Capitolo 16

Più di tutti, Bucky non poteva smettere di sognare di fare l'amore con Steve. Chiudeva gli occhi e immaginava di vederselo addosso, tra le gambe, che si spingeva contro la sua eccitazione. Pregustava già la consistenza dei suoi baci sul collo, e le mani che lo riscaldavano toccandolo dolcemente un po' ovunque. James aveva anche preso l'abitudine di masturbarsi. Imbarazzante, forse, per un ragazzo della sua età. L'ultima votala che aveva fatto una cosa simile frequentava ancora le scuole medie, nemmeno quando capitava di star solo e pensare a Brock gli era successo di spingersi a l'autoerotismo. Con Steve il desiderio era troppo, e quando dava sollievo alla propria durezza, nel letto di notte, o nella doccia la mattina, chiudeva gli occhi e immaginava la bellissima sagoma di Steve difronte a se'.
Ormai lo sguardo gli ricadeva spesso e volentieri al cavallo dei pantaloni del tatuatore, o al suo bel fondoschiena. Bucky aveva troppo desiderio, che però aveva il terrore di assecondare. Prendere anche solo l'iniziativa era qualcosa che non sarebbe mai riuscito a fare.
Ma la immaginava sempre in mille modi diversi, la loro prima volta. In un auto o a casa di Steve, in bagno, ad una festa, oppure sul suo letto disfatto.
In ogni caso, il suo sogno più grande in quel momento era farsi rubare un orgasmo da Steve.

Evitò di pensarci ancora mentre percorreva la strada che portava al negozio di Rogers. Ci lavorava ancora, ma con un riguardo diverso, visto che le cose tra lui e Steve avevano preso una piega diversa.
Sorrise nell'impazienza di arrivare da lui, con la mano sinistra in tasca e i capelli raccolti con qualche forcina. Bucky, distratto dai propri pensieri, non arrivò a scansarsi dal ragazzo alto e imponente che andò a sbattere contro la sua spalla più debole. James gemette forte, pronto ad affondare in una fossa di panico e terrore. Subito si strinse la parte colpita con l'altra mano. Quel contatto così invasivo gli aveva tolto dalla testa tutti quei bei pensieri accumulati durante la mattina.
«Stai attento, idiota.» incalzò l'estraneo, facendo più attenzione all'insofferenza silenziosa di Bucky. Lo guardò meglio e rise con fare provocatorio.
«Tu sei la nuova fiamma del tatuatore Rogers, non è così?»
Bucky non gli rispose, aggrottò la fronte e lo fissò senza capire.
«Ha perso un fidato cliente ora che scopa con un altro frocio come lui. Gente come voi mi fanno venire il voltastomaco.» a starci più attento, James notò che quel ragazzo indossava una giacca di qualche confraternita scolastica. Quello gli voltò le spalle e se ne andò, compiaciuto del proprio comportamento.
Bucky sospirò piano, per attenuare il nodo alla gola dal gusto amaro, che gli impedì definitivamente di parlare. Si disse che dare retta a persone simili era da stupidi, che non era di certo l'ultima volta che gli sarebbe capitata un cosa simile. Ma Bucky si maledì per esser rimasto in silenzio ed aver dimenticato l'aspro bacio di Steve nei suoi pensieri.

Sam lo salutò con il suo abituale buonumore sarcastico, dietro al bancone. Bucky, con l'acconciatura scompigliata, gli sorrise nascondendo l'amarezza portata da quell'incontro poco felice.
Steve si sfilò i guanti neri, appallottolandoli per lanciarli nel cesto dell'immondizia. Il suo sguardo si illuminò non appena si mosse per andare incontro a Bucky. Gli accarezzò una guancia con la mano, baciandolo dolcemente sulle labbra. Bucky arrossì, quasi dimenticandosi del suo brutto umore.
«Come stai oggi?» era il pensiero che più tra tutti tormentava Steve. Evitava di chiederglielo troppo spesso, anche se lo si poteva benissimo leggere in faccia. Quella domanda persisteva in continuazione.
Steve era troppo incosciente riguardo alla malattia di Bucky; sapeva ancora poco, e documentarsi da solo sul web non aveva fatto altro che incasinargli ancora di più le idee. Però era tremendamente preoccupato per James, ogni singolo istante, specialmente quando non erano assieme.
Assopito dal gusto delle labbra rosse di Bucky, Steve non fu abbastanza attento da accorgersi di quello che il suo ragazzo gli teneva nascosto. Non che fosse una scusa, ma a mettere Steve più in difficoltà fu la bravura si Bucky a non far avvicinare nessuno ai propri sentimenti.

