Capitolo 55: Una domenica interminabile - Pt.1 (Lara Croft)

ELEONORA

Leggo e rileggo il messaggio almeno dieci volte. Non mi accorgo neanche che nervosamente ho iniziato a mordermi il labbro inferiore con gli incisivi. Non so perchè ma non riesco a trovare il coraggio di sollevare lo sguardo dallo schermo del cellulare. Dov'è Emanuele? Io entrando nel bar non l'ho notato, se ci fosse stato sicuramente non mi sarebbe sfuggito alla vista.

«Ele, che ti succede? Già sei pallida di tuo, ma ora sei sbiancata!» Camilla ha finito la sua conversazione telefonica.

Non so neanche io perchè lo faccio, ma le allungo il telefono per farle leggere il messaggio, e nello stesso tempo avverto inconsciamente una sguardo fisso su di me, alzo gli occhi e lo vedo, è affacciato alla veranda di un hotel che si trova nei piani superiori dell'edificio che ospita il bar.

I nostri sguardi si incrociano e restano fissi l'uno nell'altro per qualche secondo, poi mi sorride e lo vedo riporre il telefono in tasca. Si gira e resta poggiato alla balaustra del balcone, affianco a lui c'è una ragazza, non riesco a vederla bene perchè è di spalle, vedo solo i lunghi capelli biondi che lui sfiora delicatamente quando le poggia la mano sulla schiena.

Il mio stomaco si contrae nervosamente. Brutto stronzo che non è altro. Mi scrive e un attimo dopo accarezza un'altra?

Ma con chi cazzo crede di avere a che fare?

Ho lasciato un vuoto nel suo letto? Ma vaffanculo! Altro che vuoto.

E poi quella chi è? Sarà Jessica, quella di Wathsapp? Quella che lo chiamava amore?

«Eleonora ma leggo bene? Cosa significa hai lasciato un vuoto nel mio letto?» Squittisce Camilla guardandomi allucinata.

Avevo totalmente rimosso dal mio cervello la presenza della mia amica che nel frattempo ha avuto modo di leggere il messaggio. Maledico mentalmente il momento in cui ho deciso di mostrarglielo. Ora mi tocca spiegarle tutto!

«Tu cosa capisci?» Mica ci vuole un genio?

«Ele, ma davvero tu e Maestri avete fatto l'amore?» Resto meravigliata dal tono basso con cui me lo chiede. Non è da lei. La notizia deve averla davvero sconvolta.

Guardo di nuovo in alto con la speranza di non vederlo più. Invece è ancora lì, e ora lei gli è davvero vicinissima e ha quasi la testa poggiata sulla sua spalla.

Stronzo! Stronzo! E ancora stronzo! Ecco cosa è Lele Maestri, un dannatissimo stronzo!

«Sei troppo romantica Cami, con 'quello'» e indico in alto con la testa «Non si fa l'amore, con quello si scopa!»

Sono arrabbiata e non lo nascondo. So bene che io l'ho mollato senza una parola nel cuore della notte, ma mai mi sarei aspettata di vederlo lo stesso giorno in una situazione simile. Come si fa? Ci prova con me, mi chiede spiegazioni e intanto abbraccia un'altra!

Ma chi sei davvero Lele?

Certo che se non so chi sei tu, so benissimo invece chi sono io. Non ti risponderò mai e alla prima occasione ti farò vedere di che pasta sono fatta!

«No Ele, ma davvero? Ma come ti è saltato in testa di farlo con uno come lui? Cosa ti aspettavi? Quello ne cambia una al giorno di ragazze, manco fossero mutande!» Camilla davvero non riesce a farsene una ragione. È anche vero che la mia amica sa pochissimo di me. Starà sicuramente pensando che ho sprecato la mia prima volta con Lele. Come faccio a spiegarle che non è così? Che io la mia prima volta l'ho sprecata quando avevo tredici anni nel bagno della scuola?

Matteo si chiamava, lui frequentava il primo superiore nell'istituto tecnico di fronte alla mia scuola media. Era bello o almeno io lo vedevo così, alto, carnagione scura, capelli neri ricci e ribelli, occhi neri, attenti e vivaci. Di lui ricordo che mi piaceva come baciava. Mi dava quei baci che ti rubano l'anima, forti, violenti e rabbiosi. Mi è ancora rimasta la passione per i baci così, quelli che ti scavano dentro e ti risucchiano l'aria. Come se fosse l'ultimo bacio che ti scambi per il resto della tua vita.

'I baci di Lele.'

