I.2 Lo Sai
La camminata per il vialetto fu lunga e complicata, ma quando arrivarono al portone gli si erano schiarite un po' le idee, e l’aria fredda e frizzante a della notte aveva iniziato a pizzicargli la pelle, segno che l’effetto dell’alcool dopo la sua dormita stava pian piano svanendo.
In altri momenti avrebbe apprezzato il panorama del giardino della villa, poter stare solo con Harvey a gironzolare per il viale alberato alla luce della luna mentre tutti in casa erano addormentati, ma era troppo confuso e stanco per farlo.
«Sai, ti fa male bere così» gli disse lui come se gli avesse letto nel pensiero, mentre con una mano apriva la porta e con l’altra lo aiutava a stare in piedi.
«Moralista.»
Harvey sorrise. «Poi ti lamenti quando dico che sei un personaggio!»
«Questo tuo comportamento è oltremodo oltraggioso! Dovresti vezzeggiarmi, sono il festeggiato, io!»
«Quanti paroloni… ti è tornata un po’ di voce, vedo. Che poi, mi sembra di vezzeggiarti più che a sufficienza.»
La risposta gli uscì in automatico, senza neanche doverci pensare. «Scusa. Quando bevo parlo troppo.»
Lo sguardo divertito di Harvey si addolcì. Alexander era sempre stato affascinato dai suoi occhi, erano scuri e profondi, due buchi neri che lo risucchiavano intero. Ogni volta che i loro sguardi si incrociavano, quello di Alex restava intrappolato come una mosca sulla melassa, e di rado riusciva a distoglierlo per primo.
«Non ti devi mai scusare per aver parlato, io adoro ascoltarti.»
La porta si spalancò e salirono a fatica i tre gradini d'ingresso. Alexander gli lanciò un’occhiata scettica.
«Sai che è vero, non fare quella faccia» lo sgridò Harvey, poi ghignò. «Se vuoi posso farti un regalino, ma devi promettere che non urlerai. Sveglierai i domestici se farai troppo chiasso.»
«Regalino? Che regalino? E perché dovrei urlare?»
«Lo vuoi o no?»
Se fosse stata una qualunque altra persona, prima di accettare avrebbe preteso una spiegazione. Sarebbe stato sospettoso, si sarebbe fatto raccontare le sue intenzioni.
Ma era Harvey, quindi alzò le spalle e disse: «Che domande, certo che lo voglio!»
Il ghigno di Harvey si allargò. Strinse più forte la presa che aveva intorno alle sue spalle, e con l'altro braccio gli afferrò le gambe, sollevandolo di peso.
Alexander sobbalzò, a stento soffocando un grido.
«Ti avevo detto di non urlare» sibilò Harvey, ma non sembrava arrabbiato. Sembrava si stesse trattenendo dal ridere.
«Avresti dovuto avvertirmi!»
«Shhh, zitto o sveglierai tutti, e poi come lo spiego?»
«Facile, domani mi sposo. Ai matrimoni è una prassi.»
«Sì, ma in genere è la sposa a venire presa in braccio. Ed è lo sposo a farlo.»
«Ti ho già detto che questa tua sbruffonaggine è quanto mai irritante?»
«Se hai qualcosa in contrario posso sempre rimetterti a terra.»
Alexander fece una smorfia di disappunto e gli passò un braccio intorno al collo per darsi stabilità. «Lasciami andare e giuro che non ti parlo sino a domani!»
«Lo sapevo» commentò Harvey, con un sorrisino soddisfatto. Imboccò le scale e Alexander si strinse a lui più forte.
Quei sorrisi sinceri da ragazzino che sfoggiava tanto di rado riuscivano sempre a fargli sciogliere il cuore. Aveva la testa leggera per via dell’alcool, lo stava guardando negli occhi e sentiva la presa ferrea delle sue braccia su di lui.
«Dio mio» disse, «Io non ci arrivo vivo alla fine di queste scale, mi verrà un infarto prima.»
«Zitto, dai» lo sgridò. «Guarda che rischi davvero di svegliare qualcuno.»
Mentre salivano per la scalinata gli sembrò di vederlo un po’ meno stabile, così arricciò le labbra pensieroso. «Non starai un po’ esagerando?»
«Ho lavorato tre anni nei traslochi, lo sai. Ho portato cose più pesanti di te per molta più strada di questa. Anche per più rampe di scale.»