«Come al solito, è okay.» Bucky gli annuì timidamente, abbassando lo sguardo. Steve gli sorrise ancora avvicinandolo a se per baciagli più volte il capo, amorevolmente. Con una mano Bucky gli si poggiò al petto, approfittandone per accarezzarlo delicatamente.
«Non mentirmi, altrimenti ti licenzio.» Steve si allontanò da lui canzonandolo, tenendogli l'indice addosso. Bucky rise, toccandosi la fronte con timidezza.
Tutti vennero improvvisamente ammutoliti. Un consistente gruppo di adolescenti quasi rischiò di sfondare la fragile porta a vetri del negozio.
Erano dieci. Si presentarono tutti senza farsi memorizzare bene. Uno dei ragazzi si rivolse a Steve, entusiasta nel mostrasi maturo e sicuro. Tra di loro, il più grande sembrava avere sedici anni.
«Volevamo dei tatuaggi.» disse.
«Credevo foste venuti qui per una ceretta.» aggiunse Sam provocatorio, ricevendo un'occhiata non molto divertita da quelli.
«Mi dispiace, ma se siete minorenni ho bisogno dell'autorizzazione dei vostri genitori.» Steve fece spallucce, sorridendo.
«Ma cos'è, una gita delle scuole medie?» Sam parlò più piano facendosi sentire solamete da Bucky, che rise in silenzio. Prese la sua rivista di cucina e sparì nell'ufficio di Steve.
«La prossima settimana Kurt compie diciotto anni. Avanti amico, è il nostro regalo per lui in anticipo.» un altro ragazzo si fece avanti, con fare più sicuro e scialbo.
Il gruppo di ragazzini non sembrò dar retta alla gentilezza di Steve, che cortesemente li invitò ancora a tornare quando quel loro amico avesse avuto effettivamente diciotto anni.
Quello che aveva parlato per primo -Peter Parker- si era dissociato dalla cerchia, intento a sfogliare il catalogo di tatuaggio, pieno di foto fatte ai clienti di Rogers, adocchiando lo stencil di un ragno. Una ragazza dai lunghi capelli rossi e dal look anni ottanta lo affiancò, imputandogli di prepotenza a guardare un grosso disegno a colori sul fianco di una ragazza, che rappresentava una fenice.
Scott Summers chiese a Steve di tatuargli due occhi sul petto. Il tatuatore trattenne una risata che strozzò in gola, mentre Bucky lo affiancò divertito. Inutilmente, ancora, il tatuatore tentò di far ragionare quei clienti troppo euforici, finendo per ascoltare un'altra richiesta da parte di Pietro, il tizio divertente dai capelli tinti di grigio. Nemmeno la fantasia di Steve riuscì a capire l'idea che quel ragazzo aveva in mente.
Kurt, Jubilee, Warren, Daken, Lauren e Crystal mandarono in blackout il cervello di Rogers. Bucky prese la pila di cataloghi per nasconderli dalle grinfie dei ragazzi, mentre Steve rullò uno spinello. Fece un grosso tiro per concentrarsi meglio su quella questione.
I ragazzi parvero sconvolti alla vista di quella sigaretta dall'odore forte, e le ragazze non poterono fare a meno di guardare tutti quei tatuaggi sulle braccia forti di Steve.
Rogers si sedette sul divano della reception, accavallando le gambe e incitando Bucky a raggiungerlo. Con imbarazzo, soprattutto dopo ciò che gli era capitato quella mattina, il moro gli sedette accanto. Steve però non si fece vergogna davanti a quegli adolescenti, nell'insieme non si sarebbe mai nascosto per ciò che sentiva di essere. Non era dimostrare qualcosa di particolare, la sua era semplice normalità dai contorni più spessi rispetto a quella degli altri.
Prese Bucky per la vita e lo fece poggiare sopra di se, con un braccio che gli avvolse le spalle. Tutti e dieci i clienti si misero in riga a guardarli, silenziosi e stupiti.
«Vi posso mettere addosso soltanto uno stancil, oppure, nell'altra stanza, dovrei avere un set completo di penne colorate. Vi piacerebbe?» Steve buttò fuori dal naso il fumo della sigaretta.
Daken, quello dai tratti asiatici e con diversi tatuaggi dallo stile maori sulle braccia sbuffò di controvoglia; «Il mio amico che lavora in nero non si fa problemi a tatuarci. Siamo venuti qui perché sappiamo che sei bravo, non mandarci via così!»
Steve scosse ancora il capo, Bucky sotto di lui parve tranquillizzarsi.
«Mi dispiace, non voglio nessuna denuncia da parte dei vostri genitori. Però posso offrivi un cupcacke. Lo volete?» il tatuatore fece cadere un pizzico di cenere dentro alla tazza del caffè di Sam poggiata lì vicino. Bucky pensò, diverito, che Sam si sarebbe davvero incazzato.
Jubilee, i voluminosi capelli neri legati in due code di cavallo alte e un paio di occhiali da sole rosa sulla testa, e Lauren, la bionda, si scambiarono una veloce occhiata.
«Ce l'hai con la glassa al lampone?» domandò quella asiatica.
Steve sorrise, sodisfatto; «Tutto quello che vuoi tesoro.»

