Qualcosa di Sconveniente 🔞
«Vedi perché preferisco il Royal Opera al Savoy? Vorrei sapere il nome di chi gestisce questo posto per scambiarci due parole.»
«Oh, Alex, andiamo! Non è successo niente. Gli imprevisti capitano.»
«Non è successo niente? Hanno interrotto lo spettacolo per problemi alla scenografia! Ti sembra forse niente?!»
«Dico solo che i due atti che abbiamo visto erano gradevoli, e hanno persino parlato di rimborsare i biglietti. Perché rovinare una bella serata quando–»
«È inutile» sbottò una voce alle loro spalle, mentre il flusso di persone tutte in ghingheri si avviava fuori dal teatro. «Lord Woods, state sprecando il vostro tempo. Certa gente non può capire il disagio creato da una simile interruzione. Il signor Connor non sa che troncare tanto barbaramente William Congreve rappresenta un crimine efferato contro artisti e spettatori in egual misura. Come potrebbe? La prima volta che ha messo piede in un teatro ce l’avete portato voi ed era ancora coperto dal fango della grotta in cui l’avete raccolto.»
Harvey inspirò un tagliente filo d’aria e strinse il braccio di Alexander con entrambe le mani come monito silenzioso che l’altro ignorò.
«Per vostra informazione–»
«Alex, non c’è bisogno. Andiamocene.»
Il compagno lo scansò con uno sbuffo. «Stavo dicendo. Per vostra informazione, il signor Connor ha una naturale inclinazione per la lettura e per lo studio, e nei mesi della nostra amicizia ha sviluppato un acume e una sensibilità tali da fargli comprendere autori del calibro che vi sorprenderebbe, senza studi pregressi né educazione alcuna. Impresa che, sono sicuro, farebbe impallidire sin troppi individui su questi spalti.»
Il signore che aveva parlato, che Harvey non conosceva, piegò appena il labbro all’insù e questo sparì sotto un folto baffo impomatato. «Senza educazione alcuna, infatti. Avete detto tutto voi, non ho bisogno di aggiungere altro» concluse soddisfatto, e svanì tra la folla.
Alexander si tese, in procinto di balzare in avanti per inseguirlo, ma la stretta di Harvey lo tenne al suo posto. «Alex, sul serio. Apprezzo l’ardore con cui ti lanci in mia difesa, ma non dovresti inimicarti tutta la camera dei Lord per me.»
I begli occhi chiari si spalancarono in una smorfia di puro oltraggio. «Di che parli? Certo che devo! Non tollero che si sollevino insinuazioni simili sulla mia famiglia. Un conto sono i commenti su di me, un altro sono quelli su di te Faranno meglio a chiudere la bocca, altrimenti mi sentiranno. Oh, se mi sentiranno. Se non me, di sicuro sentiranno i miei avvocati.»
Harvey sorrise, un tepore dolce che gli scioglse la brina nel petto.
La mia famiglia, aveva detto. Da quando Alexander e Sarah si erano promessi, erano diventati tutti insieme una famiglia.
Potevano abitare sotto lo stesso tetto, andare a teatro, e i pettegolezzi sulla loro ambigua relazione erano stati messi a tacere. Beh, magari non proprio tutti ma quasi.
Certo, dormire nello stesso letto coi domestici sempre intorno era fuori discussione, almeno sino al mattino, ma era pur sempre qualcosa.
E il modo in cui il suo piccolo lord lo difendeva riusciva sempre a smuovergli qualcosa dentro.
«Niente avvocati, per favore. Perché non proviamo a risolvere la questione in modo civile, mh?»
«Gli avvocati sono il modo civile. Di sicuro più civile dell’ultima volta che qualcuno ha offeso me in tua presenza.»
A quelle parole arricciò le labbra, e le guance che formicolavano per il senso di colpa e l’imbarazzo. Phillip l’aveva provocato per quanto? Cinque minuti? E poi aveva sputato sangue per un’ora.
