Capitolo 27

Un'aria fresca attenuava il calore del sole rovente. Peter Quill stava pulendo il bancone umido da gocce di acqua e caffè, mentre i suoi amici facevano da unici clienti poco prima dell'orario di riapertura dopo la pausa pranzo.
Sam stava sonnecchiando sdraiato alla meglio su una poltrona per metà all'ombra, con in dosso degli occhiali da sole scuri per nascondere il suo sonno divertente. Gamora chiacchierava con Peter, in una discussione provocatoria e dolcemente attrattiva.
Steve invece era seduto a gambe incrociate sullo sgabello del bancone, a disegnare diverse angolazioni di Bucky. Indisturbato, il ragazzo non si accorse di essere usato come soggetto, troppo impegnato a rianimarsi tra il tepore piacevole del sole.
Tutti i presenti erano consapevoli del periodo di difficoltà che Bucky stava affondando, ma nessuno osava permettersi di dire qualcosa. Tranne Gamora. Gamora aveva preso 3kg, si era tinta di un rosa più acceso i capelli e aveva ripreso a scrivere musica.

Lei, che i suoi demoni li stava ammazzando con fatica giorno per giorno, forse poteva essere l'unica compatibile alla zavorra di James.
Gamora lesse nei gesti stanchi di Steve la sua supplica, quella di stare vicino a Bucky e cercare di dirgli qualcosa, però senza lasciar trasparire l'iniziativa che veniva proprio da lui.
La ragazza deglutì, camminando sulle sue gambe magre ma più stabili. Si sedette con noncuranza accanto a Bucky, distraendolo con la sua improvvisa presenza troppo vicino al braccio sinistro.

«James.» disse lei sorridendo con sarcasmo gentile, incurvando la schiena per poggiarsi con i gomiti sopra le ginocchia.
«Gamora.» replicò lui con fare quasi interrogativo.
«Ho ricominciato a mangiare la pizza ai quattro formaggi. Cazzo, non ricordavo fosse così buona.» rise lei.
Bucky non capì il perché di quel discorso così diretto e quasi insensato, però annuì e trasparì contentezza per Gamora.
«L'importante è che tu mangi, non importa che tipo di pizza.»
«E tu?» gli chiese Gamora, porgendosi con tenerezza. I lunghi capelli ondulati le coprirono le braccia sottili.
«Io?»
«Esattamente. Tu, che cazzo combini?»
«Niente.»
«Non ti credo.» Gamora assottigliò lo sguardo.
«Solita storia.» Bucky tagliò corto il discorso, evitando di guardarla in viso.
«Mi è stato di enorme aiuto iniziare a pensare a quante cose desideravo fare se solo fossi stata meglio. Ho pensato ad una passeggiata al parco, una lunga camminata senza rischiare di svenire. Mi sono venuti in mente tutti i bei vestiti che avrei potuto indossare senza che mi scivolassero di dosso, e anche a quante cene avrei accettato senza impalarmi con terrore davanti al cibo. Ho riflettuto su tantissime altre motivazioni e ho trovato la forza dal desiderio di essere felice. E piano a piano credo di poterci riuscire. Invece Bucky Barnes cosa vorrebbe fare per provare a star bene?» l'ottimismo di Gamora coinvolse il resto dei presenti, che però si tennero a distanza da quella discussione. Era certa che Bucky l'avrebbe ascoltata.
Lui si portò i capelli sfibrati dietro alle orecchie, erano talmente pochi che si potevano vedere i vuoti in mezzo al capo, dove abbondanti ciocche erano completamente assenti.
James tese le labbra e raddrizzò la schiena prima di parlare;
«L'unica cosa che desidero è quella di essere amputato.»
Gamora rimase zitta.
«È così semplice, nessuno lo capisce. Un po' di sangue, un seghetto per troncare l'osso ed una bella sutura. Tutto perfetto, facilissimo.»
«Bucky, tu prendi coscienza di ciò che dici?» domandò Gamora preoccupata.
Lui sbatté tre volte le palpebre velocemente, si leccò il labbro superiore con la punta della lingua e poi rise, in una maniera talmente radiosa da mettere inquietudine.
«Ovviamente. Lo farei io stesso se solo ne avessi i mezzi.» rispose sorridendo.
«Pensa lucidamente.» Gamora si innervosì, spaventata.
«Io sono molto più che lucido. Mi fa così male adesso per colpa del gomito, Gamora adesso come mai lo staccherei a morsi fino all'osso. Tu hai trovato la tua cura, e anch'io ho la mia, ma nessuno mi permette di guarire.»
«È la maniera sbagliata di guarire.»
Bucky scosse il capo con espressione angustiata, espirando rumorosamente dal naso; «No. Di sbagliato c'è soltanto vivere in questo modo.»
La demoralizzazione e lo spavento per quelle parole trasformarono quel bel sole in petrolio bollente sui corpi di chi aveva ascoltato bene.

