Capitolo 66 : Il buio e la luce

 Ti porto via con me!

In questa notte fantastica

di questo inizio del mondo

con mille storie che nascono

e mille amori che esplodono ...

(Ti porto via con me - Jovanotti)

«Ele, cazzo svegliati!»

Qualcuno mi sta scuotendo con fermezza e allo stesso tempo con delicatezza. Sento una mano che mi accarezza la fronte, ha un profumo bellissimo, mi ricorda qualcuno, ma il mio cervello è come se fosse atrofizzato, fa fatica a mettere in connessione i miei pensieri. 

«Saverio, dammi dell'acqua fredda, dai veloce.»

Ha un tono davvero spaventato, poverino. Vorrei dirgli che lo sento, che sto bene, ma non riesco a parlare. 

«Levatemi quello stronzo dai coglioni, altrimenti lo ammazzo!»

Accidenti però com'è arrabbiato. Con me? Cos'ho combinato? Non ricordo nulla. 

Anzi no, qualcosa  pian piano inizio a ricordarla: il cielo nero sopra di me, la testa che pulsava, come sempre ultimamente. La nausea, la mancanza di forza, l'incapacità di reagire e infine due mani che mi frugavano addosso, alzavano il mio vestito e ruvide toccavano, palpavano, stringevano. 

«Ele ti prego, mi senti? Cristo santo, è ghiacciata! Cosa cazzo le hai dato brutto pezzo di merda!»

Non ti arrabbiare, ti prego. Continua a toccarmi con quelle belle mani morbide e calde. Ho freddo.

Bravo, tirami su e abbracciami, ho bisogno del tuo calore. 

Come avevo bisogno di te prima quando sono passata e tu neanche mi hai guardata. 

Lele, lo sento che sei tu.

I ricordi ora diventano sempre più nitidi. 

Gabriele e le sue mani schifose. Gabriele e le sue labbra viscide, le sue parole sussurrate con quella voce che di suadente non aveva più nulla.

Poi un'ombra, come se avessi la sensazione dell'avvicinarsi di una presenza amica. La ricerca, in una me senza più forza vitale, dell'ultimo briciolo di volontà e di ribellione, un urlo, disperato, rabbioso, la mia ultima richiesta di aiuto e poi l'attesa e il buio, freddo, avvolgente. 

Continua a tenermi così, al caldo stretta al tuo petto. 

Sai di buono Lele, hai un odore delizioso. 

Io sto qui buona buona e mi lascio cullare dalle tue braccia e dal suono rassicurante della tua voce. Per me il mondo potrebbe anche esplodere in questo momento, io sono dove vorrei essere, insieme a te. 

Ma non posso dirtelo, tu non capiresti, scapperesti via. Sei come me, abbiamo troppa paura di farci male e di fare male. Siamo uguali ma allo stesso tempo diversi, due mondi opposti, due stili di vita differenti. Eppure sarebbe bello avere con te anche un 'domani' un 'dopo' che vada oltre il presente, oltre il sesso, oltre tutto... 

L'acqua ghiacciata mi schiaffeggia il viso, spalanco gli occhi e ci trovo di fronte i tuoi. Belli, fiammeggianti di rabbia e tensione prima, e subito dopo pieni di speranza e di gioia. 

Vorrei baciarteli ora quegli occhi, poggiare delicatamente le mie labbra su quelle ciglia nere e lunghe. 

Resto a fissarti attonita, forse anche un po' spaventata dalle sensazioni che avverto dentro di me. 

Averti qui, ha cancellato tutto lo schifo che ho provato prima. Ora ci sei tu, e tutto il resto non conta.

La tua carezza rassicurante mi fa stare bene, il mio viso si coccola nel palmo della tua mano. Mi sorridi.

Cazzo com'è bella quella piccola fossetta che hai sul mento, mi viene voglia di passarci la lingua. Annoto tra i miei pensieri che sarà una delle cose che cercherò di fare al più presto. Ora non si può. 

Vedo Samuel, Saverio, sono tutti vicino a noi, in attesa di una mia parola. I loro sguardi sono carichi di ansia. Più in la Davide che tiene bloccato per le braccia Gabriele. Il dottorino non ha più gli occhialetti e ha un taglio sul labbro inferiore che sta sanguinando. 

«Lele per favore, mandalo via, non lo voglio più vedere, ti prego!» È tutto quello che riesco a dire mentre affondo la mia testa sul suo petto e inizio a trattenere i singhiozzi. 