Ma era diverso. Nel suo quartiere le offese si risolvevano in quel modo. Non c’erano avvocati a Notting Hill e, se avesse avuto ancora davanti quel cane a parlare del suo Alexander in quel modo, l’avrebbe colpito di nuovo con grande piacere e senza il minimo accenno di pentimento.
«Vedi il lato positivo» tentò di sviare, per non alterarsi a sua volta. «Lo spettacolo è già finito e la carrozza non è ancora tornata a prenderci. Potremmo fare una passeggiatina notturna, no? Le passeggiate ti piacciono tanto.»
Alexander sbuffò. Quel broncio era adorabile, ma non gliel’avrebbe mai detto o si sarebbe lagnato ancora più spesso. «Anche le commedie di William Congreve mi piacciono tanto, ed è quello che stasera avevo pianificato di fare.»
«Eddai, non ti va una bella avventura solo io e te?»
L’aria frizzantina della sera pizzicò la pelle quando uscirono in strada. Ogni volta che Alexander lo portava a teatro, si sentiva a disagio nel mostrarsi davanti a tutti quei signori e quelle dame che gli tenevano gli occhi puntati addosso e non mancavano di fargli presente che lui non era come loro e non lo sarebbe stato mai.
Come se poi avesse voluto somigliare a chiunque di loro anche solo per sbaglio.
Gli sguardi seccati degli spettatori scacciati dallo spettacolo gli scivolarono addosso e si strinse più al suo compagno. Alexander odiava i cambi di programma, sarebbe toccato a lui mantenerlo coi piedi per terra, altrimenti la serata sarebbe andata a rotoli e non aveva alcuna intenzione di permetterlo.
«Hai ragione» rispose, e sentirlo ammorbidirsi lo sollevò. «Meglio fare due passi, tutta questa umanità comincia a infastidirmi.»
Una anziana signora dall’abito blu intenso sollevò un sopracciglio con disapprovazione. «Scherza» la rassicurò Harvey, mentre lo trascinava più in là.
Alexander si lasciò strattonare per qualche metro, poi drizzò il busto e si scostò da lui. «Perdonami» sospirò, gli occhi che vagavano malinconici lungo il ciglio della strada. «Solo che… solo che loro non riescono proprio a vedere che persona sei, e questo mi fa impazzire.»
«Non mi importa che mi vedano. Non me ne importa niente.»
«Importa a me. La loro superficialità è sconfortante, e tu… tu tolleri le loro insolenze con sin troppa grazia. Non potrebbero sperare di arrivare al tuo livello neanche in cento vite e si permettono di sputare sentenze in pubblico!»
«Alex…»
«No, no, fammi finire!» sbottò, aveva accelerato il passo senza neanche badarci e Harvey fu costretto a corrergli dietro. «Parlano di educazione e non rispettano il prossimo. L’etichetta prevede sempre garbo e gentilezza, e offendere la cultura altrui in quel modo non è affatto garbato.»
«Alex.»
«Cosa c’è?!» esclamò, le braccia sollevate in una teatrale manifestazione di incredulità. «Per caso lo trovi garbato? Non lo è.»
Svoltarono l’angolo in una strada deserta. Il suo sguardo studiò l’ambiente per qualche attimo, e dopo una veloce valutazione preliminare scartò in un vicolo secondario con un solo lumino, più buio degli altri.
«No, non è affatto garbato, hai ragione» concesse, dopo che si fu assicurato che Alexander lo stesse seguendo.
«Mille grazie del supporto» borbottò l’altro, ma lui non si curò di accertarsi che non fosse sarcastico. «Se solo potessi dire a quella marmaglia tutto ciò che penso–»
Erano soli, al buio, e Harvey aveva un disperato bisogno di terminare quell’infinito monologo, così lo sbatté al muro e ve lo schiacciò, bloccandogli la fuga con entrambe le mani ai lati del volto.
