Capitolo 42: La festa pt.2
L'addetto al servizio di vigilanza del condominio guarda il nostro pulmino con aria disgustata e si avvicina al finestrino dalla parte del guidatore per fissare con sospetto Samu. «State cercando qualcuno?» Il tono è del tipo: ma 'sti due sfigati sono in cerca di rogne?
Mi avvicino per fare in modo di essere più visibile, ormai è buio e l'interno del nostro mezzo è davvero poco illuminato. «Mi scusi, sono Eleonora Viiperi, sono attesa a una festa a Villa Maestri. Se vuole per sincerarsene può contattare Davide Maestri, mi sta aspettando.» Lo so che mi sto sparando le pose, ma cerco di darmi una certa credibilità che sicuramente dal nostro aspetto esteriore non traspare.
Schiocco un bacio appiccicoso di gloss sulla guancia di Samuel e mi appresto a scendere, mentre il tizio parlotta con qualcuno al citofono che c'è all'interno di una piccola costruzione in mattoncini rossi, che fa da portineria. Lo vedo chiudere in tutta fretta l'apparecchio e correre verso di me nel tentativo di anticiparmi nell'aprire la portiera. «Signorina, prego, scenda pure, la accompagno io.» Quanta gentilezza improvvisa. Un minuto fa ci scrutava come se fossimo degli avanzi di galera, e ora quasi si inchina intanto che scendo dal mezzo, cercando di darmi un contegno da gran signora. Mi viene da ridere mentre mi giro verso Samuel: «Grazie mille Samu, ti chiamo poi per dirti a che ora puoi venire a prendermi!» Lui stando al gioco e facendomi l'occhiolino risponde: «Ma certo signorina, sono a sua completa disposizione. Si diverta e trascorra una bella serata!» Il vigilantes prima ci fissa stranito e poi si volta e mi precede indicando la strada.
Cazzo che ansia, quasi mi tremano le gambe mentre mi avvio sempre più contenta della mia decisione di aver indossato gli anfibi. Do un'ultima occhiata al cellulare prima di riporlo nella pochette di raso nero, anche questa gentilmente messa a disposizione da Teresa. Noto due notifiche su WhatsApp, scorro l'anteprima e vedo un messaggio di Ergi e uno di Camilla. Li leggerò dopo, ora sono troppo presa a tenere il passo del mio accompagnatore, questo condominio è immenso, e non vorrei correre il rischio di perdermi. Mi rendo conto guardandomi intorno che c'è un sacco di gente a questo mondo che naviga nell'oro. Superiamo un bel po' di cancelli d'ingresso di varie ville e mi diverto a sbirciare quel poco che riesco a vedere oltre le siepi che oscurano le recinzioni. È un mondo che davvero non mi appartiene, tutto questo lusso, queste case bellissime, per me sono davvero una realtà lontana, forse legata solo ai primi anni della mia vita.
«Eccoci arrivati signorina. Quello alla sua sinistra è l'ingresso di Villa Maestri, il signor Davide mi ha detto che l'avrebbe raggiunta qui. Io vado, il mio compito è finito.» Le parole del vigilantes mi fanno ritornare alla realtà, e mentre io cerco di articolare qualcosa che abbia le sembianze di un frase di ringraziamento, lui si volta e frettolosamente si allontana. Nello stesso momento sento lo scatto della serratura elettronica del cancello che inizia ad aprirsi lentamente verso la mia destra. Ho il cuore in gola per l'ansia e praticamente la salivazione è a zero. E quello che vedo oltre la recinzione non alleggerisce certo il mio stato d'animo. Davide mi sorride e mi viene incontro.
Qualcuno ha parlato prima di Cenerentola e del principe azzurro?
È elegantissimo e perché negarlo, davvero stupendo! Resto quasi incantata a guardarlo camminare verso me sorridente e sicuro di se, in un scintillante abito blu navy. La giacca è sbottonata e lascia intravedere sotto una camicia bianca, i primi bottoni sono stati lasciati aperti e mettono in bella mostra i suoi pettorali abbronzati e super allenati. I capelli biondi leggermente trattenuti dal gel sono morbidamente pettinati all'indietro, gli occhi azzurri risplendono luminosi. Emana un'aura da perfetto bravo ragazzo che un po' mi mette a disagio, e questo mi spinge ad abbassare lo sguardo sui miei anfibi.
