Scena dopo i titoli 🔞

Tenere le mani lontane da Alexander era diventato impossibile dalla prima volta che si era concesso il privilegio di stringerlo tra le braccia.

Da quando Sarah e Lisbeth avevano interrotto il loro momento al pianoforte, era dovuto restare rigido al suo posto, le braccia lungo i fianchi, una tensione muscolare che lo aveva reso indolenzito e dolorante per lo sforzo.

Poi le ragazze erano andate ad alloggiare nelle loro nuove stanze, e lui l'aveva condotto nella sua.

E così ecco la camera padronale, che Harvey immaginava fosse appartenuta ai suoi genitori, davanti la cui porta si trovavano, in piedi e troppo distanti l'un l'altro.

«Harvey.» Si era fatto buio, dalla finestra in fondo al corridoio trapelavano raggi di luna filtrati dal velo di nubi. «Harvey, io...» lo sguardo di Alexander gli ricordò la prima volta che l'aveva visto. Anche allora era notte, le pupille dilatate a ingoiare l'iride cristallina e l'ombra delle ciglia che si allungava sul pallore dello zigomo. «Vorresti passare la notte insieme a me?»

Harvey sapeva qual era l'unica risposta possibile.

Sì. Stanotte, domani notte, e tutte le notti della mia vita. Se solo potessi... se solo potessi, persino la notte scorsa e ogni notte passata da quando ti ho conosciuto a questo momento, magari persino da prima.

Le parole gli si incastrarono in gola, la bocca impastata troppo secca per riuscire a parlare, la lingua annodata dall'ansia.

Fece un passo in avanti, invadendo il suo spazio e spingendolo con la schiena contro la porta chiusa.

Lesse nei suoi occhi che la risposta l'aveva capita, eppure sentì comunque il bisogno di dire qualcosa. Qualcosa di breve, perché gli mancava il fiato, qualcosa che suonasse come tutto l'insieme arruffato di parole che aveva pensato.

Un altro passo, così vicino da percepire il calore del suo corpo. «Sempre» rispose, «tutto.»

Lo sentì trattenere il fiato, poi vide la sua mano che si allungava all'indietro e alla cieca raggiungeva la maniglia. Lo osservò abbassarla, poi arretrare di un passo aprendola con la schiena ed entrando nella stanza.

Harvey lo seguì, attratto dai suoi occhi che brillavano, e chiuse la porta dietro di sé senza neanche guardarla, con un calcio all'indietro che piegò all'insù le labbra del compagno.

«Cosa c'è?»

Il suo sorriso si allargò. «Mi fai ridere.»

«Perché?»

«Sei la persona più spontanea che conosco, ecco tutto.»

«Ed è buffo?»

«A volte.»

Era la penombra a ingannarlo, o il suo sguardo si era fatto languido?

Continuava a sorridere, a osservarlo, e Harvey ormai le sue espressioni le leggeva meglio di qualsiasi libro. Le lettere dell'alfabeto si incartavano nella sua testa, e ingarbugliavano le frasi in stringhe prive di significato.

I sorrisi di Alexander non si incartavano mai.

Per questo riuscì a decifrare il suo viso in un attimo, per questo accolse l'invito non troppo celato.

Quando lo baciò, Alexander reagì molto più in fretta della prima volta che l'aveva fatto. Si strinse a lui con foga, tremante d'affanno, labbra già schiuse, affamato.

Harvey gli teneva il volto con entrambe le mani, tanto forte che dopo qualche attimo si costrinse ad allentare la presa per timore di ferirlo. Lo tirò più a sé e la vibrazione di un sospiro sfumò nella sua bocca e gli infiammò il petto.

Ancora, ripeteva una voce nella sua testa. Ancora, ti prego, ancora.

Così continuava a baciarlo, e Alexander si sfregava a lui azzerandogli del tutto il cervello, e si sentiva bruciare tra le gambe, e dentro la gabbia toracica, e sulle guance, sulle mani, e dovunque sulla pelle sentisse quelle dell'altro.

«Harvey» lo sentì ansimare tra un bacio e l'altro. «Harvey, ti voglio.»

Si costrinse a fermarsi per un attimo. Lasciò andare il volto, dove la sua presa aveva lasciato un leggero segno rosso.

Non credeva di riuscire a controllare come lo stava guardando. Continuava a bere di lui senza esserne mai sazio.

Abbassò le mani al fazzoletto che portava al collo. «Sono qui.» Non sapeva come avesse raccolto abbastanza fiato per parlare, seppe solo di averlo fatto.

