Capitolo 20
Poesia.
Steve aveva sognato tante volte quel momento, aveva reso Bucky oggetto delle proprie fantasie erotiche, ma senza cadere nella volgarità, in qualcosa di disgustoso. Ironico, ma per Bucky era lo stesso.
Quale malattia? Quale passato?
Su quel letto, tra i baci, ogni cosa era stata sbattuta via.
Bucky rischiò di piangere, questa volta per la commozione; il gesto di Steve fu azzardato ma profondamente simbolico. Prima spogliò James, delicatamente, baciandogli il collo, carezzandogli i morbidi capelli scuri, tenendolo in uno stato di oscurità. Bucky rimase ad occhi chiusi e si fece cullare dalle mani di Steve, che mantenne il controllo. E quando il moro riuscì a riaprire gli occhi e a guardare Steve sopra di se, ansimando già in una posizione piuttosto impaziente ed esposta, chiese al tatuatore come mai stesse spogliando prima lui.
Steve sorrise, negli occhi si leggeva tutta l'estrema voglia di fissare il ragazzo sotto di lui. Ne era perdutamente attratto.
«Perché una bellezza come la tua non può essere messa a paragone con la mia, deve uscire fuori per prima.»
«Idiota.» Bucky rise dall'imbarazzo di quelle parole sempre dolci, porgendosi in avanti e baciandolo.
Quando la sua armatura, quella fatta di stoffa per nascondere il campo di battaglia sul suo braccio, venne tolta e appallottolata per finire in terra, Bucky si impose di trattenere il respiro. Lo fece per tenere duro e non avere un crollo, come quando si ci tuffa da un dirupo per poi finire in acqua, ma d'istinto prendi una boccata d'aria ancora prima del salto.
Steve non si accanì a guardare le ferite, quelle potevano anche essere definite belle in quanto parte della vita di Bucky, ma non era ciò che veramente gli interessava. Sì sentì ad un'esposizione d'arte, in cui l'unico pensiero è fermarsi a guardare quell'opera preferita rivista un milione di volte solamente sui libri.
Per Steve gli occhi, le labbra e il petto, in quel momento, erano l'unica parte significativa di cui farsi padrone. Gli strinse la mano destra, distesa con il dorso sulle lenzuola.
Bucky non c'era più; non si spiegava ciò che stava accadendo o che stava provando. Non poteva riuscirci assolutamente. Era impossibile descriverlo, lo si poteva sentire solo sulla lingua.
Via dicendo i loro baci raggiunsero un ritmo sincronizzato, tra respiri e lingue. Muovendosi selvaggiamente quasi volessero divorassi come predatori, l'uno con l'altro.
Steve poggiò le mani sulla vita robusta di James. In tutta la sua mascolina bellezza, il moro flesse l'addome scolpito. Le mani di Steve, anche se avevano le dita rosse, erano più fredde rispetto a quella zona del corpo di Bucky.
E Bucky cosa fece?
Quella era vita. Fottuta vita esageratamente sopportabile. Bucky non avrebbe potuto ammetterlo facilmente, ma fu la prima vera e propria volta in cui non pensò che nella sua esistenza ci fosse solamente rassegnazione e sofferenza.
Non potevano bastargli solo i baci, e nemmeno quelle carezza leggere sulla parte bassa del ventre, appena sopra l'inguine.
Bucky gli afferrò l'orlo della maglia, sfilandogliela di soprassalto. Steve si mise dritto sopra di lui, sulle ginocchia. Respirò profondamente, con le spalle ampie e il petto in fuori. Le braccia distese dolcemente sul fianco, e in viso l'espressione di chi ha rubato la felicità a chiunque.
Un attimo intenso di sguardi muti, distanti sì, ma scintillanti e impazienti. Le labbra umide dai baci, brillarono nella luce della stanza. No, non volevano il buio, Bucky non voleva farlo alla cieca. Non si vergognava, forse un bel po' affrettato da dire, ma voleva farsi guadare dappertutto.
