Capitolo 29

Era stata la giornata più bella della sua vita. Il miglior ricordo che Bucky possedesse.
Perchè certe cose belle vengono alla mente in momenti tristi, peggiorando così tutto il resto?
Tra le braccia di Loki l'unica cosa a cui Bucky riusciva a pensare era il giorno più bello di sempre, quello passato assieme a Steve.

Era successo tutto nel periodo breve e felice in cui Steve aveva lanciato la sua promessa di consolazione. Bucky prendeva le sue medicine, le giornate erano fresche e i capelli lunghi.
Un viaggio non molto lontano in una città vicina, forse nemmeno poteva chiamarsi viaggio qualche ora di macchina, piuttosto un'avventura.

Era un evento in cui le casse rimbombavano di musica da ballare, un dj dirigeva il delirio sotto il sole cocente, e colori a tempera piovevano sui corpi in movimento delle numerosissime persone.
Bucky non aveva mai visto una cosa del genere, e per di più non ne aveva nemmeno sentito parlare. Steve gli aveva detto che era una giornata dedicata all'arte, in cui musica e colori animavano la festa.
Due ragazzi che si rincorrevano sfrecciarono accanto a Steve e Bucky rigandogli le magliette con una scia sottile di colore verde.
Non c'era una sola persona che non fosse ricoperta di tempera dalla testa ai piedi.
Quanta vita poteva ancora contenere Steve? Come faceva a non morire?
Per Bucky tutto quello era impensabile, oltre a qualche distrazione ogni tanto non era mai stato testimone di una simile vitalità. Steve era quella parte desiderata di sopravvivenza sperata che Bucky non riusciva a tenere viva, anzi, che la malattia ammazzava.

Rogers si impadronì di una bottiglia di colore rosso, lasciata in fila ad altre su di una specie di tavolino sbilenco verniciato da mille chiazze e gocce di colore. Inaspettatamente attaccò Bucky, con l'entusiasmo di un bambino. Si riempì una mano di fresco colore e pasticciò il viso barbuto e ruvido di James che si trovò tracce di rosso fino alle orecchie.
Entrambi scoppiarono a ridere, specialmente Bucky che, sentendosi quasi tradito, guardò Steve con la bocca spalancata in una smorfia di pura contentezza.
Steve si leccò le labbra e ripartì all'attacco, stappando la bottiglia così da lanciare con un colpo secco del braccio una grossa quantità di liquido tutta addosso a James.
Da quell'altro attacco anche Bucky si munì di colore (azzurro), perseguendo un gioco identico a quello di tutti gli altri partecipanti lì presenti a far numero, ma singolo, soltanto suo e di Steve.
I capelli, le ciglia, il mento, le spalle, i vestiti, le scarpe, la schiena, il nervo scherzoso, l'unghia rotta. Tutto era stato coperto di colore.

«Conciati in questo modo dove pensi di andare?» domandò Bucky, sedutosi all'ombra di un albero dopo aver ballato vicino alle casse, assieme a Steve.
Le tempere si erano indurite nei loro capelli, che presero quasi la forma del marmo delle statue di Michelangelo. Erano un disastro sporco e ridicolo, ma nell'insieme bello a vedersi.

«Andiamo a pranzare in un fast food e dopo corriamo al mare.» gli rispose Steve, i suoi tatuaggi erano stati cancellati dai colori.
«Sei serio?» sbottò Bucky pieno di entusiasmo.
«Naturalmente my colorful love!»

Gli occhi curiosi e straniti delle persone parvero aumentare lo strato di colore sulla pelle di Steve e Bucky. Seguirono quei piani detti con enfasi, riempiendosi lo stomaco con un sostanzioso pasto e correndo in spiaggia, non molto distante dal punto in cui avevano sostato.
Il molo eretto sulla spiaggia era molto alto, in alcune parti sporgeva su degli scogli visibili grazie all'acqua cristallina.
Faceva un caldo tremendo, e il sole rendeva le loro teste bollenti.
Steve si sporse sulla ringhiera per scrutare meglio il fondale. Bucky lo guardò con curiosità, guardando nella stessa direzione del ragazzo tatuato.

«Tuffati con me.» gli disse Steve.
«Da qui?» Bucky aggrottò la fronte.
«Basta arrivare con i piedi uniti, non ci faremmo male.»
«Io mi fido.» Bucky gli sorrise. Steve sentì una scarica elettrica al petto.
«Allora osiamo.»

Abbandonando le magliette per terra, ormai rovinate dalla pittura, si sfilarono persino i pantaloni e tennero l'equilibrio per reggersi in piedi sul corrimano del molo. Già pieni di risa, si guardarono velocemente negli occhi, gettandosi nella corrente quieta nello stesso attimo.
Il rumore dell'acqua era impossibile descriverlo a parole, Steve e Bucky sentirono un freddo improvviso, alleviato immediatamente dal sole che li riscaldò una volta riemersi.
E i baci nel mare, cosa di cui non si riesce a parlare. Il fondale lontano dai piedi che si dibattono per fluttuare nel rumore delle onde, gocce che scivolano sui visi e poi le bocche e le lingue che hanno il sapore della salsedine.
Intorno a loro, abbracciati, si creò una chiazza di colore disciolto, che non fu abbastanza per ripulirli da tutto quel disastro.

