Capitolo 44: Succede...
«Eleonora che ci fai qui?»
Ho un sussulto. Cazzo, ma è Emanuele! Mai avrei pensato di trovarmi lui di fronte. Che figura di merda!
Sai che novità.
Fino a qualche minuto fa era tutto bello ed elegante nel suo abito total black e ora è qui e solo guardarlo mi fa restare a bocca aperta per quanto è provocante nella sua semplicità: jeans nero a vita bassa, non molto aderente che gli sta divinamente, è una t-shirt grigio scuro délavé non molto lunga, si ferma all'altezza della cintura in cuoio che praticamente tiene su i pantaloni. È a piedi nudi. Deglutisco a vuoto. Il mio sguardo indugia sulla mano che lui in quel momento infila in tasca, rivedo quel tattoo della chiave di sol... Per un attimo ho come la sensazione che sia nervoso, a disagio sotto il mio sguardo attento. Non riesco a togliergli gli occhi di dosso.
«Ti annoiavi alla festa?» Mi chiede con aria interrogativa. «Come hai fatto ad arrivare fin qui? Mi hai seguito?» Ha l'aria vagamente seccata, e ne ha tutte le ragioni. Mi guarda aspettando una mia spiegazione che non arriva.
Ah quindi mi hai vista? Buono a sapersi tesorino bello!
Vorrei provare a spiegargli il motivo che mi ha spinta a lasciare la festa, ma ho come la sensazione che non sia proprio questo il momento adatto. Ho una confusione in testa che non mi permetterebbe ora di essere lucida nella mia spiegazione. Vorrei anche dirgli che è inutile tutto questo suo nervosismo, che avrebbe potuto avvicinarmi a quella odiosissima festa del cazzo invece di sparire all'improvviso. Ma dovrei ammettere di averlo visto. Mai!
Continuo imbambolata a guardarlo e a pensare.
Come se fosse una novità! Fai così ogni volta che lo vedi!
Quindi lui suona la batteria? Mai mi sarei aspettata che un tipo come lui potesse essere interessato alla musica. Sì, forse il tatuaggio che ha sul dito avrebbe potuto indirizzarmi in tal senso. Troppi pensieri si stanno affollando nella mia testa. Il tatuaggio, la batteria, November rain. Troppe cose in comune, davvero troppe cose che mi rimandano a pensare al mio papo. Sono confusa, ho il cuore che martella come un forsennato e credo che l'espressione del mio viso lasci ampiamente trasparire i miei pensieri e le mie emozioni.
«Ehi, che ti prende? Sei rimasta talmente sbalordita nel vedermi che ti ho lasciato senza parole?» La sua voce ora è leggermente più dolce, come se si fosse reso conto che c'è qualcosa che non va. Si muove verso di me per avvicinarsi e intanto con le mani raccoglie i capelli per sistemarli meglio nell'elastico.
Oh, porca paletta!
Continuo a fissarlo e non riesco a trovare le parole. Vorrei spiegargli il perché del mio stupore. Tutte le coincidenze che in qualche modo lo avvicinano a me e alla mia vita. Ma sicuramente lo spaventerei. Effettivamente lo conosco davvero poco, anzi per niente. Non abbiamo mai scambiato più di qualche parola nei nostri incontri, eppure ho la sensazione di avere tanto in comune con lui. O mi sto solo facendo degli strani film mentali?
«No, scusami!» Biascico tra i denti. « Non so neanche io come ho fatto ad arrivare fin qui...» Ho un nodo alla gola e quasi non riesco a parlare. Cristo santo vorrei sparire, troppe emozioni contrastanti mi stanno assalendo, mi sento davvero a disagio e ho quasi voglia di piangere.
« No, hai ragione, ora me ne vado. Scusami ancora, ho fatto davvero una stronzata!»
Mi giro velocemente e mi allontano senza guardare cosa stia facendo lui.
