo farlo ora, sotto questa pioggia che non accenna a diminuire e che non mi fa neanche vedere la strada. Cielo e terra sembrano confondersi attraverso la visiera del casco. Ho i vestiti ormai zuppi e incollati al corpo, ma non me ne frega un cazzo. Più mi avvicino alla meta, più mi sento vivo.
Rallento per imboccare il vialetto laterale che porta alla casa famiglia e lo scooter scarta leggermente a destra perchè il terreno è fradicio e fangoso. Faccio appena in tempo a evitare di travolgere una figura che mi precede di poco sotto la pioggia battente.
Eleonora è davanti a me che mi fissa con uno sguardo spaventato, non so neanche io come ho fatto a non investirla.
ELEONORA
Un minuto, anzi, anche meno e sono già totalmente in balia della pioggia.
La cosa che però mi fa incazzare di più è che non posso neanche fumare, piove davvero in maniera esagerata.
Non ho mai avuto paura dei temporali estivi, ma ora qui sola, su questa strada deserta e senza avere alcun punto di riferimento che mi indichi che strada fare per arrivare in casa famiglia, inizio a sentirmi terrorizzata.
L'unica cosa sensata che mi viene da fare è continuare a proseguire nella direzione in cui andava l'auto di Gabriele prima di fermarsi per abbandonarmi.
Che stronzo, non riesco a definirlo diversamente. Più stronza io però. Cosa cazzo pensavo di risolvere facendomi fottere da quel porco? Come se la momentanea sensazione di essere indispensabile per qualcuno fosse servita poi a farmi stare meglio? No, non è stato affatto così. Alla fine dei giochi non ho fatto altro che farmi usare da lui. Più lui mi usava e io più pensavo a Lele.
Sono stata davvero una stupida e trovarmi sotto questo diluvio mi sembra anche una punizione giusta, quasi me lo merito, proprio come ha detto il dottorino.
Gli anfibi affondano nel fango, ma preferisco tenermi fuori dalla carreggiata, non voglio correre il rischio di essere investita. Provo a usare la torcia del telefonino per illuminare la strada davanti a me, ma serve a poco, mi dispiace solo che forse domani il telefono sarà inutilizzabile perché irrimediabilmente bagnato.
Vorrei urlare per la rabbia che ho contro me stessa, per essere stata così idiota ed essermi cacciata in questa situazione, ma per un secondo il fascio di luce della torcia illumina l'ingresso di una stradina secondaria e riesco a leggere il cartello in legno con l'indicazione stradale della casa famiglia. Per una volta la fortuna è stata dalla mia parte e con sollievo mi rendo conto di essere quasi arrivata, quando vedo in lontananza le luci interne del cortile di casa, ma non faccio in tempo a gioire che alle mie spalle sento il rombo del motore di uno scooter che slitta nel fango e quasi mi travolge.
Cosa cazzo ci fa Lele qui a quest'ora?
Mi ritornano in mente le foto che mi ha inviato Camilla. La rabbia e la delusione riaffiorano lentamente, mentre lo guardo scendere dal Tmax e sfilarsi il casco. Ha i capelli sciolti e asciutti, ma la pioggia violenta li bagna velocemente. Infastidito li tira indietro con la mano e intanto si avvicina.
«Ele ti ho spaventata? Scusami ma la pioggia non mi faceva vedere nulla e non pensavo di trovare qualcuno lungo la strada.» Lo sento a stento, tanto è forte il fragore del temporale.
«Perché sei venuto qui?» Anche io alzo il tono della voce per farmi sentire.
Se qualche ora prima era tra le gambe e tra le tette della ragazza della foto, per quale motivo ora è qui?
«Io ti devo parlare.» Mi risponde allungando una mano per accarezzarmi il viso.
«Non abbiamo niente da dirci.» Rispondo risoluta, ma senza rendermene conto inclino la testa per restare poggiata nel palmo della sua mano. È caldo, rassicurante, e io ora ho freddo e mi sento a disagio, se penso che fino a qualche ora prima le sue mani toccavano un'altra e le mani di un altro uomo toccavano me.
L'intensità della pioggia sta lentamente scemando. Si è alzato un leggero venticello che mi fa rabbrividire.
