Capitolo 72: Gin tonic, rabbia e scelte sbagliate

Non me lo chiedi mai che cosa siamo adesso

tu che hai buttato ormai tutto quanto nel cesso...

(Morto per te - Follya)

EMANUELE

«Saverio, me lo dai o no un altro gin tonic? Cosa cazzo stai aspettando che arrivi l'alba?» Biascico con la bocca impastata dal troppo alcool che sto trangugiando come fosse acqua fresca.

«Ema, sono le tre, ho perso il numero dei gin tonic che hai bevuto. Perchè non te ne vai a casa a dormire?» Saverio cerca disperatamente di farmi rinsavire. Vorrei fargli capire che è proprio quello che non voglio fare: tornare in me. Trovo estremamente appagante questo stato di torpore in cui mi fa galleggiare l'alcool, i pensieri si confondono e io riesco a stare tranquillo per un po'.

«Saverio ma che amico sei? Se ti dico che voglio ancora bere, tu fa solo il tuo lavoro e servimi ancora gin tonic, non sono ubriaco, ancora non del tutto, almeno credo.» Cerco maldestramente di rollare una tabacchella, le mani sono davvero malferme, forse Saverio non ha del tutto torto, dovrei andare a casa e cercare di dormire un po'.

Sì dormire, sarebbe davvero un'ottima cosa da fare. Peccato che appena mi allungo sul letto mi ritorna in mente quella stronza di Eleonora. Ogni volta ripenso alla prima sera che siamo usciti insieme e poi siamo finiti a casa mia a scopare. Le sue parole, gli sguardi, i respiri, i gemiti, tutto in perfetto ordine si riaffaccia nei miei ricordi. La sua pelle bianca, le sue pupille dilatate dal desiderio. È una fottuta persecuzione, non riesco a non pensarla.

Anche ora mentre sono qui seduto al bancone del bar spero sempre di vederla arrivare insieme a Samuel e me l'immagino venirmi incontro con quel suo bel sorriso da stronza. Quelle belle labbra imbronciate, le morderei a sangue per farle sentire il dolore che sento dentro di me. Un dolore che mi devasta e non mi lascia vivere.

Le risento ancora le parole dell'altra sera: 'Cosa vuoi che siano un paio di scopate?'

Col cazzo un paio di scopate!

E no piccoletta, non sono state un paio di scopate qualsiasi.

Io ci ho messo il cuore in quei momenti, ti ho detto cose che mai sono uscite dalla mia fottutissima bocca. Mai con nessuna sono stato tanto dolce quanto con te.

E tu, cara la mia piccoletta, con quattro paroline di merda, il mio cuore lo hai trafitto a morte.

Sono consapevole di aver fatto il coglione con te, di averti ferita. Ma non mi hai dato neanche il tempo di spiegarmi, di farti capire come sono fatto. Ti avrei detto che sono uno stronzo, un buffone, che sono un vigliacco che rifugge ogni tipo di impegno e responsabilità. Ma ti avrei anche detto che per te sarei stato disposto a cambiare, a provare a essere diverso.

Perché ti amo e ora vorrei urlarlo ai quattro venti: 'Io Emanuele Maestri sono fottutamente innamorato di Eleonora Viiperi'. Mi farei prendere per pazzo, ma lo farei.

E invece sono qui a stordirmi di gin e sigarette per colmare il vuoto che sento nella mia vita e nel mio cuore.
Anche suonare questa sera al concerto non è servito a nulla. Avrei voluto che ci fossi tu a guardarmi e ad applaudirmi. Tutti a farmi i complimenti per il mio 'solo' di marimba, per il bellissimo arrangiamento che ho fatto di 'Perfect'. Ma io lo avevo fatto per te, ogni nota, ogni vibrazione, ogni sfumatura, tutto per te. Ma tu non c'eri.

Per questo subito dopo sono ripartito per tornare qui a Siponto, per sentirti più vicina a me, per respirare la tua stessa aria, per sperare di incontrarti.

«Ehi cugino, è da un po' che non ci si vede, come te la passi?»

La mia vita in queste giornate fa schifo e incontrare Davide è il coronamento perfetto di un periodo di merda. Questa sua faccia da cretino con un sorrisetto fesso stampato su, in questo momento è l'ultima cosa che ho voglia di sopportare.

«Tutto bene Davide. Almeno fino a quando non sei arrivato tu!» Cerco di darmi un contegno e non lasciar trasparire lo stato semi confusionale in cui mi trovo, nella speranza che si tolga subito dai coglioni.