Esatto, voleva lasciarsi mangiare dalla memoria di Steve completante nudo, con il braccio sfregiato dalle cicatrici, viola dai lividi e rosso per i tagli. Lo stesso voleva, però, fare lui con Rogers. Appena gli focalizzò il torso nudo rimase senza alcuna parola, persino reagire fu complicato. Credeva di ricordare bene i tatuaggi sulla sua pelle, da quella volta in cui si erano baciati per la prima volta ed erano stati costretti a cambiarsi per la pioggia che gli aveva bagnati i vestiti. Bucky si era illuso, tutti quei particolari sembravano nuovi.
Né Frida né Francis potevano eguagliarlo, Steve era la sua opera d'arte preferita.
E tutte quelle sfumature, quei volti, forme, parole e colori; chi aveva potuto donargli una cosa del genere? Anche se non ci credeva, Bucky pensò che un simile regalo glielo avesse mandato una creatura divina.
Steve gli si sdraiò sopra, senza gettarsi troppo pesantemente. Bucky divaricò meglio le gambe, assecondando le deboli spinte che i fianchi del tatuatore stavano esercitando sulla sua erezione, con la propria. Nonostante i pantaloni e l'intimo -due strati di stoffa- riuscivano e sentirsi tutti e due duri fino all'esasperazione.
Mille baci, non se ne poteva tenere il conto. Steve gli martoriò il collo con soffici succhiotti, e Bucky gli accarezzò gelosamente le spalle ingrigite dall'inchiostro.
«Sei come gli angeli àpteri di Michelangelo.» gli sussurrò Steve, tra uno di quegli intervalli tra baci e sguardi. Non avevano poi così tanta fretta, avrebbero potuto rimanere in quella stanza anche per giorni interi.
«Come?» domandò Bucky sotto di lui, confuso ed estasiato.
«Privo di ali. La massima perfezione dell'anatomia umana, divino.»
Bucky scoppiò a ridere, le guance rosse dall'imbarazzo. Quando Steve se ne usciva con complimenti simili lui si trovava sempre in grande difficoltà a rispondergli. Rogers era un inguaribile romantico, un appassionato d'arte capace di nominarla in ogni contesto.
Eppure Bucky lo amava, era una delle cose che poneva al primo posto di ciò che adorava di lui.
Steve gli sfilò i jeans, tirando giù senza troppi problemi anche i boxer. Bucky portò il mento al petto e gemette sul capo di Steve, tra i suoi capelli morbidi che tenevano meglio la sua essenza.
Fu un sollievo non sentire più il sesso eccitato oppresso dai vestiti, fu una grazia afrodisiaca percepire Steve così vicino.
Lo voleva, voleva tutto senza restrizioni. Avrebbe ucciso, usato tutta la forza bruta e spietata che di solito impiegava per ferirsi al braccio, pur di arrivare al meglio. Aveva la voglia matta di fottere e farsi fottere da Steve, ma con amore.
Rise con malizia, fuori controllo a pensare una cosa simile. Steve sul suo petto, la barba lunga che gli solleticava il collo e i movimenti fluenti del corpo curvilineo di Rogers sul suo.
Finirono per trovarsi nudi entrambi, bellissimi e senza fiato.
Steve aveva tatuato sul bacino, proprio sulla punta delle ossa sporgenti, due triangoli con la punta verso il basso, e questo triangoli erano formati da tre ossa (femori probabilmente, ipotizzò Bucky), resi più vividi da una scura sfumatura.
Proprio così, in quel lunghissimo frangente di tempo in cui fecero l'amore Bucky imparò, una volta per tutte, ogni suo tatuaggio, a memoria.
Li elencò nei pensieri, mentre l'eccitazione lo stava portando ad uno stato di totale frenesia.