Hai visto che sei proprio una gran testa di cazzo? Tu e i tuoi anfibi siete davvero intonatissimi all'ambiente! Aveva ragione Teresa, il tacco dieci ci voleva, e non queste pinne che ti fanno sembrare la Chiara Ferragni dei poveri!
Cara coscienza, hai davvero scartavetrato i coglioni! Io questa sono e questa sarò sempre. E se le mie scarpe stonano in questo ambiente snob del cazzo... Pazienza!
Sorrido a Davide e fingo una sicurezza che non provo, mentre lui mi cinge la vita e mi attira a se. «Sei bellissima Ele!» Sussurra mentre si avvicina con il chiaro intento di baciarmi. Ho la prontezza di riflessi di abbassare leggermente la testa e quindi lui si trova all'altezza della mia fronte che sfiora delicatamente con le labbra. Non mi è piaciuta questa sua manifestazione di ostentato possesso nei miei confronti, come se lui avesse già stabilito che io fossi di sua proprietà. Fa i conti senza l'oste, decide anche per me, e no, questa cosa non va affatto bene. Come sempre mi ritrovo a pensare che oltre alla bellezza, che è innegabile, questo ragazzo non riesce a trasmettermi nulla, zero emozioni. È solo un bell'involucro ma senza anima, almeno ai miei occhi e, mi rendo conto, che forse mi sono davvero lasciata sfuggire la situazione di mano. Non dovevo baciarlo più volte, non dovevo dargli l'impressione che tra noi sarebbe potuto nascere qualcosa, fosse anche solo sesso, no, ho davvero sbagliato, e in qualche modo devo cercare di uscirne fuori senza compromettere ulteriormente la nostra amicizia. Realizzo improvvisamente che, anche accettare questo invito è stato un grosso errore. Tutte queste consapevolezze sopraggiunte in questo momento, non fanno altro che acuire il senso di disagio, che mi sta stringendo lo stomaco, da quando ho varcato con i miei tanto discutibili anfibi, la soglia del cancello di Villa Maestri. Quella che pensavo fosse ansia ora si sta trasformando in vero e proprio terrore.
Davide intanto, dopo il bacio mancato ha recuperato immediatamente il suo aplomb e continuando a tenermi il braccio intorno alle spalle mi sospinge verso il viale che porta all'ingresso dell'abitazione e per un momento quello che si palesa davanti ai mie occhi mi permette di distrarmi momentaneamente dalla mia condizione di disagio.
«Passiamo prima da questa parte, voglio presentarti mia madre.» Mi dice spalancando la porta d'ingresso. «La festa è nel giardino posteriore, sono già arrivati quasi tutti.» Continua a dirmi mentre entriamo in quello che all'apparenza è un salotto, ma per me ha le dimensioni di un campo di calcio e l'altezza di un palazzetto dello sport. Il colore dominante è il beige in tutti i suoi toni. Il parquet che i mie anfibi stanno calpestando è color miele, talmente tirato a lucido che le luci dell'enorme lampadario centrale in cristallo a forma di quello che a me pare un polpo pieno di tentacoli, riflettono a specchio. Al centro della stanza c'è un enorme divano in pelle ad angolo, sempre beige, dove secondo me potrebbe tranquillamente accomodarsi una intera squadra di calcio. Invece ci sono mollemente adagiate due bellissime signore che sorseggiano un drink. Una di loro, vedendoci sopraggiungere si alza e posando il bicchiere su un basso tavolino rettangolare di cristallo e ottone, ci viene incontro sorridendo amabilmente. O almeno così mi sembra...
«Davide, è questa l'amica che tanto aspettavi?» Dice rivolgendosi al mio accompagnatore. Gli occhi che ora mi scrutano in maniera curiosa hanno lo stesso identico colore di quelli del figlio, ma la cosa che mi colpisce è l'intensità dello sguardo: mi sta studiando.
«Piacere di conoscerla, signorina... Elena vero, se non sbaglio? Sono Adele, la mamma di Davide come avrà sicuramente intuito. » Allunga la mano a stringere la mia in un gesto di apparente cortesia e intanto con lo sguardo continua a scannerizzarmi fino ad arrivare alle scarpe. Mai come in questo momento vorrei tagliarmi i piedi e nello stesso tempo sparire in dissolvenza.
«Mamma, Eleonora! Si chiama Eleonora!» Il tono del biondo senz'anima è leggermente seccato.