«Ce l'hai ancora con me per l'altra sera? Ma dai, ti ho detto solo la verità...» Insiste, forse non riesce davvero a capire che non è proprio il momento giusto per rompermi le palle.

«Mi hai detto solo cose che già sapevo...» In cuor mio spero che la mia risposta sia sufficiente per chiudere l'argomento. Non ho voglia di parlare di Eleonora con lui.

«Quindi sei consapevole che è solo una puttanella da quattro soldi?» Scandisce bene l'ultima parola avvicinandosi eccessivamente a me, come a volermi sputare in faccia questa sua constatazione.

Stringo spasmodicamente il bicchiere di plastica in cui Saverio mi ha appena servito da bere, lo vedo accartocciarsi e riversare sul bancone il suo contenuto. Sento la rabbia montare incontrollata dentro di me. Come si permette questo coglione di chiamare 'puttanella' la mia Eleonora?

«Davide, ma ancora non ti rassegni? Per quanto tempo ancora dovrai sputare merda su Eleonora?» Ringhio a bassa voce afferrandolo per il colletto della polo Lacoste azzurra che indossa.

«Non è merda cugino, è la semplice verità! Quella che tu chiami 'la mia Eleonora', non è altro che una puttana!»

In un attimo perdo ogni capacità di controllo e senza neanche capire come, mi ritrovo in ginocchio a gambe larghe su Davide che è lungo disteso per terra con le labbra tumefatte. Finalmente una volta per tutte quella bocca smetterà di sparare stronzate.

«Non ti permettere mai più di usare certi termini quando parli di Eleonora!» Urlo e lo colpisco ancora una volta.

Mi sento afferrare per le spalle e vengo bruscamente strattonato via.

È Saverio che mi tiene fermo. «Ema fermati, lo ammazzi se continui a colpirlo così!»

«Puoi picchiarmi quanto vuoi, non finirò mai di dirtelo, quella è una puttana! Mia madre l'ha vista entrare oggi pomeriggio in un albergo insieme a quel dottore che tu hai preso a pugni perché ha tentato di violentarla!» Urla Davide cercando di alzarsi. «Apri gli occhi cugino! Ti sto dicendo la verità! Anche io non volevo credere a mia madre, ma lo sai quella come è fatta, le ha addirittura scattato una foto con il telefono. Ecco, se non mi credi guarda tu stesso!» Allunga verso di me il cellulare che non degno neanche di uno sguardo perché mi libero bruscamente dalla stretta di Saverio e con il cervello in tumulto vado via.

Metto in moto lo scooter e parto sgommando, senza una meta prefissata. Voglio solo scappare, allontanarmi da Davide e da tutto quello che mi ha detto sul conto di Eleonora.

Purtroppo, mi rendo conto che il livello di alcool nelle mie vene è davvero elevato e che non sono in grado si guidare, solo dopo aver evitato per un pelo di uscire fuori strada a una curva.

Ho bisogno di fermarmi, di riflettere e di fumare. Troppi pensieri confusi affollano la mia testa. Devo fare qualcosa per mandare via dal mio cervello quella stronza di Eleonora. E io che mi sono sentito in colpa per averla trattata male, per averla fatta soffrire quando mi ha visto baciare Eliana. Tutto quello che mi ha detto l'altra sera è vero. Racconta a tutti la storia dell'orfanella sofferente solo per fare colpo e farsi fottere. Avrà fatto lo stesso anche con il dottorino. Ma perché ha scelto proprio lui? Perché farsi scopare da uno che ha tentato di violentarla? Questo proprio non riesco a capirlo! Ma a quanto pare io non ho capito proprio un cazzo di lei!

Cristo che coglione che sono stato! Come ho fatto a perdere la testa per una così? Non mi riconosco più, arrivare anche a picchiare mio cugino per colpa sua.

La devo strappare dai mie pensieri, devo cancellarla dalla mia mente e non stare qui a struggermi per lei.

Devo smetterla di pensare alla sua pelle bianca, al suo sapore di fumo e tenerezza, alle sue labbra rosse e umide a quel suo eccitante modo di ondeggiare i capelli dietro le spalle, al tono roco della sua voce quando mi chiede di più, ai suoi capezzoli sempre turgidi e a quegli occhi scuri che mi scavano nell'anima.

Sono o non sono io, quello arrogante, egocentrico, che ogni sera fotte con una diversa?

Porca puttana, non lo so più! So solo che nonostante tutto, sento dentro di me che è come se le cose non fossero esattamente come sembrano. Come se dietro questa scelta di Eleonora ci fosse qualcosa. Ma cosa? Cristo santo sono troppo sconvolto per riuscire a concentrarmi e a capire!

