Capitolo 9

Ci sono momenti nella vita di una persona, in cui per quanto essa si sforzi a raggiungere la minima pace necessaria per alleviare le proprie pene, alla fine fallisce sempre.
Bucky correva verso quel miraggio di speranza da anni, quando pensava, ormai, pensava al dolore. Quando parlava, ammutoliva tutti i suoi lamenti, e quando agiva, non trovava una reazione al suo scopo.
Era completamente inghiottito dalla depressione causa della sua malattia, non aveva nemmeno più voce per esprimersi, e nemmeno lacrime da versare, gli era rimasto solo tutto quel sangue, che così tanto sognava di riversare tutto addosso a se stesso, nel tentativo di un'amputazione.
Però poi era arrivato Steve Rogers.
L'esposizione pittoresca della sua stessa arte che girava intorno a James come un animale attratto dal cibo dell'uomo. Eppure Bucky non aveva nulla da offrire a Steve, un cadavere non può far nulla per rendere felice un vivo. E questo il moro non se lo spiegava, l'increscioso desiderio del tatuatore di averlo con se, quello schiaffo d'affetto docile e riservato che gli aveva accarezzato il volto, senza essere troppo invadente.

Non lo merito, ho già fatti abbastanza.

Si diceva, mimava quelle ammonizioni con il labiale, mentre la notte dormiva nel letto profumato della stanza degli ospiti di Natasha. Era inevitabile ricordare il suo passato, quando l'inizio di quell'evento passato si stava ripresentando alle porte nello stesso modo.
I sentimenti di Bucky erano stati indeboliti, all'epoca, con gli stessi sguardi che gli stava lanciando Steve. Avrebbe voluto cancellare per sempre quelle memorie, che si aggiungevano alla sua infezione, che gli sopprimevano sempre di più la vita.

Ricordi?
Ogni cosa.