«Ma sei brillo» gli fece notare Alexander, che ora per l’ansia si era schiarito le idee. «Se cadessimo-»
«Ci spaccheremmo la testa e moriremmo insieme! Molto romantico, no?»
«Come no, moltissimo» mormorò lui, sarcastico.
«Come! Romeo e Giulietta muoiono insieme ed è romantico, e per noi non vale?»
«Una stilettata al cuore dopo un bacio al veleno e sfracellarci giù dalle scale perché ci siamo messi a fare gli idioti dopo una sbronza… proprio uguale!»
«Non essere pignolo» sussurrò Harvey, sorridendo sotto i baffi e stringendolo più forte.
«Dio, io… non c’è giorno che non ringrazi il Signore per le braccia che ti ha dato» si lasciò sfuggire tra le risate. «Insomma, se non avesse voluto farmi innamorare di te avrebbe dovuto farti tutto diverso!»
«Interessante teoria…»
Quando giunsero in cima alle scale, Harvey lo posò a terra senza tanti complimenti, e Alexander, sorpreso, barcollò all’indietro. Il ragazzo lo afferrò per la sua giacca, e quando fu certo che non fosse più a rischio di capitombolare di nuovo giù all’ingresso si massaggiò le braccia indolenzite.
«Male?» chiese Alexander, avvicinandosi.
Harvey sbuffò. «Ho portato sedie più pesanti di te. Forse dovresti mettere su qualche chilo…»
«La tua voce dice “no”, ma la tua espressione sofferente dice “cavolo, sì”.»
Harvey alzò gli occhi al cielo. «Ti hanno mai detto che sei un insopportabile so tutto io?»
Pugno nello stomaco.
Alex, perché diavolo sei qui a mettere bocca in quello che faccio? Non hai di meglio da fare?
Lord Woods, Che ci fate ancora qui? Non stavate andando via? Forse per voi si è fatto un po’ tardi…
Non mi pare di avervelo chiesto.
Perché non andate a prendere da bere e non ci lasciate un po’ da soli?
Tutto molto interessante, ma ora dovrei proprio andare! Finirà di raccontarlo quando ci rivedremo…
Milord, che bello vedervi! Resterei a parlare con voi ma sapete, ho talmente da fare oggi…
Hector, hai portato anche tuo fratello! Posso sapere come mai?
Sentì l’acido dell’alcool nel suo stomaco che gli risaliva per l’esofago e minacciava di uscire.
Ecco perché non ti porto mai con me, mi fai fare sempre brutte figure.
Questa festa è importante, va bene? Vieni anche tu, ultimo tentativo. Ma per carità di Dio, Alex, tieni la bocca chiusa, evita le opinioni non richieste e smettila di comportarti come se sapessi tutto.
Ti hanno mai detto che sei un insopportabile so tutto io?
«Una volta o due.»
Era ovvio che Harvey pensasse questo di lui, tutti lo pensavano. Perché in realtà era la verità, lui era un insopportabile so tutto io, lo era sempre stato. In special modo quando beveva.
Prima che potesse aggiungere qualcosa, Harvey gli afferrò il braccio e lo trascinò in camera sua.
Aprì la porta di fretta, lo tirò dentro e infine lo lasciò, richiudendola e dando due mandate della serratura per buona misura. Afferrò a tentoni l’acciarino sul comodino vicino alla porta e accese l’unica candela nella stanza.
Alexander alzò lo sguardo di nuovo, e si accorse che l’altro si era avvicinato a lui. Aggrottò la fronte, sorpreso.
Come poteva muoversi così in fretta? Cielo, doveva essere davvero ubriaco.
Harvey gli prese il volto tra le mani e lui sobbalzò.
«Smettila» sibilò. Il suo sguardo era più serio che mai. «Smettila subito, Alex.»
«Ma… cosa ho fatto?»
Harvey non era mai stato arrabbiato con lui, e in quel momento lo sembrava. Si chiese atterrito cosa avesse sbagliato. Aveva rovinato tutto, come sempre, anche lui l’avrebbe abbandonato, sarebbe rimasto da solo, sì, solo e disperato, col cuore in frantumi, tutto perché rovinava sempre ogni cosa.
Fu Harvey a distoglierlo da questi pensieri. «Non fare così. Io scherzavo, scherzavo e basta. Ti stavo solo prendendo un po’ in giro. Stavo solo scherzando, Alex. Davvero.»
«Di che parli?»
«Sai di cosa stessi parlando.»