«Va bene, Elena o Eleonora, sono quasi la stessa cosa!» Ride, risalendo con lo sguardo dai miei anfibi alla mia mano che stringe spasmodicamente la pochette che contiene il cellulare e le sigarette per poi fermarsi un attimo all'altezza della mia scollatura. Forse avrei fatto bene a mettere anche il reggiseno!
Col cazzo che Elena ed Eleonora sono la stessa cosa! E comunque mamma di Davide ti annuncio ufficialmente che mi stai cordialmente sulle palle!
«Accompagna Elena di là in giardino a bere qualcosa. Chiedi pure al barman di prepararle qualcosa di analcolico prima che venga servita la cena. È piccolina vero la tua amica? Niente alcol giusto?» Ride, ogni parola è una risata. Beata lei che ha così tanto da ridere! Vorrei ricordarle che mi chiamo Eleonora, che ha rotto il cazzo a sbagliare in continuazione il mio nome, ma sorrido più falsa di Giuda e annuisco con la testa. Sono disposta a tutto per allontanarmi da lei ed evitare di incontrarla di nuovo per le prossime ore e già che ci siamo anche per il resto della mia vita. Il mio senso di disagio sta raggiungendo vette esponenziali. Oltretutto mi sto rendendo conto che l'amica della mamma di Davide, che era seduta con lei sul divano, mi sta guardando con insistenza.
Sto iniziando a sudare e con lo sguardo supplico Davide di togliermi da questa situazione che non riesco più a reggere. Meno male che capisce al volo la mia esigenza e facendo scivolare con nonchalance la mano da sopra la mia spalla a dietro la schiena ad altezza del posteriore, mi indirizza verso la porta finestra che da sul giardino. Per lui ogni occasione è buona per approfondire il contatto fisico.
Intanto l'amica della mamma si è alzata e l'ha raggiunta e vedo che parlottano lanciandomi occhiate di fuoco. Una luce si accende nel mio cervello. Ecco perché continua a guardarmi! Io quella tizia l'ho già vista da qualche parte... Ma dove? Quando? Perché sono sempre così poco fisionomista e non ricordo mai un cazzo delle persone che incontro? Beh non è proprio così, non per tutti. Emanuele ricordo benissimo quando l'ho incontrato la prima volta. Ecco, Emanuele, dovrebbe essere qui da qualche parte. Con lo sguardo lo cerco, e finalmente lo vedo. È dall'altra parte del giardino, sta sorseggiando qualcosa che proprio non ha l'aria del succo di frutta e parla sorridendo a un'elegante signora bruna con i capelli corti che gli sorride a sua volta. Sicuramente deve essere la mamma, o almeno spero.
Lui, in questo momento incarna semplicemente la rappresentazione materiale delle mie fantasie sessuali più disinibite: abito nero, camicia grigio antracite leggermente aperta davanti e... Respiro che mi si blocca nei polmoni!
Perché sto immaginando di continuare a sbottonare quella camicia per guardare meglio cosa c'è sotto?
Loro ignari del mio sguardo tipo raggi x, continuano a parlare. Che belli che sono. Ecco io in questo momento preferirei di gran lunga essere in loro compagnia per chiacchierare rilassata e per godere da vicino di cotanta meraviglia! Non so se mi ha vista, so solo che non guarda nella mia direzione e questo un po' mi dispiace. A essere sincera mi dispiace più di un po'... Forse mi sto facendo troppe illusioni su noi due, sarà solo un mio film mentale? No, non credo proprio! Io so come mi sento quando siamo vicini, e credo che anche lui avverta le mie stesse sensazioni.
Davide sta parlando ma io non lo ascolto, sono in confusione totale.
Lo stomaco è stretto in una morsa, la testa è persa nelle peggiori fantasie erotiche su Emanuele e questa sensazione di disagio che invece non accenna a sopirsi mi sta quasi soffocando. Cerco, ancora una volta, con lo sguardo il 'principe total black' mentre sento la mano di Davide che risale sulla mia schiena per riposizionarsi sulla spalla e iniziare ad accarezzarla piano. Se non la toglie nel giro di un minuto giuro che gli verso il succo di frutta alla pesca che sto sorseggiando nell'apertura della camicia. Mi ha rotto il cazzo con questo toccarmi in continuazione. Basta, non ne posso più, questa cosa va chiarita. Ho capito che ci siamo baciati una, no due, boh forse tre volte, ora non lo ricordo. Ma questo non lo autorizza a palparmi a suo piacimento.