«Tranquilla piccoletta, ci sono qua io. Nessuno ti farà più del male.» dici mentre mi stringi forte.

«Cosa vuoi che ne faccia di quel pezzo di merda? Io chiamerei la polizia... » Sussurri piano al mio orecchio.

«No Lele, già ho fatto troppi casini. Mandalo via, per favore!» 

Resto al sicuro tra le tue braccia e ti sento parlottare con Samuel e Saverio. Non mi giro neanche a guardare nella direzione di Gabriele, mi fa talmente schifo che solo pensare di guardare la sua faccia di merda mi provoca la nausea.

Vorrei provare a ricordare bene quello che è successo, se ha avuto il tempo di fare qualcosa contro la mia volontà, ma ho davvero un vuoto nella mia testa. 

Samu si avvicina e mi accarezza piano i capelli. Io non mi sposto dalle braccia di Lele, alzo solo gli occhi per guardare il mio amico. 

«Ele, se Emanuele non fosse arrivato in tempo a toglierti da sotto a quella merda, io non so cosa sarei stato capace di fare...» Gli trema la voce per quanto è scosso. 

Sono una frana, un disastro umano. Come mi è venuto in mente di lasciarmi infinocchiare da quelle quattro belle paroline che mi ha scritto? Perché do sempre fiducia a tutti? Quando aprirò gli occhi per capire che per alcune persone io valgo meno di nulla? 

Mi scosto piano da Lele, che fatica a lasciarmi andare, ma non si allontana di un millimetro da me. Samu mi passa un fazzolettino per asciugare le lacrime, che silenziose continuano a scorrere copiose. Mi guardo intorno e sono felice di notare che la piccola folla di gente che si era creata si è ormai dispersa, odio essere al centro dell'attenzione. 

Cerco la mia borsetta, ho voglia di una sigaretta. Ho un disperato bisogno di nicotina, o forse è solo un modo per ritrovare un po' me stessa. L'accendo e aspiro con forza. I polmoni si dilatano e accolgono piacevolmente il fumo. Noto che le mani mi tremano un po' meno.

Samuel intanto dopo essersi rassicurato sul mio stato di salute è ritornato dal suo barman. Ho notato che lui e Lele si sono scambiati un'occhiata di intesa. Questa complicità tra i due mi sorprende e nello stesso tempo mi rasserena. 

«Dov'è?» Chiedo rivolgendomi a Lele. Non ho quasi il coraggio di guardarlo in faccia. Cazzo mi vergogno, mi sento a disagio ora che ho riacquistato un po di padronanza di me stessa. Non voglio neanche immaginare il casino che ho creato e lo spettacolo che ho dato. Sono il solito disastro di sempre.

«Saverio lo ha 'accompagnato' fuori dal locale. Non credo lo rivedremo mai più qui nei dintorni.»

Mi accarezza una guancia ancora bagnata dalle lacrime. «Non piangere, non ce la faccio a vederti così. Lo avrei ammazzato di botte se non fosse intervenuto un tizio della sicurezza a fermarmi.»

Solo ora mi soffermo a guardare le sue mani, ha le nocche sbucciate e irritate. Le sue splendide e preziose mani. So benissimo che per un musicista sono importanti, sono un tesoro da preservare, e lui le ha messe a dura prova per difendere me.

Si accorge che le sto osservando e si schernisce con un sorrisetto di traverso. «Non è niente piccoletta, solo due graffi, guariranno in fretta. Tu invece, come stai?» Lo vedo sistemarsi i ciuffi ribelli dietro le orecchie, come se fosse in imbarazzo. Emanuele Maestri in imbarazzo? Non riesco a crederci. 

«Va meglio, ma ti voglio spiegare...»

«Non mi devi spiegare nulla, non ti devi giustificare se quel porco voleva approfittare di te. Mi ha spiegato tutto Samuel. Mi ha detto della caduta, del ricovero in ospedale, dei medicinali e del dottorino del cazzo.» Scuote la testa nervoso e i capelli oscillano seguendo i suoi movimenti. Mi incanto a guardarlo.

«Ha aggiunto al tuo succo un bicchiere di vodka liscia il bastardo. Il mix con i medicinali è stato letale per te, e lui lo sapeva bene, te li ha prescritti. Una merda umana, ecco cosa è.» Ha un'espressione di disgusto quando parla. «Un uomo che vuole prendersi una donna così è solo una merda!»