Si morse la lingua per non correggere quel congiuntivo tremendo. «Non ne ho proprio idea.»
«Se mi davi ascolto una buona volta…»
Doveva sforzarsi di non essere irritante. Lo torturava, ma l’avrebbe fatto.
«Qualunque cosa abbia fatto, scusami. Non era mia intenzione, davvero.»
«Ti perdono, ma solo perché sei tu. Se sarebbe stato chiunque altro…»
«Oh, andiamo!» sbottò infine. «Fosse stato. Fosse! Insomma, Harvey, va bene che non sei andato più di tre anni a scuola, ma-»
Non ebbe il tempo di finire la frase che Harvey aveva già posato le labbra sulle sue e lo stava baciando. Era da troppo che aveva una voglia matta di farlo, così non riuscì neanche a essere infastidito perché gli aveva interrotto la frase a metà.
Alexander gli passò le braccia intorno al collo, si appoggiò a lui e rispose al bacio con energia, come se cercasse di coprire ogni suo pensiero con la forza di quelle sensazioni travolgenti.
Sentì le mani di Harvey che lo stringevano e lo toccavano esplorandone ogni centimetro, risvegliavano in lui tutte quelle voglie che l’ultimo bicchiere aveva minacciato di affogare e d’un tratto fu posseduto da un bisogno selvaggio di averlo subito, in quel momento, lì al centro della sua stanza, non importava come.
Si strusciò contro di lui in cerca di contatto e sentì il verso di approvazione soffocato dal bacio, poi Harvey gli afferrò i capelli e li tirò abbastanza da fargli un po’ male, il tanto giusto da pizzicargli la pelle ma non abbastanza da ferirlo. Fu suo il turno di gemere allora, di stringerlo più forte, e anche l’ultima traccia di pensiero svanì nella sua testa come fumo.
Proprio mentre Alexander portava le mani ai bottoni della sua camicia Harvey lo lasciò a tradimento e gli diede una leggera spintarella, allontanandolo da lui.
Ad Alex sfuggì un guaito di protesta, e lo guardò confuso con la mente annebbiata e il cuore che gli correva ancora nel petto.
«Cosa…»
«E tornato!» esclamò il ragazzo, con un sorriso luminoso.
«Chi è tornato? Perché… perché hai smesso?» chiese, con una smorfia irritata. Aveva ancora i respiri affannosi, la tachicardia e un fuoco dentro che rischiava di bruciarlo vivo.
Ancora, ancora, ancora, dammene ancora.
«Il mio Alex! È tornato!» rispose lui, dandogli un buffetto sulla guancia dalle implicazioni ben diverse rispetto al modo in cui lo aveva toccato sino a un attimo prima.
La smorfia di Alexander aumentò. «Che vuol dire?»
«Il mio Alex» ripeté Harvey. «Quello che mi bacchetta quando sbaglio, quello che mi bacia in quel modo. Quello che mi piace tanto, insomma.»
Alexander ripensò a quello che aveva appena sentito e quello che era appena successo. «Tu hai commesso degli errori grammaticali apposta per irritarmi?»
«Cetto che no. Io ho commesso degli errori grammaticali apposta per spingerti a correggermi» rispose lui con un ghigno. «E ha funzionato!»
«Perché?»
«Perché quando ti do del so tutto smetti sempre di farlo per un po’, ti metti in testa che mi dà fastidio. Non voglio che faccia finta di essere qualcuno che non sei solo per farmi contento, anche se quello che sei è un insopportabile so tutto io. Cosa che a me piace da morire, tra l'altro.»
«Che stupidaggine. A nessuno piace un insopportabile so tutto io. C'è anche la parola “insopportabile” nel nome.»
«Ma sei il mio insopportabile so tutto io, quindi non conta. E poi mi piace quando fai il perfettino…» aggiunse, con un sorrisetto un po’ imbarazzato e un po’ carico del calore del bacio appena terminato. «Non so perché, forse perché amo come sei dopo che sono stato un po' con te. Sembra sempre che sei finito sotto un treno dopo che siamo stati insieme. Fai sempre tanto il perfettino e quindi quando perdi il controllo mi fai impazzire.»
