Capitolo 31
La camera d'ospedale assegnata a Bucky era la cosa più bella che vigesse in quella struttura brulicante di persone.
Steve aveva riempito le pareti di fogli su cui erano disegnati centinaia di fiori, i regali che preferiva fare a Bucky. Non erano solamente neri, tutti di inchiostro, ma Steve aveva lavorato anche quando tornava a casa e aveva a disposizione matite, tempere e pennarelli.
Doveva in qualche modo distrarsi dall'immagine che ormai si era incisa in quelle pareti familiari.
Era tornato ad abitare nel proprio appartamento, ma questa volta da solo.
Tutti quei disegni persistevano ad invadere le mura immacolate della stanza, ignorando persino alcune infermiere antipatiche che riprendevano in continuazione l'artista, dicendogli di smettere con tutta quella roba, ormai non c'era più spazio nelle mura.
«Lasciatelo stare. Sono bellissimi.» Bucky interveniva con calma serena, allora le critiche si ritiravano.
Steve, che rimaneva con l'amputato dall'inizio dell'orario di visita fino alla fine, continuava a raccontargli storie infinite sugli universi paralleli in cui vivevano lui e Bucky.
In uno facevano l'amore in continuazione, in un altro Bucky soffriva di alzheimer e Steve era il suo medico. Bucky sorrideva per tutto il tempo, adorando la fantasia di Steve ed il modo in cui sviluppava quelle trame tutte diverse tra di loro.
Steve e Bucky dell'universo parallelo in cui avevano un figlio adolescente a cui badare, Steve e Bucky super eroi, Steve e Bucky protagonisti di un giallo ad alta tensione, e altre infinite storie. James amava il modo in cui Rogers si impegnava ad intrattenerlo, era il suo libro ed il suo film preferito.
Certe sere Steve si nascondeva nel bagno della stanza di Bucky, così da poter rimanere qualche ora in più con lui fino a che non scadevano i quindici minuti dopo la mezzanotte, e allora, come un delinquente, baciava James sulle labbra e faceva di tutto per sgattaiolare fuori dalla struttura senza farsi beccare.
Ricordare quel giorno di orrore non era bello, ma inevitabile, tornava sempre a galla.
I soccorsi erano giunti quasi immediatamente, ma James aveva già perso i sensi tra le braccia di Steve, in uno stato di shock.
L'intervento che aveva immediatamente agito per la salvezza di Bucky era durato tante ore, catalogato come codice rosso. Un medico aveva domandato a Steve se si potesse tentare di riattaccare il braccio a Bucky.
Steve, che aveva spiegato la situazione di James ebbe un colpo al cuore difronte a quella proposta.
«No.»
Allora Bucky fu salvato dalla sua ferita.
La convalescenza sarebbe stata lunga, avevano raccomandato i medici. Cateteri alla ferita e medicazioni continue erano necessarie per la giusta guarigione da quel forte trauma fisico.
Bucky fu sottoposto ad una serie di sedute psichiatriche, che però avevano affermato lo stato notevolmente migliorato della sua salute mentale.
Bucky era più sereno, da definire normale. Lo si capiva dal viso, probabilmente soltanto Steve se ne accorgeva; aveva l'espressione di qualcuno felice. Quel qualcuno finalmente era Bucky.
Da questa incontrollata contentezza Steve trovò il coraggio di non estinguere il suo amore, e tornare ad amarlo come aveva fatto dall'inizio.
Steve aveva conosciuto Bucky da malato, ormai lo conosceva abbastanza da saper come muoversi nei suoi confronti, e adesso che James sembrava essere in qualche modo guarito, Steve non aveva più alcun dubbio.
E poi, quale malattia, ferita e pianto potevano far arrendere Steve dal momento in cui amava Bucky?
L'amore si spiega con difficoltà, per questo esiste l'arte. Quella di Frida Kahlo, di Francis Bacon, di Canova, e perché no, anche di Steve, che faceva semplicemente tatuaggi.
L'amore è un'esplosione nello spazio, fortissima, atomica, ma così lontana dalle forme di vita sulla terra che non si fa notare nemmeno.
Amore, per Bucky, ha il suono del nome di Steve. Potrebbe finire tutto, venire mille o uno soltanto, uomini e donne dopo di lui.
Ma il primo rimarrà eternamente Steve.
Il suo nome è amore.
«Dovremmo fare un funerale.» disse Steve arzillo, seduto ai piedi del letto di Bucky, difronte a lui.
«A chi?» domandò James, stranito.
«Al tuo braccio.»
«Spiegati meglio, lo sai che per capirti devo fare attenzione anche a come ti si illuminano gli occhi.» Bucky sorrise. Per Dio, quanto lo amava.
«Quando esci da questa camera di fiori e carta, senza i tubi nel braccio e con la cicatrice guarita, finiti gli antibiotici e tutto il resto, ci facciamo dare il braccio surgelato in qualche cella frigorifera in questo posto e lo seppelliamo. Lo diciamo a Nat, Clint, Loki, Sam, Peter, Gamora, a chi vuoi. Diciamo addio e vaffanculo a quello stronzo.»
Entrambi sorrisero, l'idea era da matti ma geniale. Bucky adorava il modo in cui Steve lo assecondava non facendolo mai sentire dalla parte del torto.
Il percorso di ripresa fu lento e attenzionato minuziosamente. Quando i cateteri furono tolti dalla piccola parte di braccio rimasta a Bucky fu opportuno prendere precauzioni per evitare infezioni di qualsiasi tipo. Dopodiché, quando su quel pezzetto di carne di forma ovale rimase solamente una bella garza bianca priva di macchie di sangue scuro, Bucky poté ricominciare a camminare. Non che non l'avesse fatto fino a quel momento, ma i suoi percorsi erano stati brevi, e riprendere equilibrio in assenza del proprio arto fu un lavoro complicato ma per nulla sofferto.