Su un piede, il destro, Steve aveva tatuata l'anatomia ossea di quel preciso piede, con tutte le falangi e le articolazione minuziosamente elaborate.
Ai lati delle cosce lo avvolgevano un serpente tutto nero, arrotolato su se stesso e sottile, enorme ma allo stesso tempo proporzionato, posto sulla sinistra. Nella destra, invece, il ritratto perfetto di un corvo completamente nero. Il resto erano dettagli piccolissimi a confronto con il lavoro più grande. Piccole frasi, date, sottili linee e soggetti stilizzati con qualche macchia di colore scolorita e accesa rispetto alla pesante sfumatura scura.
E sulla schiena, oh, Bucky ci vide il paradiso. Quando Steve si piegò, e gli diede le spalle per concedersi a lui. Non avrebbe mai pensato che Bucky sostentasse su di lui per meravigliarsi davanti agli altri disegni.
Il tatuaggio più vistoso, laborioso e grande era posto al centro esatto della schiena, sia che si parlasse di verticalità che di orizzontalità. In sostanza, anche se persino un critico d'arte avrebbe trovato difficoltà a descriverlo, si trattava di due volti maschili, anonimi ma perfettamente definiti. E questi si sfioravano con le labbra, avvolti da una cornice di altre dozzine di disegni completante fuori tema, ma in perfetta armonia ed equilibrio in una composizione studiata nei minimi dettagli.
Ma non era soltanto la particolarità di quei tatuaggi che Bucky si godette durante quelle ore. Assolutamente, la cosa più importante gli bagnava il collo e gli faceva gorgogliare lo stomaco.
L'odore dello spinello intossicava la stanza, e i loro gemiti rischiarono di far crollare le pareti. Steve percosse con la lingua il corpo di Bucky, scendono dal collo, in cui si era fermato un secondo a baciargli piano il pomo d'Adamo, fino ad attraversare il petto e l'addome. Prese finalmente in mano il suo sesso, tenendolo fermo alla base per poterlo assaggiare con la punta della lingua. Bucky soffocò un urlo rauco; gettò la testa indietro e inarcò la schiena, tenendogli la testa con la mano sinistra.
Se solo si fosse guardato, come un terzo spettatore invisibile. Bucky sarebbe scoppiato a piangere perché di dolore in quella scena non ne vedeva, non ce n'era. Ed era bellissimo pensare realmente a lui e Steve attaccati insieme, completante nudi a morire in un qualcosa di così intimo. Solo a pensare al suo braccio malato che accarezzava il viso di Steve, che si avvolgeva sulla sua schiena tatuata, come se fosse effettivamente normale gli fece scendere due silenziose lacrime sulle guance.
E se non ci fosse stato, come lui desiderava tanto?
Sarebbe stato perfetto.
E quelle lacrime si trasformarono in amarezza, piuttosto che in emozione. Perché era felice, questo sì, ma non completo come agognava.
I fianchi agili di Steve, dondolando, trucidarono quel terribile senso di amarezza. Bucky mandò a 'fanculo ogni lacrima nera, e si fece ammazzare completante dal calore teso tra le sue gambe.
I gemiti parsimoniosi di Steve gli scottarono la pelle sul viso, la sua barba folta lo solleticò con eccessiva caloria. Bucky emise versi striduli, senza più voce in gola. Ogni sua reazione di tutti i sensi era concentrata allo sfregamento dei due sessi duri spinti vicinissimi, bisognosi.
Bucky gli strinse le natiche con ferocia, spingendolo verso di se con più forza per invitarlo a continuare. Steve scese con la bocca, per l'ennesima volta. A Bucky morse sottili lombi di pelle dell'interno coscia, avvicinandosi tremendamente ai testicoli, premendo con i pollici sempre più in profondità, per raggiungere la stretta fessura del moro sdraiato.