«Oh, Dio» mormorò Alex, allentandosi il nodo alla cravatta perché altrimenti non sarebbe riuscito a respirare. Parte di lui continuava a gridargli che non valeva niente, dagli angoli più remoti della sua mente. Alexander ormai si era arreso, sapeva che quella voce non avrebbe mai taciuto davvero, ma da tanto prepotente che era stata sino a un attimo prima, d’un tratto si era fatta lontana, distante. Riusciva a malapena a sentirla, in quel momento. Come succedeva ormai sempre meno di rado, si concesse di sentirsi apprezzato, ammirato, amato persino. «Poi dici che non sei bravo con le parole… come mi tiri su tu non lo fa nessuno.»
Vide che Harvey apriva la bocca con un ghigno e lo fermò appena in tempo. «Rovina il momento con una battutaccia e un doppio senso e ti butto fuori dalla stanza.»
«Rovinare il momento? Come osi? I miei doppi sensi sono molto simpatici!»
«Sei davvero un cretino, lo sai?»
«Visto? Perfettino!»
Alexander lo guardò senza sapere cosa dire. Era brillo, ma di certo meno ubriaco di quanto non fosse stato durante il viaggio in carrozza. L’ansia che l’aveva pervaso quando Hector aveva ammesso di essere sospettoso, quando Harvey aveva iniziato a blaterare sui bordelli ottenendo proprio l’effetto opposto a quello che avrebbe voluto, quando lui aveva alzato gli occhi al cielo e gli aveva chiesto “Ti hanno mai detto che sei un insopportabile so tutto io?” sembrava solo un ricordo.
«Lo sono, è vero» concesse sorridendo. «Ma non per questo dovresti prendermi in giro.»
«Mi spiace, ma prenderti in giro è la cosa che so fare meglio!»
Alexander sciolse l’abbraccio ancora stretto al suo collo e lo prese per le spalle.
Dio, quanto amava quelle spalle.
Strinse la presa e disse, «Perché non facciamo qualcosa di più divertente, invece?»
«Qualcosa di più divertente?»
Harvey lo guardò ancora negli occhi, gesto che faceva di rado e per brevi lassi di tempo.
Come ogni volta, Alexander si sentì precipitare nel vuoto.
Certo, Harvey gli era piaciuto da subito perché era gentile, ai limiti dell’oltraggioso. La sera che si erano conosciuti gli aveva salvato la vita e si era persino scusato per il disturbo. Era anche brillante, per quanto poco colto, e aveva una terribile sete di imparare. Era bravo coi bambini, odiava mentire, amava leggere, non perdeva mai le staffe ed era sempre così comprensivo da fargli male.
Ma, soprattutto, la cosa che lo aveva colpito di lui a prima vista era il suo essere tanto bello senza saperlo.
Alexander sapeva di essere attraente. Aveva la pelle chiara, il viso armonico, vestiva sempre in modo impeccabile e aveva il fisico dell’uomo che non aveva avuto bisogno di lavorare un giorno della sua vita.
Harvey, al contrario, era bellissimo ma sembrava ignorarlo del tutto, e lui se n’era accorto subito già da quando gli aveva scrollato di dosso quei cocci di bottiglia. Era una bellezza greca, quella che lui amava di più. Naso dritto, capelli scuri un po’ ricci, fisico scolpito da lavoratore, alto, e aveva due occhi che erano due voragini, da quel momento non era più riuscito a smettere di fissarlo, una scultura ambulante del Bernini.
E ora era davanti a lui, troppo vicino eppure non abbastanza, e alla sua proposta aveva sorriso e gli aveva afferrato il passante dei pantaloni tirandolo più a sé.
«Qualcosa di divertente di che tipo?» chiese, passandogli le mani sulla fibbia della cintura.
Sì, sì, sì, sì, sì.
Alexander aprì la bocca ma non riuscì a pensare abbastanza da raccogliere qualche parola.
«Qualcosa tipo questo?»
Sì, sì, sì, sì, sì!
Come ebbe slacciato la cinghia, il sorriso di Harvey si trasformò in un ghigno e alzò le spalle, facendo un passo indietro.
«Beh, non credo proprio!»
Ci mise qualche attimo prima che il suo cervello si attivasse e lui capisse che non avrebbe ottenuto quello che voleva.
«Cos… perché?»
«Perché è tardissimo, e sei ubriaco, e domani dobbiamo svegliarci presto per la cerimonia. Sarai già a pezzi per il sonno e il post sbornia, ci manca solo che perdiamo altro tempo prima di dormire.»
«Ma-»
Lui gli posò un dito sulle labbra per farlo tacere. «Niente ma. Domani mi ringrazierai» disse, e Alexander dubitava che potesse mai ringraziarlo per una cosa del genere. «Su, andiamo a letto.»