Mi schiarisco la voce e sto per dirglielo quando mi accorgo che la mamma di Davide con un movimento della testa fa cenno al figlio di raggiungerla. Accidenti che cipiglio autoritario che ha la signora! Davide si scusa con me e si muove nella sua direzione, ed è proprio quando le si avvicina che il mio cervello si illumina nuovamente e questa volta riproduce esattamente il momento che prima non riuscivo a ricordare. L'amica della mamma di Davide l'ho incontrata in casa famiglia!
La scorsa settimana le socie di un ente benefico sono venute a portare abiti usati e regali ai bambini più piccoli. Lei era tra quelle signore che puzzavano di ricchezza e finta bontà a un chilometro di distanza.
E proprio mentre sto realizzando tutto questo e sento il mio stomaco contrarsi nuovamente, che il mio sguardo si ferma sul labiale della mamma di Davide. Non posso sentire, ma posso chiaramente vedere che il tono della discussione è leggermente acceso, almeno per lei. Davide la ascolta a testa bassa e in silenzio. Mi basta intuire due parole: zingara e disadattata. Il succo di frutta mi risale in gola e sento che sto per avere un conato di vomito. Altro che gruppo di beneficenza. Quella stronza pettegola avrà spifferato sicuramente chi sono e da dove vengo e ora le parole che ho captato mi fanno solo parzialmente immaginare il senso del discorso che quella donna sta facendo al figlio. Provo ad avvicinarmi con discrezione per provare a sentire meglio e le parole che mi arrivano all'orecchio mi annientano completamente.
«Come ti sei permesso di far entrare in casa mia una disadattata del genere? Lo sai che è figlia di un rom? Una zingara in casa Maestri! Ma proprio di una che vive in una casa famiglia ti dovevi invaghire?Una pezzente! Sei solo un povero idiota, ti sei fatto abbindolare da quella faccetta da santarellina! Ma sei sicuro che non abbia macchinato tutto per cercare di entrare in casa nostra e derubarci?»
Sento gli occhi che mi bruciano per le lacrime che cerco di trattenere. Mordo con forza l'interno della guancia per cercare di calmarmi e far rilassare lo stomaco ormai ridotto a un fascio di nervi contratti. La cosa che mi fa stare male, non sono tanto le parole della mamma di Davide, pregne di livore e pregiudizi antichi come il mondo, mi è capitato di sentirle altre volte. So già quanto possono far soffrire le opinioni della gente, ci sono in un certo senso abituata. Sto male perché Davide non ha risposto nulla, a testa bassa ha continuato ad ascoltare la sfilza di insulti che la madre inanellava nei miei riguardi, senza avere un benché minimo accenno di reazione, che ne so, una parola per provare a difendermi, niente di niente, il silenzio assoluto.
Con un moto di speranza mi giro verso la zona del giardino dove prima c'era Emanuele, in questo momento potrebbe essere la mia unica e sola ancora di salvezza. Ho bisogno di avere vicino a me una persona che mi sia amica.
Vuoto totale, lui non c'è. La mamma è ora in compagnia di un gruppetto di persone di mezza età.
Disperata rivolgo lo sguardo ovunque: nulla, di Emanuele nessuna traccia.
Mi giro ora verso Davide e la mamma, anche loro sono spariti.
Sono davvero sola in mezzo a gente che non conosco e sento che la disperazione si sta impadronendo di me.
Eccomi di nuovo!
Questa volta ho fatto la brava, non mi sono fatta attendere molto.
Capitolo super lungo almeno per i miei canoni di scrittura. Avevo pensato di dividerlo, ma poi ho preferito lasciarlo così. Spero di aver fatto la scelta giusta. Più di duemilasettecento parole per gioire e soffrire insieme a Eleonora.
È un classico per lei, appena riesce a trovare un po' di serenità c'è sempre poi qualcosa che la riporta alle origini. Come si fa a non avere voglia di abbracciarla e consolarla un po'?
Ma Emanuele perchè sparisce e non corre ad aiutarla?
Come al solito, gli uomini... Non ci sono mai quando abbiamo bisogno di loro!
Ancora grazie a tutti voi che con il vostro affetto avete permesso alla mia storia di superare le 16000 visualizzazioni! Grazie, grazie e ancora grazie!
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