A Matteo non dissi che era la prima volta e che non serviva neanche che mettesse il preservativo. Non avevo ancora il ciclo, ma mi vergognavo a dirlo, perchè le mie compagne di classe l'avevano già avuto tutte. Matteo rideva del mio seno piccolo e ancora poco sviluppato e allora io avevo voluto fare la grande. Facciamolo gli avevo detto, tanto non sei il primo e non sarai neanche l'ultimo, avevo pensato. E l'avevamo fatto. Si vantava di aver avuto già un sacco di esperienze e io non ero da meno. Invece secondo me anche per lui era la prima volta. Si vedeva da come era impacciato e frettoloso. Nessuna parola dolce, nessuna carezza delicata, solo bisogno e rabbia nei nostri gesti. Ricordo benissimo di aver finto un piacere che non provavo, la faccia schiacciata contro le mattonelle fredde, di spalle, con i jeans abbassati fino alle cosce e nelle narici il fetore di fumo e sporco che aleggiava in quel bagno. La cosa che mi meravigliò più di tutto fu che non provai dolore e non ebbi perdite di sangue, come avevo sentito dalle descrizioni delle ragazze più grandi, niente, neanche una goccia. Servì a far capire a Matteo che davvero avevo avuto altre esperienze prima di lui e che ero una che ci sapeva fare. Poi fumammo una canna insieme, fantasticando di scappare dalle nostre vite di merda: lui dai palazzi fatiscenti della periferia di Firenze, io da una famiglia affidataria povera di affetto, di cui riuscii a liberarmi quasi subito. Trovarono del fumo nel cassetto della mia cameretta e io reagii male accusandoli di spiarmi, finsi una crisi di nervi, buttai tutto per aria, fracassai mezzo mondo, una interpretazione da oscar la mia, che valse la loro rinuncia all'affido. Non lo salutai neanche Matteo, non ebbi il tempo, perchè mi rispedirono in un istituto a Livorno.

Ho saputo poi che Matteo dalle canne era passato all'eroina, ho anche provato di recente a cercarlo su Instagram, così per gioco, per vedere se è ancora bello come ricordo. Ma il cognome forse non è quello giusto, o forse chissà che fine avrà fatto. Se intraprendi un percorso sbagliato, difficilmente poi riesci a venirne fuori, specialmente se non hai voglia di cambiare. Sei sempre e comunque sull'orlo di un baratro, pronto a precipitare, verso l'abisso, al primo passo falso.

Così mi sento io, sempre, costantemente.

Quando mi riprendo da questi ricordi la mia amica è di fronte a me che mi fissa, aspettando che dica qualcosa.

Lo spritz e l'atteggiamento di Lele hanno giocato un brutto tiro alla mia memoria, che ha riaperto vecchi cassetti chiusi ormai da tempo. Ogni tanto i miei demoni tornano a farmi visita. Il buio che mi porto dentro è sempre lì, pronto a riemergere alla prima occasione.

Ma io sono brava a rimandarlo indietro, a impormi di non ricordare, ho i miei metodi.

«Cami, tranquilla, sapevo benissimo quello che facevo. Non è stato lui il primo...» Mi accendo una sigaretta, ho troppo bisogno di fumare. «Se hai tempo e voglia di ascoltarmi, ti racconto un po' di cose della mia vita che non sai!»

Allungo una mano sul tavolo verso di lei e prontamente me la stringe nella sua.

«Se hai voglia di parlarne, io sono qui che ti ascolto!» Mi sorride e con la mano scaccia la nuvola di fumo che produce la mia Camel.

Guardo in alto, Lele non c'è più. Forse si aspettava una mia risposta, forse ci sarà rimasto male? Bevo l'ultimo sorso di spritz alla sua salute. In questo momento voglio pensare a me.

«Andiamo in riva al mare Cami, qui ci sono troppe orecchie, e quello che voglio raccontarti é troppo personale.»

Lasciamo i soldi del conto sotto il posacenere e mano nella mano ci avviamo verso la riva.

************************

EMANUELE

È il terzo gin tonic che mando giù e sono solo le sei del pomeriggio. Si muore di caldo su questa veranda del cazzo e inizio a non vedere più nitidamente le persone che ho intorno. Smadonno tra me e me per essermi fatto convincere da mia madre a venire qui con lei e suo marito.