Senza troppo riflettere risalgo sullo scooter e riprendo la mia marcia che si ferma davanti all'ingresso di uno dei locali all'aperto più in di Manfredonia in questo momento 'Bagni Bonobo'. Nonostante siano le tre di notte, il posto brulica di gente. Proprio quello che ci vuole per me in questo momento.

Supero l'ingresso sovrastato da un insegna al neon blu notte che fa sembrare degli spettri le persone che vi sostano in vicinanza. Mi dirigo rapidamente, zigzagando tra la folla, verso il bancone dove si somministrano gli alcolici e mentre ordino l'ennesimo gin tonic della serata, cerco di dare una riassettata al mio look. Sono ancora in tenuta da orchestra, skynny nero e camicia dello stesso colore, ma faccio comunque la mia bella figura.

Mi guardo intorno in cerca di un volto amico mentre sorseggio la mia bevanda. La musica pompa nelle casse a un volume altissimo, gente che balla e si diverte, e io dovrei perdere tempo a pensare a quella stronza? Assolutamente non ne vale proprio la pena. Almeno così penso in questo momento, mentre sento i miei pensieri, che grazie al nuovo apporto di alcool, stanno prendendo una direzione tutta loro.

«Ema? Ma che ci fai qui da solo?» L'urlo di Jessica nelle mio orecchio mi fa svegliare dal momentaneo stato di torpore.

Devo dire che non la ricordavo poi così bene la mia amica, o sarà l'effetto gin tonic, ma il costumino dorato che indossa le sta divinamente.

«Dai vieni come me, ci sono degli amici che mi aspettano nelle Jucuzzi, sono venuta a prendere una bottiglia di prosecco perchè abbiamo sete e le scorte sono finite. Hai il costume sotto, vero?»

Prosecco, Jacuzzi, amici o meglio spero amiche e la serata sicuramente prenderà una bella piega. Non ho il costume, ma solo un mini boxer nero in micro fibra che si può tranquillamente confondere come tale.

Non mi faccio pregare e la seguo sorridendo e non mi oppongo al fatto che lei mi passi un braccio intorno alla vita. Non siamo sicuramente due sconosciuti, anzi. Ho voglia di lasciarmi andare, di resettare i miei pensieri.

Jessica mi presenta ai suoi amici, alcuni già li conosco di vista, ma la mia curiosità si concentra su una ragazza bruna che mi fissa insistentemente, mentre velocemente mi libero dei vestiti per entrare in acqua. Quando Jessica mi ha detto il suo nome non l'ho capito, ero troppo preso a guardare il seno prorompente della tipa, che lo striminzito costume rosso contiene a stento. Ora invece, mentre mi rilasso nell'acqua tiepida e sorseggio prosecco ghiacciato, i miei poveri neuroni ormai in quasi stand by grazie al mix alcoolico, si stanno ponendo il problema se la taglia di quel reggiseno sia una quarta o una quinta.

«Bello il tatuaggio! Cosa rappresenta?» Mi chiede avvicinandosi e posizionandosi di fianco a me. Perfetto, da un lato ho Jessica e dall'altro Noemi, ecco ora ricordo come si chiama.

Questa si che è vita. Niente drammi, niente problemi, niente stress. Quello che fa per me.

«È una storia lunga, vuoi davvero che te la racconti?» Ghigno sarcastico mentre le passo la mano intorno alle spalle e l'avvicino di più a me. Provo a velocizzare le cose e a vedere se ci sta. Quelle due mega tette mi fanno proprio gola, ho già una vaga idea di come vorrei utilizzarle. Sto decisamente meglio e sicuramente una bella scopata mi farà più che bene.

Lei tranquilla si poggia a me e inizia a disegnare dei cerchi con l'indice sul mio petto.«Ho tanto di quel tempo, puoi raccontarmi quello che vuoi!» E dopo un secondo fottendosene degli amici e di Jessica che la guarda male, fa scendere la mano fino quasi alla base del tattoo.

Ho un sussulto perchè mi sento quasi preso alla sprovvista da tanta irruenza, ma non mi tiro indietro, certo non mi perdo un'occasione del genere e sento le mie parti basse che reagiscono prontamente.