«Cosa faresti se solo potessi, mh?» lo stuzzicò, il sorrisetto divertito a pochi centimetri dalle sue labbra.
Il fiume di parole di Alexander gli si asciugò sulla lingua, spalancò gli occhi verdi e schiuse le labbra in un balbettio indistinto. «Ha… Harvey. Che stai facendo?»
«Provo a chiuderti la bocca. Con grande successo, aggiungerei.»
Riuscì a vedere la luce nei suoi occhi che mutava dall’indignazione a qualcosa di più intenso. Alexander deglutì a vuoto e rilassò i muscoli, arrendendosi a quell’assalto improvviso. «Tutto questo è inopportuno, e tu lo sai.»
«Non ti piace?»
«Non ho detto che non mi piace, ma siamo in pubblico. Se qualcuno ci vedesse potrebbe trovarlo sconveniente.»
«Non ci vedrà nessuno. È tardi, la strada è deserta.»
«Qualche centinaio di persone è appena uscito dal teatro qui a due passi.»
«Nah. Quegli asini sono tutti rimasti lì a brucare l’erba delle aiuole in attesa delle carrozze.»
Lo sbuffo divertito che riuscì a strappargli lo riempì di orgoglio, ma ebbe vita breve. Il suo sguardo si adombrò. «Potrebbero vederci dalle finestre.»
«È buio pesto, e l’unico lampione è in fondo alla via.»
«Harvey» il sussurro quasi supplicante cozzava col linguaggio del corpo, che non accennava neppure a volersi divincolare dalla sua stretta. «Potrebbero arrestarci per questo.»
Oh, sì. Avrebbero potuto, quello era fuori di dubbio. Però non c’era davvero nessuno là fuori, e Harvey era sceso da tempo a patti col fatto che andare ai lavori forzati per troppo amore non era poi la macchia tremenda che tutti credevano fosse. «Allora facciamo in modo che ne valga la pena.»
Se avesse avuto anche solo per un attimo il dubbio che Alexander stesse cercando di respingerlo, avrebbe rinunciato al suo intento e sarebbe tornato a una strada più frequentata.
Invece, quando si sporse in avanti per baciarlo, il ragazzo allungò il collo verso di lui e si sciolse tra le sue braccia, schiudendo le labbra perché il bacio si infiammasse più in fretta.
Avere il corpo caldo di Alexander contro il suo, i suoi sospiri affannosi sulla pelle, in mezzo alla strada senza nulla a proteggerli lo accecò di una voglia improvvisa che divampò nel suo petto. Si premette su di lui con più forza, lo sentì gemere nella sua bocca e l’entusiasmo con cui lo stava baciando gli annacquò i pensieri nella testa abbastanza perché si scordasse dove si trovava anche solo per un attimo.
«Maledizione, Alex, mi fai morire» soffiò al suo orecchio, quando fu costretto a separarsi da lui per calmare il respiro.
Le labbra morbide del suo compagno gli stamparono un bacio sporco sul collo. «È una follia. È una follia, dovremmo smetterla subito» si lamentò, per poi tornare a succhiare la pelle dov’era sensibile, sopra la clavicola.
Harvey si strofinò contro di lui e si beò di un altro gemito che sentì vibrare sulla gola, attraverso la bocca che lo stava torturando. «Non più folle di chiedere a mia sorella di sposarti senza neanche consultarmi a riguardo.»
«Non mi sembra che la mia soluzione ti sia dispiaciuta più di tanto.»
«Non mi sembra che a te dispiaccia questa follia» rimbeccò, poi infilò una mano tra loro e si avventò ancora sulle sue labbra per baciarlo.
La protesta di Alexander sfumò in un mugolio di piacere quando lui gli passò la mano tra le gambe attraverso i vestiti.
Dio, erano eccitati entrambi. Dio, tutto ciò era così stupido. Era ufficiale, avevano perso il senno – lui ancora più dell’altro.