Certo che come al solito a figuracce nessuno mi batte. Ritorno velocemente sui miei passi e cerco la strada per uscire da questa splendida villa, poi proverò a chiamare Samuel per dirgli di venire a recuperarmi. Sono quasi vicino al cancello principale e mentre sto pensando a come fare per aprilo sento il rombo di uno scooter che si avvicina.
«Ma dove vai? Credi davvero che ti faccia andare via a piedi da sola con questo buio? Salta su, ti do io un passaggio.»
Emanuele è di fianco a me a bordo di un meraviglioso Tmax nero opaco. Non indossa il casco e nel buio della notte il suo sguardo è acceso di una luce calda e dolce che mi trasmette un senso di sicurezza. Mi incanto a guardare le sue labbra mentre mi parla. Ho una voglia tremenda di toccargliele, ma mi trattengo.
Salta su? Ma chi ci è mai salita su un coso del genere? Ma tutte a me devono toccare questa sera le figure di merda? Maledetta me e la mia lingua senza freni! Se non avessi accettato quell'invito ora sarei nel mio lettino in casa famiglia a guardare la luna dalla finestra! Sono sempre la solita sfigata!
«Ehm... Io... » Ora sembro anche dislessica e non riesco a parlare, perfetto!
Mi guarda perplesso e sorride, e come se avesse capito mi porge la mano «Metti un piede qui, poi ti dai una spinta...» La afferro, lui mi tira e miracolosamente compio tutti i movimenti giusti e mi ritrovo alle sue spalle. Peccato che il mio vestito già abbastanza corto, non ne voglia sapere di stare giù, certo a cavalcioni sopra uno scooter sarebbe meglio indossare un pantalone. Praticamente sono con il fondo schiena nudo a contatto con la sella.
Lui distoglie lo sguardo, ma ho notato benissimo che si è ampiamente beato della vista delle mie gambe, e dall'espressione che leggo sul suo viso, tale cosa non deve essergli affatto dispiaciuta!
«Attenta, quando parto reggiti forte e asseconda i movimenti dello scooter, altrimenti ci ritroviamo entrambi a terra!» Dice ridacchiando. Ha capito che sono totalmente imbranata!
«Ecco, reggiti forte! Fai presto a dire... Ma dove mi reggo? Che faccio?»
Quello che doveva essere un mio pensiero fuoriesce invece dalla mia bocca come una specie di preghiera. In tutta risposta mi afferra entrambe le mani e le porta sui suoi fianchi. E in quel preciso momento, nella mia testa scatta qualcosa che avevo cercato di tenere a bada tutte le volte che siamo stati vicini. Quella irrefrenabile voglia di toccarlo!
Faccio leva sulle gambe, mi avvicino di più alla sua schiena e gli circondo la vita con le braccia. Trattengo il respiro al contatto ravvicinato e avverto nitidamente il suo corpo che prima si irrigidisce e poi si rilassa. Senza neanche voltarsi lo vedo avvicinare la mano alla mia gamba e lentamente, partendo dal ginocchio sale fino alla coscia in una carezza leggera che mi incendia la pelle.
Accidenti!
Mordo l'interno della guancia perché la sensazione che provo è sconvolgente, ma dura un attimo, perché lui interrompe repentinamente il contatto come se si fosse reso conto di aver esagerato. Perché si è fermato? Voglio sentire ancora la sua mano accarezzarmi, voglio il suo contatto. Stringo le gambe avvicinandomi ulteriormente alla sua schiena, voglio sentirlo vicino.
«Dove ti porto?» Mi dice con un tono basso che arriva direttamente ai mie ormoni, e io davvero perdo ogni freno inibitorio perché, senza neanche riflettere gli rispondo, stringendolo più forte e poggiando lateralmente il viso sulla sua schiena: «Dove vuoi tu!»
Finalmente un avvicinamento decisivo tra Eleonora ed Emanuele. Sarà la volta buona? Scrivetemi le vostre opinioni nei commenti!
Secondo voi come si evolverà la cosa, se si evolverà?
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