Ecco, appunto, mio padre, che si è ripresentato a casa più incazzato del solito. Dalila gli avrà fatto andare per traverso il weekend romantico che lui aveva organizzato, è palese. Per pena nei confronti di mia madre ho perciò accettato di accompagnarli a questo aperitivo di benvenuto del cazzo, organizzato per l'arrivo a Siponto di una coppia di loro amici che da oltre dieci anni trascorre qui le loro ferie.

A sentire mia madre è un'amicizia che coltivano perchè ne potrei trarre beneficio io. Lui infatti è il direttore del Conservatorio Santa Cecilia di Roma.

La cosa potrebbe anche interessarmi, ma c'è un piccolo problema, che poi ormai non è più tanto piccolo. Hanno una figlia.

Fino allo scorso anno, aveva quindici anni, l'ho scansata come la peste. Una bimbetta odiosa, con una voce petulante che mi perforava i timpani. Più io cercavo di allontanarla con scuse di ogni tipo, più lei, peggio di un boomerang tornava indietro. Quest'anno però, previe minacce dei miei, devo cercare di essere più gentile.

A dire il vero la sua condizione estetica, noto con piacere, che è notevolmente migliorata. Biondina, capelli lisci media lunghezza, occhi azzurri e carnagione rosa porcellino. Una bella boccuccia che chissà se ha mai esercitato in talune attività, su cui ora preferisco sorvolare.

Insomma è decisamente più accettabile. Sarà che non porta più l'apparecchio ai denti e che ha fatto l'intervento per correggere la miopia, sarà anche che le sono venute fuori un paio di tette decisamente notevoli, sarà anche che sono annoiato e mi rompo il cazzo, insomma lei mi si è accollata da quando sono arrivato e io la sto lasciando fare.

Mi si struscia addosso a ogni occasione e io non so davvero se mandarla a cagare o approfittarne per farci qualcosa. Nel dubbio sto prendendo tempo chiacchierando con aria annoiata del più e del meno mentre vedo mia madre che mi guarda e ridacchia, e la mamma di lei ci sorride compiacente.

Proprio mentre sono affacciato alla balaustra osservando il movimento di fauna balneare del bar e del lido sottostante, e sto meditando se allungarle una mano sul culo, giusto per vedere come reagisce, vengo catturato da una sublime visione.

Eleonora, non ho dubbi, è lei. Con una camminata sicura è entrata nel bar e si sta guardando intorno in cerca di qualcuno seduto ai tavolini. La mia attenzione è tutta su di lei e la biondina che mi si struscia addosso e parla non so più di cosa, ormai per me è totalmente inesistente.

Mi sento improvvisamente la gola asciutta. Mando giù un bel sorso di gin tonic e assottiglio lo sguardo per metterla meglio a fuoco.

Sembra Lara Croft per come si è vestita e a me quel personaggio dei videogiochi ha fatto sempre tanto sesso!

Jeans aderenti a pelle neri, canotta corta e aderente anch'essa nera, e i suoi anfibi. Culo, tette, tutto in bella mostra e tutto una meraviglia. Non c'è cosa di lei in cui io riesca a trovare un difetto. La mia mente bastarda mi manda un flash con lei in brasiliana nera e anfibi, e di me in ginocchio che glieli sfilo prima di affondare la mia faccia in mezzo alle sue gambe.

Merda! Se fino a ora la bionda qui accanto non mi aveva provocato nessuna reazione, è bastato solo rivedere Eleonora per un minuto per farmi avvertire una notevole pressione nei boxer.

La vedo fare un cenno con la mano, evidentemente ha trovato chi cercava. Con ansia guardo il tavolo al quale si dirige e tiro quasi un sospiro di sollievo quando la vedo sedersi di fronte alla sua amica di banco, Camilla mi sembra che si chiami.

Per un attimo ho temuto che avesse un appuntamento con un ragazzo. Come avrei reagito? È inutile che mento a me stesso, avrei reagito male, molto male. A che titolo? Ah, non lo so.

Dopo questa notte cosa siamo io e lei? Nulla. Dopo aver saputo chi è, e dopo aver visto dove vive, avevo deciso di rispettare la sua decisione. Ma ora che l'ho rivista, non ne sono più tanto convinto. Io non voglio perderla. Mi piace troppo e solo guardarla mi basta per scatenare le mie fantasie erotiche più perverse.

«Ma Ema, mi stai a sentire?» blatera la biondina affianco a me.