La prendo per i fianchi e la faccio sedere sul bordo della Jacuzzi facendole allargare le gambe e posizionandomi in mezzo. Con il viso mi avvicino al suo seno prorompente quasi abbagliato dalla vista dei capezzoli tesi sotto il sottile strato di stoffa che li ricopre. Mi viene voglia di morderli, ma mi trattengo perché c'è troppa gente e poi non voglio spaventarla.

«Rivestiti e ti porto a casa mia dove ti racconto la storia del mio tattoo e della mia vita. Ti va?» Dico rivolto più alle sue tette che a lei.

Non se lo fa ripetere due volte e dopo esserci asciugati salutiamo Jessica che continua a guardarci male e ci avviamo verso il parcheggio.

Prima di uscire dal locale mi fermo al bar per comprare una bottiglia di prosecco, ho sete e a casa non ho nulla da bere, ed è uscendo dal locale che noto un volto a me conosciuto: Camilla, l'amica di Eleonora che distoglie immediatamente lo sguardo da me per continuare a parlare con alcuni ragazzini della sua età.

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Capovolgo la bottiglia di prosecco scoprendo con rammarico che è letteralmente vuota. Cazzo ho ancora sete. Noemi si stiracchia, di fianco a me nel letto e si solleva su un gomito a guardarmi.

«Ma non ti sembra di aver bevuto abbastanza?» Chiede sorridendo e accarezzandomi la schiena.

Sì che ho bevuto, ma voglio bere ancora. Bere fino a quando riuscirò a capire cosa succede nella mia testa malata. Ho appena finito di scopare con una bella ragazza e invece di rilassarmi sto pensando a Eleonora.

Ci pensavo anche prima, quando tutto l'animale che sono è venuto fuori. Ci sono andato giù pesante con Noemi, che è stata all'altezza della situazione e le sue tette enormi in accoppiata alla sua bocca, le ho 'usate' proprio come avevo fantasticato. C'è da dire però di contro, che ho ricambiato ampiamente, regalandole almeno un paio di orgasmi molto intensi. Come sempre il sesso è una delle mie attività preferite e cerco sì di prendere il meglio per me stesso, ma nello stesso tempo mi piace anche che la persona con cui condivido l'esperienza ne esca ampiamente soddisfatta.

«Perchè dici che ho bevuto molto?» Le chiedo curioso.

«Beh credo proprio di sì! Meno male che non sono una tipa permalosa, ma a te il mio nome non è proprio entrato in testa? Hai continuato per tutto il tempo a chiamarmi Ele. Chi è la tua tipa?» Intanto inizia a rivestirsi.

Cristo santo che figura di merda. Ma guarda come cazzo mi ha ridotto quella stronzetta?

Non le rispondo perchè non so cosa dire. Resto allungato nel letto constatando che non ho voglia di fare nulla, tanto meno alzarmi per accompagnare Noemi a casa.

«Ti chiamo un taxi? Va bene? Effettivamente ho bevuto troppo e non credo di essere in grado di guidare lo scooter...» Farfuglio in tono di scusa. Sto comportandomi proprio come una merda, lo so, ma in questo momento non vedo l'ora che vada via. Voglio restare solo

«Tranquillo, va benissimo.» Risponde comprensiva mentre ondeggiando la testa risistema i capelli lunghi e bruni, dietro la schiena. Lo stesso movimento che fa Ele. Solo che quando lo fa lei io mi perdo nella sensualità che emana il suo corpo, ora invece ne sono quasi infastidito perché odio constatare che non perdo nessuna occasione per non pensare alla piccoletta.

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ELEONORA

Gabriele è assorto e silenzioso alla guida. Non ha battuto ciglio quando gli ho fatto capire che volevo tornare a casa. Ogni tanto si volta a guardarmi, me ne sono accorta osservandolo con la coda dell'occhio. Ho come la sensazione che voglia dirmi qualcosa me che non riesca a trovare il coraggio. Certo che dopo tutto quello che mi ha detto mentre mi scopava, non riesco a capire ora tutto questo suo timore.

Approfitto di questo silenzio per me rassicurante per dare un'occhiata al telefono. Samuel mi chiede che fine ho fatto e se deve in qualche modo coprirmi con il don. Velocemente gli spiego che sto ritornando e che domani dovrà dire al prete che siamo stati insieme al locale di Saverio. Spero in cuor mio che non mi chieda molte spiegazioni sulla mia sparizione, ma ne dubito seriamente.