Anche Alexander iniziò a svestirlo, mani veloci e sicure che gli scioglievano i bottoni della camicia uno dopo l'altro.

Il ragazzo fu molto più veloce di lui, per tutta una serie di ragioni.

Prima tra tutte, che le dita di Alexander procedevano senza esitazioni, mentre quelle di Harvey stavano tremando.

Il fatto che lui avesse indosso solo una camicia leggera e le braghe non aveva aiutato, considerando che Alexander portava anche giacca, fazzoletto, cintura, gilet e tutto l'armamentario.

Dopo che l'ebbe svestito, lo aiutò a liberarlo da tutti gli strati sinché a separarli non restò che troppo spazio.

Aveva immaginato vari scenari in cui si trovava insieme ad Alexander senza vestiti addosso, e persino nelle sue fantasie migliori aveva considerato l'imbarazzo che avrebbe provato nel mostrarsi a lui per la prima volta.

Si accorse a malapena di essersi sbagliato.

La vista del ragazzo davanti a lui lo ubriacava, continuava a baciarlo, si strofinava contro la sua pelle e sentiva il suo calore appiccicato al corpo, e inspirando a pieni polmoni lo sentiva dentro, dappertutto, lo impregnava.

Si era guardato tante volte, sapeva com'era fatto un uomo, ma Alexander era diverso.

Non aveva i calli sulle mani, sentiva la sua pelle liscia senza imperfezioni, ed era morbido. Tutto morbido: il ventre che percorse con le dita, le cosce che allargò quando si sistemò su di lui sul letto, affondava le mani dove poteva mentre quelle di Alexander gli esploravano le spalle, le braccia, il petto.

Okay, non proprio tutto morbido.

L'erezione che premeva contro di lui, schiacciata tra i due corpi che si cercavano, era un segno più che eloquente su quanto anche lui fosse coinvolto.

Si strusciò ancora, stringendo i denti per trattenere un esclamazione colorita che gli vibrò nel petto.

Sentì Alexander sciogliersi in un ansito di piacere, la testa buttata all'indietro e gli occhi socchiusi annebbiati dall'eccitazione e dalla foga del momento.

Splendido.

Dio, quanto voleva imparare a memoria ogni nota della sua voce che chiamava il suo nome, ogni minuscola piega del suo corpo.

Non aveva mai fatto l'amore prima, eppure l'istinto gli ruggiva nel petto, guidava le sue mani dove aveva bisogno; lo voleva subito, altrimenti sarebbe morto.

«Aspetta.»

La protesta sospirata di Alexander lo fermò e ne approfittò per prendere fiato. «Qualcosa non va?»

Anche il respiro del compagno si era fatto affannoso. Dovette attendere che si riprendesse, prima di sentire ciò che aveva da dire. «Mi farai male, così» spiegò. «Prima le dita, devi bagnarle.»

Harvey si infilò indice e medio in bocca senza perdere neanche un solo istante a riflettere su quello che aveva sentito. Vide Alexander rilassarsi sotto di lui, i muscoli prima tesi tornare a riposo.

Fu mentre lo cercava con le dita umide che si chiese come facesse a saperlo. L'idea che potesse non essere stato il primo a vederlo così non gli era mai passata per la mente prima di quel momento.

Sentì il respiro mancargli. «Hai... tu hai già...»

Lui rise. «Ci sono alcuni carmi di lirica greca molto... esaustivi a riguardo. Ho già condotto qualche esperimento.»

Qualche esperimento.

Con chi? Quando? Era stato prima o dopo che l'aveva conosciuto? Aveva pensato a lui quando l'aveva fatto?

Se fosse stato in collegio? Frequentava ancora le persone che l'avevano toccato?

Quante erano? Più di una? Quanto erano esperte? Avrebbe retto il confronto?

Ne era stato innamorato?

Madre di Dio, ne era ancora innamorato?

Non avrebbe potuto sopportarlo.

«Harvey, tutto bene?»

Pronunciò il suo: «Sì.» nell'istante in cui infilò le dita dentro.

Il corpo di Alexander fu scosso da uno spasmo, e il gemito che gli strappò lo attraversò dal cervello a tra le gambe.

Comunque l'idiota si chiamasse, gliel'avrebbe fatto dimenticare presto. Era sempre Alex - il suo Alex - ed era il suo nome che avrebbe invocato di lì a poco, cancellando tutto il resto.