Fortunatamente nessun altro si presentò in negozio prima che i dieci adolescenti se ne furono andati. Steve scarabocchiò qualche bel disegno sui polsi delle ragazze, mentre Sam ripassò più volte a penna sagome di peni e dediche non molto romantiche sulle braccia dei minacciosi ragazzi.
Bucky ritornò di buonumore, insolito per lui. La vivacità amichevole di Steve lo riportava in quel posto tutto suo in cui tacere e star sereno.

«Siete fin troppo buoni. Alla vostra età io saltavo la scuola per andare a fumare un po' di roba buona.» Sam rifinì meglio il membro disegnato sulla spalla di Scott, che si allontanò velocemente, accorgendosi troppo tardi di quella cosa indecente.
«Noi possiamo farle anche a scuola, nonnino.» rispose quello, cercando di cancellare il disegno con il pollice.
«Infatti siete tutti dei pericolosi drogati, senza ombra di dubbio.» Steve si intromise, con leggerezza. Sapeva essere scherzoso senza mostrare cattiveria. Tutti risero, chi seduto in terra a gambe incrociate, chi addirittura sopra il bancone.
«Comunque un nostro compagno di scuola ci ha suggerito di venir qui per un tatuaggio. Forse non lo ricorderai, però frequenta l'ultimo anno e fa parte della squadra di rugby.» Daken sistemò con gelosia i propri capelli rasati ai lati.
«La descrizione non mi pare molto dettagliata.» rispose Steve, sorridendo sarcasticamente.
«È uno stronzo arrogante. Si chiama Francis.» Crystal si morse un'unghia, seccata.
«Già, se la prende sempre con me e con il mio ragazzo, Wade.» Peter si imbronciò, giocando con una penna che si fece passare tra i denti.
Bucky, a quella descrizione non poté fare a meno di pietrificarsi. Possibile che quel ragazzo corrispondesse allo stesso che lo aveva insultato quella mattina?
Si domandava ancora come facesse a sapere chi fosse, e come avesse fatto a scoprire di lui e Steve. Ricordava ancora il suo aspetto, con la testa rasata e l'accento straniero. Che fosse o meno la stessa persona nominata dai ragazzi, Bucky sentì in bisogno di allontanarsi da tutti loro.
Si mise in piedi e andò in bagno con passo veloce.
Sam guardò Steve con serietà, preoccupato per quell'improvvisa reazione. Steve aveva vagamente parlato della malattia di Bucky ai propri amici, perlopiù trovando uno sfogo nel raccontare quella cosa che tanto lo intimoriva, senza entrare nel dettaglio. Entrambi immaginarono subito il peggio.
Nel vociferare curioso e confuso dei ragazzi, Steve corse appresso al compagno.