«È colpa mia, è solo colpa mia. Mi tiro addosso solo guai e problemi, come sempre! Scusami ancora, ti ho rovinato la serata. Dovresti essere con i tuoi amici a divertirti e invece a causa mia sei finito a fare a botte. Io... Voglio tornare a casa, tu vai...» Mi alzo e faccio per andare via, ma mi afferra per il polso e mi blocca. 

«Dove credi di andare? In queste condizioni non vai da nessuna parte da sola. Ti riaccompagno io! Poi, giusto per precisare, sono abbastanza adulto per decidere dove e con chi voglio essere in questo momento!» 

Con le mani mi circonda il viso e mi guarda con un intensità che mi fa tremare le gambe.

«Credimi, sono esattamente dove voglio essere e dove avrei dovuto essere da molto tempo!»

Me lo sussurra sulle labbra, con i pollici che delicatamente mi accarezzano le guance ancora umide di pianto. Inclina la mia testa verso l'alto e ci ritroviamo occhi negli occhi.

«Che bel quadretto che siete! Fino a cinque minuti fa ti stavi facendo sbattere da uno e ora sei qui a limonare un altro!»

Entrambi sussultiamo e ci giriamo verso Davide che  è a due passi da noi con un'espressione di livore dipinta sul volto. Lo guardo per capire quale sia il suo problema, ma non trovo la forza per rispondergli.

«Sei sempre molto opportuno con i tuoi giudizi cugino. Ho come la sensazione di averla già vissuta questa scena? Ricordi a scuola? E già allora ti ho chiarito che prima di parlare e sparare cazzate, devi provare a far funzionare quell'ammasso di merda che ti ritrovi al posto del cervello!» Emanuele sta decisamente perdendo la pazienza. 

«Te la scopi vero? Si vede lontano un miglio. Hai preso a pugni quello, ora sei qui a consolarla. Ammettilo che te la scopi!» Davide non demorde e io inizio ad avere paura di quello che potrà dire se la situazione dovesse degenerare. 

Non voglio che Lele sappia da lui cose della mia vita che avrei dovuto dirgli io e soprattutto non voglio che le sappia in questo modo.

«Credo che tu sia l'ultima persona a cui io debba rendere conto con chi faccio sesso, e te le ripeto ancora una volta, e spero sia l'ultima, smettila di giudicare cose di cui non sei a conoscenza!» Emanuele ora ha alzato il tono della voce, ma resta fermo, ancora di fronte a me, come se aspettasse pazientemente che Davide sparisse così come è apparso all'improvviso. 

«Qui mi sa che chi non è a conoscenza di molte cose sei solo tu Ema! Lo sai chi è quella che hai di fronte? » 

Quello che temevo si sta avverando. Ora Davide inizierà con tutto il suo veleno a sparare a zero su di me e su quello che sono. Resto ferma, mordendo con forza l'interno della guancia. Spero solo che questa tortura finisca presto, perché non credo di riuscire fisicamente a resistere ancora a lungo.

Lele non risponde, inclina leggermente la testa e vedo i suoi occhi guardare prima me e poi il cugino. Un sorrisetto sarcastico gli increspa le labbra, è stranamente tranquillo, come se non gli interessasse nulla di quello che Davide sembra invece essere impaziente di informarlo.

Lentamente infila le mani in tasca e fa due passi verso il cugino. «Dimmi pure, di cosa non sarei a conoscenza su Eleonora? Dato che ha un nome e non la chiami 'quella'!» 

«Sì bravo, difendila pure. È una povera disadattata, vive in una specie di comunità di recupero.»Sputa acido guardandomi con sufficienza.

Lele mi guarda e io mi rendo conto che sto trattenendo il respiro. Mi sento come un condannato in attesa di sapere quale sarà la sua pena da scontare.

Davide non contento rincara la dose: «Sarai contento di sapere che ti sei scopato una zingara! Attento alle malattie cugino!» 

Inizio a tremare ma non abbasso lo sguardo. Io non mi vergogno di quello che sono. Mi vergogno invece per Davide. Dove lo ha preso tutto questo odio nei miei confronti? Non gli è bastato umiliarmi alla festa? 

Emanuele non si scompone, è impassibile, dal suo volto non traspare nessuna emozione. Con tutta calma si avvicina ulteriormente a me e mi poggia il braccio sulla spalla avvicinandomi a se. Non mi aspettavo questo suo movimento e un po' mi ritraggo quasi spaventata, ma lui mi stringe ancora.

Rivolge uno sguardo di palese disapprovazione al cugino e inizia a ridere di gusto.