Bucky flesse le ginocchia, piantando i piedi sul materasso. Con le piccole dita racchiuse sulla pianta, si afferrò alle lenzuola, con ogni mezzo possibile. Poteva cadere, rischiava di sprofondare senza più ritorno se non fosse riuscito a trovare qualcosa a cui aggrapparsi.
Da un cassetto del comodino vicino al letto Steve tirò fuori, velocemente, un tubetto di lubrificante oleoso e appiccicaticcio. Non si fecero domande l'uno con l'altro, non soffrirono nemmeno la troppa distanza, dato che Steve la fece durare un brevissimo secondo. Con il contenitore in una mano, e due dita già umide da quell'unguento odoroso nell'altra, Steve e Bucky si guardarono negli occhi brillanti di eccitazione, ridendo pieni di gioia e divertimento. Cos'altro avrebbe potuto renderli così felici?
Quando si ci trova nudi, nel proprio amore, e nel piacere utopico scatenato da esso, cos'altro si può desiderare? E ciò che veniva dopo, ancora di più poteva reputarsi mozzafiato, quando si è stanchi e si rimane sdraiati tra le braccia a guardarsi e sonnecchiare.
Mentre Bucky pensava a tutto l'amore che sentiva nella cartilagine di ogni osso, nella fibra nervosa di ogni tessuto, e si disperata nel tentativo vano di raccoglierlo tutto e ordinarlo, Steve aveva già fatto sgusciare quelle dita gelide più vicine alle sue gambe.
Chiedere chi avrebbe fatto cosa era un'enorme perdita di tempo, inutile. Il permesso lo avevano accordato già da quando Bucky era rimasto a petto nudo. Non si sarebbero mica limitati, quella notte.
Il problema di preoccuparsi dei ruoli non veniva a porsi assolutamente.
In un turbinio di scatti muscolari e lamenti frenetici i due si ritrovarono a cambiare posizione. Steve si sedette dietro a Bucky, poggiato con la schiena sul corpo forte e rassicurante del tatuatore. La mano ormai bella che umida di lubrificante massaggiò velocemente l'erezione di James, che aprì completamente le anche, poggiando il viso nell'incavato del collo grigio di Steve. Questo lo fece piegare lievemente in avanti, mettendolo in ginocchio con la schiena dritta. In tal modo riuscì a spingere la prima falange all'interno di Bucky, con estrema cautela, muovendo il dito con costante provocazione. Bucky emise un sussulto violentissimo; tirò il petto in fuori e si alzò sulle ginocchia con un gemito che gli impastò le labbra. Il corpo gli diceva di spostarsi e spingersi più in basso allo stesso tempo. Voleva che andasse in fondo, ma poi faceva male, e allora poteva anche accontentarsi di quel poco.
Steve gli strinse il petto con la mano libera, accarezzandolo e stuzzicando i suoi capezzoli turgidi.
Strillando, Bucky lasciò che quella prova lo persuadesse completamente. Steve gli spinse dentro due dita, con una forza tale da provocare forti scossoni al corpo di Bucky, come se fosse effettivamente penetrato dal sesso di Rogers.
Quando non riuscì più a capire nulla, e le sue gambe non ressero più, Bucky gli diede una forte manata sul sedere, facendo gemere sul suo viso il povero Steve. Povero appunto perché la forza mascolina di James prese una parte più che attiva alla cosa. Le dita calde e bagnate di Steve gli si poggiarono sulle costole. Voltatosi difronte a Steve Bucky gli si accavallò sopra le cosce, spingendo con provocazione sospesa la propria virilità contro quella dolorante di Steve.
Baci. Quasi fino ad avere la nausea.
Bucky gli afferrò le cosce, facendolo sdraiare con un movimento brusco e veloce. Steve rise, il viso paonazzo e l'espressine indescrivibile.