«Davide mi ha detto...» Si interrompe bruscamente. Di nuovo con la mano cerca di sistemarsi i capelli ormai totalmente bagnati. Si tortura le labbra con i denti, è nervoso, come se non riuscisse a trovare le parole per continuare il discorso.
Sentire nominare Davide mi fa trasalire. Cazzo come volano le notizie. Come prevedevo la mamma non ha perso tempo a riferire al figlio di avermi vista e lui si è affrettato a dirlo a Lele. Ha fatto e farebbe di tutto per screditarmi ai suoi occhi e io gli ho fornito solo un'occasione in più. Ora capisco perchè Lele è qui, per dirmi in faccia quanto gli faccio schifo.
Abbasso lo sguardo pronta a incassare i suoi insulti, li merito tutti, faccio schifo anche a me stessa infondo.
«Sono stato con una...» Riprende a dire, cambiando totalmente l'argomento del discorso.
«Avevo bevuto, ero fuori di testa... Non volevo pensare, non ci potevo credere... » Gli trema la voce. «Cazzo Ele, l'ho scopata e mentre lo facevo continuavo a chiamarla con il tuo nome! Sai cosa vuol dire questo?» Urla e prendendomi per le spalle mi scuote leggermente.
So bene cosa ha fatto questa sera, le foto che ho ricevuto erano abbastanza esplicite, ma chi sono io per poterlo giudicare? Io che ho fatto esattamente o se non peggio di lui.
Mi spaventa però questo suo modo di fare, tanto che indietreggio, se ne accorge e cerca di accorciare le distanze.
«Tranquilla, ora sto bene, ho quasi smaltito tutto. Non devi spaventarti, Cristo non ti farei mai del male Ele, non allontanarti da me.» Mi poggia le mani sulle spalle e il mio corpo ne assorbe rapido il calore. Scottano quasi e il loro contatto sulla mia pelle umida è piacevolissimo.
Ora il suo tono di voce, il suo sguardo, sono una preghiera nei miei confronti.
«Voglio solo sapere perchè? Perchè hai scelto lui? Per punire me?» Le sue iridi color cioccolata risplendono di dolore nel buio della notte. La sofferenza che sta provando in questo momento mi arriva così forte da spezzarmi il fiato.
Non riesco a respirare e faccio ancora un passo indietro per sottrarmi alle sue mani che mi cercano.
Vorrei provare a rispondergli, trovare le parole giuste per spiegargli che io sono fatta così. Che quando sto male e soffro, non riesco a trovare dentro di me la capacità di reagire e allora mi punisco cercando un modo per provare altro dolore. Ma non riesco, non ho la forza.
«Non mandarmi via Ele, non farlo. Non lo sopporterei.» Continua e si avvicina di nuovo prendendo il mio viso tra i palmi delle mani. Non riesco a sottrarmi dal suo tocco e mi beo nel calore che mi trasmette.
«Sono un coglione, so di averti ferita, so di aver sbagliato, ma credimi non ti ho mai presa in giro. Quello che c'è stato tra noi, quello che ti ho detto, quello che sono stato con te e 'solo con te', è tutto vero, tutto reale. Mi sei entrata dentro, tu sei nel mio sangue, scorri nelle mie viene, sei sotto la mia pelle, nei miei pensieri malati, nell'aria che respiro. Sei ovunque e io sono talmente idiota che per un verso ho paura di tutto quello che sento, ma per un altro non ne voglio fare a meno, perché tu mi fai sentire vivo come non mi sono mai sentito con nessun'altra. Sei la musica che deve riempire le mie giornate, non mandarmi via! Io non credo a quello che mi hai detto l'altra sera, volevi mostrarti forte per non farmi capire quanto male ti avevo fatto. Io lo sento che anche tu provi qualcosa per me, non negarlo, non ti crederei. » Mi stringe a se convulsamente per evitare che io possa allontanarlo di nuovo.
Dovrei essere felice per quello che mi ha appena detto, ma non riesco a provare emozioni. Resto ferma nel suo abbraccio che non ricambio. Mai avrei immaginato di poter sentire Lele pronunciare certe parole, a modo suo mi sta dicendo che per lui sono importante, che conto qualcosa. Ma perché non riesco a gioire, non era questo che volevo sentirmi dire da lui?