Si chiamava Brock Rumlow, aveva diciotto anni, mentre Bucky era ancora un diciassettenne, quando si incontrarono in un locale di sabato sera. James era stato trascinato fuori dal campus in cui dormiva di nascosto, quasi di prepotenza da Natasha e Loki, che volevano farlo svagare, fargli compagnia, ed evitare altre molteplici ferite.
Brock l'aveva tenuto sott'occhio per tutta la serata, James lo aveva capito subito, quasi si sentiva in imbarazzo. Bucky sorseggiava il suo drink scadente seduto su di un gradino delle scale affollate che portavano ad un improbabile primo piano di quella specie di locale per ragazzi, e teneva gli occhi bassi, pur percependo che l'attenzione di quello sconciato era tutta rivolta a lui.
Bucky ricordava tutto, ogni dettaglio. Le casse suonavano ad altissimo volume summertime sadness in versione remix, le luci intermittenti dei led erano viola e fucsia. Natasha era in piedi non molto distante dalla postazione di Bucky, aveva i capelli rossi raccolti in una coda alta, mossi ed arruffati dal caldo opprimente di quel posto. L'amica parlava divertita con un ragazzo che teneva in mano un cocktail, mentre Loki, seduto due scalini più in alto di James, concentrava tutto il suo divertimento in una pomiciata frenetica tra una ragazza ed un ragazzo.
La colpa non era loro, non lo avevano lasciato solo, era stato Bucky a rifiutare la loro compagnia, a scuotere il capo e dirgli che non voleva seguirli al piano bar, o al centro della posta, perché gli andava bene star seduto lì senza fiatare. Era stata solo di Bucky la colpa, se Brock si era avvicinato.
Ricordava il suo abbigliamento scuro, i jeans stracciati appositamente dal ragazzo, i capelli a spazzola rasati ai lati, scuri, ed il viso dai lineamenti marcati e mascolini.
Gli si sedette accanto, senza chiedere il permesso. Bucky deviò la testa dal lato opposto, e si allontanò qualche centimetro, perché Brock si era sistemato proprio al lato sinistro di Barnes. Rumlow possedeva dei bicipiti muscolosi, un petto ampio e forte, forse eccessivamente per la sua età. Era una presenza affascinate, l'attrazione di Bucky per il suo stesso sesso non poteva negarlo, però il timore della sua mente lo ingobbiva sempre di più.
Per la sua malattia, per il suo umore, e per il fatto che non avesse mai avuto relazioni o rapporti con qualcuno.
Mentre i timori di Bucky lo inghiottivano in uno dei suoi nuovi e abitudinari attacchi di panico, Brock incalzò con un «Vuoi?» passandogli una sigaretta rullata maldestramente, con fare disponibile.
Bucky scosse il capo voltandosi a guardarlo, con le labbra semichiuse ed una quasi visibile difficoltà.
Il ragazzo più grande si poggiò la stecca contenete non di certo soltanto tabacco, accendendola in un flebile fumo che odorava in modo pungente.
«Posso provarci con te, oppure ti piace la fica?»
Bucky si sciolse, ingenuamente, colto da un'attrazione incontrollata verso quelle attenzioni nuove, che mai nessuno gli aveva dato.
«Nah, sono gay.» gli aveva risposto con un lieve sorriso imbarazzato. Poi Brock aveva sporto una mano verso il suo viso tenuto basso, con l'indice aveva costretto delicatamente Bucky ad alzare il mento più vicino possibile al suo viso. James serrò le labbra carnose, pietrificato da quel gesto alquanto insolito. Brock gli aprì di poco la bocca con il pollice, sorridendo argutamente, per poi soffiare in quella fessura rosea il fumo del tiro della sua sigaretta.
«Accetteresti le mie condizioni?» Rumlow aveva quasi sussurrato, ma con tutto il rumore Bucky riuscì a leggere il labiale, trattenendosi dal tossire per il fumo passivo che gli bruciava la gola.
«Che condizioni?» Bucky era intimorito, pentito di quella vicinanza quanto dell'inizio di quel discorso.
«Io e tu che ci attraiamo ed iniziamo a conoscerci.»
«C-cosa?»
«Non aver paura, farò il bravo.»
Senza nemmeno che Bucky potesse giustificare un balbettio di rifiuto, le mani forti e calde di Brock gli presero il viso, e quelle labbra che sapevano di marijuana gli inumidirono tutta la bocca. Bucky però non lo respinse, fu freddo i primi istanti, ma subito chiuse gli occhi e lo assaggiò tutto, impacciato ma disponibile. Gli piaceva, era una scarica di adrenalina che fermava per un tempo incalcolabile il dolore al suo braccio.
«Hai sancito il tuo patto con il diavolo.» gli aveva detto Brock, subito dopo averlo baciato, con un sorriso beffardo.
«Ma sei stato tu a baciarmi.»
«Se non lo avessi fatto io, te ne saresti pentito.»