«Cazzo Davide quanto sei patetico. Solo perché Eleonora ha fatto una scelta fra noi due, tu ti stai vendicando così? Ma non ti vergogni? Ma cosa cazzo me ne frega dove vive, dove è nata, cosa ha fatto... Ma davvero credi che io sia coglione e meschino quanto te? Mi fai davvero schifo! Io e il mio cazzo siamo multi etnici, non facciamo distinzione di razza e colore della pelle! E ora vedi di sparire prima che ti riservi lo stesso trattamento che ho elargito prima al dottorino!»

«Andiamo piccoletta, ti accompagno a casa. L'aria qui è diventata davvero irrespirabile, c'è troppa merda in giro!» Esclama rivolgendosi a me. 

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«Passo a salutare i miei amici e sono da te.» Mi dà un leggero bacio sulla fronte e mi lascia vicino al bar in compagnia di Samuel e Saverio. 

Lo seguo con lo sguardo. Sono ancora incredula per la reazione, o meglio per la 'non reazione' che ha avuto ascoltando le parole di Davide. Mi è sembrato davvero poco colpito dalle rivelazioni fatte sul mio conto, oppure ha solo saputo dissimulare le sue emozioni? Poco importa, chiarirò tutto molto presto. Non so perché, ma ci tengo che sappia di me, più dei pochi pettegolezzi odiosi che il cugino gli ha spifferato. 

La ragazza in rosa è l'unica che si è alzata tra il gruppo dei suoi amici. Ora le sta parlando, e almeno da parte di lei il tono della discussione mi sembra abbastanza acceso. Gesticola animatamente, mi guarda e mi indica anche. Posso capirla. Dopo quello che ho sentito in bagno prima, immagino perfettamente quello che gli starà dicendo. Lui non si scompone più di tanto, le accarezza il braccio come per tranquillizzarla, le dice qualcosa avvicinandosi all'orecchio e lei sorride ora, sembra più tranquilla.

Mi sento come la notte di qualche sabato fa, dopo aver letto i messaggi di Jessica sul suo cellulare. Sono di troppo, sono oggetto di disturbo alle relazioni altrui. 

Non riesco davvero a capire che tipo di rapporto ci potrebbe essere tra me e Lele. Non voglio fare parte della lista di attesa delle sue conquiste: Jessica, Dalila, la ragazza in rosa, altre di cui non so nulla, per i miei gusti ne sono davvero troppe. 

Sinceramente non so neanche perché in questo momento la mia mente stia farneticando su questo argomento. Non mi sembra che a oggi tra me e Lele ci sia qualcosa che possa essere simile a una relazione. 

Samuel mi vede persa nei miei pensieri e si avvicina a me abbracciandomi forte.

«Come stai? Ti sei ripresa un po'?»

«Va meglio Samu, sta tranquillo. Scusami tu con Saverio per tutto il casino che gli ho combinato nel locale. Ho fatto una delle mie solite figure di merda!» 

«Ma non lo dire neanche. La figura di merda l'ha fatta quel porco. Anzi, secondo me gliela stai facendo passare troppo liscia. Una bella denuncia e vedi come il dottorino ci pensa su la prossima volta che cerca di violentare una ragazza. Bastardo!»

«Ti prego, per favore, non ne voglio parlare più. Anzi non farne parola con il don altrimenti lo faccio morire di crepacuore. Ne sto mettendo in fila una dietro l'altra di cazzate in questo ultimo periodo e non voglio dargli altri grattacapi!» 

«Come sempre ti addossi tu colpe che non hai! Cosa ne potevi sapere che quello fosse un maniaco? Ele dai, ti sei fidata di lui... Meno male che Emanuele è arrivato giusto in tempo! Dovevi vederlo il tuo batterista, sembra esile e poco atletico, ma gliele ha date di santa ragione.»

«Fidati Samu, il fisico di Lele non ha nulla che non va. Anzi...» La mia espressione allusiva fa sganasciare di risate il mio amico.

«Perfetto, messaggio ricevuto forte e chiaro. Il musicista ha tutto al posto giusto e nella misura giusta.» E continua a ridere come uno scemo, facendo ridere anche me.

«Il suono della tua risata lo conoscevo poco, ed è così bello sentirlo ora!» Lele sopraggiunge alle mie spalle e mi poggia le mani sui fianchi facendomi ruotare su me stessa fino a trovarmi rivolta verso di lui. 

«Se vuoi ora posso accompagnarti a casa, o dove vuoi tu! Questa sera sono la tua guardia del corpo fino a quando non sarai tranquilla a dormire nella tua cameretta!» Mi prende per mano e dopo aver salutato Samuel e Saverio ci avviamo al parcheggio.