Tentò di infilargli la mano dentro i calzoni, ma la cinta era troppo stretta e bloccava il passaggio. Titubò un istante, ponderando il da farsi. Slacciargli la cintura sembrava un po’ troppo. Stare appiccicati era reversibile, se fosse arrivato qualcuno sarebbero potuti balzare a distanza in qualsiasi momento. Spogliarsi… beh, spogliarsi era tutta un’altra storia.
«Harvey, ti prego» il suo compagno era già sfatto, le guance imporporate tanto da notarsi anche in penombra. «Ti prego, ti voglio.»
Oh, fanculo. C’erano motivi peggiori per finire in carcere che infilare le mani nelle mutande del gentiluomo più bello e dolce di Londra. In particolare se il gentiluomo più bello e dolce di Londra l’aveva appena supplicato di farlo.
Con la velocità e la precisione che l’esperienza degli ultimi mesi gli aveva donato, lo liberò della cinta e sbottonò abbastanza da riuscire a infilare la mano.
La sua pelle sotto i vestiti era bollente, e trovò sin troppo facilmente l’erezione tesa già prima che lui la toccasse.
Santo cielo.
Allora non era l’unico a cui la situazione fuori dal comune aveva fatto partire la brocca.
Furono i suoi pantaloni a diventare più stretti solo al pensiero di girarlo alla bell’e meglio, piegarlo sul primo muretto e averlo sino a farlo urlare, ma non era davvero il luogo né il momento.
Lo prese in mano senza tante cerimonie e sentì che miagolava di piacere, così per tappargli la bocca lo baciò ancora. Tenendolo fermo col suo corpo, incapace di allontanarsi e di parlare, continuò a toccarlo senza lasciargli scampo sinché non lo sentì fremere febbrile sotto le sue mani ed ebbe giusto il tempo di prendere il fazzoletto ornamentale dal taschino per evitare danni evidenti che lui venne con un delizioso gemito che lo portò quasi al limite senza nemmeno sfiorarsi.
Quando si separarono, Alexander sbatté le palpebre e lo guardò, intontito. Aveva gli occhi ancora languidi, le labbra gonfie di baci ed era meraviglioso.
«Guardati» mormorò, mentre aspettava paziente che riprendesse fiato. «Sei splendido.»
Poi Alexander disse qualcosa così tanto da lui da farlo innamorare di nuovo. «Harvey, anima mia, dimmi che non hai usato il mio fazzoletto di seta ricamato per… questo.»
Scoppiò a ridere e non riuscì a trattenersi dal baciarlo. «Sei davvero incredibile» lo sgridò, osservò mentre si rivestiva già pregustando il momento in cui sarebbe stato lui a slacciarsi la cintura. «Vieni qui, non crederai di lasciarmi così! Voglio divertirmi un po’ anch’io.»
Il suo piccolo lord si avvicinò con un sorriso furbetto, lo afferrò per il passante dei pantaloni e se lo tirò addosso. Era tornato in ordine, si era persino sistemato la cravatta al collo, e non sembrava avesse più timore di essere scoperto.
L’istante dopo, sentirono dei passi che si avvicinavano e in un salto terrorizzato si ritrovarono uno a due metri dall’altro.
Un parlottare sommesso si diffuse per la via, e una coppia sottobraccio spuntò all’angolo degnandoli a malapena di uno sguardo.
Cosa diavolo aveva appena fatto? Se fossero arrivati un minuto prima… non ci voleva nemmeno pensare. Come aveva potuto liquidare il pericolo in modo tanto superficiale?
Non era solo lui a rischiare il carcere. Alexander non era fatto per i lavori forzati, ed era suo il compito di tenerlo al sicuro.
«Meglio… meglio tornare davanti al teatro» sibilò, e senza aggiungere altro cominciò a camminare.
«Mi dispiace, non abbiamo fatto in tempo. Se vuoi possiamo cercare un’altra stradina, così anche tu–»
«Non occorre. Sto bene. Abbiamo fatto abbastanza.»
