Capitolo 14: Assonanze
«Mi puoi accompagnare direttamente davanti a scuola?» Chiedo a Samuel mentre salgo di corsa nel pulmino.
«No va beh. Ragazzi, ci siete tutti? Questa mattina stiamo assistendo in diretta a un miracolo!» Sghignazza Samuel guardando l'orologio «Eleonora è puntuale!» E quei deficienti iniziano a ridere e a fare versi di tutti i tipi nella mia direzione.
«E che volete, ogni tanto anche io riesco a essere puntuale, succede ragazzi, succede...» Dico posizionandomi sul sedile accanto al posto di guida e sbattendo con forza il portellone che come sempre non si chiude mai al primo tentativo. «Togliti dalla faccia quella risata sfottente e piuttosto rispondi a quello che ti ho chiesto. Mi lasci davanti alla scuola e non al solito posto? Dai dimmi di sì altrimenti non faccio in tempo!»
« E cosa devi fare di così urgente?»
Mi avvicino a Samuel, non voglio che gli altri ascoltino la conversazione: «Ho un appuntamento».
«Eh eh eh» ridacchia.
Certo che è proprio odioso certe volte. Odio essere presa in giro e cazzo 'stamattina proprio sta esagerando con gli sfottò. Sarà che davvero sono io la prima a sentirmi a disagio. Certo non è il primo appuntamento della mia vita, ma chissà com'è, mi sento agitata.
«Scommetto con il biondazzo, vero?» Mi chiede con uno sguardo allusivo.
«Ti vuoi unire a noi per caso?» E lo sgomito. Ora sono io che lo sfotto.
«Ma magari!»
«Eh no, bello mio, mi sa che non è roba per te. Dubito proprio che tu rientri nei suoi gusti sessuali» ridacchio sottovoce.
« E purtroppo hai ragione. Tu invece rientri?»
«Facciamo solo colazione insieme... Credo» e scoppio a ridere guardandolo di traverso.
«Eh, brava, solo colazione e nient'altro! E voglio anche un resoconto dettagliato della cosa quando entri a scuola. Mi raccomando: entra a scuola!» Scandisce bene le ultime parole e io rido sempre di più.
Mentre parla mi accorgo che ha davvero la faccia preoccupata. Lo sa che a volte con la testa proprio non ci sto e che sarei capacissima di non entrare a scuola per andarmene in giro. Da quando sono in casa famiglia non l'ho mai fatto. Qui è diverso, non mi va di tradire la fiducia che mi viene data e non voglio far finire Samuel nei casini per colpa mia. Ora sono cresciuta: 'Eleonora ha messo la testa a posto' dicono un po' tutti. E io non voglio deludere nessuno.
«Tranquillo, non faccio cazzate. Di nessun genere. Solo caffè e cornetto ed entro in classe come una brava bambina educata! » Cantileno allegra. «Una sigaretta la posso fumare prima di entrare, o no?»
«Se è una sigaretta, sì che puoi. Se invece hai intenzione di fumare altro...»
« Ma davvero mi fai così stronza? A scuola faccio la brava, e non porto mai nulla nello zaino. Sono pulita. Non voglio fare casini.»
Intanto siamo arrivati e accosta al marciapiedi per far scendere gli altri «Tu aspetta che poi ti lascio direttamente davanti alla scuola»
Scendo dal pulmino e guardo Samuel che si immette nel traffico cittadino. Sono arrivata straordinariamente in anticipo. Tiro fuori il telefono per rendermi conto dell'orario, mancano dieci minuti all'appuntamento con Davide e mi rompo proprio le palle a stare lì davanti.
Ecco, per chi non ama aspettare, arrivare in ritardo è la soluzione giusta.
Quasi quasi la fumo ora una sigaretta, giusto così, per darmi un contegno in questi minuti di attesa.
