Capitolo 24

Steve aveva continuato a provarci, ma Bucky lo prendeva a morsi e vomitava copiosamente ogni suo tentativo di trovare una soluzione.
Ormai Bucky era andato via, nessun concerto, disegno o bacio lo avrebbero riportato da Steve.
Loki e Natasha erano ammutoliti, Sam rispettava il silenzio pur non capendo completamente la storia. Gamora mangiava poco ma aveva tinto nuovamente i capelli di rosa.

Stavano correndo troppo, approfittavano della difficile situazione, ma sia Steve che Bucky trovarono più giusto andar a vivere assieme nell'appartamento di Rogers. Per Bucky era una soluzione perfetta dato che ormai non riusciva più a pagare le rate dell'affitto arretrato. Andare a convivere con il proprio compagno lo intimidì non di poco, ma almeno su questo ragionò; Steve non era Brock, non si sarebbe mai potuta ripetere la stessa storia.

Erano quasi cinque giorni che James non aveva nemmeno la voglia di recarsi al negozio di tatuaggi. Steve era incupito da quella preoccupazione così amara. Lasciare solo Bucky significava tornare a casa e trovarlo con qualche nuovo segnale di dolore sul braccio, e trascorrere la giornata al lavoro sapendo ciò ingobbiva il suo umore.
Cosa diavolo lo spingeva a star dietro a Bucky in quel modo?

«E perdonami, ma sono innamorato di te. Non voglio giustificarmi, ma te lo giuro sul cielo di maggio che non è tutta colpa mia. È anche, e soprattutto, tua. Il dolce narcotico sulla tua bocca, l'elettricità delle tue dita che corrono sui miei fianchi; l'oppio che diventa il tuo profumo quando mi ingolfa i polmoni. E il tuo nome, Bucky. Quando lo pronuncio mi viene da piangere. Ti chiedo pietà, ma ti amo. Per te diventerei tutte le donne del mondo, e tutti gli uomini. Vorrei trasformarmi in medicina, diventare il coltello che vuole ucciderti e il paradiso in cui vorresti finire. Mi trasformerei in tutto ciò che il buono allontana, ma io, di allontanarmi da te non posso riuscirci. L'insieme è divino non trovi? Allora fatti salvare.»
Questa era la risposta a tutti i travagli di Steve.
Il fottuto, maledetto, disgustoso amore.

Bucky scrollava il capo. Aveva il volto grigiastro, evidentemente sofferente. Il gomito era davvero tanto gonfio, non compiva ormai più nessun movimento. Le dita erano piene di cerotti che Steve si premurava ad applicare sui nuovi tagli, e il braccio scarlatto di lividi.
«Anche io sono innamorato di te Steve, ma non rendere tutto più difficile. Non piangere per me, posso dirti solamente questo.»

Con cattiverie simili da parte di Bucky Steve lanciava delle maledizioni, per la collera del suo dolore e della disperazione. Pregava che un giorno il suo ricordo avrebbe ucciso Bucky.
Almeno il titolo della causa della sua morte sarebbe toccato a lui e non alla malattia.

Un pomeriggio Steve domandò a Loki e Natasha di venire a casa da lui e Bucky per parlare con l'amico. Rogers era arrivato ad un punto critico in cui nemmeno la sua tenacia e il suo sangue freddo riuscivano ad attenuare la situazione. Dovette chiedere disperatamente aiuto quando James si tagliò via la prima falange del mignolo chiudendola nel cassetto della cucina, e l'artrite al suo braccio era ormai diventata quasi patologica.
James non si aspettava quella visita.

Era una cosa un bel po' patetica, ormai era come se Steve fosse il suo badante, e Bucky lo scarto della depressione. Ma Rogers non voleva vedere la catastrofe in quel modo; lui aveva speranza, e quella era l'unica cosa che Bucky non avrebbe ferito.
Quando Loki vide Bucky seduto sul divano con il braccio raggomitolato al petto, vestito con una felpa larga e scura non riuscì a mascherare la sua espressione di rammarico e amarezza. Natasha invece fu più brava.
La barba scura di James gli invecchiava i tratti stanchi e magri, i capelli lunghi invece si mostravano lucenti e ordinati. Loki gli si sedette vicino, poggiandogli una mano sul ginocchio.
I due si guardarono negli occhi per un istante, e poi Loki non si trattenne più stringendo James tra le proprie braccia. Bucky gemette per il dolore al gomito, non ricambiando l'abbraccio.

«Brutto coglione cosa combini? Non rovinare tutto.» gli sussurrò Loki all'orecchio, solleticandogli il lobo con il respiro caldo.
«Cosa vuoi che ti dica? Vuoi sentirti dire che sto meglio?» si allontanò da Loki, con sguardo di rimprovero «non sono bravo a dire bugie.»
«Bucky ti è già capitato in passato, ma lo hai superato. Adesso hai Steve vicino, con un po' di impegno riusciresti a riprenderti in fretta.» Natasha si portò i capelli dietro alle orecchie, avvicinandosi a Bucky.
«Tu, li hai fatti venire qui per farmi fare la predica?» Bucky guardò Steve con occhi aggressivo e arrabbiato.