«No Tizzy scusami. Mi sono ricordato che devo mandare un messaggio a un collega di conservatorio per delle prove che dobbiamo fare domani!» Le rispondo di getto mentre estraggo dalla tasca il telefono. Mi giro per non farle vedere cosa e a chi scrivo. Apro Instragram e cerco il profilo di Ele, vedo che ha pubblicato una storia, la guarderò dopo. Digito in fretta, senza riflettere troppo, per la paura poi di ripensarci e fare marcia indietro, rimetto il telefono in tasca. Sento il cuore che velocizza i battiti, il troppo alcol forse.

Tizzy, Tiziana o come cazzo si chiama mi si struscia affianco. Ma che due coglioni, sembra una gatta in calore.

Se ci fosse la mia Lara Croft su questa veranda, avremmo già dato il meglio di noi. Me la immagino totalmente nuda, con solo gli anfibi addosso, allungata sul dondolo dove ora è seduta mia madre, che mi fissa con quello sguardo che mi manda in estasi e piano inizia ad allargare le gambe e si tocca, proprio come ha fatto sotto la doccia questa notte.

No, non va bene che faccio questi pensieri. Il jeans inizia a tirarmi davanti, mi giro e mi affaccio alla balaustra. Riprendo il telefono per vedere se ha visualizzato il messaggio e proprio ora la vedo alzare la testa e guardarmi. I nostri sguardi restano agganciati per qualche secondo che sembra interminabile. Vedo che ha il cellulare in mano, ha letto. Le sorrido e ripongo il mio telefono in tasca. Mi giro di nuovo per darle le spalle, non voglio vedere se mi risponde o se continua a bere tranquilla l'aperitivo.

Ormai l'ultimo briciolo di dignità è andato, sono decisamente sotto in una maniera mai vista. Mai nella mia vita mi sono comportato così, maledetto alcol che mi fa impazzire il cuore e mi fa fare cose che forse a mente ferma non farei... forse.

Tiziana mi si appoggia di lato e io le accarezzo la schiena. Quasi quasi provo a rilassare con lei la tensione delle mie parti basse, chissà potrei provare a vedere come succhia quella sua bella boccuccia? Cazzo, solo al pensiero sento il mio amichetto che si rilassa. No, decisamente Tizzy non gli piace.

Vedo mio padre che mi fa cenno di avvicinarmi a lui. Scatto immediatamente, finalmente ho una scusa per liberarmi della gattina. Mi servo un altro gin tonic e mi avvicino al reparto uomini fingendo di interessarmi a quello che stanno dicendo sul mio corso di conservatorio.

Purtroppo mi accorgo di aver fatto una grande errore, forse era meglio restare accanto alla gatta in calore e cercare di cavarne qualcosa di utile.

Mio padre rompe i coglioni anche su cose che non conosce, sta pontificando sulle mie scelte di vita. Per lui dovrei trasferirmi a Roma al Santa Cecilia, per fare un salto di qualità. Ma io non mi sento pronto per nessun salto di qualità. Ora voglio superare l'ammissione, solo questo, poi ho tanto ancora da imparare, non voglio bruciare le tappe con raccomandazioni del cazzo. Voglio fare da solo.

Provo anche a dirglielo e a interromperlo nel suo soliloquio, ma come al solito, lui ascolta solo se stesso, si compiace del suono della sua voce e ogni mio tentativo di dire la mia è vano.

Tracanno l'ennesimo gin tonic e lo mando a fanculo sotto gli occhi esterrefatti del papà della micetta.

Ormai ho la vista quasi del tutto offuscata dall'alcol e non ho l'esatta percezione di quello che mi accade intorno. Solo un pensiero mi martella nel cervello, non sento vibrare il cellulare, quindi quella stronza di Eleonora non mi sta rispondendo. Per sicurezza do un'occhiata alla chat di direct, nulla. Ha visualizzato, ma nessuna risposta. Stronza!

Mi affaccio di nuovo alla veranda per vedere se è ancora seduta a bere il suo fottuto aperitivo. Non c'è. Sparita, volatilizzata, come questa notte. Sempre più stronza!

La gattina riparte all'attacco. Cristo santo, ma cosa ho fatto di male oggi? Perchè colei con cui voglio scopare fino a morire non mi caga e invece questa mi si è appiccicata addosso e non mi fa respirare?

«Ema mi accompagni? Devo salire in camera dei miei per prendere a mia mamma il suo ventaglio.» Miagola nel mio orecchio.

Che scusa del cazzo. Ma sì, faccio finta di credere che la mamma ha bisogno di sventolarsi proprio ora con quel cazzo di ventaglio.