Agevolò la vicinanza del pube di James a se stringendogli il bacino con le gambe, racchiudendolo tra le ginocchia flesse. Bucky si chinò per baciarlo, accarezzandogli i capelli, probabilmente con troppa forza. Si accarezzarono i visi, non allontanarono i respiri nemmeno nel tentativo alla cieca di unirsi in un contatto più che doloroso.
Bucky si aiutò con la mano destra, mentre con quella sinistra si lasciò stringere forte dalle dita di Steve, per trovare conforto. Poco a poco, forse con troppa foga e una preparazione assente, Bucky penetrò Steve tra lamenti di dolore e grida di incoraggiamento.
Steve pregava che la smettesse, che si fermasse, ma dalla sua voce l'unica cosa che riuscisse a scandire in mezzo agli urli era: «Più forte! Più in fondo, così!»
Maggiormente accresceva la regolarità degli affondi, dei versi, delle pelli attaccate, e di qualsiasi altra cosa concreta e astratta personificata in loro. Finirono per inselvatichirsi come animali.
Steve si piegò a Bucky in diversi modi; mettendosi a quattro zampe, standogli di sopra, ma alla fine la maniera migliore per accusare l'orgasmo fu stare stretti in un abbraccio, completante amalgamati assieme.
Schizzarono all'unisono, Steve strillò contorcendosi in sintonia con le ultime spinte di Bucky.
Scoppiarono a ridere quando si collassarono uno sull'altro, sfiniti. Era stata una fatica immane venire, pareva che i loro corpi non volessero più smetterla di agitarsi.
Steve prese la mano sinistra di Bucky, con entusiasmo amorevole. Se la portò alle labbra e la baciò con devozione. Il moro rimase pietrificato per pochi secondi, ricambiando la dolce moina amorosa con qualche carezza sul viso di Steve.
«Abbiamo qualcosa da dire?» gli chiese il tatuatore, voltando il viso verso quello di Bucky. Lui si morse il labbro, fissando i suoi occhi. Scosse il capo e sorrise, usando quella loro stupenda reazione piena di gioia come effetto stupefacente, ciò che nemmeno l'erba sarebbe riuscita a causargli.
Eppure a Steve venne in mente una strana fantasia, mentre guardava Bucky in tutta la vulnerabilità nuda e vergognosa che cercava di nascondere le ferite.
Ebbe paura, come se fosse già perfettamente consapevole del destino irreversibile di James. I suoi sforzi, per quanto duri, non sarebbero mai stati sufficienti.
Recitò nella propria mente, come fosse una preghiera, il canto del Purgatorio di Dante dedicato a Casella. Lo fece accarezzando i capelli di Bucky che poco a poco stava prendendo sonno.
Dante e Virgilio, usciti dall'Inferno arrivano al Purgatorio, l'angelo nocchiero che traghetta le anime destinate alla salvezza fino alla spiaggia. Lì, tra quelle entità accalcate per la foga e la curiosità di vedere dei vivi nel regno dei morti, Dante riceve l'abbraccio di un'anima che non riconosce subito. La stringe, ma non riesce a tenerla a se'. Questo era Casella, un compositore e cantatore italiano, suo amico.
-Io vidi una di lor trarresi avante
per abbracciarmi, con sì grande affetto,
che mosse me a far lo somigliante.
Ohi ombre vane, fuor che ne l'aspetto!
Tre volte dietro a lei le mani avvinsi,
e tante mi tornai con esse al petto.
Di maraviglia, credo, mi dipinsi;
per che l'ombra sorrise e si ritrasse,
e io, seguendo lei, oltre mi pinsi.
Soavemente disse ch'io posasse;
allor conobbi chi era, e pregai
che, per parlarmi, un poco s'arrestasse.
Rispuosemi: «Così com'io t'amai
nel mortal corpo, così t'amo sciolta:
però m'arresto; ma tu perché vai?»
[...]-
Steve poteva descrivere la sua preoccupazione proprio come nella poesia; abbracciare l'anima tanto amata ma non riuscire a tenerla stretta, perché morta.
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