«No.» rispose lui incrociando le braccia «Per il momento non voglio guarirti, desidero solo darti sollievo al gomito.»
L'espressione di Bucky si quietò. Quando Steve nominò quella fonte di dolore il suo inconscio cercò un attimo di tregua da quell'insopportabile dolore all'articolazione che ormai lo privava pure del sonno.
«Ascoltami, te lo chiedo per favore.» Steve rimase in piedi distante da James, che disperatamente gli implorò con lo sguardo di avvicinarsi.
Steve non lo fece, lo lasciò soffrire per la lontananza.
«Forse...» mormorò massaggiandosi il gomito bollente.
«Fidati di noi, fidati di me. Non mi credi? Andrà meglio se ci provi.» disse il tatuatore.
Bucky ci pensò per qualche secondo con gli occhi lucidi e le labbra tremanti. Sospirò tirando il petto in fuori. Acconsentì, ma orami era tardi.

Trovatosi davanti al referto medico e alle raccomandazioni autoritarie del medico Bucky non poté far altro che accettare le condizioni. La sua infiammazione aveva raggiunto uno stato artritico, e le soluzioni che gli si presentavano erano due: agire con un infiltrazione o iniziare una cura immunoterapiaca per attenuare il versamento articolare.
La prassi medica indicava una prima cura di transito.
Erano delle piccole punture sottocutanee che Bucky doveva fare una volta alle settimana. Che angoscia incaricare Steve di utilizzare un ago simile, così diverso da quello per tatuare.
Però Bucky lo pregò di non utilizzare il braccio destro per le somministrazioni; tutte le iniezioni le volle fare al braccio sinistro. Quello buono, limpido e sano, non voleva rovinarlo con niente, nemmeno un ago.

Andava bene all'inizio, le prime tre punture avevano solo un brutto aspetto, il liquido giallo e l'iniezione lievemente dolorosa sotto pelle. Poi però i primi effetti collaterali avevano iniziato a far effetto, e Bucky restava debole per due interi giorni dopo l'iniezione. La nausea era la sua peggior nemica, e la spossatezza lo stavano deperendo visibilmente. I principi del farmaco erano molto simili a quelli usati nella chemioterapia, e quindi uguali erano gli effetti collaterali.
Quanta sofferenza aveva quel povero fantasma, dannato eternamente anche nel sentiero di una cura. L'infiammazione al gomito stava migliorando lentamente, ma non abbastanza.
James trascorreva le proprie giornate sul divano o a letto, dormendo per la maggior parte del tempo. Steve gli teneva una piacevole compagnia, così come i tanto ormai amati pappagalli del tatautore.
L'unica cosa bella di quel calvario erano i baci di Steve e la morbidezza del piumaggio dei pennuti affettuosi.
Ma nemmeno l'inferno dei farmaci era capace di reprimere l'istinto. Bucky aveva sviluppato una sorta di arte nel mordersi l'avambraccio e percuotere in continuazione la falange mancante del mignolo. La sensazione di estasi che aveva provato quando quel piccolo pezzetto di carne unghia si erano spezzati e caduti dal resto del dito era paragonabile ad un orgasmo.

Seduti sul divano dopo aver finito di cenare, anche se quella di Bucky poteva definirsi uno spuntino più che una cena, lui e Steve stavano cercando di appassionarsi ad un noioso film alla TV. Steve per quanto fosse provato e percepisse il distacco di Bucky non aveva mai smesso di cingerlo tra un braccio e lasciare che la testa stanca del moro gli si posasse sul petto.
Sempre senza dire una parola, sempre muti, Steve lo trovava snervante.
Dov'era finita tutta la frenesia che li aveva fatti unire?

E Steve oltre che ad essere un tatuatore era un poeta, un artista da ogni punto di vista.
Accarezzò i capelli di Bucky e gli baciò la fronte. Disse piano: «Ci pensi mai all'inverno?»
«Come?» replicò Bucky con tono coatto.
«All'inverno. Non alla primavera dove tutto rinasce, non l'estate dove maturano i frutti e nemmeno all'autunno quando cadono le foglie. Pensa all'inverno dove tutto dorme. Tutto è bianco, un telo di anima, un soffice gelo che ferma il tempo.»
Bucky lo adora quando Steve si incasinava in quei suoi sermoni. I suoi occhi pendevano dalle labbra che continuarono a parlare.

«Fai caso anche ai soldati, a quelli che hanno combattuto in mezzo alla neve, loro senza dubbio ci avranno pensato all'inverno. Quindi, tu che sei un soldato, non ti passa mai per la testa l'idea dell'inverno? Dove si muore di freddo e l'unica cosa che puoi fare è toglierti la neve dai capelli e respirare gelo.»
«Tu cosa vuoi farci nell'inverno?» gli chiese Bucky.
«In questo momento?»
«Sì.» affermò James.
«Ad essere sincero?»
«Sì.»
«L'amore con te.» disse Steve.
Bucky sorrise «Con me?»
«Con te.»
James gli carezzò un lato del viso con la mano destra, porgendosi per baciarlo sulle labbra. Non lo leccò, non lo voleva.
Danzarono con i visi quasi fossero animali quieti in un momento di tenerezza. Fecero sfiorare in loro nasi, le guance si solleticarono, le fronti si congiunsero.
James sospirò poggiando quella stessa mani adoperata alle carezze sul collo tatuato di Steve per posarsi sul suo sesso. La sottigliezza del pigiama gli diede l'opportunità di sentirlo immediatamente.
Nello spezzarsi di un gemito Steve gli sussurrò: «Dimmelo.»
Bucky rispose che avrebbe potuto essere influenzato dalla vicinanza.
In prima persona -ti ho implorato- «Non importa.»
E quando Bucky glielo disse Steve avrebbe quasi voluto piangere, annegato in un bacio.
«Ti amo.»

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