Bussò due volte alla porta del bagno, chiamando Bucky a bassa voce, intimorito. All'interno, sentì svariati colpi probabilmente dati contro alla parete. Come se James stesse martellando o battendo un qualche oggetto sul muro. Steve non attese più che Bucky gli rispondesse, forzando la maniglia ed entrando in bagno. Richiuse la porta alle proprie spalle per non rischiare l'invadenza dei presenti nella stanza accanto.
Bucky si fermò di colpo. Anche se aveva già sentito Steve oltre la porta non aveva fermato il suo istinto.
Rimasto di spalle, si era lievemente piegato in avanti, con il braccio sinistro lasciato pendere lungo il corpo.
Batterlo con forza contro il muro non era stata una grande idea, non gli avrebbe lasciato le ferite da lui desiderate. Sbattuto forte, con il gomito che scricchiolava e i muscoli tutti indolenziti per i forti colpi. Niente, però, gli aveva fatto più male degli occhi di Steve.
Quella era la prima volta che qualcuno lo coglieva in fragrante durante uno dei propri attacchi, e l'onore di essere l'unico suo spettatore lo ebbe Steve. Farsi guardare da lui mentre il suo mondo andava avanti e tutto il resto intorno si sbriciolava mischiava diverse sensazioni di riluttanza e vergogna. Bucky ne era talmente pieno da sentire la nausea affiorargli in bocca.
Continuò a dare le spalle a Steve, con quel braccio nascosto. Gli occhi lucidi gli bruciarono la vista. Avrebbe tanto voluto scappare, ma Steve stava davanti alla porta, e lo teneva intrappolato lì dentro. Steve, che rimase in silenzio con il cuore fatto piccolo piccolo.
Steve sospirò con le labbra che tremarono, sentendo per un istante tutti i muscoli del corpo tremare. Bucky si poggiò con la testa contro la parete, mordendosi l'interno della guancia per trattenere qualche lamento.
«Bucky?» la voce di Steve lo chiamò piano, gentilmente. Bucky però non si voltò.
I passi di Rogers erano ben distinguibili in quel piccolo spazio. James capì che si stava avvicinando a lui, ma non poté far nulla per sparire. Farlo all'improvviso senza il ricordo di un solo respiro, togliersi dai piedi, come quel braccio. Già, togliere lui era l'unica soluzione, ne era sempre più convinto.
«Bucky.» non fu più una domanda, Steve ormai era alle sue spalle. Il moro strizzò gli occhi, allontanandosi dalla parete gelida. Non aveva niente da dire a Steve, così fece silenzio nella propria mortificazione.
«Bucky» Rogers si alterò, preoccupato. Gli prese le spalle e lo costrinse a voltarsi verso di lui; «guardami quando ti parlo.»
Bucky alzò gli occhi verso Steve, che sembrò molto più alto di lui. Corrugò le sopracciglia e tenne la bocca semiaperta, in quell'umore che era tutti i colori. Assieme creavano il grigio, smorto e confusionario.
«Non farlo, sta calmo.» Steve cedette alla propria paura, iniziando a toccare nervosamente le braccia di Bucky per farlo smettere.
«Scusa.» sussurrò lui, con lo sguardo fisso nel vuoto. Da una parte la reazione di Steve lo aveva meravigliato. Si sentiva estremamente in colpa a creare in lui così tanta preoccupazione a dargli dispiacere, ma allo stesso tempo Bucky aveva trovato un pezzetto di empatia mai riuscita a provare con nessuno.
Steve gli prese il viso ruvido tra le mani, squadrandolo ancora un po' per assicurarsi che non si stesse facendo più del male. Chiuse gli occhi e con amore gli baciò la fronte. Ad ogni lungo bacio Bucky percepì i cattivi pensieri andar via, essere mangiati dalle labbra di Steve che senza paura lo baciarono ancora.
James si aggrappò dolcemente al suo braccio, lasciando la sinistra ancora a penzoloni lungo il corpo.
«Non voglio che tu lo faccia.» bisbigliò Steve. Lo strinse tra le proprie braccia, facendo poggiare Bucky al proprio petto.
«Te l'ho già detto, è complicato.» si giustificò lui.
«Lo so...devo ancora capire e abituarmici, però» Steve gli massaggiò la schiena, guardandolo dritto in viso. «non credo di poter farmelo piacere.» rise, l'amaro in bocca.
Anche Bucky si sforzò di sorridere, chinando il capo; «Già, non piace proprio a nessuno.»
Steve annuì, portandogli i capelli dietro alle orecchie. Si morse il labbro e gli accarezzò gli zigomi ancora. Velocemente fece scorrere dal lavello l'acqua fresca, che usò per bagnare un pezzo dell'asciugamano di carta. Porse una mano a Bucky, aspettando, come un animale addomesticato, che lui gli concedesse la propria. Insicuro, Barnes poggiò il palmo rosso e dolorante su quello di Steve. Piano, per dargli sollievo, Rogers tamponò le escoriazioni rosse delle nocche con il panno zuppo, rinfrescandogli la pelle. Gli alzò la manica della felpa fin sopra il gomito, e ciò gli bastò per ricordarsi ancora di quelle quelle ferite nascoste. Non avevano lo stesso effetto di quando le aveva viste la prima volta, affatto. Qualcuno più sensibile avrebbe potuto benissimo sentirsi male davanti quelle cicatrici.
Bucky tenne la testa bassa, martoriandosi il labbro.