Bucky reagì benissimo alla mancata presenza del braccio, come se senza di esso ci fosse già nato.
Quando Bucky fu dimesso dal ricovero Steve dovette portare una cartella vuota dove riporre tutti i fiori che aveva appeso alle pareti.
I capelli di Bucky avevano ricominciato a ricrescere, nessuna medicina li avrebbe cancellati ancora.
Tornati a casa Bucky si trovò il festeggiato della propria festa a sorpresa. Gli amici invitati erano i soliti, così contenti, talmente tanto stupiti.
Tutti vollero abbracciarlo, ma nessuno si permise di stringerlo troppo forte, per paura di fargli male, non capendo che invece Bucky voleva finalmente essere afferrato con tutta la forza del mondo.
Gamora fu l'eccezione. Abbracciò Bucky con tutta la propria magrezza debole che si mostrò intensa come quella di un combattente.
«Adesso sei felice?» gli domandò lei, il mento poggiato sulla sua spalla destra.
«Sì, finalmente.»
Aria di gioia tempestò la loro serata, nonostante la stanchezza di Steve e Bucky dopo quel calvario senza sosta in ospedale, la compagnia degli amici si mostrò la cosa più bella e normale per iniziare quella vita priva di dolore.
Loki riempì Bucky di baci, e spesso, durante la serata, spariva in un qualche angolo a piangere in solitudine, commosso più che altro. Natasha e Clint furono gli addetti al cibo, assieme a Peter, riempendo lo stomaco di Bucky abituato ormai alle portate insipide dell'ospedale.
Sam non riusciva a credere quanto Bucky fosse felice, e Steve altrettanto, era una sorta di visione surreale dopo tutto quel trambusto.
Seduti intorno al tavolo, pieno di piatti e bicchieri, Steve batté con la mano nello spazio fra le sue posate e quelle di Bucky. La cena era quasi finita, i due pappagalli nell'altra stanza emisero un verso per imitare quel rumore.
Steve attirò l'attenzione di tutti;
«Dopo questa cena siete tutti invitati alla cerimonia funebre del braccio di James Barnes.» disse.
Una specie di coro borbottò un «Cosa?» alcuni risero altri sgranarono gli occhi. Bucky capì immediatamente, un'enorme sorriso gli strappò il viso.
«Alla casa di campagna fuori città che possiede mio zio, se non conoscete la strada seguite me.»
Nessuno fece troppe domande. Finirono di mangiare e si misero tutti alla guida delle proprie auto.
«Tu sei pazzo, completante fuori di testa!» James non riusciva a smettere di ridere, l'aria dal finestrino gli accarezzava il viso. Steve non si era ancora abituato a vedere il suo profilo dal lato dell'amputazione.
«Credevo lo sapessi.» rispose lui, continuando a guidare.
«Come hai fatto a convincere i medici a fartelo dare? E poi, come fai a sapere che è quello giusto?»
«Bucky, quella stella rossa gliel'ho disegnata io sopra. Riconosco ogni mia creazione.»
Sotto un albero di cipresso, allungato verso l'alto e verde brillante sotto la luce della sera, Steve scavò una fossa non molto profonda. Il braccio amputato era racchiuso in un frigo portatile probabilmente comprato da Steve in qualche negozio vicino allo studio di tatuaggi. Era tutto verde con i manici bianchi e sopra il tatuatore ci aveva disegnato un paio d'ali dispiegate.
Steve calò quella bara bizzarra dentro al fosso, iniziando quasi subito a seppellirla. I presenti messi in cerchio intorno alla cerimonia simulata, tenevano la testa bassa e mantenevano il silenzio.
Bucky trattenne a fatica le risate cercando di essere serio.
«In questo giorno siamo tristi di annunciare il decesso prematuro di un pezzo appartenente a James Barnes. Purtroppo c'è da dire che questo pezzo non era molto prezioso... Non piangete, ingoiate il dolore e dimenticate la sofferenza, adesso sta in grazia di Dio.» il tono sarcastico e spiritoso di Steve rischiò di far ridere tutti.
«Vaffanculo!» sbottò improvvisamente Bucky, ad alta voce.
Gli occhi si puntarono su di lui, persino Steve rimase in silenzio con le labbra semichiuse ed un sorriso ingenuo in viso.
James avanzò verso il cumulo di terra e vi sputò sopra.
«Vaffanculo.» ripeté ancora, ma a voce più bassa, guardando il suo dolore scomparire in un buco. Steve lo affiancò, aspettando che Bucky lo guardasse. Quando la collisione tra i loro sguardi avvenne, un bacio li rese schiavi, e poi un abraccio, incompleto da un punto di vista anatomico, ma travolgente come mai si potesse immaginare.
«Devi ricominciare una vita normale adesso.» Steve usò un tono serio e autoritario. Erano stravolti, distesi sul letto senza nemmeno portare le lenzuola addosso, ma ancora svegli a guardare il soffitto.
«Più che altro, per me questo è il punto di partenza.» gli rispose James.
«Allora quando siamo iniziati noi? Lo cancellerai?» improvvisamente fu Steve quello pieno di paure. Era stato forte per tutto il tempo ma stava crollando alla fine, quando tutto era apposto.
Bucky gli strinse la mano, quanto era bello sentirsi così vicini con un gesto talmente flebile.
«Amore il mio inizio sei stato tu, non dimenticarlo mai.» Bucky guardò Steve negli occhi mentre gli sussurrava quel sibilo stanco. Steve, pieno di inchiostro e parole, si assopì nel silenzio ed esplose nello sguardo di Bucky.
Adesso, lettore, cosa scriveresti nel post it dedicato a questa storia?
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