Una fotografia:
C'è una bella ragazza, con il seno scoperto e la pelle chiara. I capezzoli sporgono in una sfumatura ambrata, il collo mostra la giovane muscolatura.
Tiene le braccia in direzione del volto pulito, ma al termine di esse, sulla punta, le mani mancano.
È un'amputata con una corona di spine sul capo e gli occhi anneriti dalla stanchezza.

Un'immagine del genere Bucky l'avrebbe incorniciata con entusiasmo ed appesa alla parete della propria stanza.

I nuovi tatuaggi che Steve aveva fatto da quella gita in spiaggia erano aumentati di numero ad una velocità notevolmente spaventosa. Per fare una statistica, in una settimana Steve aveva collezionato tredici nuove date, molte di esse composte dalla stessa sezione di numeri.
Di questa iniziativa di Steve Bucky ne era furibondo, e si meravigliava su come il compagno riuscisse a tenere il conto perfetto di tutte le sue ferite. James arrivò a pensare che Steve lo controllasse la notte, mentre dormiva. Non aveva altre spiegazioni al riguardo.

L'amore più forte che avrebbero ricordato entrambi, però, quello che teneva aggressivamente il primo posto tra tutti i loro gesti (i fiori di carta, i tatuaggi, i luoghi, i disegni) fu cantato tra le strofe di una canzone e una pioggia di capelli.
Mattina: Bucky ha quasi finito di fare la doccia mentre Steve si rade con cura e definisce la barba folta davanti allo specchio poco appannato dal calore rilassante alienato in bagno. Il tatuatore era incorniciato nello specchio con il petto nudo ed i tatuaggi inumiditi da qualche goccia d'acqua, coperto da un'asciugamano bianca avvolta alla vita.
Dal cellulare di Rogers la sua playlist di musica pop stava scorrendo casualmente.
Bucky mise un piede fuori dalla doccia, poi l'altro, affrettandosi ad indossare l'accappatoio per nascondere il braccio, lasciandola però aperta così che gli scoprisse il corpo in una linea retta dal collo al sesso.
Steve lo guardò senza voltarsi, con discrezione soddisfatta ammirò Bucky riflesso allo specchio.
James tentò di alzare entrambe le braccia ma il gomito troppo indolenzito ancora non gli permetteva un movimento completo. Esitò nel prendere i capelli tra le mani per strizzarli e asciugarli.
Nei palmi gli rimasero piccole ma numerose ciocche.

Bucky restò fermo a guardare quell'inconveniente. Ne fu stupidamente sorpreso e ferito. In cosa si stava trasformando?
Strinse i pugni in cui il fastidio dei sottili e numerosi capelli bagnati vi si attorcigliarono. Steve si voltò verso di lui, cercando di consolarlo accarezzandogli la spalla destra, mentre Bucky gli andava incontro dirigendosi verso il lavandino.
Prese dalle mani di Steve il rasoio elettrico che immediatamente accese. Steve si tenne pronto a strapparglielo via, il suo unico timore era quello che Bucky lo usasse per ferirsi in qualche modo. Gli occhi rossi fissi sul proprio rifletto; Bucky respirò velocemente dalle labbra semiaperte, tirando su con il naso.
Non contò nemmeno fino a tre per trovarne il coraggio, si rasò i capelli senza guardarsi troppo, mentre quelle poche reliquie che gli erano rimaste sul capo si accumulavano sul fondo del lavello bianco, e Steve lo guardava con una manciata di nodi che dal petto gli salivano fino alla gola.
Bucky non si rasò completamente a zero. Lasciò quel colorito castano che gli dava un'aspetto simile a quello di un soldato sottoposto all'addestramento in caserma. Aveva un'aspetto completamente diverso ma più ordinato e leggero, come se avesse abbandonato una parte minuscola del suo macigno.
Steve gli passò una mano sulla testa rasata, partendo dalla nuca e salendo dolcemente. Quel contatto così intimo e privo di qualsiasi parola fu paragonabile al respiro di un angelo contro la pelle.

