VI.2 Resistere

Un improvviso e concitato bussare alla porta li fece sobbalzare entrambi e mozzò le proteste dell’uomo prima ancora che potesse pronunciarle. «Signore! Signore, siete qui?»

«Tra un attimo, Edmund. Sono molto impegnato, al momento. È una conversazione privata.»

«Scusate, signore, ma è richiesta la vostra presenza. Abbiamo…  c’è un imbucato alla festa.»

Alexander lo vide chiudere gli occhi per un istante e sospirare, nel tentativo di mantenere la compostezza. «Entra, avanti.»

Un ragazzo sulla ventina si affacciò nella stanza, guardingo. «Un imbucato, signore. Cerca i coniugi Woods. Riferisce di volere sua sorella e suo cognato. Sembra… insomma, sembra…»

«Cosa sembra? Parla, non stare lì a perdere tempo!»

«Sembra appena uscito da una brutta baruffa. Non credo sia il caso di lasciarlo entrare.»

Quelle parole gli aprirono uno squarcio nel petto. «Harvey

Il Maggiore Vermouth spostò lo sguardo su di lui. «È in cerca di voi. Lo conoscete?»

«Vi prego, fatelo entrare. Devo parlargli.»

«Hai sentito, no, Edmund? Fai accomodare il nuovo ospite.»

«Subito, signore.»

Il ragazzo svanì. Alexander si voltò un’ultima volta. «Questa conversazione non è mai avvenuta. Addio.»

Lui non rispose alle sue parole. «Hai visto? Qualcuno a questo mondo che ti cerca sembra esserci, dopotutto.»

Harvey. Harvey era l’assoluta priorità.

Uscì da quella stanza senza un’altra parola, attraversando il corridoio con a fuoco solo l’obiettivo davanti a lui. Non voleva illudersi, non poteva illudersi. Harvey era tornato per Sarah, non per lui, non era cambiato nulla dal loro primo e ultimo litigio. Tutto ciò che non aveva funzionato tra loro sino a quel momento avrebbe continuato a non funzionare, lo sapeva.

Eppure, almeno avrebbe potuto vederlo ancora. Avrebbe avuto la prova che stava bene. Se avesse almeno potuto guardarlo un’ultima volta–

«Harvey! Cosa ci fai qui? Che diavolo hai sulla faccia?»

Proprio nel momento in cui Alexander fece il suo ingresso nella sala, vide sua moglie afferrare il fratello per la collottola e trascinarlo in un angolo.

«Sarah, fammi spiegare–»

«Mi stai mettendo in imbarazzo di fronte alle mie amiche!»

I pugni di Hector avevano fatto allargare due grossi lividi sulla mascella sinistra e sotto l’occhio, ed era ancora abbigliato come la sera prima, la camicia spiegazzata e i capelli un po’ arruffati. Aveva l’aria stravolta e imbarazzata e si lasciava sgridare dalla sorella come un cane colpevole con la coda tra le gambe.

Dio, quanto era bello. Dio, quanto gli era mancato.

Al sentirlo avvicinarsi, Harvey alzò gli occhi. Lo guardò allora, e tutto in Alexander si contrasse col dolore di quel che aveva perso.

«Alex

Le persone intorno a loro avevano cominciato a mormorare, a lanciare occhiatine scandalizzate. Non c’erano parole adatte a descrivere quanto non gli importava.

«Sei tornato.»

Non per lui. Non era tornato per lui. Nessuno sarebbe mai tornato per lui. Non poteva permettersi di farsi inutili illusioni.

«Certo. Certo che sono tornato, sai perché sono tornato. Lo sai, vero? Dimmi che lo sai ancora. Alex, per favore–»

Sentì gli occhi inumidirsi e sbatté le palpebre per scacciare il pizzicore fastidioso. «Lo so. Lo so, lo so, lo so.»

Prese una boccata d’aria tagliente. Quelle due parole, da sole, gli avevano restituito d’un tratto l’ossigeno.