Invece Bucky si era pentito, si era pentito di quella persona. Però la colpa era esclusivamente sua, gli era piaciuto stare a quel gioco di complicità che per la prima volta gli aveva smosso l'adolescenza travagliata. Era una novità, la sua quotidianità era cambiata, ed in fondo si era affezionato così tanto a Brock da poter affermare che i sentimenti che provava nei suoi confronti erano per la maggior parte amorosi.
E poi c'era la repulsione, che era durata per tre interi anni.
All'inizio il rapporto tra Bucky e Brock si basava sulle scorribande divertenti in giro per la città; marinavano assieme la scuola per andare a mangiare un hot dog e stare da soli nel vicolo abbandonato, centro di ritrovo per i vandali che riempivano le pareti di graffiti. Quando invece andavano a scuola mettevano sempre in secondo piano le lezioni per passare quanto più tempo assieme. Bucky dipendeva esclusivamente da Brock, per ogni cosa, in ogni situazione, Rumlow aveva il comando. James si era fatto trasportate completamente da quel ragazzo che con una qualche frase bella, che affermava il suo sentimento d'amore per lui, lo metteva nuovamente in riga.
Loki e Natasha avevano immediatamente notato l'enorme cambiamento dell'amico. Bucky stava affrontando un periodo della sua vita delicato; i genitori lo avevano buttato fuori di casa, lui aveva dichiarato la propria omosessualità, e la sua malattia continuava a mangiarlo. Brock lo aveva intossicato, aveva fatto della vulnerabilità di Bucky il suo esclusivo svago.
Nulla poterono fare gli interventi preoccupati dei due amici di Bucky, perché Brock venne a sapere di quei consigli, e manifestò al suo ragazzo il primo, vero e proprio campanello d'allarme della sua possessività.
In breve, Rumlow aveva spintonato Bucky contro il muro, gli aveva afferrato il polso dolorante del braccio sinistro, e lo aveva immobilità al sotto di se. Gli sussurrò una minaccia del tipo; «Sono io quello a cui devi dare ascolto, non loro.»
Bucky si era dimenato e aveva quasi reagito allo stesso modo dinanzi ad un gesto tanto violento, finché l'altro tornò a gettargli le mani addosso, dicendogli che «Ti conviene davvero rompere con me? Chi altro ti vorrebbe con la tua malattia?»
Quella frase non manifestava amore o empatia nei suoi confronti, però Bucky gli diede ragione. Brock lo aveva scoperto mentre gli aveva sfilato di prepotenza la felpa, e James si era trattenuto dentro tutto i suoi singhiozzi, trovando la forza di spiegare. In fondo lo amava, perché doveva essere intimorito da lui?
Brock non aveva capito poi granché della condizione di Bucky, o meglio, non voleva capire. Era convinto che James fosse un qualche autolesionista particolare, a cui non dare corda, da ingoiare semplicemente perché alla ricerca di attenzioni.
Bucky era passato da un periodo di novità che lo rendeva felice, grazie a quel rapporto, ad un lungo calvario di sottomissione e altro sangue.
Brock lo aveva indirizzato alla droga. L'andamento scolastico di Barnes era un disastro, i rapporti ristretti con le persone fidate si erano tagliati completamente, e la sua malattia peggiorava, a dismisura.
Aveva ferite talmente infette da fargli salire ed abbassare una febbre continua, e la più o meno frequente assunzione di stupefacenti non faceva altro che peggiorare la sua salute.
Psicologicamente, poi, Bucky aveva anche smesso di parlare.
Brock aveva fatto di lui la sua compagnia fissa, ed il suo oggetto sessuale sul quale star sicuro. Il più grande aveva tradito molte volte Bucky, sia con ragazze che ragazzi, e con tutto ciò James trova sempre una falsa motivazione per perdonarlo.
Dopo tre anni però, Bucky era arrivato a raschiare il fondo. Lentamente stava allontanando il consumo di droghe, anche se con difficoltà, aveva capito di doverle abbandonare una volta per tutte. Con la sua dipendenza ci stava riuscendo, ma con la sua malattia, ed il suo amore malato per Brock, ci stava morendo.
Ormai abitava nell'appartamento del compagno, e fu una sera che decise cosa farne della sua vita.
Rumlow era uscito con un suo amico, e aveva lasciato da solo Bucky, con in mano una lama incrostata di sangue secco.
James ci aveva pensato spesso al suicidio, ma non con sincera convinzione, perché in fondo ci sperava ad un'aspettativa di vita diversa, dove la sua malattia, il nemico più grande, era messo a tacere. Però quella situazione ormai si sera fatta insostenibile, e ferirsi nella speranza di risolvere da solo il suo problema non sembrava essere più sufficiente.