Mi aiuta a salire sul Tmax e poi si ferma a guardarmi, esitando, come se dovesse dirmi qualcosa e non riuscisse a trovare le parole per farlo. Mi sfiora piano la gamba, con una carezza leggera. Un brivido mi percorre la schiena e mi soffermo a guardare la sua mano che è ancora ferma su di me. 

«Io però ora devo dirti una cosa che forse non ti farà piacere sapere.» Dice schiarendo la voce e iniziando col dito a giocherellare con il bordo del mio vestito. Lo fa in tutta naturalezza, ma a me quei tocchi delicati provocano leggere scosse elettriche. Sono in uno stato di tensione indescrivibile. Le sue carezze e le sue parole mi stanno destabilizzando. Lo guardo esortandolo a continuare.

È nervoso, e tenta di mascherare questo suo stato iniziando a rollare una tabacchella. Io sono più agitata di lui. Mille pensieri mi attraversano la testa. Cosa dovrà dirmi di tanto importante e che lo fa essere così ansioso? Io non lo conosco benissimo, ma mai mi è capitato di vederlo così.

«So dove abiti!» Aspira una boccata di fumo, avidamente, e si ferma per aspettare una mia reazione che non arriva. 

«Quando in piena notte sei andata via da casa mia, mia madre ti ha vista, era in veranda. La mattina dopo me lo ha detto e mi ha raccontato della festa e del motivo che ti ha spinta ad andare via. Ha sentito tutto quello che è successo e mi ha descritto come ti ha umiliata quella stronza di mia zia e di come quel coglione di Davide non abbia aperto bocca per difenderti e ti ha lasciata da sola. Per questo sei piombata a casa mia con quell'aria smarrita... Io poi ho capito tutto. Ti ho trattata anche un po' di merda all'inizio, sono stato davvero fastidioso, scusami, ma davvero io non potevo immaginare...» Sembra un fiume in piena, mentre racconta senza fermarsi un attimo, il modo in cui è venuto a conoscenza di chi sono realmente. Ecco perché prima non ha battuto ciglio di fronte al cugino, sapeva già tutto. 

«Volevo venire a cercarti perché volevo capire il motivo che ti ha spinta ad andartene e lasciarmi senza una spiegazione, dopo quello che c'era stato tra di noi. Non capivo cosa poteva aver provocato questo tuo modo di fare. Ho avuto paura di aver fatto o detto qualcosa di sbagliato, davvero non capivo e  per questo dopo una breve ricerca ho trovato l'indirizzo della casa famiglia. Ma quando sono arrivato e ti ho vista seduta in giardino, mi è mancato il coraggio di farmi vedere. Ho pensato che non potevo invadere la tua vita, che dovevi essere tu a parlarmi di te, che non dovevo forzarti. Me ne sono andato quando ti ho vista piangere tra le braccia di un ragazzo che solo oggi ho scoperto essere Samuel... Chi ero io per presentarmi lì a violare i tuoi spazi e i tuoi affetti? Nessuno...»

Sale anche lui sullo scooter posizionandosi di fronte a me e stringe il mio viso tra i palmi delle mani.

«Piccola Ele, a me non frega un cazzo di chi sei, da dove vieni, dove vivi... A  me piaci per come sei, per come mi fai sentire. Posso provare a sfuggirti, a fingere che non esisti, a scopare con decine di altre ragazze... Ma non serve, non ci riesco a cancellarti dai miei pensieri. Appena ti vedo, è come se mi sentissi in pace, come se tutti i pezzi del mosaico della mia vita combaciassero perfettamente.»

Avvicina le sue labbra alle mie e all'improvviso è come se nel cielo esplodessero le stelle. 

Buon San Valentino a tutte, questo capitolo è il mio regalo per voi!

Dopo il buio arriva sempre la luce, e finalmente sembra che le cose tra Eleonora ed Emanuele stiano andando per il verso giusto! 

Probabilmente per i prossimi capitoli mi farò attendere! Questi ultimi li avevo già scritti  un bel po' di settimane fa e purtroppo tra il lavoro e il resto non ho avuto modo di scriverne altri

Le idee ci sono tutte, ma non riesco davvero a trovare  il tempo per metterle nero su bianco. 

Vi chiedo solo un pò di pazienza e non dimenticatevi di me e di Eleonora!

Grazie a chi mi segue dall'inizio a chi si è aggiunto strada facendo. Grazie per i vostri commenti e le vostre stelline. Vi voglio bene!


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