Sarah ne aveva abbastanza delle loro scemenze. «Voglio sapere cosa accidenti è successo. E voglio saperlo adesso

«Signore, benvenuto!» Il Maggiore li aveva raggiunti nella sala, e porgeva a Harvey la mano tesa, sotto gli occhi sconcertati di tutti i presenti. «È un piacere fare la vostra conoscenza. Gli amici del signore e la signora Woods sono anche amici miei.»

Il ragazzo accettò la mano che gli era stata offerta e la strinse. «Harvey Connor. Il piacere è mio, signore.»

«Vi vedo un po’, uhm, provato da burrascosi eventi. Vi dispiacerebbe allontanarvi per un attimo e darvi una veloce sistemata? Temo che stiate, ecco, allarmando i miei ospiti.»

Il volto di Harvey si fece paonazzo, Sarah portò le mani al volto con fare teatrale. «Oh, cielo, scusate. Se volete posso togliere il disturbo, volevo solo–»

«Non occorre. Se Lord Woods sarà così gentile da scortarvi nella sala di lettura, sarò ben felice di accogliervi alla festa dopo una breve rinfrescata. Che ne dite?»

«Certo. Ti accompagno» mormorò Alexander, e dopo un’occhiata di scuse a Sarah si defilò ancora in corridoio, con la speranza che il compagno lo stesse seguendo.

Lo sentì, e qualche attimo dopo gli fu accanto, la spalla contro la sua. «Mi dispiace.»

«Non qui» sibilò, attraversando la villa con le orecchie attente a rilevare il minimo movimento dei domestici. Trovò la porta giusta, gli fece cenno di entrare, e poi la richiuse alle loro spalle con una doppia mandata di chiave.

Si udivano gli ospiti dal salotto che parlavano e scherzavano, ma dalla grande finestra sul parco non si vedeva anima viva. Per buona misura, però, Alexander chiuse le tende e le legò con l’apposito spago, facendo piombare la stanza nella penombra. 

Non avendo il lumino per accendere il lampadario, decise che per il momento poteva andare, così finalmente si avvicinò, con esitazione e una punta di timore. 

Non sapeva bene cosa dire, ma non ebbe modo di parlare in ogni caso. Fu Harvey a fare un passo verso di lui, rivolgergli tanto d’occhi da stordirlo e sussurrare un flebile: «Scusa se me ne sono andato.»

Annegò in quello sguardo sentendo la tachicardia, i respiri che si facevano affannosi e il sollievo, la paura per il futuro e la rabbia che lo stritolavano in una lotta per dominarlo.

«Hai idea di quanto fossi preoccupato?» fu la rabbia ad avere la meglio, per quella volta. «Hai idea della notte che ho passato? Hai la minima idea di quello che ho provato, fissando il soffitto per ore, bevendo perché ero troppo distrutto per pensarti da solo là fuori tutta la notte? Spero di no. Spero di no perché se non ne avevi idea allora sei solo uno sciocco. Se avessi saputo davvero in che condizioni mi hai ridotto e te ne fossi andato comunque saresti stato così crudele che non riuscirei a riconoscerti»

«Non volevo farti del male. Stavo cercando di proteggerti. Di tenerti al sicuro.»

«È così che tenti di proteggermi? Facendomi venire un attacco di cuore? Maledizione, Harvey, io–»

«Credevamo che col matrimonio i sospetti sarebbero svaniti, almeno per un po’. Invece, appena a qualche settimana dal matrimonio, ci facciamo scoprire da uno stramaledetto marchese e da Hector. Il mese prossimo chi ci sorprenderà insieme? La regina? Alex, tu hai una posizione da mantenere. Una reputazione. Non volevo metterti a rischio.»

«Non è senza di te che mi tieni al sicuro, hai capito? Non farmi mai più una cosa del genere. Non ci credo che tu hai anche solo pensato di–»

«Mi sei mancato. Ho sbagliato. Sai che quando ho paura agisco senza pensare.»

«Tu… tu sarai la mia rovina, Harvey Connor. Mi hai salvato la vita e mi farai anche morire.»

Fu allora che Harvey si decise ad afferrarlo, tirarlo a sé e baciarlo tanto forte da tranciare la discussione sul nascere.

Passò solo un attimo di sconcerto prima che il suo animo infiammato dal fastidio si infiammasse ancora di qualcosa di più forte. Alexander schiuse le labbra e lo accolse nella sua bocca, sentì le sue mani che si insinuavano sotto la giacca e fremette nel tentativo di stargli più vicino.