E se morissi?

Che faccia avrebbe fatto Brock nel vederlo privo di sensi, proprio al centro del salotto? Da morto avrebbe potuto persuaderlo e convincerlo insistentemente a fare sesso con lui? Da morto avrebbe potuto portarlo con se in continuazione, nei suoi posti preferiti dove droga e risse erano all'ordine del giorno?
Da morto, il suo braccio avrebbe continuato a fargli male nella testa?
La risposta Bucky la sapeva già, però non riuscì a togliersi la vita.
Prese il telefono e chiamò Natasha.
In lacrime il moro le raccontò tutto. Era così rassicurante poter finalmente parlare, specialmente con lei, che non vedeva o sentiva da mesi.
Si erano accordati di incontrarsi da lei, immediatamente. Natasha avrebbe chiamato anche Loki, e assieme si sarebbero presi cura dell'amico, aiutandolo ad abbandonare per sempre Brock.
James mise in uno zaino i pochi averi personali che gli erano rimasti, qualche maglietta sporca, e due libri ingialliti. Quando però aprì la porta di casa per uscire, si trovò difronte Brock, ubriaco e sotto effetto di droghe, in un visibile stato di incoscienza aggressiva.
«Dove vai?» gli aveva domandato squadrando lo zaino in spalla a Bucky, che, timoroso, nascose il viso spaventato dietro le ciocche castane più lunghe davanti agli occhi.
Dovette accumulare tutto il coraggio che aveva nel petto per rispondergli;
«Via da qui, sono stanco di stare con te.»
Brock iniziò a ridere istericamente, impedendo a James di varcare la soglia della porta. Lo afferrò per la spalla sinistra, viola di lividi, come se si sentisse in diritto di poter controllare Bucky in base alle sue debolezze. Lo strattonò più vicino a se, così il ragazzo poté anche sentire l'odore forte di alcol e fumo che proveniva dalla sua bocca.
«Tu non vai da nessuna parte, ora vieni con me in auto, e andiamo a farci una bella scopata assieme ai miei amici.» lo minacciò, con un sussurro.
A Bucky mancò il fiato per la forza bruta ed invasiva che Brock mise nello stringergli il braccio malato. Si pietrificò, e senza nemmeno poter controbattere, venne portato fino alla macchina di Brock già precedentemente incidentata. Il più grande si mise alla guida del veicolo, mente James fu costretto a sedersi al lato del passeggero. Si raggomitolò su se stesso quasi per proteggersi, con le braccia strette al petto, in un abbraccio di cui aveva bisogno, Bucky si morse il labbro con forza frustante, trattenendo e le lacrime che gli appannarono la vista, e gli fecero pulsare le orecchie.
Brock imboccò l'autostrada, la velocità del contachilometri era bel oltre il limite segnaletico, e il suo stato confusionario non faceva che peggiorare la sua guida spericolata. Poggiò una mano sulla gamba di Bucky, salendo con insistenza lungo l'interno coscia. Il ragazzo si irrigidì, scacciandolo via con uno strattone violento.
Rumlow poggiò nuovamente entrambe le mani sul volente, e con la coda dell'occhio guardò minaccioso e confuso il compagno.
«Che significa?» gli domandò aggrottando la propria espressione.
«Significa che non devi toccarmi, non devi farlo mai più.» rispose Bucky, autoritario.
«Cosa? Vuoi fare la parte della donnetta molestata? Dacci un taglio James, chi ti ha riempito il cervello di merda? La tua amica Natasha, quella puttana?» Brock sbottò quelle domande con frustrazione, accelerando.
«Ferma questa macchina e fammi scendere immediatamente.» ringhiò Barnes, guardandolo.
«Altrimenti? Salterai fuori mentre sono in corsa? Non farmi ridere!»
L'atmosfera tra la loro discussione si fece talmente opprimente da mettere in difficoltà persino Brock. Lui continuò a spingere l'auto alla massima velocità, superando le auto che al buio e con il suo stato confusionale sembravano tutte tanto lontane.
Tutte, tranne una.
Bucky non ricordava molto dell'incidente, aveva chiuso gli occhi, e l'urto lo aveva spintonato da una parte all'altra dell'auto. Serbava quasi di essere su di una montagna russa, che corre velocissima.
Bucky non perse i sensi, reagì subito quando capì che l'auto si fermò. Non sentì nulla, se non un fischio acuto ai timpani. Era seduto ancora al suo posto, con la cintura allacciata, mentre da un occhio semichiuso e dolorante scorgeva soltanto il colore rosso del sangue che gli colava da una ferita alla fronte.
Era schiacciato dalle lamiere della macchina, che gli impedivano quasi di respirare. Ironia della sorte, in quell'incidente, per la propria portata catastrofica, Bucky ne uscì straordinariamente quasi illeso, con qualche frattura da poco, e due costole ammaccate. Il suo braccio, che avrebbe potuto saltare in aria o fratturarsi gravemente, non riportò nessuna ferita.
Per Brock, invece, quell'incidente fu mortale.
Non venne stroncato sul colpo, i soccorsi lo estrassero dalle lamiere ancora in vita, con gravi ustioni su tutto il corpo, e danni agli organi interni che lo portarono alla morte solo dopo tre giorni di ricovero in terapia intensiva.
Bucky non andò a trovarlo in ospedale, evitò persino di andare al suo funerale, per il semplice fatto che il suo addio a quell'uomo lo aveva già dato. Entrambi erano coscienti, intrappolati in quella gabbia accartocciata da una seconda auto arrivatagli addosso dalla corsia di sorpasso.
Brock iniziò a piangere, con il viso rosso dalle ustioni che le parti surriscaldate del motore dell'auto gli erano esplose addosso. Aveva urlato finché Bucky non gli aveva preso la mano.
La mano sinistra di Bucky strinse quella del ragazzo moribondo e sofferente di fianco a lui.
Quel gesto non fece altro che incrementare il desiderio morboso che James su quell'arto. Aveva accompagnato il suo amore sbagliato alla morte, proprio con quella mano tagliata in continuazione.
Brock non aveva in bocca parole, soltanto mugugni terrorizzati, in uno stato di shock.
«Non mi lasciare ti prego, Bucky ti supplico non mi abbandonare.» gli disse tra le lacrime, tremando come una foglia.
«No, sono qui, andrà tutto bene. Starò con te per sempre, sono qui.» gli sussurrò James, trovando difficile voltare la testa verso di lui, per un dolore al collo.
Brock era morto, e l'ultima volta che vide Bucky fu in quell'auto. In fondo si amavano, tre anni di errori avevano comunque dato vita al primo amore di Bucky, l'unico che avesse mai avuto.