Poi è la chat di Camilla ad attirarmi. Mi ha mandato un bel po' di messaggi e tre fotografie. Vorrà sicuramente mostrarmi o una nuova pettinatura o un nuovo outfit e chiederà il mio parere, motivo per cui mi affretto a guardarle anche se risalgono almeno a un'ora fa. Un po' la invidio la mia amica, vorrei avere la sua leggerezza nell'affrontare le situazioni. Vorrei anche io preoccuparmi solo di vestiti e pettinature. Se solo la vita fosse stata un po' più generosa con me.

Quasi mi cade il cellulare dalle mani quando scopro chi è il soggetto principale delle fotografie: Lele Maestri.

Nella prima foto lui, bellissimo come sempre, è immerso in una specie di piscina, non riesco a vedere bene, e sta bevendo qualcosa in mezzo a due ragazze, una bionda e una bruna. La bionda è quella scipita di Jessica, la sua compagna classe che credo lui abbia scopato nel periodo degli esami di stato, quando io frequentavo Davide. La bruna, non la conosco, ma porca puttana ha un paio di tette enormi. Nelle altre due foto ci sono solo lui e la tettona e la nausea mi sale in gola. Lei è seduta a bordo piscina e lui è in mezzo alle sue gambe con lo sguardo fisso sul seno.

Ecco, lei è quella che sicuramente lui scoperà o ha già scopato questa sera.

I commenti di Camilla sono spietati: Il bastardo se la sta spassando alla grande. Dove sei? Perchè non vieni a fargli il culo?

Sento le lacrime pizzicarmi gli occhi, mentre metto da parte il telefono.

Come ci siamo ridotti io e Lele?

Io che ho provato a soffocare la mia delusione fra le braccia di un uomo molto più adulto di me e lui invece che continua imperterrito la sua promettente carriera di scopatore seriale.

Eppure quello che c'è stato l'altra notte tra noi sembrava davvero amore. Ecco, dico bene, sembrava. Ero solo io a sentirlo l'amore, lo stesso che continuo a sentire ora.

Guardo oltre il finestrino, sta piovendo o sono io che piango? Ricaccio indietro le lacrime, questo non è il momento e neanche  il posto adatto per lasciarmi andare.

Un lampo illumina a giorno la strada. Sta diluviando. Ci voleva solo un temporale per concludere al meglio questa giornata di merda.

«Quanto manca?» Chiedo impaziente. Non vedo l'ora di arrivare a casa. Voglio uscire da quest'auto che sa di nuovo e del profumo agli agrumi di Gabriele, non sopporto più la sua presenza.

«Ancora qualche chilometro e sarai a casa, tranquilla. Quando possiamo rivederci?» Mentre parla ha allungato una mano per accarezzarmi con fare possessivo una gamba. Dio che disgusto. Come ho fatto a provare piacere facendomi toccare da lui?

«Rivederci? Non mi sembra di averti lasciato intendere che ci sarebbe stata questa possibilità tra noi, o sbaglio?» Scandisco bene le parole, voglio essere chiara e diretta. Non ho nessuna intenzione di avere ancora a che fare con lui.

Frena di botto e accosta sul ciglio della strada. Il rombo di un tuono esplode talmente vicino a noi da farmi sussultare. Si allunga su di me per raggiungere la levetta per l'apertura del mio sportello e lo spalanca noncurante dell'acqua che inizia a bagnare me e l'interno della sua preziosa Lamborghini.

«Se è così, puoi scendere anche qui, per strada, il posto ideale per le puttane come te!» Ringhia furioso. Il suo sguardo è rabbioso, così come l'espressione del viso.

Vorrei controbattere, ma mi rendo conto che per la mia incolumità fisica non mi resta che tacere e scendere velocemente.

Richiude immediatamente lo sportello e riparte lasciandomi da sola, al buio su una strada deserta e in balia del temporale.

Proprio quello che si merita una puttana come me.

Emanuele finalmente ha ammesso a se stesso di essere innamorato di Eleonora, ma la notizia che gli comunica Davide lo sconvolge e come al suo solito, trova nel sesso il modo per provare a sfuggire alla realtà, senza ottenere però buoni risultati.

In questo momento Eleonora ed Emanuele sono fisicamente molto distanti l'uno dall'altra, ma mai come ora le loro menti sono vicinissime.

Ho come la sensazione che stiamo arrivando a un punto di svolta, nel bene o nel male le cose dovranno essere chiarite.

Grazie a tutte per essere arrivate fin qui e per l'affetto che mi dimostrate!

Grazie per i vostri commenti e per la tanto apprezzata stellina!

P.S. per le lettrici silenziose: Vi ringrazio tanto, ma mi farebbe tanto piacere ricevere da voi anche un solo breve cenno di presenza. Scegliete voi il modo!

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