I suoi pensieri sfumarono nella foga, inconsistenti e liquidi, sostituiti dal bisogno di averlo addosso, dappertutto, che non andasse più via.

Quando si lasciò sfuggire un gemito e si strofinò più a lui, quando non sarebbe riuscito a formulare una frase completa e coerente neanche volendo, Harvey si fermò e fece un passo indietro.

«Meglio evitare. Se ci facessimo scoprire in questo stato anche adesso–»

Alexander tentò di controllare il respiro corto. «Le tende sono chiuse, la porta è sbarrata.»

Voleva, voleva, voleva da diventare pazzo.

«Londra ha occhi e orecchie ovunque, lo sai.»

«Non voglio rinunciare a te. Non mi importa se è pericoloso.»

«Non devi rinunciare a me, ma dobbiamo stare più attenti. Se continuiamo così, neanche un anno e sarà di dominio pubblico.»

«Il problema è che non riesco più a guardarti come se non sentissi niente. Non posso nascondere quello che provo, è… è troppo grande. Ogni giorno continua a crescere, non sta più sotto il tappeto.»

«Vieni qui» mormorò, e lo prese di nuovo tra le braccia. Gli stampò un bacio sulla guancia, sul collo, sull’orecchio. Alexander sentì tutto in lui che si scioglieva. «Troveremo un modo. Dobbiamo solo imparare a stare un po’ attenti. Troveremo un modo.»

Alexander si strinse a lui e nascose il volto contro la sua spalla. Era incredibile come avesse trovato la pace in fretta, era bastato il suo ritorno e non voleva più spaccare tutto e scoppiare in singhiozzi di paura e di rabbia.

Harvey era riuscito a frantumarlo e rimetterlo insieme tutto da solo, e in quel momento lo cullava.

Il suo farmaco prediletto.

«Sai che, in greco antico, la parola pharmakon si usa sia per medicina che per veleno?»

Lo sentì ridere. «È a questo che pensi, quando ti stringo? Al greco antico?»

Alexander allontanò un poco la testa per guardarlo negli occhi. «Quando mi stringi penso sempre solo a te.»

Harvey gli stampò un altro bacio sul volto, sulla fronte. Alexander chiuse gli occhi e prese un respiro tagliente. «Anch’io ti devo delle scuse.»

«Tu?»

«Sì. Ti ho detto cose cattive, che non penso.»

Capì subito a che si riferiva. «Non pensi che villa Woods sia casa tua?»

«No. Non lo è. Quella è la nostra casa. È la nostra.»

«Villa Woods è casa tua. Un po’ anche di Sarah, forse, ma non certo la mia. Ed è vero che mi mantieni.»

«Anche tu mi mantieni. Mi dai ciò che mi serve per sopravvivere.»

«Non scherzare…»

«Non scherzo.»

«Comunque non occorre più parlarne. Ho capito quel che voglio fare nella vita!»

«… scusa?»

Harvey gli sorrise. «Ieri notte vagavo senza meta, e mi sono ritrovato al Savoy. Stavano sbaraccando dopo uno spettacolo, ero sul retro, e questi due ragazzi mi hanno visto e si sono avvicinati per chiedermi se mi servisse aiuto. Credo fosse per, sai, i lividi e tutto il resto. Io ho detto di no, ho insistito, ma loro stavano andando a farsi una bevuta dopo lo spettacolo e mi hanno trascinato con loro. Oh, Alex, avresti dovuto vederli e ascoltarli! Ti sarebbero piaciuti tanto. Erano tutti attori, ed erano… diversi. Bevevano anche le donne, ed erano tutti vestiti in modo bizzarro, e sembravano così… liberi. Abbiamo scherzato e ballato e io mi sono lasciato sfuggire che non ho un lavoro adesso, e mi hanno detto che in teatro c'è posto per tutti! Puoi crederci? Certo, riguarda perlopiù aiutarli con le scenografie e l’affissione dei manifesti, niente di troppo serio, ma sembrava tutto così bello! Sai quanto mi piace il teatro, mi fa pensare a te. E se mi proponessi sul serio?»