Il compagno parve notare il suo cambio d’umore perché accorse apprensivo al suo fianco. «Harvey, non è successo nulla. Va tutto bene.»
«No, non va tutto bene!» sbottò, poi si costrinse ad abbassare la voce per buona misura. «Ti ho convinto a fare qualcosa di pericoloso e di stupido. Non so davvero che mi è preso.»
Lo sentì sospirare. «Probabilmente, la stessa cosa che è presa a me. Ti guardo e non riesco a starti lontano.»
«No, no, tu avevi detto che era pericoloso! Mi hai chiesto di fermarmi e non l’ho fatto.»
«Ehi» una mano gli afferrò il polso, così gli lanciò un’occhiata di sfuggita. Anche Alexander lo stava guardando. «Se avessi voluto fermarti l’avrei fatto. Non mi hai mai nemmeno sfiorato quando non ero in vena, e sono più che certo che mai lo farai. È andato tutto bene, siamo stati sciocchi ma fortunati, entrambi in egual misura.»
Borbottò una protesta a mezza bocca, senza la forza di insistere. Non era proprio andata così. Certo, non poteva dire di averlo costretto, però era stata sua l’idea e sua l’insistenza.
«L’hai detto tu, è una bella serata. Non la roviniamo per una sciocchezza, d’accordo?»
Una sciocchezza. Fortuna sfacciata, altroché. Ogni volta che ripensava all’arrivo di quella gente giusto un attimo dopo che Alexander si era rivestito, sentiva le gambe molli.
«Ma guarda, Dennis è già qui!» Alexander lo tirò verso l’incrocio illuminato. «Ora ce ne andiamo a dormire, contento?»
Sorrise senza riuscire a evitarlo. Con Alexander era tutto più bello, e restare di malumore diventava molto più difficile del contrario.
«Ciao, Dennis» salutò il cocchiere con un cenno del capo.
«Milord» rispose lui, annoiato, poi si voltò verso Harvey. «Signor Connor.»
L’istante in cui lo sportello della carrozza venne chiuso, quella partì. E l’istante in cui partì, Alexander accostò le tende e poi si infilò tra le sue gambe, in ginocchio.
Sobbalzò. «Ma che stai facendo?»
«Siamo soli e in movimento, non entrerà nessuno. Pensavo che potrei ricambiare il favore, se ne hai voglia.»
Se aveva voglia? Lo spavento che si era preso gliel’aveva quasi fatto dimenticare, ma il compagno in ginocchio tra le sue gambe glielo avrebbe ricordato molto in fretta. In effetti, la cabina sigillata della carrozza che sfilava per le strade di Londra era uno dei posti più sicuri in cui si sarebbero potuti trovare in quel momento.
Si abbandonò allo schienale, rilassò i muscoli e concentrò le sue attenzioni sulle mani del compagno che avevano iniziato a toccarlo.
«Mio dolce Alex, ti ho mai detto che hai le idee migliori del mondo?»
Note autrice:
Su un gruppo Facebook di scrittura creativa è stata indetta una challenge a tema spicy, e mi sono stati assegnati i prompt “di notte, in un vicolo buio” e “se qualcuno ci vedesse potrebbe trovarlo sconveniente”.
Tutto urlava Harvey e Alex, e dunque eccoci qui! Questa oneshot si colloca tra l’epilogo di questo libro e il primo capitolo del sequel. È stata provvidenziale, perché sto facendo il NaNoWriMo e oggi non ero riuscita a scrivere nulla, invece grazie agli Harlex che fanno le cosacce ho macinato tutte queste quasi tremila parole in giornata... e non è che non abbia fatto anche altro, purtroppo per me.
Non c’è pace per i giusti.
Comunque queste appendici di spciy!Harlex mi stanno divertendo parecchio, spero divertano anche voi!
A risentirci presto ~
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