«Sono peggio di quanto immaginassi.» farfugliò Bucky continuando a guardarsi allo specchio con shock. Steve alle sue spalle sorrise.
«Sei uno stupido, un fottuto idiota.» gli disse ridendo ancora; «Sei sempre bellissimo, da togliere il fiato. Per la forza che hai sei bello come la luce.»
Stranamente, James sorrise. Non conosceva nessun modo per spiegare quanto amasse i complimenti di Steve.
La canzone che seguì quella sorda colonna sonora priva di significato era una canzone si un gruppo italiano, di cui Bucky ne rimase incuriosito. Steve subito dopo gli fece leggere il testo tradotto. Bucky prese un foglio con fugace fretta per scrivervi sopra le strofe che più gli erano piaciute:

"Torneranno gli innocenti
tutti pieni di compassione
per gli errori dei potenti
fatti senza esitazione
senza lividi sui volti
con un taglio sopra il cuore
prendi un ago e siamo pronti
siamo pronti a ricucire

Tornerai anche tu tra gli altri
e mi sentirò impazzire
Tornerai e ti avrò davanti,
spero solo di non svenire
Mentre torni non voltarti
che non voglio più sparire
nel ricordo e nei miei giorni
resta fino all'imbrunire"

La frase dell'ago gli fece accapponare la pelle, e per questo la sottolineò per evidenziarla.
Ma ciò che accadde prima di questa parentesi svoltasi lontana dal bagno fu più importante e coinciso. La canzone invase tutta la stanza e Steve e Bucky fecero l'amore, per poi bagnarsi sotto la doccia assieme.
L'ultimo amore prima dell'abbandono, descritto a parole di Bucky:

«Potrei scrivere una poesia e buttare tra i versi la parola "casa" -che è la chiave- ma a comporre un qualcosa di pressoché artistico ci pensano già i nostri corpi. Poco tempo ed è già accaduto troppe volte da contarle sulle dita delle mani. Cosa? Oh, non provo vergogna nel dirlo; l'amore, il sesso, una scopata, chiamalo come preferisci. Per me è sempre arte, quella di cui tu ti nutri. Penso che tu mi abbia lasciato tutti i tuoi disegni e le tue storie, le tue poesie e la tua musica nel grido del coito. Ti ricordi quanti orgasmi mi hai rubato? Hai tenuto il conto Steve? Il mio nome è sulla lingua del sesso, che in quella casa diventi tu, o noi, o i baci. Mi dissoci dall'universo, te e quella tua lingua frizzante, le tue dita e il tuo fiato. Ma adesso basta usare parole per te, se tu sei il sesso -l'amore- io sono il peccato. Vestito di cristalli nella mia nuda figura ammirata dai tuoi occhi. Lo sai? La lacrima tatuata sul tuo viso si increspa e diventa una specie di petalo essiccato quando vieni. Sono bravo a notare i dettagli e, senza offesa, ma questo l'ho fatto mio, come chi trova un raro pezzo d'arte scomparso. Dentro alla casa abbiamo accumulato una quantità di lamenti pari a tutta la superficie terrestre, e non esagero, giuro. Non sono tuo e tu non sei mio. Non sono in possesso nemmeno del mio braccio figuriamoci di te. Però è un bel disegno, io e te, dopo il piacere, abbracciati e basta, perché da dire non c'è un cazzo. Bello, bellissimo.»

(Bucky tutte queste parole non le disse mai a Steve.)

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