«Piano» lo sentì ansimare, seguito da un: «Baciami.»

Non ci fu bisogno di pregarlo. La bocca di Alexander cercò la sua in un gesto ingordo, e Harvey fu felice di accontentarlo.

Si mosse appena dentro di lui, fu sufficiente a provocare un altro gemito.

Giocava con la sua lingua, lo torturava con le dita, e la mano di Alexander lo afferrò tra le gambe e cominciò a stimolarlo.

Il cuore gli batteva tanto forte che aveva male al petto, si accorse di tremare ancora, più forte, senza riuscire a controllarlo.

Ancora. Ti prego. Di più. Ancora.

Il ragazzo si separò da lui, il respiro affannoso si infrangeva sul suo volto.

«Credo di essere pronto, adesso.»

A gambe aperte, Alexander era un capolavoro. Harvey lo guidò, sollevandogli il bacino e allineandosi a lui.

Non c'era più paura, gelosia, e neanche insicurezza. Solo tutto quello che aveva sempre voluto a un respiro di distanza.

«Non voglio farti male.»

«Non l'hai mai fatto.»

Quanto lo voleva. Più di ogni cosa avesse mai voluto.

Così lo prese.

Sentire Alex intorno a lui gli mozzò il fiato in gola, chiuse gli occhi con l'eco dei suoi versi osceni ancora nella testa.

Non era come toccarsi nei preziosi momenti che si ritagliava senza le sorelle, non era neanche come quando Alexander l'aveva preso in mano qualche attimo prima.

Era caldo, e stretto, e lo sentiva addosso, e ogni minimo movimento gli dava una scarica dritta al cervello e strappava al ragazzo tra le sue braccia un gemito profondo.

Spinse ancora, lo vide fremere sul letto, uno sfarfallare di ciglia e gli occhi lucidi.

«Stai-»

«Harvey» chiamò, in un singhiozzo. «Continua.»

Quanto amava quando lo chiamava per nome. Quanto amava quel tono che aveva appena scoperto, la voce vibrante, poco più alta del solito, sporcata da un sospiro che tratteneva tra le labbra.

«Sono qui» rispose, mentre lo accontentava.

«Harvey.»

«Sì. Sì, sono qui.»

«Harvey, ti prego

Tentò di mantenere il controllo, di non esagerare perché non era sicuro di quanto gli facesse bene e quanto male.

Eppure, Alexander continuava a esortarlo, supplicarlo. E quando mai era riuscito a rifiutargli qualsiasi cosa, specialmente qualcosa che anche lui voleva così tanto?

Si abbassò ancora sul suo volto e lo baciò di nuovo. Muoversi insieme a lui fu naturale, più che logico. Istintivo, viscerale, quasi chimico. Il corpo di Alexander chiedeva, i suoi sospiri lo istruivano.

Quando sentì di essere vicino al limite, non rallentò. Si scostò dalle sue labbra per riuscire a sentirlo meglio, iniziò a succhiare la pelle del suo collo.

Le mani di Alexander, che lo teneva per le spalle, scivolarono sulla nuca e si insinuarono tra i suoi capelli.

«Alex-» lo chiamò nell'istante in cui fu troppo. Si liberò con una forza che non aveva mai avuto, e fu costretto a spalancare le labbra per prendere fiato.

Quando rallentò per riprendersi, Alexander si lasciò andare a una protesta che si perse in un sospiro. «Non smettere.»

Come se avesse avuto intenzione di farlo nel prossimo millennio.

Si sollevò appena e lo prese in mano. Era ancora accaldato, come febbricitante, e non si sentiva di avere abbastanza occhi per guardarlo.

Il corpo pallido nella penombra, le guance arrossate, i capelli sparsi sul lenzuolo bianco. Poteva vedere i muscoli sul corpo snello, e non credeva avrebbe mai dimenticato l'espressione sul suo volto.

«Bellissimo» mormorò, gli sembrò di vederlo reagire bene al complimento. «Alex, guardati, sei stupendo.»

«Ah.» Il verso che sfuggì alle sue labbra smosse qualcosa tra le sue gambe di nuovo. Cielo, se avesse continuato così avrebbe dovuto ricominciare senza perdere tempo. «Continua.»

Allora si allungò verso di lui, inizio ad adorarlo sussurrando lusinghe al suo orecchio. Il suo corpo rispose subito. Lo vide scosso da un brivido violento e pensò di averlo sentito mormorare un: «Attento.»