«Vuoi che ti accompagni a casa?» gli chiese, smettendo di toccargli la mano. Steve aveva capito all'istante del disagio nel volto di Bucky per quel contatto così lungo.
«No, non ce n'è di bisogno.» rispose, scuotendo la testa.
«Dimmi che ti prende, avanti. Lo capisco quando c'è qualcosa che non va'» Steve strinse tra le mani la pezza umida, avvicinando il viso a James. In silenzio, lui evitò i suoi occhi.
«Dimmelo Buck, coraggio. O devo spezzartelo io quel braccino?» il tono scherzoso e cauto di Steve lo fecero sorridere, incoraggiando il tatuatore stesso a continuare.
«Sai che con me puoi parlare di qualsiasi cosa.»
James ci pensò un milione di volte prima di rispondere.
«Stamattina, mentre venivo al lavoro, un ragazzo mi ha insultato.»
Improvvisamente, Steve diventò serio.
«E chi era? Che cosa ti ha detto?» gli chiese, cercando di mantenere la calma.
«Non lo so, un ragazzo che frequentava la scuola probabilmente. Ha detto cose stupide, nulla di nuovo.» Bucky se ne pentò subito, di aver parlato.
«Voglio sapere quello che ti ha detto.»
Bucky deglutì; «Mi ha chiamato frocio, perché ha saputo di noi due qui al negozio.»

Steve sospirò, allontanandosi da Bucky.
«Steve?» il moro iniziò a preoccuparsi, andandogli dietro. «Steve, cosa vuoi fare?»
Rogers gli sorrise ammutolendolo con un bacio. Il cellulare già in mano pronto ad essere utilizzato.
«Niente.» gli rispose sereno, come se nulla fosse.