Sdraiati al sole, Steve e Bucky riportarono sui corpi i segni ancora visibili dei colori più consistenti. Bucky non diede troppo peso al fatto di aver il braccio sinistro scoperto. Sulla pelle si confondevano i veri lividi e le vere ferite dai falsi creati dalla sporcizia del colore.
Con le mani indurite dal colore, tempere miste sulla pelle secca, ascoltavano la stessa musica, quella delle onde, e quelle dita ruvide per l'arte si accarezzavano con riservato sentimento.
Felice, Bucky guardò il profilo bellissimo di Steve, i suoi occhi perseguivano una velocità ipnotica.
Bucky pensò che per Steve tutti i suoi dolori potevano essere sopportati.
Steve, un solo battito di ciglia.

Però tutto era finito nel fallimento. Bucky ricordava quel bellissimo giorno tra le lacrime e la solitudine. Aveva fallito, lo faceva sempre.
Ciò che sentiva in quel momento, che gli stava rivoltando le interiora, era il dolore più grande del mondo. Bucky ne fu terrorizzato, non credeva che si potesse provare una simile sensazione in vita sua. Amare era decisamente tremendo. Ma non poteva smettere di farlo, ormai era contro la sua volontà, come la malattia. Non riuscì a ricordare un dolore fisico da paragonare a quell'emozione di pieno cordoglio che lo stava piegando sempre più su se stesso.
Le braccia di Loki erano un dolce narcotico, ma non abbastanza forte. Soltanto quelle di Steve sarebbero state in grado di far qualcosa.
Già gli mancavano le sue attenzioni e le sue carezze, la sua voce ed il suo odore. Voleva baciarlo, toccargli i capelli, leccarlo, morderlo, fotterlo, abbracciarlo; improvvisamente tutto ciò che avevano fatto assieme si riversò sul pensiero di Bucky, e sulla sua nostalgia. Steve lo aveva lasciato da poco più di qualche ora ecgià James non aveva più nessuna forza di andare avanti.
Avrebbe voluto piangere sopra Steve e ripetergli "ti amo" fino a rimanere senza voce.

Ti amo. Ti amo. Ti amo. Ti amo. Ti amo. Ti amo. Ti amo. Ti amo. Ti amo.
Continua fino a quando non finisce il foglio, e poi ricomincia con un altro, ancora, una pila intera di carta.

Loki lo strinse con forza esagerata al proprio petto, poggiandogli una mano dietro il capo rasato.
«Non fare così, sono certo che Steve ha soltanto bisogno di tempo. Lui ti ama, lo si capisce da miglia di distanza.» l'amico tentò di consolarlo.
Bucky si portò una mano alla bocca emettendo un singhiozzo violento. Trasse abbastanza ossigeno da poter sibilare una debolissima risposta:
«Non ne sono così sicuro adesso.»
Loki gli baciò la fronte.
«Dai retta a me, fidati.» disse a Bucky, cercando di sorridere.
«Io mi fidavo solamente di lui. È lui la mia fiducia, è lui tutte le mie lacrime, e le mie gioie, e le mie canzoni.»
Loki sospirò, scrollando poco il capo. Seduti sul divano, Bucky sembrava un bambino rannicchiato nella protezione di Loki.

«Steve è ancora tutte queste cose. Le canzoni non si dimenticano, le lacrime cadono sempre, e le gioie arrivano quando meno te lo aspetti. Bucky stammi a sentire, lascia che anche lui si riprenda.»

Loki aveva telefonato velocemente Natasha per dirle di quello che era successo. Lui pensava a consolare Bucky ed accertarsi che non facesse scherzi con il suo difetto della malattia, mentre Natasha avrebbe cercato di parlare con Steve.
La ragazza aveva cambiato colore di capelli, il suo rosso mogano era stato scolorito da un biondo chiarissimo, quasi albino. Quando suonò all'appartamento di Sam Steve quasi non la riconobbe.
Si salutarono abbracciandosi con il sorriso di due amici che nonostante il tempo ed i cambiamenti tornano sempre ad essere quei ragazzini conosciutisi a scuola.

«Cos'è successo, Steve?» domandò lei, porgendosi a consolare Steve con una stretta alla spalla. Lui sospirò, abbassando il capo.
«Voglio che Bucky capisca quanto sia grave la situazione. La mia decisione mi fa soffrire da morire, ma è l'unica cosa a cui ho pensato per dare una svolta definitiva a questa storia. Bucky deve capire: o reagisce e sceglie me, o si arrende e decide la malattia .»
«Non credi di essere stato troppo duro con lui e con te stesso?» Natasha corrugò le sopracciglia. In fondo non riuscì a dar torto a Steve.
«Sì, e so di aver esagerato. Però era una cosa che pensavo di fare da un po', e credimi Nat quando ti dico che mi sono sentito morire nel vederlo tagliarsi davanti ai miei occhi. Come ha potuto fare una cosa del genere? Come?» gli occhi di Steve erano rossi per colpa delle lacrime trattenute.
«Se soffriamo per lui io e Loki che gli vogliamo bene, non oso nemmeno immaginare come ti senta tu che lo ami.» Nat si morse il labbro, angosciosa.

«Mi dai torto?» le domandò.
«No. Però non perderlo di vista, ti sei reso conto di quanto può essere pericoloso per se stesso quando è da solo.»

Loki quella notte dormì da Bucky, ma già dalla mattina seguente il ragazzo non voleva più averlo tra i piedi. Come dargli torto?
Loki cercò di insistere ancora una volta, ma alla fine ascoltò la richiesta su James. Lui voleva stare da solo e piangere per se stesso senza altre consolazioni.
Quello fu il danno.

Il corpo umano possiede dai 4,5 a 5,5 litri di sangue, eppure sembrano molti di più quando iniziano a sgorgare.

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