Trasalì quando gli schizzò sul petto.

Alexander si abbandonò al materasso, prese un respiro profondo e sembrò calmarsi.

Harvey si sfilò piano da lui e rotolò al suo fianco.

Cielo, non poteva credere di averlo fatto davvero. Il suo Alex.

Una mano calda raggiunse la sua sul letto e la strinse, poi Alexander si voltò su un fianco e gli si strinse contro.

Si sentiva sudato, appiccicoso, eppure sentì ancora il bisogno di stargli vicino. Gli passò un braccio sotto la testa e lo tirò a sé.

Non riusciva a smettere di guardarlo. Del resto, perché avrebbe dovuto farlo? Era a letto con un ragazzo bellissimo, senza vestiti addosso, ed era innamorato pazzo.

«Sei un sogno.» Anche Alexander lo stava guardando. La sua voce era arrivata come un soffio, lo scaldò dentro.

Avrebbe voluto vederlo sorridere sempre in quel modo. Sorrideva di lui.

E forse non era stato bravo come il suo compagno del collegio - non era davvero il momento di pensare a questo - ma il sorriso che gli aveva disegnato sul volto trasformava la notte in giorno.

Suo, sempre suo, solo suo.

Portò la mano che era stretta alla sua alle labbra e ne baciò il dorso.

«Il mio Alex» mormorò, non gliel'aveva mai detto. «Il mio dolce Alex.»

«Resta a dormire qui, stanotte. I domestici domani saranno di ritorno dopo le nove, potremo attardarci un po' a letto.»

Voleva stringerlo, e continuare a ripetergli che era bellissimo, e confessargli che l'amava, e addormentarsi cullato dal suo respiro. Voleva aprire gli occhi ai primi raggi del sole al mattino e non vedere altro che il suo volto addormentato.

«Certo che resto.»

Certo. Sì. Tutto quello che vuoi. Subito. Certo. Certo. Certo.

Sempre, a ogni cosa che gli aveva mai chiesto ma soprattutto a questo.

Alexander nascose la testa nella curva del suo collo. «Se morissi così, morirei contento.»

La frase così spontanea, in quel tono leggero e quasi scherzoso, gli strinse il cuore nel petto. «E se vivessi così?»

«Mh?»

«Se vivessi così» insistette Harvey, «non vivresti contento?»

Alexander lo guardò con l'aria interrogativa di chi non se l'era mai chiesto e con il turbamento di chi non aveva mai neanche provato a immaginare di poter vivere contento.

Il sorriso che aveva ancora sulle labbra si allungò sul suo volto. «Sì» rispose, incredulo. «Sì, vivrei contento.»

Piegò appena la testa per stampargli un veloce bacio sulla bocca. «Allora vivrai così. Te lo prometto.»

Note autrice
E niente, dato che abbiamo fatto 15k visualizzazioni, ho deciso di aggiungere questa scenetta extra al libro per festeggiare un po' ~
Era tanto che mi sarebbe piaciuto parlare della prima volta di Harvey e Alex e ho colto la palla al balzo.
Ovviamente, il famoso "compagno di collegio" di Alexander non esiste, e quando lui parla di aver "sperimentato" seguendo le istruzioni dei carmi, parla di masturbazione. È Harvey che si fa le pare per niente.
Intendiamoci, se Alexander avesse avuto partner sessuali prima di lui non ci sarebbe niente di male, però non è successo.
Harvey chiama qui Alex per la prima volta “mio dolce Alex”, che è come immagino lo chiami quando sono in intimità e come ho sempre pensato indirizzasse a lui le sue lettere quando sono lontani, la cui prima riga è sempre “My sweet Alex,” eccetera eccetera.
E comunque sì, Alex c'ha il praise kink perché è stato degradato sin troppo e gli piace essere coccolato e vezzeggiato almeno a letto.
Non so se ve l'ho già confermato in un'altra nota nella narrazione, ma di sicuro l'ho già accennato nel testo: Harvey è dislessico. È anche per questo che crede di essere poco intelligente e che, benché ami leggere, anche quando i genitori erano vivi e lavoravano e potevano permettersi qualche libro faceva tanta fatica.
Tra l'altro, per ragioni economiche, legge davvero poco e quindi non è ancora riuscito a sviluppare metodi compensativi... per questo si ingarbuglia tantissimo.
Detto ciò, spero che il capitolo vi sia piaciuto!
E se non avete ancora letto il seguito di questo libro, che state aspettando?

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