E così arrivò la parte preferita della sua giornata. Una volta che si fu svestito e che ebbe lanciato la sua buona dose di occhiate eloquenti a Harvey, avendolo quasi fatto cedere per due volte, si infilò sotto le lenzuola ricamate e vide il compagno soffiare sulla candela. Le molle del letto cigolarono e sentì due braccia forti che lo tiravano verso di lui.
Si strinse contro il corpo accanto al suo e sorrise sincero. Harvey gli diede un bacio sul collo, leggero come una piuma, e sospirò soddisfatto.
La testa gli girava un po’ di più, una volta disteso, eppure si trovava proprio dove voleva essere.
Lo abbracciò e nascose il volto contro il suo petto, Harvey gli diede un bacio sui capelli, sulla cima della testa.
«Ora sì che si ragiona» mormorò, le labbra premute ancora tra i capelli. «È tutto il giorno che aspetto questo momento.»
«Mh» rispose Alexander, già mezzo addormentato per via dell'alcool. «Anch’io.»
«Mio cognato» aggiunse, divertito.
«Presto.»
«Sì» sussurrò lui, e le braccia di Harvey lo strinsero più forte. «Buona notte, Alex.»
Si erano dati la regola di chiamarsi per nome anche quando erano da soli, per non abituarsi a nomignoli pericolosi e non rischiare che qualche vezzeggiativo scappasse mentre erano in pubblico.
Per lo stesso motivo, lui e Sarah si chiamavano “amore”, “tesoro” e tutta la compagnia anche tra le mura domestiche.
Ad Alexander non era mai dispiaciuto. Gli piaceva chiamarlo per nome, e forse ancor di più gli piaceva come pronunciava il suo.
«Buona notte, Harvey.»
Il pensiero che il giorno dopo avrebbero avuto tutta l’alta società londinese nella Villa e sarebbero dovuti stare attenti il triplo, il pensiero di Hector che aveva capito che qualcosa non andava, il pensiero che stesse per superare il punto di non ritorno legandosi per sempre a un’altra persona anche se non era quella che amava si spensero uno dopo l’altro, annegando in una sensazione di affetto e tenerezza sinché non si addormentò tra le sue braccia.
Note autrice
Eccoci qui alla vigilia delle grandi nozze! Come ve le aspettate? Filerà tutto liscio? Ci sarà qualche incidente di percorso? Chi lo sa.
Per ora abbiamo visto Harvey e Hector insieme all’addio al celibato, e abbiamo assistito all’ “incidente del brandy” che ci ha fatto scoprire che ad Alex in realtà fa schifo. Allora perché nello scorso libro lo ordinava ogni sera? Scopriremo anche questo.
Intanto, Hector è sospettoso e crede che Harvey stia manovrando Sarah per arrivare alle ricchezze dei Woods. Noi sappiamo che si sbaglia, ma anche che in effetti qualche segreto questo matrimonio lo nasconde eccome.
Come avrete notato, il punto di vista di Alexander è diverso da quello di Harvey. Innanzitutto Alexander è un ipercritico e giudica ogni cosa che vede, dal bar in cui si trova, ai musicisti che suonano nel locale, agli outfit di chi gli sta intorno, persino il vocabolario di chi gli rivolge la parola... e poi, come ben sappiamo, si butta giù.
È un insicuro, pensa sempre al peggio, ed è convinto di non valere nulla. Fa spesso pensieri negativi su di sé, molto più di Harvey, e noi, manco a dirlo, li leggeremo tutti.
Come vi sembra questo cambio di punto di vista? Vi erano mancati i miei ragazzi?
Io vi lascio con, qua su all’inizio del capitolo, una versione del Sangue Viennese di Strauss che viene macellata nella prima parte a causa di quei cattivi suonatori che non sono piaciuti ad Alexander.
Ci vediamo mercoledì e a presto!
P.S.
Se vi chiedete come mai abbia pubblicato oggi e non mercoledì, significa che non mi seguite su Instagram (MALE!)
È presto detto: avevo calcolato male perché avevo programmato di fare uscire il terzo capitolo il 14 febbraio (San Valentino), per poi accorgermi che invece è il quarto capitolo. Dunque, per farlo uscire il 14 febbraio comunque, ho iniziato a postare oggi e poi proseguirò ogni mercoledì.
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