«Non sei costretto a lavorare, se non vuoi. Non sei un peso per me. Ho detto ciò che ho detto solo perché ero stizzito e volevo farti del male, ma non lo penso. Harvey, io non ti farò pesare mai più che vivi in casa mia, te lo prometto. Sono un mostro anche solo per averci provato, davvero.»

«Cosa stai dicendo? Tu non sei affatto un mostro.»

«Non devi lavorare, non sei costretto a farlo, mai, neanche un giorno della tua vita.»

«E se fosse quello che voglio?»

«In quel caso... sai che preferisco il Royal Opera, ma se tu sarai al Savoy mi troverai lì ogni sera a guardarti.»

«Non fanno spettacoli ogni sera. E non sarò sul palcoscenico, non potrai guardarmi.»

«Ho la tua bussola, ricordi? Io ti vedo anche quando sei nascosto. Ti vedo sempre, so sempre dove guardare per trovarti.»

«Ho sbagliato ad andare via così. Non volevo farti soffrire. Perdonami, ti prego.»

«E io ho sbagliato a trattarti in quel modo. Sei perdonato tu e lo sono anch’io. Non pensiamoci più, va bene? Staremo attenti e tutto andrà a posto.»

«Già, a proposito, forse è il caso di tornare dagli altri. Non so quanto siamo stati qui, ma potrebbero allarmarsi.»

«Sì. Fatti sistemare un po’ questa camicia e i capelli e andiamo.»

«Meglio che lo faccia io. Se mi metti le mani addosso non usciamo di qui prima di stanotte, io te lo dico.»

Fu il turno di Alexander di sorridere. «Non minacciarmi con qualcosa di bello, potrei cedere.»

Lui gli lanciò un’occhiataccia. «Non aiuti, così.»

«Scusa, hai ragione.»

Quanto lo voleva. Tanto da non riuscire più a nasconderlo. Aveva chiuso il suo cuore e celato la tempesta che vi infuriava per così tanto tempo, e l’amore da un giorno all’altro aveva strappato via la maschera dal suo volto.

Harvey se n’era andato, e il Maggiore Vermouth aveva letto l’angoscia nei suoi occhi come un libro aperto; si erano guardati al pianoforte durante il matrimonio, e Hector aveva visto il trasporto che lui desiderava tenere nascosto.

Erano a pochi passi e Alexander non voleva altro che dimenticare la festa qualche stanza più avanti e perdersi in lui sino a sparire del tutto.

«Troveremo un modo. Troveremo un posto nel mondo anche noi. Te lo prometto.»

Note autrice
Beh, insomma, questo litigio è durato poco. Pace fatta!
Certo, ciò che ha detto Harvey è ancora vero: così non può andare avanti. Si stanno facendo scoprire da tutta Londra! In qualche modo la situazione dovrà risolversi o tutto andrà in pezzi. Almeno, però, sappiamo che sono uniti e possono affrontare tutto.
Vi è piaciuto il discorso del Maggiore Vermouth? Vi aspettavate che il padre di Alexander fosse come lui?
Quando ho pubblicato questo capitolo la prima volta (benché il discorso del maggiore comunque io l’abbia modificato molto profondamente), c’è stato chi ha shippato il maggiore col padre di Alexander e chi ha sospettato potessero avere una relazione o che comunque ci fosse un sentimento da parte di almeno uno dei due. Non negherò né confermerò, io ho un’idea che però non è necessaria ai fini della storia e dunque lascerò a ognuno la sua.
Nel prossimo capitolo, le fughe di notizie delle ultime settimane avranno qualche conseguenza. Quanto andrà male da uno a dieci? Potete provare a ipotizzarlo.
Ci avviciniamo alla catarsi e conseguente risoluzione della storia, state pronti! Potreste rivedere una vecchia conoscenza dello scorso libro e anche rivalutare un certo personaggio che ha toccato un po’ il fondo...

P.S.
Come vedete Harvey a lavorare a teatro? Di certo ha la passione, come dimostra il modo in cui era solito raccontare storie ai bambini con fare teatrale. Chissà se ha stoffa... vedremo! Oppure no?

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