2. Incontro

Mi tengo strettissima la testa nascosta nelle ginocchia con le mani e chiudo gli occhi fortissimo, tenendomi pronta al peggio. Sento poi tre tonfi e sento una voce parlarmi: «Hei ragazza, ti conviene andare prima che si sveglino.»
Cosa...? Alzo lentamente la testa e trovo un ragazzo davanti a me, che tiene le braccia conserte e mi guarda. Ha gli occhi verde acqua che mi guardano con freddezza, i capelli neri come la pece in un ciuffo disordinato che gli copre l'occhio sinistro e il fisico asciutto, abbastanza muscoloso e slanciato; indossa una maglietta a maniche corte nera con un teschio bianco consumata, rovinata e sporca, come del resto i pantaloni, anch'essi neri, di tessuto leggero. Ai piedi ha converse, un tempo rosse, logore e sbiadite, le sue mani sono fasciate di guanti di pelle nera senza dita e sul collo ha un collare di pelle nera con borchie appuntite. Davanti a lui, i tre uomini che mi avevano bloccata nel vicolo distesi come se dormissero.
«Dai forza!» dice spazientito quello che a quanto pare è il mio salvatore e sbuffando mi porge una mano e mi aiuta ad alzarmi.
«Bene, ora vai e non farti riprendere, che se no rendi il mio intervento inutile. Lo sai che ho rischiato molto a farlo no? Comunque, addio.»
Detto questo esce dal vicolo di corsa. «Ehi fermo! Aspetta!» gli urlo seguendolo.
Lo sento sbuffare. «Che c'è ancora?» chiede senza voltarsi.
«Prima di tutto, grazie per avermi salvata. E poi, sai che posto è questo?» le domande fondamentali per prime.
«Non sai neanche dove siamo? Andiamo bene... comunque questo è un quartiere malfamato della periferia di New York. Qui troverai solo gente come i tre di prima, nessuna persona per bene vive qui o ci passa. È pieno di mafiosi e criminali che non hanno nessun ritegno nel picchiare e maltrattare chiunque passi.» Svolta agilmente in un vicolo pieno di graffiti e io lo seguo cominciando a sentire la stanchezza.
«Oddio...» dico ansimando, «ma la polizia?»
«La polizia?» scoppia a ridere. «Qui la polizia non è mai passata e mai passerà. Penso che tu abbia capito che questo quartiere è abbandonato a sé stesso.» scavalca una ringhiera con un movimento fluido e io, sempre alle sue calcagna, mi arrampico goffamente su essa, atterrando fortunatamente in piedi. Assurdo!

«Pensi di seguirmi ancora per molto?» chiede lui fermandosi con le braccia conserte e girandosi verso di me dopo essersi arrampicato su un tetto di un parcheggio abbandonato. «Che ne dici se ora ognuno va per la sua strada?» non sembra affatto stanco, mentre io ansimo pesantemente.
«Ma io non so dove andare, non so cosa fare! Sono stata rapita e mollata dove mi hai trovata... non ho più una casa, una famiglia...» dico affranta mentre riprendo fiato.
«E cosa ci posso fare io?» replica lui.
«Sembri uno che sa muoversi in queste zone, sai come ci si deve comportare e cosa si deve fare... per esempio sai come abbattere tre uomini alti e grossi il doppio di te in due secondi, ti arrampichi ovunque...»
«E con ciò?»
«Vivi per strada giusto?»
«Come fai a saperlo?» dice sedendosi sul bordo del tetto basso.
«Si vede da come sei vestito, da come ti comporti... se mi aiuti non avrai rischiato in vano nel mio salvataggio. Se mi lasci da sola, sarebbe stato uguale essere uccisa da quelli, da altri o dalla fame, che dici? Non ho possibilità da sola... e tu lo sai.» lo imploro.
«Perché ti stai fidando di me? Che ne sai che io non abbia le stesse intenzioni di quei tre? Non mi conosci.»
«Tu mi hai salvata, e poi sei molto distaccato, ciò vuol dire che non ti interessa.»
«Non puoi saperlo.»
Giungo le mani. «Ti prego! Aiutami!»
Sbuffa. «Come ti chiami?»
«Lyla, tu?»
«Nathan.» dopo una pausa riprende. «Facciamo così Lyla... io ti insegno a sopravvivere e difenderti da sola. Non appena sarai in grado ognuno per la sua strada, ok?»
«Oh grazie, grazie tante Nathan!» esclamo contenta e corro verso di lui sotto al muro sorridendo.
«Dai, ti aiuto a salire. Metti il piede in quel buco, così, brava...» mi spiega come salire e quando sono con la testa sopra al tetto mi prende di peso e mi tira su, facendomi sedere vicino a lui.
«Grazie!» dico mentre ci alziamo e faccio per abbracciarlo, ma lui mi ferma.
«Siamo solo soci in affari, nulla di più. Quindi nessun bacio, abbraccio o qualunque altro tipo di confidenza, chiaro? Dai forza, ti porto alla mia abitazione.»
«Giusto, solo soci in affari.» sussurro chinando la testa.
Però, che freddezza.

«Senti... perché mi hai salvata? Cioè, potevi tranquillamente fregartene di una sconosciuta e invece hai deciso di non farmi morire...» dico dopo un lungo momento di pausa.
«Odio il modo in cui certa gente tratta le persone, non capisco come osino fare delle cose del genere a delle povere ragazze. Per questo, quando ti ho vista, non ho potuto fare a meno di salvarti. Non me lo sarei mai perdonato altrimenti.» mentre mi parla non si volta mai a guardarmi, guarda fisso davanti a sé o per terra.
Il tetto è molto grande, probabilmente il parcheggio sottostante era enorme.
«Qui a volte vengono dei ragazzi con lo skateboard.» mi spiega Nathan ad un certo punto.

Per la maggior parte del viaggio restiamo in silenzio, anche se io avrei molto da chiedere e da dire. La verità è che questo ragazzo mi spaventa un po', anche se so che è la mia unica speranza di salvezza. Lui dal canto suo non accenna a parlarmi o a guardarmi, fa come se non esistessi, e questo suo distaccamento mi irrita.

Finito il tetto arriviamo ad una piccola collinetta poco in pendenza, che fa da muro tra noi e quello che c'è dietro.
La scaliamo e, arrivati in cima, mi accorgo che davanti a noi c'è una strada e per arrivarci bisogna scendere una parete abbastanza alta. Nathan salta giù senza farci caso e io d'istinto lo guardo inorridita, ma lui atterra in piedi tranquillamente e senza alcun problema. Io, invece, non sono affatto tranquilla nel saltare un'altezza simile e indietreggio spaventata.
«Hai bisogno di una mano Lyla?» sento la voce di Nathan dirmi dal basso. «Dài, non è poi tanto alto.»
«Per te forse!» replico io guardando in basso.
Lo sento sbuffare. «Forza salta, ti prendo io.» dice venendo sotto di me con le braccia aperte.
«Posso fidarmi?» la mia voce è piena di incertezza.
«Non puoi. Ma non c'è altra scelta se vuoi venire con me.»
«Ok...»
Mi siedo sul bordo e, dopo un profondo respiro, chiudo gli occhi e mi dò uno slancio in avanti, sentendomi cadere nel vuoto. Dopo pochi secondi sento le braccia di Nathan prendermi al volo e mettermi subito a terra.
«Wow, bella presa... grazie tante!»
«Si, si... andiamo, forza!» dicendo ciò si incammina sulla strada e io sono veloce a seguirlo.

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