Con la mente torno alle ore appena trascorse, i miei pensieri si accavallano confusi, mi rivedo mentre Gabriele mi scopa... No, io non sono la musica di nessuno, io invece sono solo una nota stonata, una squallida puttana che invece di trovare la forza di reagire a una delusione ha preferito sprofondare nel totale disgusto di se stessa.
«No Lele, lasciami andare, è tardi ora, è troppo tardi... Ho rovinato tutto!»
Non piove più, ma il mio viso ora è bagnato dalle lacrime, il mio corpo è scosso dai singhiozzi. Mi sottraggo al suo abbraccio e provo ad allontanarmi. Ma lui non mi lascia andare e testardamente mi stringe di nuovo a se e io continuo a piangere tra le sue braccia.
Poggiata al suo petto sento le forti pulsazioni del suo cuore e nella mia testa finalmente si fa strada un pensiero: lui mi vuole. Vuole me così come sono, con i miei errori e le mie insicurezze, senza giudicarmi, senza fare domande.
Lui vuole me e me lo sta facendo sentire, me lo sta dimostrando, forse mi posso fidare di lui come lui ora si sta fidando di me.
«Shhh piccoletta, non dire nulla, non parlare. Non ho nessun diritto di farti domande, sono scelte tue. Ma non è tardi, non hai rovinato nulla. Sono qui per questo. Per dirti che per me possiamo ripartire da ora. Come se per caso io e te ci fossimo incontrati sotto questo temporale e iniziasse tutto da questo momento... »
Scioglie l'abbraccio e fa un passo indietro. Sorride e allunga una mano verso di me a mo' di saluto: « Io mi chiamo Emanuele e tu?» Esattamente lo stesso gesto di quando ci siamo incontrati la prima volta a scuola. E quando tra le lacrime allungo la mia mano impacciata per stringere la sua, mi attira verso di se e le nostre bocche si scontrano affamate in un bacio che sa di amore e disperazione.
«Siamo due teste di cazzo» Mi sussurra sulle labbra per poi riprendere a baciarmi in quel modo che solo lui sa fare, con forza, rabbia e passione, con i corpi che si cercano e le sue mani che scivolano sui miei fianchi, che stringe e avvicina a se.
«Se non ti scopo ora, credo di impazzire! Ti voglio sentire mia!» La sua bocca calda scende sul mio collo, mentre mi abbassa il top lasciando i seni scoperti.
Per un attimo guardo in direzione delle finestre della casa famiglia, spero che il buio ci nasconda e che nessuno sia dietro una di esse a guardarci, ma quando le sue labbra arrivano sul mio seno, ogni pensiero razionale fugge dal mio cervello. Sento solo il piacere che mi sta procurando la sua lingua che tortura prima un capezzolo e poi l'altro. Solleva le mie gambe che intreccio al suo bacino, la mia schiena urta il tronco bagnato alle mie spalle. Sembriamo due animali affamati l'uno dell'altra mentre continuiamo a baciarci senza staccarci mai. Mi solleva la gonna sui fianchi e lo sento armeggiare con la sua cintura, lo aiuto a sbottonare i jeans. Ho fretta di sentirlo dentro di me e non lo nascondo. Sposta i miei slip e indugia guardandomi negli occhi.
Mi perdo nel suo sguardo, mentre sento il cuore che martella impazzito.
«Non smettere mai di guardami così piccoletta!»
Ora l'intero pianeta potrebbe esplodere, non me ne fregherebbe nulla, perché io in questo momento so cos'è per me la felicità: essere qui, con lui che mi guarda pieno di desiderio e di amore, come se fossi l'unica cosa di cui ha bisogno ora per vivere.
«Sono tuo Ele, solo tuo, vuoi essere tu lo stesso per me?» Mi chiede in un soffio e mentre intreccio le dita nei suoi capelli bagnati, sulle labbra gli rispondo «Per sempre!»
Io sto urlando! Voi lo stesso?
Cosa ne pensate di Emanuele e di come si è 'dichiarato' a Eleonora?
Secondo voi questo capitolo potrebbe essere l'ultimo della storia o Emanuele ed Eleonora hanno ancora altro da raccontarvi?
Vi lascio nel dubbio...
Vi aspetto sul mio profilo Instagram emmeffelovewattpad dove potrete rispondere al box domande e lasciare il vostro parere sul capitolo.
Baci a tutte!
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