Non faccio in tempo a metterla tra le labbra che una voce mi fa saltare:
« Pensavo preferissi quelle rollate a mano...togli questa schifezza, ti do una delle mie» mi dice sfilandomi delicatamente dalle labbra la mia Camel e porgendomi una delle sue "tabacchelle".
È lui...il mio ricordo inaspettato di ieri, quello della chiave di sol tatuata sul dito, quello di cui non so il nome.
Ma che spettacolo che è. Come si fa a essere così magnifici alle sette e trenta di mattina, io proprio non lo so.
Ed esattamente come la volta precedente io resto imbambolata e non so cosa dire se non infilare tra le labbra la sua sigaretta e sorridere come una demente. Lui mi sorride e mi porge l'accendino facendomi segno di avvicinarmi per accendere. Meno male che questa volta la stronzata di fumargli in faccia me la risparmio. Sto migliorando!
«Comunque grazie per il tuo interesse verso i miei polmoni...Io sono Eleonora. L'altra volta non mi sono neanche presentata» dico guardandolo mentre con la mano si porta dietro l'orecchio un ciuffo di capelli ribelli che gli era ricaduto sul viso.
E che viso!
Gli occhi di un nocciola scuro hanno degli strani riflessi dorati e sono circondati da ciglia nere e lunghe e quando parla fissa direttamente il mio sguardo. Sul viso ovale e un po' allungato c'è una leggera presenza di barba, come se non si radesse da un paio di giorni. Al centro del mento ha una piccola e impercettibile fossetta. Le labbra sono perfettamente disegnate e quello inferiore è leggermente più pronunciato. La voce poi è bellissima, bassa, calda e quando parla è come se le parole le rafforzasse quando le pronuncia con il suo tono. Il sorriso poi apre un mondo a parte: gli illumina il viso. L'unica cosa che mi lascia perplessa è che a volte è come se quel sorriso fosse un ghigno ironico.
« Sì, effettivamente sei scappata all'arrivo di mio cugino...io sono Emanuele» e mi porge la sua mano in una classica presentazione tra persone civili ed educate.
"Quindi è il cugino di Davide" elabora affannato il mio cervello " Se in famiglia sono tutti così stanno messi bene". Il mio cervello che si sta riprendendo alla grande elabora anche l'assonanza Emanuele/Eleonora " che bella accoppiata".
In tutto questo la mia mano è ancora nella sua. E ci sta bene. E vorrebbe restarci in quella stretta morbida e calda.
"Eleonora" mi richiama la mia coscienza "Stai attenta, non ci ricascare come al tuo solito!"
Ma come si fa a stare alla larga da certe sensazioni? Come si fa a non ricascarci ogni volta?
« A proposito di mio cugino, eccolo che sta arrivando.» E indica alle mie spalle.
«Beh, sto interrompendo qualcosa?» Dice Davide arrivando e poggiandomi una mano sulla spalla.
Mi accorgo solo allora che la mia mano è ancora in quella di Emanuele, e la ritraggo all'improvviso, come se mi fossi scottata.
Lui mi sorride, infila entrambe le mani nelle tasche degli skinny neri che indossa. «Sì Davide che interrompi. Io ed Eleonora stavamo disquisendo sulla notevole differenza di danno che apportano alla salute le sigarette artigianali e quelle industriali. Ed Eleonora mi stava dicendo che quelle fatte da me sono le migliori che abbia mai fumato e che da ora in avanti io sono il suo fornitore ufficiale. E se ti levi dai coglioni, le vorrei anche offrire un caffè prima di entrare a scuola!» La prima parte del discorso l'ha fatta sorridendo, ma verso la fine della frase la sua espressione è decisamente scocciata. Davvero sin troppo evidente che l'arrivo di Davide gli abbia dato fastidio.
«Eleonora glielo dici tu a Emanuele che qui chi si deve togliere dai coglioni è lui, e che io e te avevamo un appuntamento per fare colazione insieme questa mattina?» Anche il tono di Davide non è proprio dei più cordiali verso il cugino.