«Sam ti lascio al comando un momento, io e Bucky torniamo subito.» Steve uscì dal negozio seguito da Bucky, salutando allegramente i ragazzi rimasti ancora lì.
In pochi minuti un grosso furgone si parcheggiò davanti a loro, tutto ridipinto di saette. Pareva quasi un'astronave. Alla guida, Peter Quill.
«E lui che ci fa qui?» domandò Bucky, confuso. Steve salì a bordo, dal lato del passeggero.
«Emergenza bulli, mi hanno detto.» si giustificò l'amico di Steve; «Sali oppure no?»
Non appena James chiuse lo sportello scorrevole, il furgoncino si mise in moto con una sgommata non proprio sicura.
«Steve, che volete fare? Non siete per nulla divertenti.» preoccupato, James allacciò la cintura di sicurezza. La guida di Peter così spericolata da farlo rendere conto di essere già vicino la scuola.
«Niente.» risposero i due all'unisono.
«Steve?»
«Mmh»
«Che ci facciamo qui?» a scuola, tutti i ragazzi stavano in cortile per l'intervallo.
«Credo di aver capito chi è il nostro stronzo.» disse sorridendo. Bucky si precipitò fuori dalla vettura, quando Steve iniziò ad avvicinarsi ad un gruppo di ragazzi seduti intorno ad un tavolo, tutti con indosso la felpa di una squadra sportiva.
Interruppe la loro chiacchierata allegra soltanto con la propria massiccia presenza.
Tutti i ragazzi si ammutolirono, guardandolo minacciosamente.
«Sto cercando il ragazzo che ce l'ha con me.» disse, Bucky pietrificato due passi dietro di lui.
«Saresti?» chiese uno, irritato.
«Steve Rogers, il frocio che fa i tatuaggi.»
Velocemente gli adolescenti si scambiarono un veloce numero di occhiate. Quello che Bucky riconobbe, ma che non identificò a Steve, rise. Guardò James per tutto il tempo quasi volesse farlo a pezzi.
«Sono io. La tua ragazza ti ha detto di me? Di quanto sono cattivo?» usò un tono molto provocatorio.
«Può darsi.» Steve fece spallucce, sorridendo severamente.
«Vuoi per caso fare l'eroe? Magari stasera te lo succhia per bene.»
Tutti risero, di gusto. Sorprendentemente, anche Steve.
«Almeno io non pago, per un pompino.» rispose Rogers, incrociando le braccia.
«Come hai detto, scusa?» Francis sembrò un cane rabbioso.
«Spesso un omosessuale represso è solito insultare qualcun altro per nascondere se stesso.» continuò Steve.
«Mi stai dando del frocio?» il ragazzo batté violentemente le mani sul tavolo.
«Ti sto dando del frocio, e...» Steve prese dalla cartella confusionaria una banana matura, sbucciandola davanti agli occhi di tutti. La avvicinò al viso di Francis sfiorandogli una guancia con l'estremità. Imbestialito come un animale, questo la scostò via gettandola di lato.
«Esercitati a succhiarlo per bene con qualche banana. Usa i denti se ci riesci.» Steve gettò la buccia davanti al ragazzo, alzando il capo. Bucky guardò tutta la scena attonito, con un sorriso divertito sulle labbra.
«Io ti ammazzo!» Francis si alzò di scatto, minacciando Steve con una mano al collo. Il tatuatore gli bloccò il polso con un semplice scatto. Lo fece gemere di dolore stringendo sempre più forte, tanto da arrestare la sua furia cieca.
«La prossima volta che ti capita di vedere me, o soprattutto il mio ragazzo, cerca di cambiare strada. Potrei presentarmi con intenzioni meno amichevoli.» lo minacciò Steve, senza usare un tono di voce cattivo. Spinse via il ragazzo che andò a sbattere con la schiena contro il tavolo, voltandogli le spalle e tornando al furgone.
Quando entrambi vi salirono, con stupore ammutolito di Bucky, Peter guardò il gruppetto inorridito salutandoli con il dito medio.
Prima di mettere in moto, dallo zaino, Steve prese un tubetto di lubrificante gel, tirandolo con forza fino ai piedi di Francis.
«Un regalo dai froci!» gli urlò, facendo levare un grosso coro di risate tra tutti i presenti.
Una sgommata violenta li fece andare via, al negozio.

«Tu sei fuori di testa!» disse Bucky, scoppiando a ridere.
«Molti come lui mi si sono messi tra i piedi. Ci sono riusciti una volta soltanto.» Steve si voltò nei sedili posteriori, ricevendo come ringraziamento un caldo bacio sulle labbra. Bucky gli accarezzò la barba con la mano sinistra, trovando più sollievo alle ferite in quel viso che con l'acqua fresca.

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