E quindi aveva paura di Steve, si sentiva già fottuto da quel sentimento d'interesse cento volte più grande di quello che aveva provato inizialmente con Brock. Non faceva di tutta l'erba un fascio, a sbagliare in quella relazione nata in adolescenza era stato proprio James con le sue decisioni, ma era comunque rimasto segnato da quell'incidente, che non era stato in auto, ma tra le labbra di Brock.
E non riusciva nemmeno a dimenticarlo, perché Rumlow gli era rimasto attaccato all'anima come un parassita. Bucky sarebbe stato per sempre con lui. Per sempre, finché quel braccio non se ne sarebbe andato, ricordo indelebile dell'ultimo contatto con Brock.
Era un disastro, tutta la sua vita andava in rovina, non voleva iniziare qualcosa con Steve, non voleva affatto distruggere anche la sua, di esistenza.
Steve però non sembrava spaventato da quel pericolo imminente che si annidava in James. Rogers era strano, e con ciò non temeva la stranezza si Bucky.
Natasha aveva incoraggiato l'amico ad assecondare le dolci gesta di Steve, gli aveva detto che per quanto lo conosceva lei, il tatuatore era un ragazzo straordinario. Loki, che aveva li raggiunti a casa Romanoff-Barton, immediatamente era diventato euforico per la novità.
Una volta tanto forse Bucky avrebbe dovuto ascoltare i suoi amici, dopotutto erano le uniche due persone di cui poteva affidare i propri dubbi.

Bucky si coprì bene, abbottonando le felpa fino al collo. Il braccio ancora debole e indolenzito stava leggermente flesso con la mano in tasca. Natasha lo accompagnò al luogo in cui Steve gli aveva dato appuntamento, dandogli un buffetto dolce sulla guancia, augurandogli buona fortuna. Non avevamo portato anche Loki, perché il ragazzo era troppo euforico per i gusti di James, che si trovava già in enorme difficoltà ad accettare l'invito tramite messaggio di Rogers.
Bucky lo vide già in lontananza, in piedi e voltato di spalle. James ricordava la strada di quel parco in cui erano stati la sera del loro appuntamento, anche se con la luce del pomeriggio sembrava tutto ancora più quieto e piacevole.
Il moro sospirò per scaricare la tensione, e affiancò Steve dal proprio lato destro. Avrebbe voluto salutarlo immediatamente, ma il timore era troppo, e Steve fu più veloce delle sue parole.
Gli prese la nuca e lo spinse verso di se. L'altra mano di Steve però si poggiò sulle labbra di Bucky, così da creare un muro di calore tra le loro bocche, che non si baciarono. James si irrigidì con stupore stranito, rimanendo con le braccia lievemente allargate, mentre Steve continuò quella vicinanza per pochi altri secondi ancora.
Quando si lasciarono, entrambi ripresero fiato, specialmente Bucky, che lo osservò del tutto scioccato.
«Cos'era?» gli domandò Barnes con un filo di voce. Erano soltanto due giorni che non si vedevano, e Steve si era presentato con un gesto simile.
«Un bacio alla Spiderman, giusto perché ho capito che vuoi andarci piano.» rispose sorridendogli, la barba folta e ordinata sul volto.
«I-io non...mi confondi, davvero.» borbottò con un sorriso nervoso.
Steve allungò nuovamente la mano verso Bucky, in un gesto gentile. Gli porse un foglio di carta, che James prese con insicurezza timida.
Quando osservò con attenzione il disegno su quel sottile foglio bianco, Bucky sentì nuovamente quella sensazione di piena angoscia emotiva che lo stringeva. Difronte ai disegni di Steve si sentiva in quel modo, che però gli trasmetteva un umore più che positivo.
Lo emozionava, come nulla al mondo poteva.
Una rosa era disegnata con i bordi doppi, neri, e poi i petali che si intersecavano all'interno erano delineati da tracce sottili. Dentro il disegno della rosa ne era articolato un altro, a penna rossa. Un volto di profilo, stilizzato e che prolungava i propri lineamenti all'interno del fiore. Quella persona somigliava tanto a Bucky.
«I fiori ti sembrano troppo sdolcinati, però io sono un tradizionalista, e voglio regalartene quanti più possibile. Ho ideato questa soluzione. Ti piacciono i miei fiori d'inchiostro?» disse Steve, sorridendogli.
Bucky si bagnò le labbra, guardandolo negli occhi, anche se con difficoltà estrema. Annuì, ridendo con dolcezza commossa.
«Li trovo speciali, e bellissimi.»
Bucky non si pentì di Steve, però continuò a maledirsi per quel dannato incidente, che non gli strappò via il braccio.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top