E io ora invece puff, vorrei evaporare, sparire nell'aria, dissolvermi nel nulla.
«Ehm, si, effettivamente...è così». Dico cercando quasi di giustificarmi.
Emanuele come se nulla fosse, si esibisce in uno dei suoi migliori sorrisi, come se la cosa non lo turbasse affatto. Mi dà un pizzicotto sulla guancia. «Ci saranno tempi migliori per noi». Dice girandosi mentre si allontana. «Buona colazione, cugino».
"Beh o sono deficiente io, o lui è un ottimo dissimulatore di emozioni. Mi sembrava che prima fosse davvero scocciato dall'arrivo di Davide!" Penso mentre lo guardo allontanarsi.
«Fottiti». Borbotta Davide tra i denti, e intanto continua a tenermi la mano sulla spalla come se quel contatto fosse per lui una cosa naturale e scontata, e io lo lascio fare, sinceramente non mi dà fastidio.
«Forse è una mia sensazione, oppure tra te e tuo cugino c'è aria pesante?» Gli chiedo mentre attraversiamo la strada per andare finalmente a fare colazione al bar.
«Diciamo che ultimamente sta diventando più rompicoglioni del solito. La scuola gli sta stretta, anche perché ormai da un paio di anni aveva smesso di frequentare, ma è stato costretto a riprendere, e questo non giova al suo umore». Mi dice mentre prendiamo posto a un tavolino.
Il bar di fronte a scuola a quell'ora è pieno come un uovo. Praticamente c'è dentro mezzo istituto e, dalle varie occhiate che mi arrivano, soprattutto da parte delle ragazze presenti, mi sto rendendo conto che il nostro ingresso non è passato inosservato. Certo non per la mia presenza. Davide è davvero un gran bel ragazzo e più lo guardo e più me ne rendo conto.
Siamo davvero una strana coppia a guardarci dall'esterno: lui vestito con un jeans chiaro abbastanza aderente abbinato a un maglioncino paricollo azzurro quasi dello stesso colore dei suoi occhi. Io invece con la mia classica divisa: pantalone cropped nero e felpa di almeno due taglie più grandi della mia, questa volta non nera, ho osato con il bordeaux. Il tutto completato da un paio di simili dr Martens nere in netto contrasto con le sue Nike Air Force candide come la neve e sicuramente originali. Due mondi opposti.
Due mondi opposti che però fanno colazione insieme, ridono e si divertono. E il tempo vola ed è ormai ora di entrare a scuola.
«Sono stato bene con te». Mi dice davanti alla porta della mia classe, e per dirmelo si avvicina tanto, troppo. Io indietreggio, ma alle spalle ho la porta che mi blocca. Lui si avvicina ancora.
«Ti aspetto all'uscita, ti do un passaggio come l'altra volta». E senza aspettare la mia risposta si gira e inizia a salire la scalinata che lo porterà ad arrivare al piano superiore dove si trovano le quinte.
E mi lascia lì, senza avere neanche il tempo di provare a formulare una risposta. Forse gli avrei detto anche sì, anzi sicuramente. Ma così non mi piace. Odio che non si chieda la mia opinione sulle cose. Odio che qualcuno mi dica quello che devo fare. Non sono abituata a far prendere le mie decisioni agli altri.
Entro in classe e trovo Camilla al banco che mi guarda con aria interrogativa. Capisco che vuole sapere se quello che ha visto prima passando vicino alla porta fosse realtà o un'allucinazione. Prendo il telefono e scrivo a Samuel che sono in classe, voglio tranquillizzarlo e gli mando anche una foto della cattedra ancora vuota. Mi risponde velocemente con un bacino con il cuore.
E meno male che entra la prof per iniziare la verifica di italiano perché non ho voglia di raccontare nulla a Camilla, almeno non ora.
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