La seguo buono buono prima in ascensore e poi nel corridoio, mi tengo un passo indietro per guadarle un po' il culo, coperto a stento dagli striminziti short di jeans che indossa. È piatto, per nulla paragonabile alle chiappe tonde e alte della mia Lara Croft. Ed ecco che il mio cervello bastardo mi ripropone il momento doccia quando l'ho presa da dietro, e porca puttana la reazione nelle mie parte basse è pronta e immediata. Non sono io che ho fottuto lei, è lei che mi ha fottuto e mi sta ancora fottendo la testa, da ieri sera non ha mai smesso. Stronza!

Il mio cervello continua ancora a fare brutti scherzi anche quando Tiziana la micetta entra nella stanza dei suoi e mi richiude la porta alle spalle. Si abbassa a novanta giusto davanti a me e finge di frugare in un cassetto e il mio sguardo totalmente annebbiato dall'alcol, sovrappone alle sue chiappe piatte quelle meravigliose di Ele, e la mia mano parte in automatico in una sculacciata abbastanza poderosa. Me ne pento un secondo dopo, ma ormai è fatta, non posso certo tirarmi indietro.

«Ema!» La micia finge di trasalire, ma quando si gira a guardarmi capisco che è più che compiaciuta del mio palese apprezzamento al suo posteriore. A me viene da ridere, e lei scambia il mio sorriso per un invito ad andare oltre. Mi guarda in attesa di una mia mossa. In realtà il mio unico desiderio ora è andarmene, ho un caldo bestiale e un leggero senso di nausea causato dai troppi gin tonic. Come un disperato cerco con lo sguardo di trovare dove cazzo abbiano messo il telecomando del condizionatore che troneggia sulla parete di fronte a me, spero che almeno l'aria fresca mi aiuti in qualche maniera a riprende il controllo delle mie azioni. Lo trovo sul comodino e avvio l'apparecchio a una temperatura di diciotto gradi, il getto d'aria è veloce e ristoratore. Lei è sempre lì che aspetta. No, non ce la posso fare. Non me la sento proprio.

«Dai scendiamo, non vorrei che i tuoi inizino a pensar male...» Biascico tra i denti mentre mi giro per andare verso la porta.

«Ma sono così presi a chiacchierare tra loro che neanche ci faranno caso» dice e mi trattiene per il braccio.

Mio Dio che imbarazzo, ma davvero mi sono messo in questa situazione? Mi sto facendo pregare da una ragazzina?

Intercetto la sua mano e me la porto sulla patta dei pantaloni. Quello che trova la fa trasalire. Pensa di essere stata lei la causa della mia erezione. Vorrei spiegarle che è stato il ricordo di Ele a farmelo pietrificare in quel modo. Ed è a lei che penso quando la micetta, che non è affatto timida e inesperta come pensavo, mi sbottona e si inginocchia davanti a me.

Chiudo gli occhi, non ho nessuna intenzione di guardarla, altrimenti farei davvero una pessima figura. La mia mente viaggia verso un'altra bocca, un'altra lingua, altre labbra e vengo, sfuggendo alle sue mani e alla sua bocca maldestra, sul copriletto in seta a fiori del letto dei suoi.

So di non essere un vero gentleman in questo momento, che forse dovrei darmi da fare per regalare un po' di piacere anche a lei, ma faccio giusto in tempo a ricompormi per correre in bagno e vomitare, chino sul water, la mia anima e il troppo gin che ho bevuto a stomaco vuoto. Mai un pompino mi ha provocato una reazione così deleteria!

Io davvero con queste due teste di cazzo non so cosa fare!

Andando avanti di questo passo, non faranno altro che allontanarsi... La pensate come me?

Grazie per essere sempre con me capitolo dopo capitolo!

Grazie soprattutto a chi è qui dall'inizio di questa mia avventura e a chi si è aggiunto strada facendo! Non immaginate la mia gioia nel leggere i vostri commenti e nel sapere che vi siete appassionati alla vita di Eleonora.

Se lo ritenete giusto lasciate una stellina, farete cosa sicuramente gradita!

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Se poi volete conoscere le canzoni che ascolto e che accompagnano le vicende di Eleonora, Emanuele e tutti gli altri personaggi della mia storia, mi trovate su Spotify al profilo "emmeffelove" la play list è "Wrong life emmeffelove".

Un bacio a tutti!

Se la mia storia vi piace, e ritenete sia meritevole di attenzione, aiutatemi a farla conoscere a un pubblico più vasto. Consigliatela e aggiungetela ai vostri elenchi di letture! Ve ne sarò grata!

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